E' possibile essere traditi dal partner già prima di conoscerlo?
E' possibile essere disonorati, proprio da chi si è preoccupato della nostra onorabilità, “sistemando da buon cristiano" la nostra immagine sociale?
Per Silvana, sì ... e lo dimostrerà!
“Gli uomini hanno per natura più paura della verità che della morte”
Kierkegaard
1
- Facibuk? – la signora Silvana rise, con la solita genuinità – Nooo! Nun fa pe' mia! Sono cose per voi, che siete giovani! –
- Ma perchè, voi non siete giovane? – la apostrofò Daniela. La ragazza, sedeva sempre vicino a Giuseppe, il primo figlio di Silvana, e lei, lo aveva notato. Una sola cosa si era imposta nella sua vita e non transigeva, anzi, spesso si era scontrata col marito su questo: non sarebbe mai intervenuta sulle scelte dei figli. Erano bravi ragazzi, ringraziando iddio? Erano intelligenti e rispettosi? Bene! Lei aveva fatto il suo dovere. Educarli, dargli sempre il buon esempio, controllare che non uscissero dal “seminato” ... questo sì. Per il resto la vita era la loro e loro le scelte e le decisioni.
- V’insegno io – disse prontamente Diego, il più malandrino della combriccola. La signora Silvana aveva spesso intercettato i suoi sguardi indiscreti mentre, furtivamente, cercava di intuirne le forme, nascoste dagli vestiti. “Tipico!” pensava Silvana, facendo sempre attenzione a starsene composta. Una caterva di ragazzi invadeva, periodicamente, la sua grande cucina. Con tre figli cresciuti, ne aveva dovuti domare di sguardi, procaci e curiosi. Con Diego, però, era stato sempre più difficile: in quel ragazzino, adesso, più che ventenne aveva sempre notato una maggior decisione, a volte una vera e propria sfida, ma non era mai successo niente.
- Che c’entra? – intervenne Giuseppe – Non capisci mai niente ... Facebook è uno strumento: stop! E’ come la macchina, dipende da come la guidi, dall’uso che ne fai. –
- Non offendere la tua mamma, sai! – Silvana si armò, minacciosa, della “cucchiarella” (il mestolo di legno) che, per caso, si trovava sul lavello, a portata di mano. Tutti risero, divertiti, mentre Giuseppe sbuffava, fingendosi seccato.
- Vedete, zia – tutte le ragazze la chiamavano così, anche quelle che non le erano nipoti – Effebbì non è altro che una bacheca gigantesca ... immaginate: è come un cartellone nel bar in piazza. – Daniela era sempre dolce con lei, forse cercava di passar attraverso il suo cuore, per conquistare quello di Giuseppe. – Voi volete condividere qualcosa? Non so ... una foto, un viaggio, un pensiero, allora lo scrivete qui. E tutti, possono vedere ... –
- ... i fatti miei?! – la stoppò Silvana, con un sorriso. Silvana, era rimasta ferma alle pagine di ricette e ai siti di archeologia, la sua vecchia passione. E suo marito, Rosario, era ancora più refrattario di lei.
- No, mica tutti, mamma. – disse Giuseppe – Solo le persone che fanno parte della tua cerchia. Che ne so ... familiari, amici ... –
- Ah, ah, ma questi qua i fatti miei già li sanno ... telefono e glieli dico! E tuo padre si lamenta della bolletta ... – Quei momenti pomeridiani, quando arrivavano ondate di ragazzi, le mettevano allegria. Dipingevano di rosa la monotonia dei suoi giorni grigi e anche dei suoi pensieri, a volte più grigi dei giorni. Forse perché il vederli così speranzosi, così proiettati verso il futuro: pregava spesso perché ognuno di loro, non solo i suoi ragazzi, potesse perseguire i sogni che teneva nel cuore.
- Serve pure a farsi nuove amicizie – intervenne Diego – o, per le belle signore, come voi, a ritrovare qualche vecchio spasimante ... – stavolta la “cucchiarella” partì in direzione del giovanotto, ma lui se lo aspettava e fu lesto a schivare, ridendo. Più tardi, mentre sistemava i piatti della cena nella lavastoviglie, Silvana pensò che forse Diego aveva ragione, forse avrebbe potuto tentare di capire come funzionava “sto’ cacchio di Facebook”.
2
Due mesi dopo.
- Stai al posto tuo! – bisbigliò Silvana a Diego, che seduto al suo fianco, davanti al tavolo della cucina, come il solito ci provava. Inavvertitamente, la sua gamba premeva con più insistenza contro quella della donna. Lei aveva il doppio della sua età. Naturalmente fingeva di non farlo apposta, però arrossiva davvero, quando Silvana lo richiamava. Diego, nonostante avesse solo ventidue anni, era un vero galletto e, parole sue, il più “esperto” di tutti. La madre di Giuseppe riusciva a mortificarlo con due parole: nel suo tono non c’era solo il rifiuto ma la derisione. Approfittando del “corso” d’informatica, che si era offerto di farle a tempo perso, Diego già due o tre volte, aveva provato a fare la “mano morta” con la Silvana e, ogni volta, era stato messo a posto con un sussiego, una padronanza, che nemmeno sua madre riusciva a tenere, con lui. Diego, improvvisamente, si sentiva minuscolo, schiacciato, come fosse stato trovato nel bagno, a farsi una sega su un giornaletto. Non era il gesto in se, nemmeno le parole ... a ucciderlo, era il senso d’inadeguatezza che lei gli trasmetteva e lo rendeva ogni giorno più “cotto”. Innamorato di quella donna, che lo faceva impazzire fin da quando aveva quindici anni o poco più. In quei momenti, desiderava ardentemente che lei lo ritenesse un porco; ma che non si accorgesse mai di quanto, inutilmente, la amava. Pensandoci diventare ancora più rosso; allora si ricordava di essersi spacciato per play boy ... e il rossore raggiungeva limiti non più percepibili dall’occhio umano. Basta! Deciso: era l’ultima volta che metteva piede in quella maledetta casa! Già sapeva che domani, come il solito, avrebbe inventato qualsiasi scusa pur di tornare a casa di Giuseppe, che forse per questo, era il suo miglior amico. Silvana ne aveva visti tanti di ragazzi eccitati ma la sua incrollabile fedeltà alla famiglia, solenne promessa, fatta più a se stessa che al marito, la rendevano una domatrice esperta di animi infervorati.
- Procediamo! – disse con una simpatia che stemperò totalmente i timori del povero Diego. - Quindi, se volessi, potrei aprire un altro ... come dici tu? Ah, Account, con un altro nome, diciamo di fantasia, per non far vedere a tutti i fatti miei. Giusto? –
- Proprio così – Diego si riprese; era felice di rendersi utile e poi, la mamma di Giuseppe, non era una “vongola”, come si poteva pensare. Pochi lo sapevano ma, la donna, aveva anche frequentato la facoltà di Archeologia. Ormai, Silvana, era presente su FB col suo vero nome ma, entrando in quel mondo, con sorpresa, si era scontrata con suo marito. Questi sguazzava nel Social, anche con una certa maestria, come lo stesso Diego le aveva potuto dimostrare. La signora, dopo pochi giorni dalla sua iscrizione, mentre si scambiava le amicizie con parenti e amiche, incappò, ovviamente, nel profilo di Rosario Messina, dalla foto era proprio lui, suo marito. Ne fu colpita ma non eccessivamente e, con ingenuità, gli chiese l’amicizia. Altro che amicizia! Quella sera, apriti cielo! Rosario piantò un casino, del tutto incomprensibile per Silvana, dopo le prime battute, lei, con fermezza, lo bloccò:
- Scusa ma tu non eri quello che non sapeva nemmeno accenderlo, un Computer? –
- Che c’entra – si scherni Rosario – all’ufficio ce l’hanno tutti sto “Facebuk” è una stronzata! –
- E allora, se è una stronzata, perchè ti scaldi tanto? Forse che ci fai le “acchiappanze”? – lo redarguì – Ti pensi che non ho visto che foto hai messo? E’ di dieci anni fa: il bello di facebook! Eccolo, lo tengo in casa! – La lite proseguì ma senza spargimento di sangue, però, suo marito, l’amicizia non la accettò mai e quando la vedeva al PC, faceva una faccia talmente brutta che, alla fine, Silvana preferì evitare di andare sul sito, quando c’era il marito.
