Sentirsi fare questa richiesta mi ha lasciato un attimino perplesso, ma andiamo con ordine. Otto anni fa lasciai la mia nativa terra del sud per lavorare nel ricco nord. Impiegato in un gruppo bancario, per me non fu subito facile ambientarmi; gli altri, una ventina di persone lavoravano insieme da anni, io mi trovai a sostituire un tipo carismatico, ma per loro ero sempre e solo un “terrone.” Con la mia pazienza, disponibilità ed una buona dose di allegria e spiccato senso dell’umorismo, riuscii a inserirmi abbastanza bene. Passarono otto anni senza nemmeno farci caso e stavo già accarezzando l’idea di un riavvicinamento, quando la mia azienda si fonde con un altro gruppo. Mi propongono un nuovo trasferimento, non a casa, ma a metà strada. Accetto, per il semplice motivo che, oltre ad essere più vicino a casa, nella nuova destinazione avrei avuto il mare, elemento che mi era mancato di più in questi anni, a solo trenta chilometri, diversamente da qui. Mi trasferisco e scopro che nella nuova filiale, siamo in quattro: Carlo, il più anziano, quaranta sette anni, sposato, alto un metro e ottanta, spalle larghe, bel fisico, capelli appena brizzolati, è il direttore: aveva già ricoperto la carica di vice per circa dieci anni ed ora questa nomina lo ripagava per tutta la professionalità profusa nel tempo; Io, Luca, di quasi trent'anni, capelli ed occhi neri, altro un metro e settantacinque, fisico massiccio, ma non grasso e, grazie al tanto nuoto praticato, ho pettorali in bella evidenza, con otto anni di esperienza; Cinzia, ventenne, fidanzata, una bella ragazza bionda, occhi chiari, una bella faccia da porcellina, molto appariscente, due tette, per vero un po’ piccole, ma molto spiritosa, con esperienza nel settore quasi zero. Flavia, ventiseienne, single, mora, occhi scuri, alta, bel culo, tette quarta abbondante, ha l’aria di una a cui piace divertirsi senza troppe complicazioni, è da un anno nel settore. Con questa situazione, è chiaro, fin da subito, che il capo può contare solo sulla mia esperienza. Ci dividiamo i compiti: le ragazze allo sportello ed a noi tutte le altre beghe. Passa un mese e siamo già diventati una squadra affiatata. Il lavoro gira bene e vi regna una bella armonia. Le ragazze si rendono subito conto che noi ne sappiamo più di loro e, per ogni cosa, pendono dalle nostre labbra; anche se io, le loro labbra, le userei diversamente, né io né il capo offriamo il fianco a far pensare di voler storie in ufficio, eppure, dopo i primi giorni, le gonne sono diventate più corte, le camicette più aperte e gli sguardi più ammiccanti. Dopo una breve ricerca, mi sono trovato un bell’appartamentino poco distante dal posto di lavoro. Sessanta metri quadri, una camera con bagno e cabina spogliatoio, oltre ad un salotto con angolo cottura, si rivelano una vera reggia per me. Scopro anche che, a poca distanza, una fermata del bus mi permette di raggiungere comodamente l’ufficio, senza nemmeno usare l’auto. Un giovedì ero in attesa del bus, quando una macchina si ferma davanti a me.
«Che stai aspettando? Sali ti do un passaggio.»
