Riprendo i sensi, lentamente… ho la vista appannata ma pian piano mi rendo conto di essere seduto. Fatico ancora a sentire gambe braccia, ma avverto chiaramente di essere immobilizzato da molta corda. La vista si schiarisce e realizzo di essere in una stanza buia, rischiarata unicamente da delle luci soffuse… scorgo però una videocamera puntata verso di me, fissata a un cavalletto. Sono legato ovviamente nudo, con le braccia fissate allo schienale della sedia e i polsi ben fasciati e immobilizzati. Le gambe sono aperte, divaricate, con le ginocchia legate sui lati e le caviglie ancorate alle gambe in legno. Il petto è strizzato da corde che lo avvolgono e mi bloccano allo schienale, come anche il collo e la fronte. Non hanno chiaramente tralasciato di imbavagliarmi, ho qualcosa in bocca di molto grosso, credo una palla, e il tutto è fasciato da molto nastro adesivo. Quando mi riprendo completamente dal narcotico, sento di avere un dildo nel culo, sicuramente fissato alla seduta della sedia, e i genitali stretti e legati con una cordicella molto fina: il glande è avvolto da un cappio che me lo tiene su, collegato a due morsetti che mi hanno applicato ai capezzoli, strizzati dalle corde.


Non c’è nessuno nella stanza, almeno credo, e c’è un silenzio quasi irreale. Passa un po’ di tempo, finché sento una porta aprirsi e, nella luce che filtra, distingue le sagome dei miei due torturatori, lei per prima. La porta si chiude e una luce viene accesa: mi guardo intorno e capisco di essere in un locale interrato e dotato di pannelli fonoassorbenti alle pareti.


“Sei comodo? Hmm, vedo che mio marito non ti ha legato come gli avevo detto…” – “Cioè cara?” – “Gli hai legato i piedi alle gambe della sedia, ma dovevi tirarglieli indietro, alle gambe posteriori…” – “Va bene, provvedo ora…” Lei è perfida, lui i sembra un perfetto idiota, ma forse sono più idiota io, visto che sono io ad essere in balia di questa coppia di pervertiti.


Mi slega le caviglie, una alla volta, per poi legarle nuovamente alle gambe posteriori tirandomi indietro le cosce già divaricate ma ora completamente aperte. “Fatto cara… ora è a posto” – “Bene, prendi gli elettrodi, lo torturiamo un po’…”


Mi applicano diversi elettrodi: tra le cosce, sotto i testicoli, sotto i capezzoli, sui polpacci e alle piante dei piedi, collegando il tutto a un macchinario… “Metti le scosse al massimo” ordina lei, e lui gira una manopola portandola tutta a destra. “Inizia…”


Le scosse arrivano immediatamente e mi fanno contorcere… non sono continue ma a intervalli di qualche secondo l’una dall’altra. Il pene mi diventa durissimo per il dolore misto al piacere… Respiro in modo accelerato e ogni scossa mi attraversa il corpo nei punti sensibili, proiettandomi in avanti ed esponendo il pene. Dopo qualche minuto aumentano l’intervallo tra le scosse fino a interromperle del tutto, altrimenti non avrei resistito a lungo… lei mi libera il glande dal cappio di spago e me lo prende in bocca, spingendo con la lingua sulla punta… lui si masturba guardando la scena. La dominatrice me lo succhia a lungo, non disdegnando di farmi sentire i denti graffiare la pelle e il glande… sto quasi per venire quando lei si rivolge al marito: “Dammi la bacchetta di plastica, quella piccola…” Lui gliela porge, continuando a masturbarsi. A questo punto, con una vena sadica senza precedenti, inizia a bacchettarmi il pene mentre mi masturba finché, quando sto per venire grazie alla sollecitazione continua, bacchetta ripetutamente il prepuzio scoperto… il dolore lascia spazio al piacere nel momento in cui inizio a fiottare sperma, con uno schizzo quasi liberatorio… ma lei non si ferma, continua a seviziarmi in quel modo sadico e, se non fossi stato imbavagliato, avrei urlato sicuramente…


Finalmente appagata si ferma, ma solo per ordinare al marito di ricominciare con le scosse. Impostano un intervallo abbastanza lungo, almeno due o tre minuti tra una scossa e l’altra e, dopo aver controllato e stretto nuovamente i nodi delle corde che mi legano, mi lasciano solo, spegnendo la luce e uscendo dalla stanza.


Passa molto tempo, durante il quale, completamente al buio, le scosse intermittenti tra le cosce, sui piedi, sui capezzoli e sui testicoli, mi tengono in attesa delle prossime: un tempo infinito che sembra non scorrere mai. Il pene mi è tornato duro a causa della sollecitazione e mi fa male la bocca, tappata dal bavaglio a palla gonfiabile.


Improvvisamente, dopo almeno un’ora, la porta si riapre e la luce si riaccende: vengono verso di me e lui ha di nuovo in mano il panno imbevuto di narcotico…


Mi risveglio legato a gambe e braccia divaricate su un tavolo: genitali legati in maniera veramente sadica, addirittura con i testicoli separati, il pene stretto alla base e, al solito, sul glande. Ho un dildo nel culo, fissato ad un bastone di legno e bloccato al tavolo. Morsetti ai capezzoli e il collo molto stretto da un cappio che me lo tiene bloccato al tavolo. Sono imbavagliato con una maschera, con fallo dentro la bocca, molto lungo e largo, che all’esterno ha un altro fallo di notevoli dimensioni… e questo mi fa immaginare cosa la “signora” abbia intenzione di fare.