3
Il signor Rosario era un uomo all’antica. Ormai soddisfatto della sua riuscita nella vita, si riteneva anche abbastanza fortunato: aveva raggiunto ciò che desiderava. La sua esistenza era migliore di quella di suo padre, operaio ed emigrante. Lui si era evoluto, aveva avuto le sue “esperienze” e alla fine aveva sposato la donna che voleva. Grazie ai consigli della mamma, santa donna ... insomma “santa” nel senso che era stata in gamba, lui era riuscito a incastrare e domare, la più bella del paese: un fiore. L’aveva presa, concupita, sverginata e, per riparare, sposata: tutto secondo i piani. La sua mamma, gli aveva spiegato come fare ogni passo. A pensarci bene, la madre gli aveva sempre dato tutto, ma su quest’argomento, oggi Rosario, uomo fatto con prole e famiglia onorata, si ritrovava sempre confuso e vittima di pensieri, forti e contrastanti. Le velleità giovanili di Silvana, i suoi sogni di ventenne (figurarsi: voleva fare l’archeologa e girare il mondo), con la nascita dei figli, i primi a raffica, uno dopo l’altro a un anno di distanza, l’avevano impegnata abbastanza da imparare ad amare la famiglia e anche suo marito, alla fine. Sua madre aveva visto giusto. Silvana era divenuta saggia, per forza di cose. Infine, un posto fisso, prezioso. Anche in questo caso era stato decisivo l’intervento di sua madre, aveva convinto un prelato a prendere a cuore la situazione di suo figlio. Allontanarsi dalla Sicilia e trasferirsi al nord era stato un toccasana per la sua famiglia. Nonostante la segretezza delle loro azioni giovanili, in un paesino siculo, i muri hanno orecchi. La gente non ha molto da fare e, spettegolare, è uno sport nazionale. Al nord, in una grande città, anche i figli erano cresciuti diversamente e con opportunità migliori. Sì: era un uomo fortunato ... e, con l’età, aveva imparato, anche a essere scaltro. Oggi, avere al suo fianco una moglie ancora bella, onesta e desiderata, soddisfaceva la sua libido al massimo. Un vero leone che contempla il suo dominio. Lei gli voleva bene, col tempo, forse, lo aveva anche amato. Questo interrogativo che, quand’era giovane lo tormentava a causa della sua “ingenuità” sentimentale, con gli anni non lo interessavano più, anzi. I ricordi forti, estremi, della sua incredibile gioventù, lo portavano, con la fantasia, a cercare situazioni sessuali molto più intricate, cariche di libidine e, ammettiamolo, più perverse, rispetto a quanto gli poteva offrire una donna sicula, limitata, cresciuta e vissuta, tra quattro mura, come la sua “dolce metà”. Silvana era bella ma non era zoccola, e così doveva essere: madre esemplare, bastava! Il sesso canonico e sempre più diradato, vissuto nel talamo, soddisfaceva anche Rosario, ormai. Tanto, con qualche euro in più in tasca, si poteva permettere un paio di trasgressioni al mese, in tutta segretezza. Ora, da quando nell’ufficio polveroso, gli avevano installato un PC collegabile a internet, stava scoprendo anche un mondo nuovo, segreto e pregno di pornografia. Non gli sembrava vero, dopo tanti anni, poter rivedere e riprovare situazione e sentimenti che appartenevano a un passato, che aveva voluto credere sepolto, remoto. Scoprì, tra l’altro che, in vari siti, molte persone affidavano a racconti erotici, spesso autobiografici, le loro esperienze più intriganti. Il piacere provato a sbirciare in certe storie di vita vissuta, lo invase al punto di portarlo persino a masturbarsi, mentre s’invischiava in quelle confessioni morbose e realistiche. Erano in molti a scrivere male ... finché un bel giorno Rosario decise:
- Se lo fanno questi “cani” perchè non posso farlo anch’io? Certo che ne avrei di cose da raccontare ... li lascerei tutti a bocca aperta! – E così comincio, sotto uno pseudonimo, a scrivere le prime confessioni, le prime pagine del suo racconto. Caricò i capitoli sul server; poi si firmò, “rossoenero” e poi, nello spazio riservato all’identificazione del “genere del racconto”, cliccò sulla casella: Incesto. Premette invio e ... sparse le penne. “Fu vanagloria? ... ai posteri l’ardua sentenza.”
4
La sera, quando tutti erano impegnati a fare i fatti loro per poi, a mano a mano, crollare tra le braccia di Morfeo, Silvana non perdeva tempo alla TV, né si faceva vedere al PC ... così suo marito non rompeva le palle. Cucinava, discreta, nel suo piccolo regno. Con questo stratagemma si era ritagliato uno spazio tutto suo. Infatti, il giorno dopo, quando tutti erano fuori, lei aveva campo libero per lo meno fino alle due. Allora, prendeva il piccolo PC che le aveva procurato Diego e, nella più totale segretezza, iniziava, per qualche ora, una seconda “vita”. Niente d’illecito ma, dopo essersi fatta una nuova identità, su FB, se la spassava, fingendosi una giovane, abbastanza disponibile e disinibita. Aveva caricato foto false, alcune persino osé, e facendo la “gatta morta” si tirava indietro una miriade di “micioni” più o meno allupati. Era solo uno svago ma la divertiva e la teneva impegnata. Solo Diego conosceva i suoi segreti ... ma il ragazzo le era devoto: ora lei lo teneva al corrente di tutto e fingeva di non accorgersi di qualche palpatina, poco innocente. Nel loro rapporto, spingendosi leggermente oltre, Silvana aveva capito che la voglia di “fottersela” del ragazzo, nascondeva ben altro: il povero Diego era cotto di lei. Adesso, con la profferta di qualche piccola confidenza ben dosata, era diventato il suo paladino ... una specie di cavaliere, che pendeva “inpappagallito” dalle labbra della sua Dulcinea. Gironzolava tra i video e le foto, chattava con amici, amiche e illustri sconosciuti. “Dieguito” la contattava spesso ed era talmente entusiasta, del rapporto con l’alter ego di Silvana, Nefertite, che quasi lo preferiva a quello, regolare, che tenevano davanti a tutti. La donna guardava, capiva, si emancipava ma rimaneva nei limiti, sani, della sua natura semplice. Alla fine cercava sempre qualcosa ... un’illusione inutile che non sarebbe mai stata coronata dal successo. Ma senza un pizzico di nostalgia nel cuore, la vita non varrebbe la pena di essere vissuta. A volte, era talmente rapita dalle schermaglie da “Nefertite” che, per giorni, dimenticava completamente di avere un altro nick, ufficiale e realistico: Silvana Negri, 43 anni, sposata. Eppure, una mattina del tutto normale, fu proprio quell’account a rivelarle una sorpresa che le avrebbe cambiato la vita.
