Quella estate calda del 2003 scendevo al lago tutti i pomeriggi. La mattina aiutavo mio padre nella contabilità della sua azienda, all’una correvo a casa, prendevo un panino e la borsa e scappavo al lago. Tempo un’ora ed ero sulla spiaggia, dove c’erano i miei amici.
Il lago era un posto tranquillo, la gente affollava le rive solo la domenica, in mezzo la settimana non c’era quasi mai nessuno.
Facevamo passeggiate lungo la riva, laddove un fitto canneto cresceva lungo le rive, a mangiare more, spaventando le rane, che saltavano in acqua davanti a noi.
Ero con Giuseppe e Marco, camminavamo con i piedi in acqua, silenziosamente, perchè volevamo prendere le rane.
Avevo 17 anni allora, avevo un ragazzo ma lavorava tutto il giorno, per cui ci vedevamo la sera. In genere sulla spiaggia c’erano anche altri ragazzi e ragazze della comitiva, ma quel giorno eravamo solo noi tre.
Mi fermai ad ascoltare delle voci che venivano dal canneto. Feci cenno agli altri, dietro di me, di fare in silenzio e mi avvicinai, i piedi nell’acqua. C’era il capanno per il birdwatching e facendo attenzione a non far scricchiolare le assi entrai.
Là il canneto era largo forse una ventina di metri… ma c’era un canale di uscita per le barche, in disuso, che dalla parte della terra si era chiuso. E così da fuori, con la barca, era possibile entrare con facilità all’interno del canneto, dove si allargava e c’era una specie di stagno, protetto dalle canne fittissime da tutti i lati. In quel laghetto nascevano le ninfee ed era un posto molto romantico. Il piccolo capanno da birdwatching si affacciava su quell’ambiente da sei-sette metri di distanza, coperto dalle canne.
C’era una barca ferma e due persone. Quello che parlava era l’uomo, l’altra era una donna, sdraiata a prendere il sole. Riconobbi Marcello, il padrone di un ristorante del lungo lago che mi era molto antipatico. Si dava grandi arie di latin lover, a volte mi guardava come squadrandomi e faceva una battuta, sempre quella, su come stavo crescendo e che fra un po’ sarei stata bona pure subito… e rideva in modo grossolano, mettendomi in imbarazzo.
Marcello era in costume, con un remo cercava di spingere la barca verso dei fiori di ninfea. Ci riuscì e ne raccolse due.
“ecco qua… “disse, mettendo a posto il remo… “ti piacciono?”
“si molto belli…” disse la donna… e io ebbi un tuffo al cuore. La voce che avevo sentito era quella di mia madre. E ora che avevo sentito la voce riconoscevo anche i suoi capelli. Ma possibile?
Che ci stava a fare mia madre lì? L’avevo lasciata a casa. Aveva detto che forse anche lei sarebbe venuta al lago. Ma… in barca con Marcello? Ero esterrefatta.
Ci pensò l’uomo a interrompere il flusso dei miei pensieri, perchè senza togliere il costume, facendolo uscire da sotto, estrasse un pene lungo e largo, già abbastanza grosso, ponendolo fra i due fiori bianchi…dicendo: “e così? ti piacciono di più?”
“mmmhhh così sono bellissimi…” disse la voce di mia madre.
Lui posò i fiori e s’inginocchiò davanti a lei. E lei alzò la testa verso di lui.
Non vedevo cosa facesse esattamente… i suoi capelli mi coprivano la visuale, ma con il suo viso all’altezza del suo inguine c’era poco da immaginare.
Penso di essere arrossita violentemente.
“E’ Marcello… che si porta le puttane che si scopa qui… “disse Marco vicino a me.
Non mi ero accorto che fosse salito. E c’era anche Giuseppe che guardava da una fessura delle assi.
Non si erano accorti ancora che la puttana di turno era mia madre.
“andiamo via ” sussurrai “vi prego…”
“no ma che… vai via tu se vuoi… io resto… “disse Marco. Giuseppe non rispose nemmeno.
“vi prego andiamo via… e se ci scopre?”
“che vuoi che sia… e poi come fa a scoprirci… zitta piuttosto… ”
Marcello aveva la manona sulla nuca di mia madre, aveva fatto una crocchia con i capelli e con quella la guidava su e giù…
“aaaahhhh come me lo prendi bene… come succhi… che lingua… ” diceva… e aveva la faccia volgare che conoscevo, soddisfatta e arrogante…
Misi anche le mani davanti agli occhi, prima di Marco poi di Giuseppe. Cercando ti portarli via.
