Rue Paul Dupuy 4, 16eme Paris. Il biglietto che Anne mi aveva lasciato l'avevo buttato il giorno dopo ma non ci voleva molto a ricordare questo breve indirizzo.  L'anno seguente ci fu la maturità e qualche altra storia. Non  avevo il progetto di re-incontrare Anne. Era una cosa del passato. 
Ma… una serie di coincidenze mi aveva portato quella mattina presto in questa stradina del tranquillo quartiere di Autueil. Si decide un viaggio in Interrail con gli amici, loro insistono per Parigi come prima tappa. Ancora non avevo in mente di rivederla ma la sera prima… litigata fenomenale: 'domani andiamo di qua', 'no di là'. Conclusione… l'indomani ciascuno per se, ci si reinconterà a sera tardi!
Mi sveglio per primo nella condizione abituale (il cazzo durissimo, poco abituato alla castità forzata dall'essere in 4 in una stanza e, la sera prima, in cuccetta) esco e quasi senza accorgermi chiedo al portiere "dov'è rue Paul Dupuy?" 


E così eccomi. Non avevo memorizzato il numero di telefono. Mi dicevo che  ero lì per vedere dove viveva Anne non per incontare lei o suo figlio, mio figlio se davvero era successo Non sapevo nemmeno se era vero che fosse rimasta incinta quella sera a Cap d'Agde.


Aveva staccato perfino le mani dalla carrozzina! Imboccando la strada la vedo subito mentre spinge una carrozzina. O meglio vedo una donna. Anche se non poteva aspettarsi di incontrarmi, fu lei a riconoscermi. Io non l'avevo mai vista prima vestita, come le dissi dopo aver bloccato la carrozzina che stava scendendo da sola, tipo 'Corazzata Potemkin'. 
"Se potessi mi spoglierei ora", rispose lei riprendendo in un attimo la musica interrotta un anno prima, "ma forse è meglio portare Selene dalla tata, poi telefonare che non andrò al lavoro e poi.. ah bisogna avvertire Jacques!" 
Nessuno dei due aveva pensato alla bambina se non come un ostacolo facile da superare. Anne aveva ragione. Se si fosse potuto avremmo iniziato qui in questa via borghese e tranquilla in leggera discesa verso la Senna. 
Solo dopo ad Anne venne in mente che era una mamma e che io ero il padre o comunque la 'causa efficiente' di Selene. "Non vuoi vederla?" Diedi uno sguardo veloce, era davvero una bellissima bambina di quattro mesi. La gravidanza era andata bene. Era nata a metà marzo Sèlene. "E' bella come te. Devo ammettere che mi fa pensare più al momento in cui l'abbiamo concepita", dissi, temendo che la prendesse male. "Hai ragione è la bambina mia e di Jacques a tutti gli effetti ma anche io quando la guardo a volte penso a… ciò che l'ha messa dentro di me!" mi disse poi.  
Accompagnata Selene dalla Tata,telefonata in ufficio per prendere la gionata libera e poi al negozio di Jacques che era partito per Maçon molto presto. "Se chiama ditegli solo che c'è Albert qui da noi". lasciò detto Anne. 


"Cos'hai nello zainetto?" Mi chiese tornando in casa. "Vedrai". Mi seccava ammettere che avevo più che preso in considerazione l'idea che ci saremmo… visti. "Facciamo due passi", continuò inaspettatamente, "non ho fatto colazione, facciamola fuori". Le raccontai che ero a Parigi in Interrail con degli amici, che avevo la mattinata libera. Mi chiese se avevo avuto altre ragazze nei giorni seguenti. Le raccontai che dopo Cap d'Agde avevo raggiunto Ibiza. Mi alzavo presto e in spiaggia incontravo ragazze appena uscite dalla discoteca. Si scopava sì, ma loro erano tramortite dall'alcol e dalla droga. "Una esperienza da necrofili" commentai. "E a Milano"? incalzò Anne. Le raccontai della fidanzatina che avevo. Marina, una 'quartina' (iscritta alla quarta ginnasio, cioè al primo anno del classico) che avendo saltato un anno alle elementari aveva XX anni. 


Le raccontai dei suoi genitori che lei comandava a bacchetta. Ogni pomeriggio arrivavo a casa sua, salutavo la mamma e poi entravo in camera di lei. Si chiudeva la porta e nessuno ci disturbava. Dopo un'ora uscivamo e ci sedevamo di fianco ai genitori a guardare Dallas come se nulla fosse, tutti fingevano di non sentire l'odore di sesso che emanavamo.


Pian piano Marina imparò a fare e ad avere quasi tutto. Sapeva però che non avrebbe potuto tenermi a lungo con sé senza andare 'fino in fondo' come si dice in Francia. Eravamo d'accordo di farlo il giorno del suo XX compleanno ma lei decise di perdere la verginità il giorno prima "così potrai dire che hai scopato una XXXenne", disse. 