“Toc, toc” diceva un messaggio ... solo questo e poi una sigla, forse una firma: A. S. Anche tra le richieste di amicizia, molto rade per la verità, c’era una notifica: A. S. ti ha inviato una richiesta. “A. S., uhm?” Silvana ci rimuginò e fece finta che il suo cuore non battesse all’impazzata. Non voleva illudersi, anche se, come Penelope aveva sempre sperato ... sognato ... mentre gli anni passavano come pagine di uno stesso, monotono, copione. “Prego?” rispose Silvana: solo questo. Poteva non essere lui, anzi, di certo non lo era. Poteva essere anche uno scherzo, o peggio, una trappola. Conosceva suo marito, nonostante che, negli ultimi anni, si fosse quasi completamente disinteressato a lei, era un tipo abbastanza subdolo e vendicativo ... mai trasparente riguardo a ciò che davvero gli passava per la testa. Intanto, le ore passavano. “Aesse” sembrava lo facesse apposta. Silvana s’inventò di tutto e lustrò la casa, nevroticamente, fino a “consumare” le superfici degli arredi ... poi, poco dopo le dodici: “Nuovo messaggio da A. S.” Lo aprì trepidante, sapeva che, dall’altro lato, sarebbe stato lampante che lo avesse letto solo un millesimo di secondo dopo la sua comparsa sul video, ma non se ne curò.
5
“Ciao, io mi chiamo Antonio Salzano, credo di conoscerti. Se mi sbaglio, scusami. Altrimenti, vorrei chiederti l’amicizia ... se lo ritieni possibile.” “Ho conosciuto un ragazzo ... tanti anni fa, si chiamava così. Ma come faccio a sapere se è lei?” Il cuore di Silvana batteva nel petto e gridava: “E’ lui ... è lui ... !” ma lei non si fidava. Solo in quel momento se ne rese conto: erano vent’anni che aspettava! “Ci vuole poco: premi quel bottoncino con una piccola telecamera e mi vedrai.” Sempre più certa: “Io non faccio cam!” rispose, fingendosi indignata e poi, subito, “Veramente nemmeno potrei ... ho a stento il PC: niente videocamera.” “Non m’interessa vederti, sarai diventata brutta e anziana:-)” poi digitò “Ma se vuoi, premi e vedrai me! ” Basta giocare a rimpiattino: Silvana schiacciò il piccolo pulsante e, pochi istanti dopo, nel riquadro nero, apparve un viso sconosciuto; o no? No! Era lui ... oh si: era lui. Fu travolta da un’emozione che non avrebbe mai creduto di provare. Era lui, Antonio. Nascosto tra le pieghe di qualche ruga, acquattato tra i capelli più radi, Antonio guardava verso di lei, senza vederla. Il ragazzo con cui aveva costruito i sogni più belli. Nascosti nei cortili, quando il sole mordeva le strade bianche; scampati negli androni, quando la pioggia scrosciava: parlavano, sognavano e si toccavano, carichi di desiderio ... si baciavano. Quei baci innocenti, lontani, Silvana non li avrebbe mai dimenticati. Suo marito, negli anni, aveva ispezionato e violato ogni suo anfratto, posseduto ogni parte del suo corpo ma, i baci ... i baci glieli aveva sempre negati o, perlomeno, li aveva venduti cari. Non voleva perdere il ricordo dolcissimo dei baci di Antonio. L’unico ricordo che le era concesso: relegato nel profondo dell’anima. “Antonio ... che piacere, ero certa che non ti avrei visto mai più” cercò di dare un tono conviviale alla conversazione ma lui tagliò corto. “Senti, a me questi aggeggi mi fanno schifo, poi ti spiego perchè ... posso telefonarti?” Fu presa alla sprovvista, non voleva fare niente di avventato, non ebbe il coraggio di dirgli di no. “Va bene ... ma solo per pochi minuti, io ...” e gli diede il suo numero. Un attimo dopo, il telefono squillava e Silvana rispose. Parole, dolcissime, sbocciarono tra loro, come fiori impazienti che, a primavera, hanno fretta di rompere l’ultima brina dell’inverno.
Pochi giorni dopo, “Dieguito”, più incantato che mai dalla sua “musa”, le invase la cucina, alle undici del mattino. Orario insolito: ma Silvana si sarebbe sentita ridicola a non farlo entrare. Il ragazzo era concitato, gli occhi un po’ esaltati, era, evidentement,e preda di qualche forte emozione. Per un attimo Silvana temette di avere sbagliato ad aprire ... chissà? Con i giovani di oggi non si sa mai ... circola tanta droga. Il ragazzo aveva il PC sotto un braccio e, senza parlare, lo pose sul tavolo della cucina, poi sedette: sembrava sfinito.
- Vorrei farti vedere una cosa ... – cominciò. Silvana, gli aveva concesso di darle del tu, come lui anelava, ma solo quando erano soli. Capì che l’eccitazione del giovane non era rivolta a lei, ebbe la netta sensazione che qualcosa di grave aleggiasse nell’aria. Per un momento temette di essere stata scoperta ... ma, per fortuna, Antonio Salzano non c’entrava per niente.
6
Silvana era allibita e incredula ma fece del suo meglio per nascondere la sua trepidazione. Dopotutto, perchè farsi coinvolgere nell’esaltata visione di Diego?
- Non capisco come ti è venuto in mente che questa storia possa riguardare noi? – Silvana lo guardò fredda e nervosa. Diego fu colto alla sprovvista e iniziò a pentirsi della confidenza che si era preso.
- Ma, mi sembrava una cosa interessante; alcuni particolari, raccontati da tuo marito ... – cercò di riprendere terreno, ma capì di aver fatto un enorme sbaglio e che una donna come Silvana sarebbe stata intransigente, su certi punti.
- Vedi, Diego – Silvana si addolcì, artatamente, – io mi sono accorta di questa tua ... come dire, predilezione, nei miei confronti, ma devi rassegnarti: è del tutto impossibile. Non ci sono speranze, io non sono quel tipo di donna ... non ci riuscirei mai, capisci? – lo guardava fisso negli occhi.
- Inutile cercare mezzucci, denigrare mio marito ... non fai che darmi un grande dispiacere e so che questo tu non lo vuoi, vero? – Silvana cercava di calmare il giovane e, soprattutto, di spostare la sua attenzione su altri argomenti. Faceva di tutto perchè il racconto, che le aveva sottoposto, passasse in secondo piano.
- Forse è meglio che per un po’ non vengo, allora. – disse Diego, rassegnato – io non ce la faccio ... tu, tu mi fai impazzire, non riesco ... è più forte di me. –
- Ma è impossibile. Mi puoi volere bene, ma solo nei tuoi pensieri. Voglio che tu mi stimi proprio per come sono fatta! – incalzò Silvana – Tu non puoi saperlo ma anch’io ho amato, per tanti anni, una persona senza potere averla, mai. – Le brillavano gli occhi: – Nessuno lo sa! – Sconfitto e amareggiato Diego raccolse le sue cose e si avviò mesto alla porta. Silvana lo accompagnò e con grande dolcezza gli disse: - Io lo chiudo questo benedetto account, per evitare altri malintesi. – Diego aprì la porta ma Silvana lo trattenne e la appannò di nuovo:
- Vieni qua – disse e gli diede un lungo bacio sulle labbra. Voleva essere il suggello di un addio. Il ragazzo andò via quasi di corsa, non voleva mostrare le sue emozioni. Non lo avrebbe mai saputo, ma per Silvana, donna molto trattenuta nel piacere, quel bacio era stato veramente tanto. Mentre le si rimescolava lo stomaco, per l’emozione sopita, alle sue spalle la chiave girò nella toppa in maniera del tutto inattesa. Silvana si raggelò: era ancora nell’ingresso e, di fronte a lei, Rosario, la scrutava, come se volesse indagare sulle sue emozioni.