Riconosco Carlo al volante. Parliamo e lui mi dice che abita poco più avanti e che percorre tutti i giorni questa strada, per cui si offre a ripetere la cosa giorno per giorno. Da quel giorno la nostra amicizia è rafforzata: non siamo più capo e subalterno, ma due persone che si rispettano e che lavorano bene insieme. Il venerdì, mentre si torna, mi chiede se mi piacerebbe fare due tiri a tennis, la domenica mattina. Accetto volentieri perché mi piace fare sport; di solito pratico il nuoto, ma anche il tennis mi rilassa e, soprattutto, mi tiene in forma. La domenica successiva, quindi, passa da me e, insieme, raggiungiamo un complesso sportivo, composto da campi da tennis e calcetto; vi è poca gente e, anche se al coperto, fa un po' freddo, del resto siamo quasi a Natale. Carlo si rivela un energico avversario, leale ma fortissimo e, alla fine delle due ore, siamo pari; lui si complimenta con me e andiamo a fare la doccia. Mi spoglio e mi ci infilo sotto; le docce non sono separate, quindi ciascuno può guardare l'altro. Appena lì, mi insapono e prendo a lavarmi. Lui arriva subito dopo: era andato a pisciare e, quando apre l’acqua, io mi giro e vedo che, stupito, sta fissando il mio cazzo in posizione di riposo. Non mi reputo un super, perché credo di avere un cazzo di circa venti centimetri, abbastanza grosso quello sì, ma direi appena sopra la norma. Per un momento lui mi fissa, io fingo di lavare i capelli e chiudo gli occhi: per un attimo avverto un certo disagio. Ho fatto tante volte la doccia insieme ad altri uomini, ma non mi sono mai sentito così imbarazzato. Chiudo l’acqua ed esco. Poco dopo mi raggiunge, non dice nulla, si asciuga e poi si mette sotto il fon da parete, per asciugare i capelli; quando alza le braccia per passare le mani sui capelli, l’asciugamani, che ha annodato ai fianchi, cade e rivela un cazzetto di minuscole dimensioni. Se io non mi reputo super, lui è decisamente piccolo, ma proprio tanto piccolo. In posizione di riposo, sarà come un dito di un adulto. Credo che, eretto, non superi i dieci centimetri e, poi, è sottile; ora comprendo il suo stupore quando aveva visto il mio. La settimana successiva non vi sono cose di rilievo, il lavoro gira, e l’atmosfera si fa sempre goliardica. Per la domenica successiva, mi rinnova l’invito a giocare ed accetto, anche perché non ho ancora trovato una piscina dove riprendere a nuotare; quindi, per non arrugginirmi, il tennis va bene; vengo però avvertito che, stavolta, dovremo andare un poco più tardi, perché la mattina presto i campi sono già prenotati; per me non ci sono problemi. Alle nove arriva con la macchina, salgo dietro, perché alla guida c'è sua moglie:
«Piacere, sono Matilde, oggi è il primo giorno di apertura festiva dei negozi nel periodo natalizio; vi accompagno e, mentre voi giocate, vado a dare un’occhiata a due negozi nei pressi.»
Seduto dietro ho modo di osservarla per bene. È decisamente una bella donna, mora, capelli lunghi fino alle spalle, veste sobriamente, dei pantaloni ed un maglioncino, coperto da un giacchetto di pelle, le donano una certa eleganza, senza eccessi. Un filo di trucco le colora le labbra, senza renderle volgari, ma, al contrario, sono molto fini. Noto anche la perfetta complicità, intesa ed amore, che regna fra loro. Parlando, mi dicono che hanno una figlia di nome Luisa, ma che si trova all’estero; tornerà per le feste, è un medico chirurgo e si sta specializzando in oncologia. Ci lascia al complesso sportivo e se ne va. Giochiamo, ma questa volta Carlo è un po’ più distratto; mi appare pensieroso e, alla fine delle due ore, ho vinto io. Andiamo a fare la doccia, ma c’è un grande marasma. Nello spogliatoio ci sono due squadre di calcetto ed altri atleti: chi si fa la doccia, chi si cambia, una vera baraonda. Lui prende il cellulare, parla un momento e mi suggerisce di andarcene.
«Faremo la doccia a casa mia: qui c’è troppa confusione.»
Prima che possa obiettare qualcosa, lui mi trascina via. Appena fuori, c’è lei che ci aspetta. Andiamo a casa sua e m’invita a pranzo; cerco di opporre un qualche rifiuto ritenendo che non fosse il caso, così senza preavviso, ma lei è molto decisa e insiste perché accetti. Appena arrivati, lui mi porta nella loro camera da letto e mi mostra il bagno annesso; mi spoglio perché sarò il primo a fare la doccia. Ne esco dopo pochissimi minuti, lui entra ed io mi sto rivestendo, quando la porta della camera si apre di colpo:
«Carlo, credi che possa piacer… Oddio, scusa! Credevo vi fosse Carlo!»