“ma dai… che ti prende… stai ferma? sei fuori??? lasciami vedere… Penny… smettila…”
Giuseppe stava accarezzandosi leggermente sui pantaloncini e vedevo il rigonfiamento del suo pene. Marco non lo vedevo ma da come era preso non dubitavo che fosse eccitato anche lui. Nel piccolo capanno faceva caldo. Si sentiva solo il gracidare delle rane e lo sciacquio delle onde, piccole, che attraversando il cannetto facevano sciabordare la barca. L’odore del legno, e di sudore dei maschi che mi erano accanto, mi dava alla testa.
Marcello si alzò in piedi. Ora il cazzo, lucido di daliva, era veramente grosso e puntava verso l’alto. Era tutto scappellato. Si tolse il costume. Si chinò di nuovo sui cuscini, alzò le gambe della donna verso l’alto e si tuffò su di lei con il viso, affondando fra le sue cosce.
La stava leccando. Le teneva le gambe sollevate e dai gemiti di mia madre sembrava che gradisse moltissimo quello che lui le stava facendo.
Continuò così per un po’…poi salì su di lei, sempre tenendole le gambe sollevate e cominciò a scoparla, prima piano, poi sempre più forte.
Vedevamo solo il viso contratto di Marcello, che ogni tanto si abbassava quando si baciavano, sentivamo i loro gemiti e poi le sue natiche contratte, sotto al sole, che andavano su e giù.
“se la sta pompando di brutto… cazzo mi sta facendo venire una voglia… Penny meglio che te ne vai… se no ti salto addosso… “disse ridacchiando Marco.
Ma io non potevo andarmene. Dovevo sapere se era veramente mia madre. Un dubbio continuavo ad avercelo e poi ero come bloccata lì.
La situazione era fortemente morbosa… il caldo… i gemiti degli amanti… l’odore del legno… quei due maschi vicino a me visibilmente eccitati…
insomma improvvisamente mi resi conto di essere eccitata anche io… avevo un occhio incollato alle fessure sentivo i capezzoli dritti sotto la maglietta e mi stavo bagnando…
Quando Marcello si alzò in ginocchio e fece mettere mia madre prona de fronte a lui, infilandola nuovamente con un colpo solo e continuando a muoversi dentro di lei, prendendola per i fianchi… cadde ogni dubbio. Era mia madre quella di cui vedevo il viso nel pieno del piacere, che godeva mentre veniva scopata a pecorina, mentre tradiva mio padre, sotto i colpi sempre più forti che sembrava volessero buttarla giù e a i quali lei resisteva e anzi sporgeva il culo per anticiparli, cercarli.
In quel momento la riconobbe anche Marco.
“cazzo ma è la signora P… ma …. hai visto…” disse prendendomi un braccio, stringendolo…”
“si…”
“è tua madre cazzo… lo sai che mi ha sempre fatto arrapare… permettimi di dirtelo… è proprio una gran fica…”
“zitto ti prego… è mia madre…” dissi… ma guardavo lo spettacolo davanti ai miei occhi affascinata anche se imbarazzata…
“eh… va beh… si … ma cazzo guarda… è proprio una figa… epoi ti assomiglia…” e così facendo… attirò la mia attenzione sul suo costume … che era quasi staccato dal corpo per quanto il cazzo duro lo tendeva…
“marco… dai… ”
Ma quello mi prese la mano e la appoggiò proprio lì: ” senti… si si le assomigli… siete uguali… senti come sono arrapato… dio ho le palle che mi fanno male… dai toccamelo ti prego..”
“no… dai… fermo …. lo sai che sono fidanzata, Alberto è tuo amico…”
“no senti chi se ne frega… non lo saprà mai… dai fammi una sega… mi fa male… dai … fammi una sega… ”
Sentivo il suo cazzo duro e bollente nella mia mano e iniziai a muoverla lentamente… sempre guardando dal buco…
I colpi con cui Marcello scopava mia madre erano sempre più forti…. e lei sembrava avesse avuto degli orgasmi in continuazione…
In quel momento il cazzo di marco si gonfiò ancora di più nella mia mano, vibrava e cominciò a schizzare sulla parete del capanno. Lunghi schizzi bianchi che si posavano sul legno e poi colavano giù.
Tolsi la mano e me la pulii sulla maglietta.
“ora tocca a me…” disse Giuseppe che mi stava dietro.
“no ma per chi mi avete preso…”
“dai… perchè a lui si e a me no? dai Penny… tanto vengo subito…sono eccitatissimo…”
Mi prese la mano e la posò anche sul suo uccello, che era più grosso, mi sembrava, di quello di Marco.