- Ch’è stato? Che hai visto un fantasma? – le disse scontroso – Che cazzo voleva il ragazzo? Per poco non mi buttava giù dalle scale ... che viene a far qua? Giuseppe c’è? – Silvana fece del suo meglio per riprendersi: Rosario non tornava mai prima di sera!
- Ma tu ... che cosa ci fai qui? – disse lei, abbastanza ingenuamente.
- Che ci faccio ... che ci faccio? Proprio non ti accorgi neppure che esisto. C’hai sempre la testa nel pallone. – Rosario le passò davanti e, attraversando la sala, andò spedito in camera, per cambiarsi. Da dentro, continuò: - Te ne sei accorta che avevo la febbre ieri, o no? Mi sento una schifezza, ecco tutto. – Il cuore di Silvana batteva all’impazzata, per fortuna, il marito, non aveva posto l’occhio al PC, che era aperto sul tavolo. Era partito il salvaschermo, ma sarebbe bastato un leggero tocco e, in primo piano, il racconto erotico di “Rossoenero” avrebbe fatto bella mostra di se sullo schermo. Anche se non l’avesse scritto lui, le descrizioni contenute in quelle pagine, avrebbero potuto far arrossire Silvana per i prossimi due secoli.
7
Antonio tamburellava con le dita sulla scrivania, mentre guardava quegli appunti scritti, grossolanamente a matita. Per esperienza, non salvava mai niente di compromettente, sul PC. Sul foglio c’erano tutti gli indizi che Silvana gli aveva voluto procurare ... “Rossoenero”; sito: http.piacereprofondo.bal; racconto: La femmina onesta; su facebook: rosario due; la sua e-mail: rosariomessina65@... e persino la password. Silvana, conoscendo bene il marito, sapeva dove frugare e l’aveva trovata
Povera, innocente Silvana ... quanto l’aveva amata e quanto aveva sofferto per lei. Gli fu sradicata da dentro, come se gli strappassero il cuore: una parte fisica di lui. Da un giorno all’altro, lei e gli altri (ora sapeva che era stata costretta a farlo) avevano deciso del suo destino e lo avevano condannato, senza appello. Il suo reato? Quello di non averne commessi. Come un coglione, aveva rispettato Silvana e i suoi sogni. Per tre anni, aveva aspettato e desiderato che si sposassero, per poterla fare sua, finalmente. Tre anni di rapporti arrangiaticci, mortificanti ... infantili. E poi: fuori! Rosario Messina e quella vipera di sua madre avevano fatto tutto. Un pacco confezionato, al destinatario: e Silvana, si sposa con l’altro. Per Antonio non c’era più niente, nessuno spazio; fu la stessa Silvana a dirglielo. Aveva le lacrime agli occhi ma non disse niente, non diede spiegazioni, non accampò scuse; solo poche parole: “E’ tutto finito! Non ti voglio vedere mai più.” Se non glielo avesse detto lei ... se non fosse stata lei stessa a leggere il verdetto finale, forse lui avrebbe combattuto, lottato, magari fino alle estreme conseguenze. E Silvana questo non lo avrebbe sopportato, mai. E Antonio, condannato da lei ... non aveva speranze, non aveva più forze. Tutto era finito per sempre. Quella storia gli aveva segnato la vita. Ora, l’aveva ritrovata ... ma fino a pochi giorni prima era per lei un’amicizia affettuosa, niente di più. Non una sola parola sul passato, non una sola speranza sul futuro. Adesso tutto era cambiato: Silvana, la signora Silvana, era molto incazzata e chiedeva il suo aiuto ... ma lei non poteva immaginare che, queste cose non si fanno! Invadere la privacy di un utente non è difficile, ma è molto pericoloso. Tutte le azioni sono tracciate e si perdono, tra milioni di altri dati. Se nessuno li cerca ... transeat, ma se, da un qualunque evento, viene richiamata l’attenzione su qualcosa, i dati e tutto il resto, ritornano chiari e leggibili: ogni manovra può essere interpretata, riconosciuta e, lui, funzionario della Arex, nota produttrice di antivirus, avrebbe potuto passare un guaio serio. Dopo la fine della storia con Silvana era scappato via, lontano. Si era laureato in Inghilterra: informatica. Una carriera fulminante, ora era un pezzo grosso e abitava al centro di Milano. Analizzò attentamente la situazione. La telefonata di Silvana era stata fatta da un fisso a un centralino: era quasi impossibile tracciare la loro conversazione. Prese il foglietto con i dati che aveva segnato e avvisò la segretaria che, per oggi, aveva finito. Nell’androne aprì la cassetta della posta aziendale, poi assicurandosi che non ci fosse nessuno, aiutandosi con una graffetta, sollevò uno scomparto segreto, invisibile, e mise le mani in un vano. La sua cassetta poggiava sul vecchio foro del contatore Enel; adesso era stato spostato di fuori. Aveva approfittato di quell’opportunità durante i lavori di ristrutturazione. Prese una cartellina nera e uscì nella frenetica mattinata milanese.
8
Il bar-tavola calda, a pochi passi dalla stazione Bovisa, dopo le quattordici, si spopolò rapidamente. Antonio aveva fatto colazione là, poi presentò fugacemente un documento ma non fu registrato, la cassiera infreddolita e distratta gli disse il codice a voce e lui si spostò nella saletta attigua, dove c’erano solo un paio di extracomunitari, intenti probabilmente a giocare on line o a cercarsi un lavoro. Apri la valigetta nera, ne estrasse un iPhone e rimise a posto il documento falso, che aveva mostrato alla cassiera. Dopo pochi secondi, attivata la connessione, lesse il racconto erotico di rossoenero: era la storia, intima e libidinosa, di un ragazzo siculo, molto introverso che per tutta l’adolescenza ha rapporti incestuosi con la mamma. Approfittavano del fatto di essere soli in casa e si consolavano, l’un l’altra, per le rispettive solitudini. Ovviamente, era solo un racconto, quindi poteva essere tutto, o quasi, frutto di fantasia. Niente di speciale, tranne che ad Antonio, quel tipo di descrizioni morbose, sui rapporti incestuosi, procurava disgusto. Ma la parte finale , invece, lo lasciò molto impressionato. In realtà, poteva essere benissimo la storia dettagliata, di come, complice la madre e alcuni parenti, l’uomo si era impossessato di Silvana, costringendola, in un paesino di poche anime, a uniformarsi alle regole severe e antiquate di quei luoghi. Rossoenero, descriveva con dovizia di particolari come aveva concupito la ragazza, come ne aveva approfittato e con quanta determinazione aveva proceduto, senza alcun rispetto né pietà, alla sua deflorazione e, subito dopo, all’inseminazione. Metodico, preciso e sicuro di se, come una macchina; obbediente ai dettami di sua madre, il protagonista, aveva bloccato la vita della ragazza in pochi minuti, decidendo il suo destino futuro. Tutto era descritto nei minimi particolari, anche ciò che successe dopo: la reazione delle famiglie, dei paesani ... indicava persino la macchina, con cui si era appartato, per sverginare la ragazza cha aveva puntato. La rabbia montò nella pancia di Antonio, riportando in vita ricordi brucianti e dolorosi della gioventù. Lesse e rilesse quelle parole, incredulo, poi emozionato, poi incazzato come una furia. Fu doloroso ammettere con se stesso, che ciò che aveva scritto l’autore, sembrava troppo la sua storia, per non farlo infuriare e, allo stesso tempo, per fargli pesare tutta la vigliaccheria di allora. Era solo un ragazzo! Però oltre vent’anni di malinconia e di disincanto, l’incapacità di godersi la vita ... l’amore: probabilmente, derivavano da quel primo, tremendo, smacco. Erano le cinque. Chiamò la cameriera e si fece portare un caffè e un brandy. Il calore del caffè fece entrare l’alcool in circolo, donandogli vigore ed euforia ... si sgranchì le mani e partì. Entrò per prima cosa nella mail di Rosario, la password era corretta. Naturalmente non c’era niente d’interessante, l’uomo era abbastanza scaltro, ma ignorante in informatica ... una mentalità comune, che porta a commettere errori madornali. Ad esempio, nel cestino, aveva una mail, che lo avvisava di un cambio di password su un’altra casella, segreta. Dopo un’ora, Antonio aveva sciorinato tutti i rapporti che il sig. Rosario Messina aveva avuto con il web, dal primo momento in cui accese un PC. Era iscritto a siti con cam a pagamento, siti d’incontri hard e altre cosette. Da qualche mese, scommetteva pure on line e ci aveva già rimesso oltre 6.000 euro. Ma la notizia più importante, per lui, era che Rosario, incapace di trattenere la sua vanagloria, era, certamente, l’autore di quel racconto. Chiese di telefonare dalla cabina. Sempre telefoni fissi, e rischiando di sbagliare orario, chiamò a casa di Silvana. Per fortuna rispose lei.