Nell'attimo in cui lei entra, io mi giro e non posso far a meno di notare il suo sguardo incollato al mio basso ventre: il mio cazzo è in bella mostra. Esita un momento, indugia ancora un attimino, poi esce.
«Scusa, volevo solo sapere se ti piace la pasta con le melanzane.»
Mi chiede da dietro la porta chiusa. Rispondo che va benissimo e, nello stesso momento Carlo esce dal bagno: sorride, quasi divertito. Mi rivesto, gli racconto l’accaduto e lui non si mostra sorpreso. Vado in cucina, mentre lui finisce di vestirsi; lei mi guarda per un momento negli occhi e si scusa ancora; mi offro di aiutarla ad apparecchiare, accetta, sembra più rilassata: l’imbarazzo deve essere svaporato. Il pranzo è ottimo e, mentre stiamo mangiando, scoppia un temporale tremendo; tuoni, fulmini, una vera bomba d'acqua. Finito il pranzo, sta ancora piovendo moltissimo per cui mi invitano a restare; l'atmosfera di casa mi piace ed accetto volentieri. La loro casa è una villetta in cui, nel seminterrato, vicino al garage, è stata ricavata una taverna veramente bella. Un grande caminetto troneggia al centro della parete. L’arredamento è composto da due poltrone ed un divano di vimini, con dei cuscini, un mobile bar e una vetrina che contiene tanti album di foto, dvd, apparecchiature fotografiche e videocamera. In un angolo, un televisore da quarantasei pollici, appeso alla parete, completa il tutto. Ci trasferiamo lì sotto, accendiamo il camino e lui mi versa del limoncello. Anche lei ne beve un poco. Parliamo di vacanze, della mia terra e mi mostrano delle foto di sé stessi in vacanza: devo riconoscere che, vedere mamma e figlia, anche se molto giovane, in costume, mi fa un certo effetto. Matilde poi ha un corpo decisamente bello, sento il sesso crescere dentro i pantaloni, e credo che lui se ne sia reso conto, ma fa finta di nulla. I discorsi proseguono e parliamo d’altro: dell’imminente ritorno della figlia, ad esempio e, nell’insieme, si crea una bellissima atmosfera mentre fuori piove a dirotto. Parlando, si ride, e mille aneddoti ci vengono alla mente, sia sul lavoro che su vacanze ed altro. Mi parlano della figlia, di come si è laureata ed ora, appena finita la specializzazione, fra tre mesi, tornerà a casa, dove lo zio, primario di una clinica privata, le ha già riservato un posto di lavoro. Senza rendercene conto, siamo giunti a sera, Carlo propone di fare una grigliata sulla brace del focolare, mentre io cerco di negarmi per recare il meno disturbo possibile; ma lei, appoggiata al caminetto, di spalle, riempie l'ambiente di fantasie non proprio pudiche: Il suo culo tondo ed alto, mi sta eccitando i sensi.
Poi si gira, mi sorride ed esordisce:
«Non dai nessun disturbo, anzi, oggi hai reso molto sfiziosa una domenica che, altrimenti, sarebbe stata noiosa, e ti assicuro che non accadeva da tempo. Generalmente lui passa il tempo a guardare lo sport in tv ed io a leggere. Era proprio da tempo che non mi divertivo così.»
Mi dice con un malcelato senso di tristezza. A fine cena, lei mi chiede quando partirò per le vacanze natalizie, cui rispondo che è previsto per il sabato successivo, poi lui mi riaccompagna a casa. Nei giorni seguenti il lavoro ci sommerge, poi il giovedì lui m’invita a cena a casa sua, per la sera dopo. Declino l’invito, ho mille cose da fare, gli ultimi regali e la valigia, poi sabato devo essere in aeroporto alle sette di mattina. Lui mi ascolta, prende il cellulare, chiama Matilde e me la passa.