Cercai di toglierla ma mi teneva il polso e mi si strofinava addosso…
era grosso, duro e bollente… lo strinsi e assecondai il movimento di su e giù…
“ahhh guarda che troia… gli sta sborrando in bocca … “sussurrò giuseppe. Mi ero persa il momento in cui Marcello aveva fatto girare mia madre, in ginocchio davanti a lui e ora stava venendo… si capiva dai gemiti e dai grugniti che emetteva …
e intanto gli schizzi di giuseppe mi arrivavano sulla coscia…
“tieni senti pure te… ” disse lui… e mi passò la mano bagnata sulla bocca… mi prese di sorpresa… passandomi le dita bagnate di sperma sulle labbra e ne sentii il sapore acidulo, dolciastro…
“stronzo…” dissi… ma non potevo certo parlare forte… anche perchè i due amanti sulla barca si erano fermati e ora c’era più silenzio.
Mia madre si sdraiò di nuovo, Marcello spinse la barca fuori con il remo, poi mise in moto il motore e andarono via.
Restammo noi nel capanno, un forte odore di sesso, di sperma, nell’aria. Mi sentivo sporca, imbarazzata.
“Penny sei stata stupenda… rimarrà un segreto fra noi tre…” disse Marco.
“non diciamo niente… sarò come una specie di pazzia che ha preso tutti…ma finirà qui…” aggiunse Giuseppe.
Ma io mi sentivo una puttana, come mia madre, che si faceva scopare da quell’uomo volgare. Io l’avevo spiata e avevo soddisfatto due maschi arrapati. Ero disgustata e orgogliosa insieme.
“io non sono come mia madre… “dissi. Ma sapevo che stavo mentendo. Lei aveva tradito il marito, io il mio ragazzo. Sentivo ancora sulla pelle delle mani la sensazione bollente dei loro uccelli, sulle labbra il sentore dello sperma. Avevo voglia. Ma non avevo il coraggio di dire nulla.
Uscii e camminai verso riva, c’era solo il rumore delle rane che saltavano in acqua davanti a me. Una macchia di umido sul mio costume tradiva la mia eccitazione. Mi sciacquai le mani, mi bagnai il corpo, il costume, per dissimularla. Tornai a casa di corsa e mi infilai sotto la doccia. La sensazione di vergogna mi avvolgeva, qualcosa di irreparabile era avvenuto, ma io rimanevo eccitata.
Regolai il getto d’acqua tiepida e lo diressi sul clitoride, la sensazione in alcuni momenti era quasi insopportabile, mi faceva piegare le gambe, e allora dovevo allontanarlo, ma in breve arrivò un orgasmo fortissimo. Uscii dalla cabina, mi infilai l’accappatoio e mi buttai sul letto. A pensare.
Non potevo credere a quello che avevo visto, e quello che avevo fatto non mi sembrava reale.
Era proprio mia madre quella che avevo visto scopata come una puttana da quel porco. Ed ero proprio io quella che aveva masturbato due uomini uno dopo l’altro.
Ero incazzata. Con mia madre, con quel tamarro, con i due “amici” che si erano approfittati di me, con me stessa che non avevo saputo reagire, con mi padre che pensava solo a lavorare e non si accorgeva di niente.
Quella stronza di mia madre… sempre prodiga di consigli perbenisti: non fare tardi, non dare troppa confidenza, non bere, vestiti decentemente, studia, parla bene… e poi si era fatta l’amante! E che amante poi… quel porco, stupido, tamarro. Ma cosa ci troverà mai… roba da pazzi… con tanti uomini che ci sono al mondo…. proprio quello.
E ora che dovevo fare? Mi balenò per un momento l’idea di dire tutto a Alberto, il mio fidanzato… ma era impensabile… “sai ho visto mia madre che si faceva scopare… ero con marco e giuseppe, l’abbiamo spiata ci siamo eccitati e allora gli ho fatto una sega… ma non ti ho tradito eh…”
No, decisamente ad Alberto non potevo dirlo. Non potevo confidarlo a nessuno.
Quello che era successo quel giorno mi aveva cambiato, per sempre pensavo.
Restai lì ad angustiarmi diverso tempo, dapprima all’odio nascente per mia madre, quella donna che pensavo onesta e perbene e che si era dimostrata alla stregua di una donna di strada, o peggio… E successivamente a me, a quello che avevo fatto.
Perchè mi ero comportata così? Perchè avevo visto lei? Oppure l’avrei fatto comunque, prima o poi? Forse ero come lei, forse condividendo gli stessi geni mi aveva trasmesso anche la sua voglia di fare la puttana…
Mi chiamarono per la cena, mi vestii velocemente e scesi. Mio padre era tornato dal lavoro, mi diede un bacio frettoloso e si sedette a mangiare. Come al solito ci rivolse poche domande distratte, a volte ripetute… da tempo ormai non sembrava presente, aveva sempre la testa al lavoro.
– Che avete fatto oggi?
– Nulla di particolare, sono andata a prendere il sole con le amiche…
Com’era disinvolta nella menzogna… Io non altrettanto. Avrei voluto dire: “Io ho fatto un giro nel canneto”… chissà come avrebbe reagito…
– Sono stata in giro con Marco e Giuseppe.