Voleva che fosse una cosa in grande. Chiese ai genitori di lasciare la casa libera fino a sera. Organizzò un pranzo con due sue amiche, una che l'aveva già fatto e una che non aveva fatto ancora nulla. Nel pranzo si parlò solo di sesso, della imminente deflorazione. Fece domande alla più esperta: com'era essere scopata, cosa si sentiva, se veniva anche lei o solo lui. Per far capire il dolore che temeva di provare, Marina chiese all'altra di toccare con mano le dimensioni del sesso che di lì a poco sarebbe entrato dentro di lei. Anzi non volendo che  venissi subito chiese alla più esperta se avrebbe potuto farmi eiaculare prima, mentre lei si preparava. 


E così eccomi semisdraiato sul divano in salotto con due ragazze una delle quali mi masturbava e succhiava mentre l'altra mi baciava e si faceva toccare, godutissima, i seni. 
Marina entrò con un negligè bianco trasparente proprio mentre sboccavo nell'ugola della più esperta e la mia mano era finalmente arrivata a sfiorare sotto i jeans la fighina di quella meno avvezza. 
 
"Spogliatelo e accompagnatelo in camera disse". Era rimasta d'accordo che avremmo usato la camera dei genitori. "spogliatevi anche voi se potete". Lei ci precedette, stese sul copriletto un panno bianco e si sdraiò sopra con la schiena, braccia e gambe divaricate, come l'uomo vitruviano per capirsi.


Entrammo in tre. io nudo e loro due tenendomi ciascuno per una mano vestite solo con delle simboliche mutandine. 


"Fate una foto a questa fighina ancora chiusa e innocente" pretese Marina indicando una Polaroid, "una foto di addio".


A guardare la scena non c'era bisogno di avere 18 anni per ritrovarsi in completo tiro pur essendo venuti un minuto prima. 


"Voglio che cerchi solo il tuo piacere", mi disse con voce quasi ieratica. "Niente preliminari, niente preservativi (era un momento buono del ciclo). Farai piano, se puoi solo all'inizio e poi andrai fino in fondo senza preoccuparti. Insomma come fai  con le altre donne. Loro mi terranno stretta la mano". 


Indugiai qualche secondo nudo in ginocchio col cazzo verso il cielo fra le sue gambe divaricate, la fichina quasi priva di peli biondi. Le due amiche presero posto sedute per terra ai lati del letto tenendole la mano, anche loro con le gambe un po' divaricate.


Mi stesi sopra a lei ritto sulla braccia prima di entrare gustando la scena. Marina aveva paura ma era anche decisa. "Stai sverginando una ragazzina di XX anni, una bambina quasi. Una ragazzina che desidera tantissimo sentirti godere dentro di lei, che vuole essere usata da te". Chissà dove le aveva trovate quelle parole!


Sarei davvero venuto subito se non fosse stato per il provvidenziale lavoro dell'amica. Avvicinai la punta alle due piccole grandi labbra spostandole con due dita come si fa con i petali dei fiori. Appoggiai il glande nello spazio che si era creato e poi entrai con una spinta. 


Il grido di Marina ce l'ho ancora nelle orecchie. Lo strattone delle braccia che forse mi avrebbero fermato venne impedito dalla forte stretta delle amiche. Guardando loro iniziai a spingere fino a toccare il fondo. In realtà ero entrato solo per metà. Iniziai a muovermi su e giù come a percorrere quel giardino che si era aperto solo per me. Era strettissimo, non un pugno chiuso ma un muscolo che dopo il primo spasmo cercava di aprirsi. Solo al quarto o quinto andrivieni Marina capì come doveva respirare e io riuscìì a entrare quasi fino in fondo. a quel punto richiuse le gambe dicendo "Grazie. Ora mi hai reso donna. Prendimi".


Con questo viatico iniziai una cavalcata che la amica più giovane ammirava con stupore mentre quella più grande aveva già iniziato a masturbarsi usando la mano libera e gridando "Dai, scopala, dai". 


Durò diversi minuti. L'orgasmo era uno di quelli 'telefonati' annunciato dai miei ansimi. Marina prima poi le amiche incitavano con "dai, vieni,vieni dentro di lei, prendila, prendimi". Quando mi accasciai sopra di lei (l'amica era venuta poco prima con grande clamore) la baciai teneramente dicendo semplicemente "grazie". 


Le due amiche vollero veder uscire il mio cazzo dalle profondita dove era entrato per guardare il sangue (poco) e lo sperma (molto). Marina si rimise in posa per un secondo scatto. 


Quando dopo una doccia confrontammo le foto, ancora nudi noi, rivestite le amiche, potevamo vedere la forma diversa che la figa di Marina aveva assunto e il rivolo di seme che che usciva.