«Non vorrai andar via, senza salutarmi? O consideri l'incontro di domenica un futile momento da archiviare? Dammi la possibilità di dimostrarti che brava cuoca sono.»
Il suo tono supplichevole e deliziosamente malizioso non mi lascia alternativa; la sua voce è di un erotismo tale che devo girarmi per non dare a vedere che mi sto eccitando. Il venerdì, usciti dall’ufficio, mi chiede se possiamo fare una piccola deviazione.
«Devo passare a prendere due regalini, se mi accompagni, mi fa piacere, anche perché, per uno, non ho le idee ben chiare.»
Lo seguo, ci fermiamo davanti a una gioielleria, dove acquista un bellissimo bracciale d’oro per la figlia, poi dopo è la volta di un negozio di intimo. Entriamo, lui consente che la giovane commessa esegua una distesa, sul bancone, di modelli diversi di completi intimi; uno rosso, bellissimo per la figlia, poi esita, non sa quale prendere per la moglie. La scelta è fra uno di color rosso scuro, con una mutandina sottile, un mini string quasi invisibile che, al solo pensiero di sapere lei con quell’intimo, mi si drizza, e l’altro, nero, bellissimo che, oltre ad un tanga, ha un reggicalze e la commessa non omette di mostrare delle calze che richiamano il pizzo del tanga; insomma roba da lasciare un maschio senza parole. Lui mi chiede un parere, ed io propendo per il nero; lo prende e ce ne andiamo.
«Passiamo a casa mia, vorrei farmi una doccia.»
Suggerisco, ma lui mi dice di farla casa sua, poiché anche lui ha l'abitudine di farla prima di cena, però mi esorta a portare la valigia:
«Potrai dormire da noi, tanto il letto di Luisa è vuoto e l'indomani partire direttamente per l'aeroporto.»
Poco dopo siamo casa sua, lei ci accoglie elegantissima. Indossa dei pantaloni scuri, quasi attillati, scarpe alte, una camicia color salmone chiaro, che fa risaltare al massimo la sua splendida capigliatura scura, trucco ed unghie laccate di rosso come le labbra, completano la mise. Mi abbraccia e sento uno strano brivido corrermi lungo la schiena; mi piace ed il suo profumo mi eccita.
«Avete cinque minuti, poi è pronto in tavola; vi aspetto in taverna.»
Si gira e sparisce di sotto. Deposito la mia roba in camera della figlia, poi entro nella loro, lui si è già spogliato e si sta lavando. Poco dopo mi chiama, si sta asciugando i capelli, mi indica la doccia: è nudo, io entro e mi lavo, quando esco, lui mi guarda e mi esorta:
«Per piacere, scopa mia moglie!»
Lo guardo stupito, ma lui mi si avvicina ed aggiunge:
«Non sono matto; lei è la persona che più amo al mondo, ma, dopo aver visto te, mi rendo conto che, forse, con me non deve essersi divertita tanto; io ho solo un cazzetto, mentre tu hai un bel cazzo, quello che lei non ha mai avuto dentro di sé. Sono alcuni giorni che ci sto pensando. A lei farebbe sicuramente piacere; ho sondato il terreno e posso affermare con la massima sicurezza che le piacerebbe, ma teme che tu possa trovarla vecchia e poco desiderabile. Tu sei giovane, lei ha la mia stessa età. Credi che sia vecchia? Se non ti piace dimmelo, altrimenti ti prego, aiutami a farla godere.»
Dopo un momento di iniziale sbigottimento, mi rendo conto che non sta scherzando e, devo riconoscere che quella proposta mi sta provocando un'eccitazione incredibile al solo pensiero di poterla scopare.
«Vecchia? Ma sei matto! È una vera bellezza, anzi, oserei dire, una gran fica! E se questo è quello che vuoi, non vi sono problemi.»