Guardando mio padre, non avevo il coraggio di stravolgere il suo mondo. Ma non potevo nemmeno permettere che la cosa si perpetrasse nuovamente, non potevo pensarlo deriso, preso in giro davanti ai miei occhi. E non volevo che la mia famiglia si distruggesse.
Avevo deciso, sarei andata a parlare con quel laido maiale che si scopava mia madre… l’avrei convinto a lasciarla perdere, a rivolgere le sue attenzioni altrove.
Quella sera fui sbrigativa, al telefono con Alberto. Finsi un gran mal di testa ed evitai di parlare della giornata. Perlomeno avevo evitato di dire bugie.
Il giorno dopo invece di scendere in spiaggia – peraltro non avrei avuto il coraggio di reincontrare Marco e Giuseppe – andai al ristorante di Marcello.
La macchina c’era. Lui era in una specie di ufficio ricavato dietro la cucina.
“uh quale onore… a che devo la visita ? ” sorrise sornione facendomi entrare. In cucina c’erano diverse persone che stavano sistemando. Alcune le conoscevo di vista, nei piccoli centri si conoscono un po’ tutti.
Faceva un terribile caldo umido e immediatamente mi ritrovai a sudare. Anche lui era sudato, lucido e unto, mi sembrava.
Evitando di guardarlo in faccia dissi: “ero nel canneto ieri, vi ho visti, tu e mia madre. La devi lasciar stare se non vuoi che dica tutto a mio padre”.
Mentre dicevo questa frase che mi ero preparata e ripetuta tante volte… improvvisamente mi apparve ridicola. La figura di mio padre, fuori dall’alveo famigliare, in quella stanzina opprimente, non contava nulla, non faceva paura a nessuno, sicuramente non a lui. Mi resi conto di aver commesso un errore. Infatti scoppiò a ridere.
“nel canneto? e che stavi a fare tu, nel canneto? andavi a caccia di anatre?? aahhahah ” rideva con la sua risata sguaiata, a voce alta, sicuramente lo sentivano da fuori.
“no, ero lì con dei miei amici…” mi trovai a sussurrare.
“ah… con degli amici… anche tu a farti montare? sei arrabbiata perchè ti abbiamo rubato il posto?”
Arrossii violentemente. Lui se ne accorse e rise ancora più forte.
“no… cosa dici… facevamo una passeggiata e… vi abbiamo visti…”
“senti bella… io su questo lago ci sono cresciuto… per vedere dove stavamo ci devi proprio venire… non è bello spiare, lo sai? si chiamano guardoni… quelli che vanno a spiare quelli che trombano…”
“non stavo spiando… io… ho sentito dei rumori …”
“e insomma che hai visto? qual’è il tuo problema? tua madre fa quello che vuole…”
“non ci credo… l’avrai costretta tu… ”
“ahahaha…. costetta??? io??? ahahahah tu sei matta… ”
Scrollava la testa… con un sorriso incollato sul volto sudato, poi aprì un cassetto dicendo: “ora ti faccio vedere una cosa…”
Prese un cd e lo mise nel pc. “vieni da questa parte… non posso girare lo schermo, non arriva il filo…”
Mi spostai. Ora io ero in piedi e lui seduto, davanti allo schermo del pc. Partì un programma, c’erano delle immagini dentro una stanza. Poi fuori campo la voce di mia madre che rideva. La telecamerà la inquadrò ed era sul letto nuda, ad eccezione di un paio di calze tenute su da una giarrettiera e un reggiseno a balconcino. Non avevo mai visto quella lingerie dentro casa.
Era con le gambe aperte e si stava masturbando… diceva…” dai lascia stare con quella telecamera… vieni a darmelo… ho voglia del tuo cazzo… ho voglia di essere sfondata… che aspetti…”
Ancora mi sentii arrossire… la testa mi girava… il caldo… la situazione… “ok… basta…” dissi.
“eh no… ora stai qui… e guardi… così capisci che tua madre quello che fa lo fa perchè le piace e non perchè la costringa io…”
Mi prese il polso e mi tenne stretta.
“lasciami… lasciami… voglio andare via…”
“no stai qui zitta e ferma e guardi… stronzetta…”
Le immagini continuavano ad andare avanti. La telecamera era stata appoggiata su un piano ed era ferma. Era entrato in scena Marcello, anche lui nudo, e mia madre si era avventata sul suo cazzo. Lo stava leccando come un gelato, con grande soddisfazione, lanciava sguardi libidinosi verso le telecamera…, forse si stava rivedendo sulla tv.