- Dobbiamo vederci! – disse. Dopo, prese un altro caffè; era quasi sera quando riprese la metropolitana. L’iPhone, spento e senza batterie, era tornato nella sua custodia all’interno della borsa. Quella notte, Antonio, dormì male.
9
Incontrare Antonio, dopo tanti anni, fu un’emozione tremenda e anche lui ne risentì. Rimasero in silenzio a lungo, fissandosi solo negli occhi, come per convincersi che, l’altro, fosse proprio chi diceva di essere. Guardandosi, si cercavano l’anima. Parlarono un po’ di loro, giusto per rompere il ghiaccio; Antonio non si era mai sposato, aveva avuto delle compagne e non aveva figli.
- E’ tutto vero – disse lui alla fine - ho controllato: è rischioso farlo, ma ne valeva la pena ... o forse no? Alla fine ti sto dando solo un’altro, tremendo dispiacere. –
- No, Antonio, non devi dire così! – scattò lei – ormai sapevo tutto, ti ho chiesto solo di aiutarmi, una verifica ecco ... volevo una certezza. –
- E adesso, “amica” mia? – Silvana era po’ smarrita, forse pensava ad altro. – Adesso devo riprendermi, pensare. Sai, a parte i figli, che amo più di me stesse ... questa vita che ho fatto, pare che non appartenga più. Mi sento come una che è stata in carcere ... una cui sono stati imposti ventidue anni di una vita che era scandita da altri. –
- Ti posso capire – disse Antonio, aveva le lacrime agli occhi e distolse veloce lo sguardo.
- Lo so, tesoro mio, lo so! – disse Silvana, prendendogli la mano e stringendola, un gesto che, in pubblico, non avrebbe fatto mai, fino a pochi giorni prima. Ma adesso non importava più. Lui si confessò: in tutti quegli anni, la cosa che lo aveva devastato era stato il fatto di non aver saputo fare niente. Silvana lo redarguì, sincera: era proprio per questo che lo aveva scacciato, allora. Per evitargli di fare qualche sciocchezza ... lei si era rovinata e lei sola doveva pagare. Si lasciarono con un abbraccio. Poi Antonio non la sentì per quasi un mese. In un messaggio, Silvana gli aveva chiesto di darle un po’ di tempo ... poi nient’altro, sparita.
Rosario Messere stava rientrando solito orario. Scese dal metrò due fermate prima. A un’edicola, comprò Famiglia Cristiana, con l’inserto sulle dimissioni del Papa, la Settimana Enigmistica e pian piano si avviò, a piedi, verso casa. Era molto turbato. Pochi giorni prima aveva accettato una nuova amicizia su Facebook. Una donna, sembrava ... una tipa un po’ strana. In pochi giorni gli aveva fatto girare la testa, che troia doveva essere. Si era confessata con lui, semplicemente e in maniera molto eccitante, fino a raccontargli del suo passato incestuoso, con un fratello. Il giovane era uno scapestrato, diceva lei. Approfittando che erano cresciuti solo con la madre, spesso la costringeva ad avere rapporti con lui, di ogni tipo. Inoltre, lei era convinta, dai rumori che a volte sentiva provenire dalla stanza da letto, che il giovane possedesse anche lei.
- Ma a te ti piaceva o ti faceva schifo? – chiedeva Rosario, eccitato, e lei gli aveva fatto capire che, ripensarci adesso, le portava calore, la eccitava, insomma ... e giù descrizioni ad alto contenuto erotico, mentre Rosario sudava e si eccitava davanti allo schermo. L’uomo “arrapato” aveva perso un po’ l’autocontrollo e, per solidarietà erotica, le disse che la poteva capire benissimo. Le parlò di lui, le disse che aveva avuto esperienze simili, arricchì la sua storia con molti particolari ... mentre, approfittando del fatto che era solo in ufficio, si carezzava il pene, duro all’inverosimile. Ora, passeggiando, a mente fresca, si riprendeva dal vortice dei sensi che lo aveva portato a masturbarsi in cam, per la gioia della donna. Lei non aveva la videocamera, ma lui si fece vedere lo stesso, solo i genitali, naturalmente, per dimostrarle l’effetto che gli facevano quei discorsi. A ripensarci, gli sembrava di aver detto troppo e turbato, ripensò alle domande particolari, specifiche che lei faceva. Solo adesso si rendeva conto di quanto era strana tutta quella storia. ”Nefertite” si chiamava: chi poteva essere? Il giorno dopo, Silvana, chiamò Antonio e volle incontrarlo, subito.
- Ricordi? – disse – ti sei rammaricato perche non avevi mai fatto niente? Bene, adesso devi fare una cosa per me: è implorante. –
- E cosa, tesoro? – disse lui sorpreso.
- Niente di complicato. Un viaggetto fuori programma e tu non mi dirai di no! -
10
Antonio aveva letto qualcosa su internet ... adesso stringeva tra le mani una copia della Gazzetta del sud. Si sentì gelare. Non era un vigliacco, ma leggere la notizia e sapere come c’era finita, non era cosa da poco. Si sentiva come un elefante in una cristalleria. Bevve un sorso di brandy, mai successo di mattina. “ENNESIMA TRAGEDIA FAMILIARE! – Ieri, tre persone sono rimaste coinvolte in un fatto di sangue, consumatosi, ancora una volta, tra le pareti domestiche. Hanno perso la vita, una coppia di coniugi anziani, mentre il figlio, R.M. di anni 45, ha riportato ferite al braccio. Ora è ricoverato, piantonato dai CC. La tragedia si sarebbe scatenata a causa di una lettera, proveniente dalla Germania, paese in cui aveva lavorato il padre, per anni. Sul testo gli inquirenti mantengono il più assoluto riserbo. Il figlio, che vive al nord, avrebbe raggiunto i genitori in tutta fretta, probabilmente avvertito dalla stessa madre. I vicini hanno sentito prima le urla di un litigio furibondo poi, dopo le 20, i colpi d’arma da fuoco. L’anziano avrebbe colpito la moglie a coltellate e il figlio, forse per difenderla, gli avrebbe sparato, con un fucile da caccia, regolarmente detenuto.” Non sapendo assolutamente che pesci pigliare, Antonio pregò solo che, il suo week end a Berlino, passasse completamente inosservato. Adesso non gli restava che aspettare gli eventi.