Il suo viso si illumina, si rilassa e mi rivolge uno sguardo di totale gratitudine. Ci vestiamo e la raggiungiamo. La cena è superba; ha cucinato tutto alla perfezione. Dopo il dolce ci accomodiamo sul divano, vicino al caminetto. Io mi siedo su di una poltrona, lui sul divano e lei, dopo averci portato il caffè, si distende quasi su di lui.
«La cena è stata di tuo gradimento?»
Chiede rivolta a me, poi si alza e prende la tazzina che avevo ancora tra le mani; lui mi fa un cenno d’intesa, mente lei ci volge le spalle.
«Sei una perfetta e brava cuoca; Carlo è davvero fortunato ad avere una donna come te affianco.»
Lei sorride compiaciuta e mi ringrazia per il complimento.
«Certo che lo sono, ma lei, purtroppo, non è stata fortunata come me.»
Esordisce lui e lei gli rivolge uno sguardo molto sorpreso.
«Dimmi cara, sei consapevole che, in quanto a certe dotazioni, la natura è stata abbastanza avara con me? Ti chiedo questo perché ci hai visti entrambi nudi e, di certo, non puoi non aver fatto il debito paragone; sei convinta che lui abbia davvero un gran bell'arnese fra le gambe?»
Lei rimane un attimino perplessa e non fa niente per celare al marito la sorpresa che quelle sue parole le hanno provocato. Io me ne sto tranquillo ed osservo con attenzione la sua reazione: non mi sembra affatto turbata, bensì alquanto rilassata ed è con quel tono che risponde:
«Sì, decisamente non sei molto dotato, ma lui l’ho appena intravisto.»
Con ciò volendo quasi affermare di non aver proceduto ad alcun paragone. Io, intanto, mi sto eccitando e noto che lui è nelle stesse mie condizioni, ma con la differenza che il mio bozzo è molto più evidente.
«Allora, perché non ti avvicini a noi e li osservi per bene?»
Propone lui e mi invita ad alzarmi in piedi davanti a lei. Dopo un momento di esitazione, lei si avvicina, si mette fra noi due e si siede sul divano. Lui apre la patta dei pantaloni e tira fuori il suo cazzo eccitato che sembra un po' più grande, ma non di molto. Io attendo che lei giri lo sguardo verso di me, poi lentamente lo tiro fuori. Lei, da seduta, si trova all’altezza dei nostri membri, li prende in mano, ne saggia la durezza, poi lentamente sega un po' lui, che però la fa girare verso di me.
«Guarda e senti quanto è duro e potente; egli è felice di fartene dono e non vede l’ora che tu possa assaggiarlo.»
Mentre parla, prende a segarsi lentamente. Lei lo guarda perplessa, esita un poco e, poi, fra il serio ed il faceto, gli risponde:
«Sei proprio sicuro che questo è quello che vuoi? Sei convinto? Io mi trovo bene anche con te, non mi sono mai lamentata; certo, lui ha un cazzo bellissimo, e se tu mi chiedi di godermelo, lo farò solo per te.»
Lui ha il viso raggiante e le fa cenno di sì con la testa.
«Dai, amore, goditi questo bel cazzone, lascia che ti prenda in tutti buchi, dai, non esitare, lo desidero più di ogni altra cosa al mondo.»
A quelle parole, lei si è girata verso di me, mi ha guardato con voluttà, poi, afferrato il mio cazzo con la mano, ha cominciato a segarmi piano, osservando la mia reazione. Era meraviglioso, la delicatezza del gesto, la maestria, mi stava scombussolando i sensi. Lui si è abbassato di lato ed ha cominciato a spogliarla. Liberatala dalla camicetta, ha fatto scattare il gancio del reggiseno e due tette favolose sono balzate prepotentemente fuori, bellissime. Lei ha preso a leccarmi lentamente la cappella; sentivo la sua lingua scorrere lungo tutta l’asta, leccare le palle e poi risalire lentamente, fin quando ha serrato le sue rosse labbra intorno al glande. Lui l’ha fatta alzare e lei, senza staccare la bocca dal membro, gli ha permesso di abbassarle i pantaloni. Con un movimento lento, lui l’ha spogliata completamente. Stando in piedi, ho potuto ammirare il suo meraviglioso culo; la rotondità dei suoi glutei era spettacolare e non ho potuto far a meno di allungare la mano per carezzarglieli. Lui si è inginocchiato dietro di lei ed ha cominciato a leccarla, provocandole un lungo gemito emerso dalla sua bocca piena di me. Ho sentito fremere il suo corpo, scosso da un lungo brivido. Carlo, dopo un po’, si è alzato in piedi e, da dietro, l’ha presa con decisione.