Mi teneva sempre. Dissi ancora: “lasciami me ne voglio andare…”
“no stai qui… “alzò il volume delle casse… si sentì distintamente mia madre che diceva “… che buono il tuo cazzo… ho la figa allagata …”
“abbassa ti prego… sentiranno tutti di là…”
“e allora stai zitta e buona…” disse lui, abbassando leggermente “io non ho niente da perdere…se la cosa si sa…”
Ora mia madre era in ginocchio sul letto, sporgeva il culo e lo dimenava … invitando Marcello a sbatterglielo dentro con parole che non pensavo potessero uscire dalla sua bocca… e il tono… roco, profondo… non sembrava lei …
“tua madre è una gran femmina… la vedi? … e tu sei come lei… lo vedo da come stai guardando…”
“no… io non sono come lei…se mi lasci me ne vado…”
Lasciò immediatamente il polso e io feci un passo di lato.
“vai… se vuoi… “mi disse. E alzò di nuovo il volume.
“no… fermo… abbassa… ”
“allora torna qui…
Accostai di nuovo e continuai a guardare. Ora la stava scopando, lei era in ginocchio sul letto e lui in piedi dietro di lei.
Mi prese la mano e mi tirò giù, fino ad appoggiarsela sul pacco gonfio.
“fermo… porco… lasciami… sei un bastardo…”
Strofinò la mia mano sulla prominenza del suo uccello che premeva nei pantaloni, poi con l’altra mano li sbottonò e lo tirò fuori.
“sei un bastardo… mi fai schifo… lasciami…” gli dissi cercando di divincolarmi.
“stai zitta non fare la santarellina… tu sei come tua madre… al cazzo non sai dire di no…” mi strattonò giù, mi spinse la testa sul suo uccello.
Aveva un odore forte, mi girava la testa… avrei voluto divincolarmi ma ero come ipnotizzata… in un lampo mi passò per la testa l’immagine di mia madre che apriva la bocca davanti a questo cazzo e lo feci anche io e sentii il suo sapore sulla lingua, la cappella che mi sbatteva sul palato.
Era la prima volta che la mia bocca si avvicinava a un cazzo… con Alberto avevamo cominciato a baciarci, poi a palparci, fino a fare l’amore… ma mai l’avevo preso in bocca. Lui lo voleva, e io mi ero sempre rifiutata… Non pensavo potesse essere una cosa di cui avere voglia, fino a quel momento. Fino a quando non avevo visto mia madre farlo come se non avesse desiderato altro…
Mi sentivo frastornata, le voci lontane del ristorante si confondevano ormai in una nebbia confusa con i gemiti di mia madre e le parole di Marcello nel video… Troia, sentivo che diceva… e mi sembrava lo dicesse a me. Odori misti di cucina, di caldo e sudore… ma soprattutto quell’odore nuovo, mai sentito, intenso e penetrante… l’odore più eccitante che mi sarebbe mai giunto alle nari.
Me lo aveva infilato in bocca, e io, come fosse una cosa naturale, l’avevo lasciato scivolare dentro. Il suo sapore sapido sulla mia lingua mi inebriò… un oggetto estraneo, qualcosa che mai avevo pensato di infilare in bocca… eppure così invitante. Non sapevo che le mie labbra e la mia lingua potessero provare un piacere simile alla penetrazione, quando Alberto entrava dentro di me… Non lo immaginavo, e stupita e estasiata cominciai a stringerlo nella bocca. Non sapevo cosa fare… allora lo succhiai per un poco e poi cominciai a esplorare quel bastone duro con la lingua. Lo leccavo golosamente, mentre sentivo che eccitata così non ero mai stata… piccole gocce sulle pareti della mia fica, sulle mie mutandine… un lago tra le cosce… i miei capezzoli ritti e duri, le mie labbra gonfie e calde… Dopo qualche manovra con lingua e bocca, leccate, suzioni, lui disse: “Un talento naturale… avrai preso dalla mamma eh!”
“Porco”, pensavo tra me… “sei un porco…”
Un pensiero ribelle mi balenò per la mente: dovrei morderglielo, tutto finirebbe qui, gli farei male, gliela farei pagare… Ma poi… cosa penserebbero tutti quanti? Urlerebbe, in un secondo sarebbero tutti qui, e di certo capirebbero…solo l’idea mi fa impazzire di vergogna… per me, per mia madre…
Ma non c’era nemmeno tempo per pensare, lui ora mi dice: “Fammi godere bene come sa fare tua madre… dai, puttanella…”, e con la sua manaccia sporca mi spinge la nuca, mi blocca. Ora non ci sono più leccate né suzioni, non posso fare nulla. Il suo cazzo enorme ha occupato l’intera cavità della mia bocca, fatico persino a respirare… e lui spinge, e spinge, spinge fino in gola provocandomi piccoli conati, e spinge sempre più forte, sempre più a fondo… fino a che non sento un gemito soffocato e un’onda di sperma dentro la mia bocca.