- Le do un passaggio, se permette. – disse il dottor Canali, aprendo lo sportello della grossa Lancia scura.
- Ho accettato tanto da lei, dottore, che adesso questa è una bazzecola ... è stato un vero angelo custode. – Silvana occupò il sedile posteriore, mentre Canali, passando dall’altro lato, aggiunse: - Le spiace se vengo dietro con lei? – poi, una volta in macchina, diede disposizioni all’autista per riportarli all’albergo di Silvana. Intanto, la donna, gettava un ultimo sguardo ai muri alti e grigi del vecchio carcere. Si allontanavano, e lei si allontanava da Rosario, per l’ultima volta ... finalmente. Era passato quasi un anno, molte cose erano cambiate, radicalmente, e adesso pareva che tutto fosse finito.
- La porto in albergo, così potrà riposare. Se parte domattina, potremmo prendere il volo insieme ... – disse il funzionario: il padre di Diego era un pezzo grosso, Silvana lo aveva capito da come aveva sciolto tutti i muri burocratici che, prima, sembravano insormontabili.
- La ringrazio tanto ma stavolta devo rifiutare la sua, ennesima cortesia. – disse lei – vorrei approfittare per passare un paio di giorni con i miei, visto che son qui ... – Poi, accorata, si voltò verso l’uomo, quasi commossa – Davvero non so come ce la saremmo cavata senza di lei, io mi sento veramente obbligata ... persino qui. Accompagnarmi in Sicilia è stato ... è stato veramente troppo. Io, io non so come ... – Canali le sorrise apertamente: - Silvana, non deve ringraziare me, ma Diego, che ha fatto il diavolo a quattro ... me l’ha stregato quel ragazzo. – poi con uno sguardo lievemente malizioso, aggiunse – Se non fosse per la differenza di età, direi che si è innamorato di lei. – Poi cambiò discorso: - Vedrà, suo marito in cinque o sei anni, sarà a casa. –
- Non m’interessa – disse li fredda – ora che la bufera è passata, ho deciso di divorziare. –
- Lo immaginavo! – Arrivati all’Hotel, la donna scese e Canali la seguì per salutarla ancora. Lei lo abbracciò, spontaneamente, senza dire nulle. Grazie a quell’uomo, aveva limitato al massimo i danni di quella terribile faccenda. Approfittando di esserle vicino, Canali disse piano:
- Mi sono documentato, sa? Grande regina, quella Nefertiti ... una donna di carattere. – Si staccarono, Silvana rabbrividì ma fu solo per un attimo, gli occhi di lui le confermarono che era tutto finito. La macchina partì e si perse nel traffico della sera. Dal bar dell’Albergo, Antonio la vide: era raggiante, la aspettava.
FINE E' possibile essere traditi dal partner già prima di conoscerlo?
E' possibile essere disonorati, proprio da chi si è preoccupato della nostra onorabilità, “sistemando da buon cristiano" la nostra immagine sociale?
Per Silvana, sì ... e lo dimostrerà!
“Gli uomini hanno per natura più paura della verità che della morte”
Kierkegaard
1
Facibuk? – la signora Silvana rise, con la solita genuinità – Nooo! Nun fa pe' mia! Sono cose per voi, che siete giovani! – Ma perchè, voi non siete giovane? – la apostrofò Daniela. La ragazza, sedeva sempre vicino a Giuseppe, il primo figlio di Silvana, e lei, lo aveva notato. Una sola cosa si era imposta nella sua vita e non transigeva, anzi, spesso si era scontrata col marito su questo: non sarebbe mai intervenuta sulle scelte dei figli. Erano bravi ragazzi, ringraziando iddio? Erano intelligenti e rispettosi? Bene! Lei aveva fatto il suo dovere. Educarli, dargli sempre il buon esempio, controllare che non uscissero dal “seminato” ... questo sì. Per il resto la vita era la loro e loro le scelte e le decisioni. V’insegno io – disse prontamente Diego, il più malandrino della combriccola. La signora Silvana aveva spesso intercettato i suoi sguardi indiscreti mentre, furtivamente, cercava di intuirne le forme, nascoste dagli vestiti. “Tipico!” pensava Silvana, facendo sempre attenzione a starsene composta. Una caterva di ragazzi invadeva, periodicamente, la sua grande cucina. Con tre figli cresciuti, ne aveva dovuti domare di sguardi, procaci e curiosi. Con Diego, però, era stato sempre più difficile: in quel ragazzino, adesso, più che ventenne aveva sempre notato una maggior decisione, a volte una vera e propria sfida, ma non era mai successo niente. Che c’entra? – intervenne Giuseppe – Non capisci mai niente ... Facebook è uno strumento: stop! E’ come la macchina, dipende da come la guidi, dall’uso che ne fai. – Non offendere la tua mamma, sai! – Silvana si armò, minacciosa, della “cucchiarella” (il mestolo di legno) che, per caso, si trovava sul lavello, a portata di mano. Tutti risero, divertiti, mentre Giuseppe sbuffava, fingendosi seccato. Vedete, zia – tutte le ragazze la chiamavano così, anche quelle che non le erano nipoti – Effebbì non è altro che una bacheca gigantesca ... immaginate: è come un cartellone nel bar in piazza. – Daniela era sempre dolce con lei, forse cercava di passar attraverso il suo cuore, per conquistare quello di Giuseppe. – Voi volete condividere qualcosa? Non so ... una foto, un viaggio, un pensiero, allora lo scrivete qui. E tutti, possono vedere ... – ... i fatti miei?! – la stoppò Silvana, con un sorriso. Silvana, era rimasta ferma alle pagine di ricette e ai siti di archeologia, la sua vecchia passione. E suo marito, Rosario, era ancora più refrattario di lei. No, mica tutti, mamma. – disse Giuseppe – Solo le persone che fanno parte della tua cerchia. Che ne so ... familiari, amici ... – Ah, ah, ma questi qua i fatti miei già li sanno ... telefono e glieli dico! E tuo padre si lamenta della bolletta ... – Quei momenti pomeridiani, quando arrivavano ondate di ragazzi, le mettevano allegria. Dipingevano di rosa la monotonia dei suoi giorni grigi e anche dei suoi pensieri, a volte più grigi dei giorni. Forse perché il vederli così speranzosi, così proiettati verso il futuro: pregava spesso perché ognuno di loro, non solo i suoi ragazzi, potesse perseguire i sogni che teneva nel cuore. Serve pure a farsi nuove amicizie – intervenne Diego – o, per le belle signore, come voi, a ritrovare qualche vecchio spasimante ... – stavolta la “cucchiarella” partì in direzione del giovanotto, ma lui se lo aspettava e fu lesto a schivare, ridendo. Più tardi, mentre sistemava i piatti della cena nella lavastoviglie, Silvana pensò che forse Diego aveva ragione, forse avrebbe potuto tentare di capire come funzionava “sto’ cacchio di Facebook”. 2
Due mesi dopo.