«Lo so che non vedi l’ora di avere lui, ma sarà bene che io ti schizzi dentro un po’ della mia sborra, così da lubrificarti e far scorrere meglio il suo tanto più grosso. Intanto succhialo bene e bagnalo, che fra poco ti scoperà come si deve!»
Eccitato dal gioco, è venuto quasi subito. Lei è rimasta ferma per un istante, poi si è girata e l’ha guardato; lui se n'è uscito e lei, rivolta a me, ha chiesto di prendere il suo posto. Si è staccata dal mio cazzo e, distesa sul divano a cosce aperte, mi ha invitato con le braccia tese ad adagiarmi su di lei. Lui, segandosi, ci osservava con occhi di fuoco; nonostante la sborrata era ancora in tiro. E lei:
«Vieni, prendimi; fa vedere a questo cornuto cosa significa scopare una donna. Fammelo sentire tutto dentro, ma fa piano; dimensioni come le tue, per me sono una cosa assolutamente nuova.»
Ho appoggiato la cappella fra le labbra della sua figa sbrodolante ed ho cominciato a spingere lentamente. La sentivo aprirsi piano e le davo tempo per abituarsi a me; la sentivo veramente stretta, mentre spingevo ed entravo dentro; lei mi guardava con occhi pieni di languore, la bocca aperta senza emettere alcun suono, ed io avvertivo che le pareti della sua vagina si aprivano, permettendo il passaggio del mio palo; quelle sensazioni, mie ma anche sue, le provocavano moltissimo piacere.
«È bellissimo! Quanto ti sento! Spingi! Dammelo tutto!»
Ho spinto fin quando ho sentito la cappella sbattere sul fondo dell’utero. Sono rimasto immobile, le ho dato il tempo di abituarsi al mio ingombro; lei si è girata verso di lui che si stava segando con gli occhi spiritati: era al massimo dell’eccitazione.
«Dai, spaccala, falle sentire il tuo cazzo fino in gola, dai, spingilo tutto dentro!»
Il suo incitamento era del tutto inutile, le avevo spinto dentro tutta la verga e le palle le battevano sul perineo. Lei, dopo aver guardato lui, si è rivolta a me:
«Dai, magnifico toro, scopami, dai, fammi godere, facciamo vedere a questo cornuto cosa significa godere e tu, che hai voluto tutto questo, goditi la scopata che sto facendo; dai, Luca, pompami, fammi impazzire.»
Ho incominciato un lento va e vieni. Ho impresso il mio ritmo della pompata e lei ha cominciato a godere sempre più forte; urlando di sbatterla ancora di più, ha goduto, urlato e goduto di nuovo; ero quasi al limite, lei se ne è accorta.
«Stai per sborrare vero?»
Mi ha chiesto fermando il mio corpo. Allora mi ha fatto sfilare ed ha ordinato a lui di distendersi supino; si è inginocchiata, poggiando la sua figa aperta, a contatto della sua bocca.
«Leccami, e mentre tu lo fai, mi farò inculare da lui; è troppo bello sentirlo dentro, che non voglio perdere questa occasione; Luca, ti prego, scopami nel culo, ma fa piano: lì, sono quasi vergine.»
Mi sono inginocchiato dietro di lei; sentivo la bocca e la lingua di lui che le succhiava il clito; ho indugiato un poco, ho abbassato la punta e ho sentito la sua bocca ghermire il mio cazzo. L’ha succhiato un poco, bagnandolo di saliva, lei ha allungato il braccio dietro di sé, me lo ha preso in mano e l’ha appoggiato sul suo buco, per poi invitarmi ad entrare.