Non posso fare nulla, lui non ha tolto il cazzo e non molla il mio capo, non riesco a fare altro che ingoiare più volte questo seme sporco, questo seme che, non riesco a fare a meno di pensare, anche mia madre ha assaggiato.
“ah che bella sborrata…ti è piaciuta puttanella?” “mi teneva ancora la testa spinta giù, mentre il pene perdeva lentamente consistenza nella mia bocca.
“eri venuta qui per questo no? da quando avevi visto il mio cazzo lo volevi… ahahhaha un bel pisellone da uomo tutto per te… niente a che vedere con i ragazzini che conosci tu…”
Scossi la testa, impossibilitata a fare altro. Allora mi lasciò andare.
Alzai la testa e deglutii più volte per scacciare il sapore colloso del suo sperma… “che schifo… mi fai schifo… ” dissi.
“non sembrava ti facesse tanto schifo…” disse … “anzi… se vuoi dargli un’altra ciucciata…” e me lo agitò volgarmente davanti… sempre seduto sulla sua poltrona e io in piedi davanti a lui…
“no, grazie…”
“vabbè…ahahahh ” fece un’altra risata e lo rimise dentro.
“che facciamo… lo vogliamo dire a tua madre di quanto è brava la figlia a fare bocchini?”
“no… ti prego… sei un maiale… mi hai costretta…”
“ti ho costretta? ma lo sai che sei veramente una zoccoletta bugiarda? perchè non hai urlato? perchè non ti sei ribellata?”
“… mi hai ricattata…”
“te lo dico io perchè… perchè ti piace il cazzo… l’ho visto nei tuoi occhi … appena l’ho tirato fuori… non vuoi altro… ”
“…. no…”
“io ti starò pure antipatico… ma il mio cazzo no… ti piace… sei troia dentro… sei nata puttana…”
“non è vero…”
“adesso vai che ho da fare. ma lasciami il tuo telefono…”
“non ce l’ho il telefono…”
“beh ti trovo io… non ti preoccupare… ” e rise.
Uscii dall’ufficio, con gli occhi bassi, l’odore del suo cazzo sulle labbra, il sapore dello sperma in gola. Mi pareva che tutti sapessero quello che avevo fatto.
Mi vergognavo terribilmente, ero arrabbiata, imbarazzata, eppure continuavo ad essere eccitata. La sensazione di pienezza in bocca, sentire quel pene caldo e vivo, farsi sempre più duro, vibrare… era qualcosa che mi aveva lasciato una voglia terribile.
Chiamai Alberto. Gli dissi che avevo voglia di vederlo. Ma lui era al lavoro.
“non puoi prenderti un permesso… mi va di stare con te…”
“no, mi spiace… non se ne parla…”
Delusa, scesi al lago.
Sentivo l’odore del cazzo di quel porco sul mio viso, sulle mani. Ma che mi stava succedendo? Perchè non lo avevo fermato, perché non mi ero ribellata?
Le sue parole mi risuonavano in testa: “sei troia dentro… sei nata puttana…”
Potevo andarmene…?
Si, mi sarebbe bastato uscire decisamente da quella stanza. Cosa avrebbe potuto fare?
Invece non lo avevo fatto… ero come soggiogata dai suoi modi. Quel fare arrogante mi indispettiva e più ci pensavo più mi faceva incazzare, ma solo ora… ovvero dopo… al momento non riuscivo ad oppormi. Subivo ed obbedivo.
Questo mi capitava anche in altre circostanze: a scuola, o con gli amici. Chiunque mi si rivolgesse con una certa autorità mi poneva in soggezione.
Ma in questo caso c’era qualcosa di più: non solo non trovavo la forza di oppormi, ma il mio corpo reagiva per conto suo. E’ inutile negarlo, mi ero eccitata… e anche ora a ripensarci, insieme al disgusto, ripensandomi chinata a succhiare quel cazzo sentivo la fica pulsarmi e bagnarsi ancora, i capezzoli inturgidirsi. Avevo una voglia pazzesca, come mai mi era capitato.
Scesi al lago, al baretto. Un paio di amiche con delle birre vuote accanto sdraiate a prendere il sole sulla spiaggia. Le salutai da lontano, mi invitarono ad unirmi a loro e poi stancamente ripresero a crogiolarsi al sole. Altri giocavano a biliardino. Fra questi Giuseppe, uno dei due del capanno. Quello che mi aveva schizzato addosso e poi mi aveva passato le dita sporche di sperma sulle labbra. Al ricordo di quel momento una vampata di voglia mi saì alla testa.
Gli altri che conoscevo più o meno di vista, mi salutarono. Giuseppe mi guardo intensamente per qualche istante, non disse nulla e continuò a giocare.
All’altra palla andata in buca rialzò lo sguardo e vide che lo stavo fissando. Forse coglieva il luccichio dei miei occhi, dicono che quando siamo eccitati il corpo mandi segnali che vengono recepiti a livello subliminale. Tenne gli occhi nei miei, entrambi tenemmo lo sguardo qualche secondo di troppo.