Stai al posto tuo! – bisbigliò Silvana a Diego, che seduto al suo fianco, davanti al tavolo della cucina, come il solito ci provava. Inavvertitamente, la sua gamba premeva con più insistenza contro quella della donna. Lei aveva il doppio della sua età. Naturalmente fingeva di non farlo apposta, però arrossiva davvero, quando Silvana lo richiamava. Diego, nonostante avesse solo ventidue anni, era un vero galletto e, parole sue, il più “esperto” di tutti. La madre di Giuseppe riusciva a mortificarlo con due parole: nel suo tono non c’era solo il rifiuto ma la derisione. Approfittando del “corso” d’informatica, che si era offerto di farle a tempo perso, Diego già due o tre volte, aveva provato a fare la “mano morta” con la Silvana e, ogni volta, era stato messo a posto con un sussiego, una padronanza, che nemmeno sua madre riusciva a tenere, con lui. Diego, improvvisamente, si sentiva minuscolo, schiacciato, come fosse stato trovato nel bagno, a farsi una sega su un giornaletto. Non era il gesto in se, nemmeno le parole ... a ucciderlo, era il senso d’inadeguatezza che lei gli trasmetteva e lo rendeva ogni giorno più “cotto”. Innamorato di quella donna, che lo faceva impazzire fin da quando aveva quindici anni o poco più. In quei momenti, desiderava ardentemente che lei lo ritenesse un porco; ma che non si accorgesse mai di quanto, inutilmente, la amava. Pensandoci diventare ancora più rosso; allora si ricordava di essersi spacciato per play boy ... e il rossore raggiungeva limiti non più percepibili dall’occhio umano. Basta! Deciso: era l’ultima volta che metteva piede in quella maledetta casa! Già sapeva che domani, come il solito, avrebbe inventato qualsiasi scusa pur di tornare a casa di Giuseppe, che forse per questo, era il suo miglior amico. Silvana ne aveva visti tanti di ragazzi eccitati ma la sua incrollabile fedeltà alla famiglia, solenne promessa, fatta più a se stessa che al marito, la rendevano una domatrice esperta di animi infervorati. Procediamo! – disse con una simpatia che stemperò totalmente i timori del povero Diego. - Quindi, se volessi, potrei aprire un altro ... come dici tu? Ah, Account, con un altro nome, diciamo di fantasia, per non far vedere a tutti i fatti miei. Giusto? – Proprio così – Diego si riprese; era felice di rendersi utile e poi, la mamma di Giuseppe, non era una “vongola”, come si poteva pensare. Pochi lo sapevano ma, la donna, aveva anche frequentato la facoltà di Archeologia. Ormai, Silvana, era presente su FB col suo vero nome ma, entrando in quel mondo, con sorpresa, si era scontrata con suo marito. Questi sguazzava nel Social, anche con una certa maestria, come lo stesso Diego le aveva potuto dimostrare. La signora, dopo pochi giorni dalla sua iscrizione, mentre si scambiava le amicizie con parenti e amiche, incappò, ovviamente, nel profilo di Rosario Messina, dalla foto era proprio lui, suo marito. Ne fu colpita ma non eccessivamente e, con ingenuità, gli chiese l’amicizia. Altro che amicizia! Quella sera, apriti cielo! Rosario piantò un casino, del tutto incomprensibile per Silvana, dopo le prime battute, lei, con fermezza, lo bloccò: Scusa ma tu non eri quello che non sapeva nemmeno accenderlo, un Computer? – Che c’entra – si scherni Rosario – all’ufficio ce l’hanno tutti sto “Facebuk” è una stronzata! – E allora, se è una stronzata, perchè ti scaldi tanto? Forse che ci fai le “acchiappanze”? – lo redarguì – Ti pensi che non ho visto che foto hai messo? E’ di dieci anni fa: il bello di facebook! Eccolo, lo tengo in casa! – La lite proseguì ma senza spargimento di sangue, però, suo marito, l’amicizia non la accettò mai e quando la vedeva al PC, faceva una faccia talmente brutta che, alla fine, Silvana preferì evitare di andare sul sito, quando c’era il marito. 3
Il signor Rosario era un uomo all’antica. Ormai soddisfatto della sua riuscita nella vita, si riteneva anche abbastanza fortunato: aveva raggiunto ciò che desiderava. La sua esistenza era migliore di quella di suo padre, operaio ed emigrante. Lui si era evoluto, aveva avuto le sue “esperienze” e alla fine aveva sposato la donna che voleva. Grazie ai consigli della mamma, santa donna ... insomma “santa” nel senso che era stata in gamba, lui era riuscito a incastrare e domare, la più bella del paese: un fiore. L’aveva presa, concupita, sverginata e, per riparare, sposata: tutto secondo i piani. La sua mamma, gli aveva spiegato come fare ogni passo. A pensarci bene, la madre gli aveva sempre dato tutto, ma su quest’argomento, oggi Rosario, uomo fatto con prole e famiglia onorata, si ritrovava sempre confuso e vittima di pensieri, forti e contrastanti. Le velleità giovanili di Silvana, i suoi sogni di ventenne (figurarsi: voleva fare l’archeologa e girare il mondo), con la nascita dei figli, i primi a raffica, uno dopo l’altro a un anno di distanza, l’avevano impegnata abbastanza da imparare ad amare la famiglia e anche suo marito, alla fine. Sua madre aveva visto giusto. Silvana era divenuta saggia, per forza di cose. Infine, un posto fisso, prezioso. Anche in questo caso era stato decisivo l’intervento di sua madre, aveva convinto un prelato a prendere a cuore la situazione di suo figlio. Allontanarsi dalla Sicilia e trasferirsi al nord era stato un toccasana per la sua famiglia. Nonostante la segretezza delle loro azioni giovanili, in un paesino siculo, i muri hanno orecchi. La gente non ha molto da fare e, spettegolare, è uno sport nazionale. Al nord, in una grande città, anche i figli erano cresciuti diversamente e con opportunità migliori. Sì: era un uomo fortunato ... e, con l’età, aveva imparato, anche a essere scaltro. Oggi, avere al suo fianco una moglie ancora bella, onesta e desiderata, soddisfaceva la sua libido al massimo. Un vero leone che contempla il suo dominio. Lei gli voleva bene, col tempo, forse, lo aveva anche amato. Questo interrogativo che, quand’era giovane lo tormentava a causa della sua “ingenuità” sentimentale, con gli anni non lo interessavano più, anzi. I ricordi forti, estremi, della sua incredibile gioventù, lo portavano, con la fantasia, a cercare situazioni sessuali molto più intricate, cariche di libidine e, ammettiamolo, più perverse, rispetto a quanto gli poteva offrire una donna sicula, limitata, cresciuta e vissuta, tra quattro mura, come la sua “dolce metà”. Silvana era bella ma non era zoccola, e così doveva essere: madre esemplare, bastava! Il sesso canonico e sempre più diradato, vissuto nel talamo, soddisfaceva anche Rosario, ormai. Tanto, con qualche euro in più in tasca, si poteva permettere un paio di trasgressioni al mese, in tutta segretezza. Ora, da quando nell’ufficio polveroso, gli avevano installato un PC collegabile a internet, stava scoprendo anche un mondo nuovo, segreto e pregno di pornografia. Non gli sembrava vero, dopo tanti anni, poter rivedere e riprovare situazione e sentimenti che appartenevano a un passato, che aveva voluto credere sepolto, remoto. Scoprì, tra l’altro che, in vari siti, molte persone affidavano a racconti erotici, spesso autobiografici, le loro esperienze più intriganti. Il piacere provato a sbirciare in certe storie di vita vissuta, lo invase al punto di portarlo persino a masturbarsi, mentre s’invischiava in quelle confessioni morbose e realistiche. Erano in molti a scrivere male ... finché un bel giorno Rosario decise:
Se lo fanno questi “cani” perchè non posso farlo anch’io? Certo che ne avrei di cose da raccontare ... li lascerei tutti a bocca aperta! – E così comincio, sotto uno pseudonimo, a scrivere le prime confessioni, le prime pagine del suo racconto. Caricò i capitoli sul server; poi si firmò, “rossoenero” e poi, nello spazio riservato all’identificazione del “genere del racconto”, cliccò sulla casella: Incesto. Premette invio e ... sparse le penne. “Fu vanagloria? ... ai posteri l’ardua sentenza.” 4
La sera, quando tutti erano impegnati a fare i fatti loro per poi, a mano a mano, crollare tra le braccia di Morfeo, Silvana non perdeva tempo alla TV, né si faceva vedere al PC ... così suo marito non rompeva le palle. Cucinava, discreta, nel suo piccolo regno. Con questo stratagemma si era ritagliato uno spazio tutto suo. Infatti, il giorno dopo, quando tutti erano fuori, lei aveva campo libero per lo meno fino alle due. Allora, prendeva il piccolo PC che le aveva procurato Diego e, nella più totale segretezza, iniziava, per qualche ora, una seconda “vita”. Niente d’illecito ma, dopo essersi fatta una nuova identità, su FB, se la spassava, fingendosi una giovane, abbastanza disponibile e disinibita. Aveva caricato foto false, alcune persino osé, e facendo la “gatta morta” si tirava indietro una miriade di “micioni” più o meno allupati. Era solo uno svago ma la divertiva e la teneva impegnata. Solo Diego conosceva i suoi segreti ... ma il ragazzo le era devoto: ora lei lo teneva al corrente di tutto e fingeva di non accorgersi di qualche palpatina, poco innocente. Nel loro rapporto, spingendosi leggermente oltre, Silvana aveva capito che la voglia di “fottersela” del ragazzo, nascondeva ben altro: il povero Diego era cotto di lei. Adesso, con la profferta di qualche piccola confidenza ben dosata, era diventato il suo paladino ... una specie di cavaliere, che pendeva “inpappagallito” dalle labbra della sua Dulcinea. Gironzolava tra i video e le foto, chattava con amici, amiche e illustri sconosciuti. “Dieguito” la contattava spesso ed era talmente entusiasta, del rapporto con l’alter ego di Silvana, Nefertite, che quasi lo preferiva a quello, regolare, che tenevano davanti a tutti. La donna guardava, capiva, si emancipava ma rimaneva nei limiti, sani, della sua natura semplice. Alla fine cercava sempre qualcosa ... un’illusione inutile che non sarebbe mai stata coronata dal successo. Ma senza un pizzico di nostalgia nel cuore, la vita non varrebbe la pena di essere vissuta. A volte, era talmente rapita dalle schermaglie da “Nefertite” che, per giorni, dimenticava completamente di avere un altro nick, ufficiale e realistico: Silvana Negri, 43 anni, sposata. Eppure, una mattina del tutto normale, fu proprio quell’account a rivelarle una sorpresa che le avrebbe cambiato la vita.
“Toc, toc” diceva un messaggio ... solo questo e poi una sigla, forse una firma: A. S. Anche tra le richieste di amicizia, molto rade per la verità, c’era una notifica: A. S. ti ha inviato una richiesta. “A. S., uhm?” Silvana ci rimuginò e fece finta che il suo cuore non battesse all’impazzata. Non voleva illudersi, anche se, come Penelope aveva sempre sperato ... sognato ... mentre gli anni passavano come pagine di uno stesso, monotono, copione. “Prego?” rispose Silvana: solo questo. Poteva non essere lui, anzi, di certo non lo era. Poteva essere anche uno scherzo, o peggio, una trappola. Conosceva suo marito, nonostante che, negli ultimi anni, si fosse quasi completamente disinteressato a lei, era un tipo abbastanza subdolo e vendicativo ... mai trasparente riguardo a ciò che davvero gli passava per la testa. Intanto, le ore passavano. “Aesse” sembrava lo facesse apposta. Silvana s’inventò di tutto e lustrò la casa, nevroticamente, fino a “consumare” le superfici degli arredi ... poi, poco dopo le dodici: “Nuovo messaggio da A. S.” Lo aprì trepidante, sapeva che, dall’altro lato, sarebbe stato lampante che lo avesse letto solo un millesimo di secondo dopo la sua comparsa sul video, ma non se ne curò.
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“Ciao, io mi chiamo Antonio Salzano, credo di conoscerti. Se mi sbaglio, scusami. Altrimenti, vorrei chiederti l’amicizia ... se lo ritieni possibile.” “Ho conosciuto un ragazzo ... tanti anni fa, si chiamava così. Ma come faccio a sapere se è lei?” Il cuore di Silvana batteva nel petto e gridava: “E’ lui ... è lui ... !” ma lei non si fidava. Solo in quel momento se ne rese conto: erano vent’anni che aspettava! “Ci vuole poco: premi quel bottoncino con una piccola telecamera e mi vedrai.” Sempre più certa: “Io non faccio cam!” rispose, fingendosi indignata e poi, subito, “Veramente nemmeno potrei ... ho a stento il PC: niente videocamera.” “Non m’interessa vederti, sarai diventata brutta e anziana:-)” poi digitò “Ma se vuoi, premi e vedrai me! ” Basta giocare a rimpiattino: Silvana schiacciò il piccolo pulsante e, pochi istanti dopo, nel riquadro nero, apparve un viso sconosciuto; o no? No! Era lui ... oh si: era lui. Fu travolta da un’emozione che non avrebbe mai creduto di provare. Era lui, Antonio. Nascosto tra le pieghe di qualche ruga, acquattato tra i capelli più radi, Antonio guardava verso di lei, senza vederla. Il ragazzo con cui aveva costruito i sogni più belli. Nascosti nei cortili, quando il sole mordeva le strade bianche; scampati negli androni, quando la pioggia scrosciava: parlavano, sognavano e si toccavano, carichi di desiderio ... si baciavano. Quei baci innocenti, lontani, Silvana non li avrebbe mai dimenticati. Suo marito, negli anni, aveva ispezionato e violato ogni suo anfratto, posseduto ogni parte del suo corpo ma, i baci ... i baci glieli aveva sempre negati o, perlomeno, li aveva venduti cari. Non voleva perdere il ricordo dolcissimo dei baci di Antonio. L’unico ricordo che le era concesso: relegato nel profondo dell’anima. “Antonio ... che piacere, ero certa che non ti avrei visto mai più” cercò di dare un tono conviviale alla conversazione ma lui tagliò corto. “Senti, a me questi aggeggi mi fanno schifo, poi ti spiego perchè ... posso telefonarti?” Fu presa alla sprovvista, non voleva fare niente di avventato, non ebbe il coraggio di dirgli di no. “Va bene ... ma solo per pochi minuti, io ...” e gli diede il suo numero. Un attimo dopo, il telefono squillava e Silvana rispose. Parole, dolcissime, sbocciarono tra loro, come fiori impazienti che, a primavera, hanno fretta di rompere l’ultima brina dell’inverno.
Pochi giorni dopo, “Dieguito”, più incantato che mai dalla sua “musa”, le invase la cucina, alle undici del mattino. Orario insolito: ma Silvana si sarebbe sentita ridicola a non farlo entrare. Il ragazzo era concitato, gli occhi un po’ esaltati, era, evidentement,e preda di qualche forte emozione. Per un attimo Silvana temette di avere sbagliato ad aprire ... chissà? Con i giovani di oggi non si sa mai ... circola tanta droga. Il ragazzo aveva il PC sotto un braccio e, senza parlare, lo pose sul tavolo della cucina, poi sedette: sembrava sfinito.
Vorrei farti vedere una cosa ... – cominciò. Silvana, gli aveva concesso di darle del tu, come lui anelava, ma solo quando erano soli. Capì che l’eccitazione del giovane non era rivolta a lei, ebbe la netta sensazione che qualcosa di grave aleggiasse nell’aria. Per un momento temette di essere stata scoperta ... ma, per fortuna, Antonio Salzano non c’entrava per niente.
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«Bello ...ma troppo lungo capperi!»
«Bellissimo racconto ! Intrigante e mai volgare.
Complimenti »