«Dai, spingi…sì, ti sento, mi apri, spingi! Oddio, mi spacchi, sei enorme…aahhii!»
A quelle grida, mi sono fermato, lei si è voltata e con occhi di fuoco mi ha gridato:
«NO! Che fai, ti fermi? Spingilo tutto dentro, mi devi spaccare il culo! E tu, cornuto, leccami, fammi sentire la lingua che me la succhia e mangia tutta!»
L’ho afferrata per i fianchi e, in un colpo solo, le ho piantato tutto il cazzo dentro. Ho cominciato a pomparla, senza più nessun riguardo. Lei godeva e lui le tramestava la figa a colpi di lingua.
«Dai, Luca, spaccale il culo a questa troia! Dai, falla godere come una vacca, dai…ancora più forte!»
«Ti sfondo, vacca che non se altro, ti rompo il culo ed fra poco sto per riempirtelo di sborra!»
Le ho gridato. Sentivo l’orgasmo imminente. Lei, dopo l’ennesimo urlo di piacere, mi ha fermato di nuovo, si è girata e mi ha guardato con due occhi carichi di infinita lussuria.
«Ti prego, non dentro il culo; sì, vorrò sentirla anche lì la tua sborra, ma questa prima voglio sentirla dentro l’utero, è da tempo che non sento questo piacere: ti dispiace riempirmi la passera?»
Ho annuito, mi sono fermato e sfilato da lei, ero al limite. Si è alzata, e sistemata sul bracciolo del divano, con un piede sulla seduta e l'altro per terra, offrendo la fica, oscenamente aperta. Mi sono avvicinato, le ho sollevato le gambe, ho appoggiato la punta sulla figa aperta, dilatata, e sono entrato di nuovo in lei. Sono entrato molto più facilmente e lei ha cominciato a tremare. In un momento ero tutto dentro di lei, fino in fondo. Mi ha cinto i fianchi con le gambe, incrociandole dietro di me e, di fatto, ha bloccato i movimenti: ero inchiodato dentro di lei e sono rimasto immobile. Poi mi sono reso conto che, tutto il canale vaginale, così come i suoi muscoli pelvici, hanno preso a contrarsi e rilassarsi ritmicamente, era come se mi stesse mungendo il cazzo con la vagina; io, immobile, avvertivo il piacere, risucchiato dai suoi muscoli. Immobilizzato, ho preso a contrarre i miei muscoli del pene e lei l’ha percepito. Ha preso a tremare come scossa da una scarica elettrica ed il mio orgasmo è esploso incontrollabile, dentro di lei. L’ho sentita stringere ulteriormente le gambe, quasi temendo che potessi uscirne, mentre lui si è segato e ha sborrato con noi.
«Che bello! Luca, schizza tutto dentro di lei…Schizzo pure io!»
Per un lungo momento siamo rimasti immobili ed in silenzio; io, lentamente, ho ripreso a muovermi dentro di lei che, dopo aver goduto, ha sciolto le gambe, liberandomi i fianchi. Ancora eccitato e, con il cazzo che nemmeno si sognava di ammosciarsi, ho ripreso a pomparla con ritmo sempre più forte e veloce. Lei ha ripreso a godere e sentivo la sborra schizzare fuori ad ogni affondo, lei si è girata e ha detto a lui di rimettersi sdraiato; poi si è risistemata nella stessa posizione di prima, e gli ha intimato:
«Dai, cornuto mio, lecca la sborra del maschio che mi ha fatto tanto godere, leccami, mentre io ora lo riprenderò nel culo; ti prego, Luca, inculami di nuovo e questa volta sborraci anche!»
Carlo non ha esitato un momento, si è rimesso disteso e lei sopra; lui le ha aperto le chiappe e lei mi ha afferrato il cazzo e, con un sorriso di compiacimento, mi ha chiesto di entrare dentro di lei. Sono entrato come un toro scatenato, l’ho inculata con forza e lei ha cominciato ad urlare di nuovo il suo godimento.
