Il tuo primo messaggio mi è arrivato alle 20.50.
Mail del 09/07 h. 20.50: “Destinazione discoteca. Indossa la camicia bianca che ti ho fatto comprare, senza reggiseno, né pantaloni né gonna, e le scarpe con il tacco più alto che hai.”
La camicia è piuttosto trasparente, con una linea svolazzante, almeno così la definiva l’annuncio, un po’ più stretta in vita e leggermente bombata in fondo. Mi arriva appena sotto i glutei ed evidentemente andrebbe indossata con un paio di pantaloni o una gonna attillata. Nello specchio invece sono le mie gambe nude a far bella mostra di sé, affusolate e slanciate grazie ai tacchi alti delle scarpe aperte, molto sexy, con un doppio cinturino che sale incrociandosi più volte su stinco e polpaccio (da vestale, le definisco io; da troia, l’ex-ragazzo che me le ha pagate).
Provando a chinarmi il vestito è salito fin alla cintura. “Porca puttana”, ho pensato.
Sono scesa in strada intenzionata ad andare ad allettare gli avventori notturni di una discoteca che perlomeno non sia nella mia città.
Mentre aprivo la portiera dell’auto mi è arrivata la seconda mail della serata.
Mail del 09/07 h. 22.24: “Togliti le mutande, immediatamente.”
Penso di aver sbuffato. Ho afferrato i lati degli slip e li ho fatti scivolare fino alle caviglie, per poi sfilarmeli da un piede per volta.
Alcuni pensionati assembrati come sempre lì di fronte mi hanno guardata esterrefatti (ma la parola esterrefatti non rende abbastanza). Ho sorriso loro salutandoli con la manina e mi sono rifugiata nell’abitacolo. Gli slip sono rimasti abbandonati sul sedile del passeggero.
Ho guidato sforzandomi inutilmente di non pensare a quel che sarebbe di lì a poco successo.
Davanti alla discoteca c’era la solita ressa.
Avvicinandomi ho constatato con sollievo che c’erano parecchie ragazze vestite, o meglio svestite, quanto me; peraltro perfettamente a loro agio. Io, meno.
Ferma in coda sulla scalinata d’ingresso ho iniziato a sentire i risolini idioti di quelli dietro.
Se n’erano accorti.
Inoltre gli scalini d’acciaio che salivamo con infinita lentezza facevano da specchio. Non avevo assolutamente modo di coprirmi.
Il gigantesco buttafuori, finalmente raggiunto all’ingresso, mi ha squadrata da testa a piedi e con un cenno mi ha fatta entrare direttamente evitando la cassa. Con un altro cenno mi ha fatto capire che dopo avrei dovuto ricambiare.
Mail del 09/07 h. 23.38: “Slacciati i primi 4 bottoni della camicia.”
Ho ubbidito mentre un ragazzotto pompato da chissà quale sostanza cercava di circuirmi. Vedendo l’interno dei miei seni esposto al suo e agli altrui sguardi, si è impappinato. Ne ho approfittato per sgattaiolare via.
Mail del 10/07 h. 00.35: “Vai in pista, scatenati, e stacci con chiunque ci provi.”
In pista c’ero già. Era l’unico luogo dove il bestiario variegato di arrapati faticava di più ad attaccar bottone.
Di fronte a me un ragazzo sulla trentina, un pizzico sopra la media a livello estetico, già da un po’ cercava di attirare la mia attenzione e mi puntava dimenandosi e sorridendomi. Io, fino a quel momento freddina, ho ricambiato il sorriso e non mi sono ritratta. Incoraggiato si è avvicinato cercando di dare una logica di continuità ai suoi movimenti scomposti. L’ho assecondato. Ci siamo sfiorati più volte nella danza, faccia a faccia. Mi ha messo le mani sui fianchi, io sulle sue spalle. I suoi amici hanno preso ad indicarci, stupefatti e presumo anche un poco invidiosi. Uno di loro si è staccato dal gruppo e mi è venuto dietro. Ho girato la testa e ho ricambiato il suo ammiccamento. Il primo mi ha tirato a sé e, sempre ballando, ha iniziato a strusciarsi contro il mio corpo. Mi sono ritrovata i suoi occhi a pochi centimetri. Ci siamo baciati, mentre il suo amico mi si è appoggiato alla schiena, ondeggiando a ritmo di musica, e le sue mani sono salite veloci sotto i miei seni. Il tessuto leggero si è aperto ulteriormente e i due capezzoli hanno fatto capolino, praticamente contro il petto del ragazzo davanti che, come se non bastasse, ha abbassato le mani fino a toccarmi le cosce, e accarezzandomi verso i fianchi mi ha sollevato la camicia fino alla cintura. Sentendo la mia pelle nuda là dove si aspettava ci fosse la stoffa delle mutande, si è bloccato per un attimo e mi ha fissato incredulo, poi mi ha baciata di nuovo, spingendo ancora più forte il pacco contro il mio pube. L’ho sentito aumentare di consistenza, così come quello dell’amico premuto tra le mie natiche, mentre i nostri bacini si muovevano per nulla sincronizzati alla musica.
I corpi degli altri ci urtavano nella calca, le quattro mani su di me si facevano sempre più audaci e la lingua del ragazzo invadeva vogliosa la mia bocca.
È stato lui il primo a staccarsi.
Ha fatto un passo indietro con una strana espressione, che ho pensato di riconoscere. Sono convinta d’aver visto una chiazza di bagnato che andava allargandosi nei suoi pantaloni, proprio all’estremità di quel bel rigonfiamento! Non mi era mai capitato di essere così... efficace.
Il suo amico ha ghignato abbracciandomi e subito mi ha accompagnata deciso verso i divanetti.
Ci siamo seduti su uno dei pochi liberi, neanche troppo appartato, e lì lui si è sbottonato la patta. Ha fatto prendere aria al suo cardellino, liberandolo dalla stretta dei jeans e dei boxer, e mettendomi una mano dietro la nuca gli ha spinto la mia testa contro.
Non ho fatto resistenza e l’ho preso in bocca, forse un po’ troppo calata nella parte.
Ho succhiato diligentemente, mentre le sue dita si facevano largo tra le mie gambe.
Vorrei poter dire che non m’era mai capitato di fare un pompino ad uno sconosciuto, ma non mi piacciono le bugie.
È venuto quasi subito, grugnendo e tenendomi fermo il capo.
Mi sono alzata pulendomi le labbra con la mano e mi sono allontanata, senza rivolgergli né occhiate né parole, in cerca di un bagno o di un’uscita.
Alla fine ho trovato la seconda, non prima di avere però ricambiato il favore al buttafuori: mi ha fermata davanti al guardaroba e prima che potesse emettere qualche cazzata scontata e per non perdere troppo tempo l’ho baciato sulla guancia – per evitare che sentisse e riconoscesse l’odore dolciastro che avevo in bocca – e sorprendendolo l’ho tastato decisa, facendolo sobbalzare e reagire. “Non vorrai mica picchiarmi! Ci vediamo, eh!” gli ho detto sorridendo, e mi sono defilata.
Mail del 10/07 h.02.20: “Divertita?”