Disse: “mi sono stufato ragà… ” andò verso il bar. Gli altri protestarono un momento, dissero a me di giocare, risposi di no, uno che non conoscevo si offrì e continuarono a giocare.
Io andai verso Giuseppe.
“e allora?” disse.
“allora cosa?”
“come stai, come è andata la cosa?”
“che cosa?”
“la cosa di ieri… il capanno… a casa, tua madre… tu… insomma… hai capito…”
“bene. cioè… niente. non ho detto niente… e noi… è stata una cosa un po’ così…”
“al tuo ragazzo glielo hai detto?”
“no…”
Sembrò sollevato. Forse temeva l’incontro con l’amico.
“ero molto eccitato…” disse come scusandosi.
“non c’è bisogno che ti scusi… capisco…”
“…”
“a me è piaciuto” dissi, resa audace dall’eccitazione che sentivo battere sordamente nel mio sangue, nei capezzoli, fra le cosce…
“beh è stato forte… voglio dire… intenso… come momento…”
Silenzio. Prese un gelato dal frigo del bar. Andò verso la cassa per pagarlo. “tu lo vuoi?”
Rimasi in silenzio e ferma.
Tornò verso di me e mi offrì il primo morso. Avvicinai la bocca e lo leccai guardandolo negli occhi. La provocazione era chiaramente intenzionale, da puttana, e mi sentivo come tale.
“ho voglia…” dissi.
Lui restò un momento interdetto… si guardò attorno nervosamente… “a casa mia c’è mia madre…”
“prendiamo una barca, voglio andare al posto delle ninfee…”
“ah ok… si… la prendiamo…”
“e allora muoviti dai… ” Mi sentivo diversa, decisa, determinata… mi guardavo agire e parlare come se non fossi io.
Lui andò a parlare con il bagnino e si fece prestare una barca a motore. Meno male… se andavamo a remi mi passava la voglia.
Era una barca piccola, con un motorino da 20 hp, un grosso cuscino prendisole davanti.
Le amiche mi videro salire in barca con Giuseppe. Sapevano che ero fidanzata, si sentirono in diritto di chiedere: “dove andate? veniamo anche noi…”
Dissi: “torniamo subito…” e prendemmo velocemente il largo, lasciandole a farsi tutte le domande possibili.
Entrammo nel canneto. Spense il motore e legò la barca ad un ciuffo di canne. Si sentiva solo il gracidare delle rane e qualche starnazzare di anatre, invisibili fra le canne.
Socchiudendo gli occhi scrutai la feritoia del capanno, dove eravamo il giorno prima.
“e adesso?” disse Giuseppe venendo a sedersi vicino a me.
“ieri mi è piaciuto … me lo fai toccare ancora?” risposi…
Fece un gesto indicando i pantaloncini… “è tutto tuo…”
La stoffa tesa dei pantaloncini non lasciava dubbi circa la sua eccitazione’ la mia mano si mise subito ad accarezzare quel gonfiore da sopra la stoffa, mentre sentivo il suo respiro e il mio farsi più pesanti’
Accarezzandogli sempre più vigorosamente il cazzo non potevo fare a meno di pensare a quello che avevo fatto. Ero andata a cercarmi un uomo, un ragazzo, chiunque sarebbe andato bene, per soddisfare le mie voglie. Ora che avevo superato il limite della vergogna con quell’uomo rozzo e laido mi sentivo sfrenata, il mio corpo decideva per me, io volevo solo godere, godere, godere’
Avevo scoperto un’altra me stessa, non sapevo quando sarei tornata in me, per il momento mi sembrava non ci fosse limite a quello che il mio corpo mi chiedeva, esigeva da me’ e io volevo soddisfarlo.
I miei pensieri furono interrotti all’improvviso quando Giuseppe mi afferrò il polso dicendomi:
– Non ce la faccio più!
Si abbassò i pantaloni e mi riprese la mano posizionandola sulla sua asta che ora era durissima e invogliante.
Presi a masturbarlo, ma non volevo farlo venire subito, non volevo che tutto finisse in un minuto, non era sufficiente per la mia voglia’ allora lo facevo in modo irregolare, alternando movimenti lenti e veloci, ora stringendo la mano, ora rilassandola. Il suo respiro e i suoi gemiti mi guidavano in questo gioco, mentre le sue mani si erano insinuate sotto la mia maglietta leggera trovando i capezzoli irti e ingrossati, torturandomeli in una dolce agonia.