«Sei tremendo! Bravo, sfondami il CULO!»
L’ho pompata per circa quindici minuti; era fantastico sentire le sue grida di piacere e la lingua di lui che, da sotto, leccava lei ma lambiva anche me. Poi mi sono reso conto di essere in procinto di schizzare di nuovo, per cui mi sono piantato tutto in lei e le ho sparato dentro tre schizzi in rapida successione, mentre lei raggiungeva, anche con l’azione del suo lui, l’ennesimo orgasmo. Lentamente ci siamo sciolti dall’amplesso; lei aveva il viso stravolto dal piacere, lui era raggiante di felicità ed io prendevo atto di aver vissuto un momento senza precedenti e che sarebbe stato difficile dimenticare.
«Grazie Luca, per averle fatto provare tanto piacere, sei un vero amico; amore, spero che ti sia piaciuto e che, in futuro, gli permetteremo di tornare, vero?»
Ha detto Carlo.
«Si è stato effettivamente travolgente. Ho visto che è piaciuto tanto anche a te. Ti sei segato almeno tre volte, quindi, se non hai nulla in contrario, tu questa notte te ne andrai a dormire in camera di Luisa, mentre io e lui staremo nel nostro letto. Se Luca non è sfinito, vorrei continuare la notte di sesso appena cominciata.»
Detto questo, mi ha preso per mano e raggiunta la scala, ha cominciato a salire, poi si è fermata e, rivolta ancora a lui, gli ha detto:
«Metti tu a posto qui, tanto hai tempo; poi, domani mattina, ci porterai la colazione a letto. Fai in maniera di svegliarci in tempo, lui deve prendere un aereo.»
Lui le ha sorriso soddisfatto e noi siamo saliti in camera; la notte è proseguita con ancora tanti orgasmi da parte di entrambi: sembrava insaziabile ed ha perfino ingoiato la mia ultima sborrata. Al mattino, lui ci ha svegliato dolcemente, presentandosi con un vassoio contenente biscotti e caffè.
«Grazie, Luca, ti sarò sempre debitore per il piacere che hai dato a mia moglie; e tu, amore, che ne pensi di questo maschio che ti ha fatto tanto godere? Mi sono segato tutta la notte, mentre vi sentivo godere; siete stati meravigliosi.»
Lei mi ha carezzato una guancia, mi ha baciato e poi, sorridendo, gli ha risposto:
«Carlo, dolcissimo amore, cosa vuoi che dica? Se Luca mi vorrà ancora scopare, io sarò sempre a sua disposizione e, dopo di lui, è chiaro che il tuo cazzetto non potrà più darmi piacere. Se sarai bravo, ti permetterò di leccare i miei buchi farciti della sua sborra; sei d’accordo amore?»
Lui l’ha abbracciata e baciata, dichiarandosi perfettamente d’accordo e, se io volevo, avrei potuto dormire con lei tutte le volte che volevo. Ci siamo abbracciati e baciati, poi mi sono vestito e lei mi ha accompagnato al volo; nel salutarmi mi ha detto:
«Tu non sei sposato ed io comprendo bene di non essere più tanto giovane, ma, se ti può interessare, ho una figlia nubile; accetteresti di entrare in famiglia, sposandola? Poteremmo restare tutti insieme e divertirci tanto; mi prometti di farci un pensierino?»
Le ho sorriso e promesso di pensarci; per vero la cosa mi stuzzicava non poco.
«Ne riparliamo quando torno.»
Le ho risposto, cominciando già a pregustare quell'idea. Mi ha dato un lungo bacio pieno di trasporto e passione; poi, senza neanche nasconderlo troppo, mi ha accarezzato il cazzo.
«Ho letto questo lungo racconto, mi sono eccitato e ancora di più pensando ad una mia amica coetanea che si fa scopare con regolarità da suo genero! Veramente la scopo anche io, ma quando mi parla del genero mi fa venire il cazzo di marmo!»