Claudia odiava la volgarità. Da quando si era separata passava giornate intere da sola a prendersi cura della casa e delle proprie passioni. Nonostante i suoi 49 anni, aveva ancora il viso di una ragazzina e la passione per la vita, ma la noia prendeva troppo spesso il sopravvento in quella quotidianità fatta di solitudine e giornate uguali. Quella mattina aveva preparato la colazione, raccolto i fogli sparsi per la casa e messo in moto la lavatrice. A un certo punto sentì un sibilo provenire dal vano caldaia e corse a controllare cosa fosse successo. Un piccolo lago d'acqua bagnava il pavimento e la spia rossa fissa accompagnata a un sibili intermittente era per lei un brutto presagio. Fece un sospiro stressato e rassegnato e compose subito il numero dell'assistenza, ricordandosi come fosse stato gentile e premuroso l'ultimo tecnico (Fabio, le parve di ricordare) che era venuto da lei qualche mese prima per i controlli periodici di rito. " Salve, avrei bisogno di un intervento urgente sono la signora Filippi in Via dei Gigli 12” e la segretaria con prontezza rispose allegra “Signora il suo giorno non è del tutto sfortunato, abbiamo un tecnico dalle sue parti, se mi lascia il recapito di telefono tra al massimo 20 minuti le confermo la disponibilità”. E cosi fu. Claudia si diede una sistemata e cominciò a pulire a terra prima dell’arrivo del tecnico ma quando decise di cambiarsi per essere un po' più presentabile e meno in versione caalinga, suonarono al citofono e fu costretta a lasciar perdere “amen, resto con la maglietta e tuta, tanto sarà abituato” pensò. Alla porta si trovò un ragazzo di circa 35 anni, mai visto prima, alto e moro, con un fisico asciutto e i movimenti decisi e veloci. "Sono Filippo per la signora Filippi", disse allargando il sorriso" e cominciò subito ad armaneggiare chiavi e guarnizioni, mentre Claudia lo osservava in piedi con le mani dietro, sui fianchi offredo collaborazione. Con alcune occhiate laterali Filippo si era accorto di quella donna ancora piacente e ne studiava curve, mosse e posizioni che non lo facevano rimanere indifferente. Cercando di risultare simpatico, non risparmiava qualche battuta di doppio senso per studiare bene la situazione e valutare come fosse più opportuno proporsi. Così decise all'improvviso, dopo qualche sorriso e risposta, senza avere però la certezza di un successo, di sorprenderla da dietro mentre lei spostava una scatola di libri, appoggiare una mano sul fianco destro appena sopra l'elastico in vita e baciarla piano, delicato ma vorace tra spalla e collo da dietro, premendo appena il ventre sulle curve delle sue natiche. Claudia era rimasta stupita dal gesto e la sua unica reazione fu di declinare appena il collo, avanzando appena la testa e lasciare maggior spazio alle labbra di lui. Aveva lasciato farlo, col rischio di apparire troppo facile e aveva cominciato a muovere le mani e sentir salire la voglia per quel ragazzo. Filippo stava scendendo lungo i fianchi per poi risalire dentro fino ad arrivare all'orlo degli slip bordeaux. Il ragazzo ci sapeva fare, abile di dita e di labbra. Claudia già dondolava eccitata. Con le mani le sfilò l'intimo, abbassandolo insieme ai pantaloni e iniziò a leccare e colpire con piccoli tocchi lo spacco bagnato del ventre coperto al contorno di cortissimi peli scuri. E lei accompagnava la testa del tecnico con le mani spingendolo più a fondo e andando ad appoggiare le natiche su un tavolo bianco di legno, rimanendo in piedi. Da quanto tempo non gliela leccavano, Claudia si sentiva bene, le piaceva, si sentiva carne viva e animale, fluido vivo e pulsante. Si inginocchiò e gli slacciò i jeans, prese il suo cazzo nelle mani e cominciò a pompare, succhiava e leccava, guardandolo dal basso, lucido, imperioso, gonfio di quel rossore che a lei piaceva. Poi si rialzò per stendersi subito, fino a mezza schiena appoggiata, lasciando il ventre fuori, in offerta, per lasciarsi passare, per averlo dentro, sentire i contorni della vulva cedere al passaggio dell'asta e poi chiudere dalle ginocchia quando dentro, avrebbe picchiato fino a fine corsa, muovendo e scivolando la sua voglia ritmata sul bottoncino che sprizza rugiada e si contrae. Bastarono pochi decisi e profondi passaggi, la grana rugosa della pelle che frizionava dentro, l'attrito ridotto dai liquidi dell'eccitazione e sentirsi riempire dentro, sentire l'esplosione del seme allagarla dentro a scatti, le fece perdere il ritmo del respiro, le fece urlare qualcosa accompagnato da un si, un altro si, un ancora e poi silenzio, gemito, silenzio, altro gemito e sentirsi una cosa sola con quell'altro corpo prima di riprendersi tutto.

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