Non potevamo continuare così per sempre’ anche se avremmo voluto mantenere la nostra eccitazione il più a lungo possibile presto fummo estenuati da questo gioco, sentivo colare liquido tra le mie gambe, sentivo il calore e il profumo che si sprigionava dalle prime gocce della mia eccitazione, aprii le gambe offrendomi, ma vedendo che lui non accennava a cambiare posizione glielo chiesi esplicitamente:
“Scopami'”
Scopami’ ero stupita dall’aver pronunciato questa parola. Volevo certamente che mi prendesse, ma aprendo la bocca avrei pensato di pronunciare parole meno volgari, tipo ‘facciamo l’amore’, o ‘facciamolo’, ma scopami’ Lui si fermò un momento e mi disse:
“Ti eccita parlare sporco? Anche a me piace’ ripetilo'”
“Scopami'”
“E poi?”
“Fottimi'”
La scoperta di questo linguaggio ci aveva eccitati ancora di più, ora lui stava per entrare dentro di me’
“Aspetta, non così…”
Non volevo scopare così, volevo assumere la posizione che avevo visto assunta da mia madre’ Non sapevo perché, ma mi eccitava terribilmente.
Mi misi alla pecorina, e subito il suo cazzo fu dentro di me’ Dopo i primi affondi già mi muovevo come una puttanella vogliosa, cercando con il bacino di prenderne il più possibile.
“Sì, tutto’ dammelo tutto'”
Lui spingeva sempre più forte, sempre più veloce’ mentre io sentivo una voragine dentro di me e sapevo che non bastava, ne volevo sempre di più.
Avevo fame, fame’ ne volevo, ne volevo da morire!
Improvvisamente con un rantolo strozzato lui venne, senza preavviso, dentro di me, sentii il fiotto del suo piacere colarmi contro le pareti, mentre io ero ancora eccitata.
Ero delusa, quasi arrabbiata che fosse venuto così presto’ io avevo ancora voglia’
Mi girai su me stessa, sempre carponi, i capelli sciolti mi coprivano il viso, evitando di guardarlo in faccia perché non percepisse la mia espressione delusa. Lui era rimasto in ginocchio, il cazzo gonfio e rosso lucido di umori. Lo presi in bocca, sapeva di me, ma anche del suo sperma. Lo strinsi alla base e venni su spremendolo. Volevo la sua sborra. In meno di due ore avevo avuto in bocca la sborra di due uomini. Questo pensiero mi fece mancare il fiato dall’eccitazione.
Presi a succhiarlo come un’invasata.
“piano… penny… mi fai male…”
Mi staccai…. continuando a masturbarlo…”voglio che mi scopi sul serio… voglio godere… sono ancora eccitata…”
“scusa se sono venuto…subito ma non ho resistito…”
“si si… ma ora devi scoparmi… altrimenti la prossima volta lo dico a Marco…anziché a te…”
“penny non avevo idea che fossi così…”
“così come ? dillo… avanti…”
“così puttana… ecco…”
Lo spinsi giù… “sdraiati… voglio salirti sopra…”
Il cazzo era bello duro… rigido… un bel paletto lucido su cui accomodarmi… strofinai la cappella sulle grandi labbra e sul clitoride e mi resi conto che colavo sborra… quel porco mi aveva riempita… contrassi le pareti della vagina e depositai altro sperma sul suo glande… mi chinai ad imboccarlo…
lui aveva seguito tutta l’operazione…
“…sei una troia… mi fai impazzire…”
Montai sopra e me lo infilai con un colpo solo fino in fondo. Presi a muovermi avanti e indietro.
Quando facevo l’amore con Alberto sapevo che questo movimento non faceva godere lui che invece voleva che andassi su e giù, ma era quello che preferivo io. Quello che mi faceva godere. Ora questo era quello che volevo.
Per un momento pensai che forse qualcuno stava guardandoci dal capanno, come noi ieri, e la cosa mi eccitò ancora di più conducendomi verso l’orgasmo. Iniziai a urlare senza ritegno, la fica allagata, un orgasmo fortissimo.
Rallentai… lui sotto di me mi aveva preso per le natiche e mi muoveva su e giù… cercava il suo orgasmo.
Mi tolsi. Volevo farlo venire con la bocca.
Era bagnato del mio orgasmo fino alle palle. Scesi e presi a leccargliele, masturbandolo nel contempo. Il cazzo era durissimo, gonfio, si sentiva che stava per esplodere.
Aumentai il ritmo con la mano e anche la spinta della lingua sui suoi coglioni duri…
“…. aaa cristo mi fai sborrare … così…. sei tremenda…”
Ancora due o tre colpi forti con la mano, un suo gemito e ero con la bocca sopra… in tempo per accogliere i suoi schizzi…
ecco… questa volta l’ho deciso io… pensavo… mi faccio sborrare in bocca e mando giù… sono una zoccola… ma lo decido io.
«Questo racconto mi ha fatto eccitare molto.
È ben scritto e credibile. Complimenti!»