Sale sul tavolo e si mette a cavalcioni sul mio petto, infilandosi il dildo nella vagina e muovendosi per scoparlo, mentre con la mano mi afferra il pene e me lo strizza, avendo cura di picchettare con le dita sui testicoli strizzati dallo spago. L’idiota invece mi scopa con il dildo, muovendo il bastone dal bordo del tavolo. Lei si gode il fallo sul mio bavaglio, quasi impedendomi di respirare… la cosa strana è che riesce ad eccitarmi mentre mi sevizia. Ha diversi orgasmi prima di togliersi da sopra il mio petto e, a questo punto credo sia sfinita, anche perché sarà andata avanti così per una mezzora buona. Scesa dal tavolo, il marito si mette davanti a me e in pochi secondi mi riempie il viso di sperma. “Può bastare” esordisce lei… “Narcotizzalo e poi slegalo dal tavolo”.


Riprendo i sensi sul divano della sala, sono sempre nudo e legato mani e piedi, ma non sono imbavagliato… loro sono davanti a me, in accappatoio: sono ancora stordito dal cloroformio e non riesco a dire nulla di quello che mi passa per la testa.


Lei ha dei fogli e una penna in mano: “Allora caro… ora hai due alternative, che ti spiego velocemente: puoi firmare questi fogli, dove dichiari di aver accettato in maniera consenziente tutto quello che ti abbiamo fatto stanotte, intascandoti un assegno di 10.000 euro che magari potrebbe invogliarti a tornare, oppure ti riportiamo di sotto e ti lasciamo legato lì finché non verrai a più miti consigli… Nessuno verrebbe a cercarti qui, credimi…” – “Voi siete fuori di testa, anche se accettassi, cosa vi farebbe credere che non andrei a denunciarvi?” – “Magari il fatto che, essendo venuto da noi spontaneamente e avendo firmato questi fogli, sarebbe abbastanza complicato far valere la tua parola? Abbiamo molte conoscenze… Tu saresti solo un escort come tanti altri, che poi cerca di arrivare a una transazione. Ma nel frattempo tutti saprebbero cose che non credo tu voglia far conoscere, no? In finale 10000 euro per una notte non sono pochi, se paragonati a quello che ne seguirebbe, non ti basterebbero neanche per le spese legali e inoltre, a giudicare da come hai schizzato e da come ce lo avevi duro, secondo me ti è anche piaciuto e magari potrebbe essere l’inizio di incontri fissi ben remunerati… pensaci… Perché se accetti andrò tutto per il meglio, nessuno ti obbligherà a tornare. Se accetti e poi fai qualcosa di sbagliato, sai come andrebbe a finire. Se non accetti torni di sotto. Pensaci qualche minuto, senza fretta”.


Mi lasciano solo, legato mani e piedi seduto sul divano. Mi frullano nella testa una molteplicità di pensieri, di considerazioni… l’istinto sarebbe di mandarli a cagare, ma le conseguenze quali sarebbero? Forse la strada migliore per uscire da questa situazione perversa è proprio quella di accettare e firmare il documento. Ma brucia, e parecchio. Con il passare del tempo, mi convinco di non avere alternative effettivamente percorribili, così mi rassegno… Dopo una mezzora tornano: “Allora, hai riflettuto? Questo è l’assegno…” mi dice lei mostrandomelo… “Va bene…” rispondo, e subito il marito mi porge i fogli e una penna, dopo avermi slegato i polsi da dietro la schiena per legarmeli davanti. Leggo quello che c’è scritto e, in sostanza, avrei accettato la loro proposta di seviziarmi come escort consenziente e cosciente di tutto quello che volevano farmi dietro compenso, rinunciando a qualsiasi azione successiva. Firmo dove dovevo firmare e gli ritorno i fogli. “Bene, hai fatto la scelta giusta caro… Mettigli polsiere e cavigliere e fagli fare una doccia calda” Il marito esegue, liberandomi le mani dalla corda e mettendomi due polsiere con una catenella di 20 centimetri. Stessa cosa con le caviglie, ovviamente collegate i polsi per limitarmi nei movimenti, poi mi fa alzare e mi accompagna verso il bagno, alla fine di un corridoio: “Fai con comodo, quando hai finito raggiungici in sala, così potrai rivestirti”.


La doccia calda mi rilassa un po’. Appena finito, mi asciugo con un telo di spugna bianco, poi torno verso la sala. Mi liberano da polsiere e cavigliere e mi porgono i miei vestiti e le scarpe. Mi vesto, non vedo l’ora di andarmene da quel posto… Lei mi porge l’assegno e io lo prendo: “Ti ho messo nella tasca dei pantaloni un biglietto con un numero di cellulare. Noi non ti cercheremo, ma se per caso vuoi tornare la cifra sarà la stessa, come anche il trattamento. Magari ti risparmierai il cloroformio…”


“Non credo di voler avere più niente a che fare con voi…”


“Dicono tutti così, credimi… ma poi…”

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