"Hai sverginato una XXXenne", commentò la amica più grande toccandomelo (fingendo di dargli scappellotti). Era chiaro che ne aveva voglia anche lei ma non era quello il momento. "Sembrava che la violentassi, a un certo punto", commentò la più piccola (poco mancava che avesse un orgasmo solo dicendolo). 


Quando le amiche uscirono ci riprovammo altre due volte io e Marina e l'ultima volta raggunse un orgasmo anche lei, udito in diretta dai genitori che erano entrati senza che ce ne accorgessimo. Al nostro ingresso in salotto (per fortuna avevamo fatto una doccia e messo un accappatoio) fummo accolti da grandi sorrisi e da una bottiglia di vino. La mamma era accaldata avendo intravisto fra le falde del mio accapatoio semi aperto che cosa aveva deflorato e fatto godere la sua bambina. La cena fu allegra anche se nessuno accennò esplicitamente alla ragione di quel festeggiamento.


Raccontavo ad Anne queste cose (a bassa voce) a colazione e poi rientrando a casa. Quando lei richiuse la porta spogliandomi subito, con la schiena alla porta mi raccontò che il parto aveva richiesto di allargare l'uscita con il bisturi. "Ricucendola devono aver esagerato e mi sono trovata praticamente vergine anche io", raccontò mentre mi abbassava i jeans. "Pensa che Jacques mi fa male quando entra. E' tutto dire". 


Loro avevano fatto molto sesso a due dopo che me ne ero andato, a Cap d'Agde. Qualcosina anche in pubblico sulla spiaggia. A Parigi lei era stata con qualcuno anche un classico negrone ma poi la gravidanza l'aveva un poco inibita. In pratica Anne aveva scopato negli ultimi 6 mesi tante volte quanto noi due in quei tre giorni. "E ovviamente ciò che è tuo è rimasto tuo", sottolineò spostando la mia mano nel solco fra le sue natiche. 


Ci eravamo spogliati  nel frattempo. "Anche io farò come l'amica di Marina", disse, mentre si inginocchiava avendo messo i miei jeans sotto le sue ginocchia. Ero ancora in piedi con la schiena sulla porta. "A proposito te la sei fatta, no?" Ovviamente sì. Mentre Anne mi leccava le palle raccontai che tre pomeriggi dopo l'amica, che si chiamava Monica, telefonò dicendo solo "I miei non ci sono, Marina non saprà nulla. Nè il mio fidanzato. Abito in via….".  Fu una cosa piacevole soprattutto per la sua eccitazione. Sapeva come utilizzare quello che avevo. Non volle darmi il culo però. E Marina avrebbe perso la sua seconda verginità solo al prossimo compleanno. Con Marina continuò la routine dei tardi pomeriggi nel letto che però questa volta si spostava non di poco e delle cene postcoitali con i genitori che facevano finta di nulla. 


Raccontando di queste imprese venni quasi subito nella sapiente bocca di Anne che si rialzò. Una filo di seme usciva dalla sua bocca. Aprendo la bocca sulla lingua fece apparire ancora l'ostrica del mio sperma che ingoiò guardandomi negli occhi. Seguì un bacio nel quale le nostre lingue parevano avere una vita propria come le mie dita che avevano preso a titillare il suo, buchino posteriore. "E tuo, lo sai, puoi prenderlo quando vuoi"" disse con la voce resa bassa dalla voglia. 


"Fammelo vedere". imposi. Passammo in cucina e lei si piegò in modo da poter roteare il culo agitandomelo davanti. Con due dita lo allargai. Avrei potuto iniziare subito, ma aspettavo Jacques per farlo. Non volevo fargli perdere lo spettacolo. 


"Vieni a vedere la camera di Selene". propose come se fossi un parente in visita. Ci accorgemmo di essere nudi quando entrammo lì dentro, mille giochi, una culla coperta da una retina, un banco per cambiarla, del baby oil. 


Presi quest'ultimo e iniziai a spalmarlo sui seni di Anne. "Anche tu lo meriti", sottolineai. Dai seni la mano scese giù ovviamente e mischiando baby oil ai fluidi naturali potei infilare due dita continuando a baciarla. Strappato dalle dita arrivò il primo orgasmo in quella camera che l'aveva vista madre ma non donna. 


"E ora tocca a me", ripresi dopo un poco. Indicai la camera da letto e presi con me lo zainetto. "Voltati" comandai. La prima cosa che estrassi dallo zainetto era una semplice benda o meglio un panno che poteva svolgere quella funzione. 


"Perchè non devo vedere?" chiese un poco stupita. "Sdraiati". Dallo zaino estrassi un paio di guanti di crine. Li usava mia mamma quando ero piccolo ma smise credo, quando scoprì che io li usavo per godere. Mi mettevo il guanto fra il perineo e i testicoli in modo che masturbandomi sfregasse contro quelle parti. Forse mia mamma ci trovò del sangue o dell'altro. Silenziosamente sparirono da casa. Li avevo visti il pomeriggio prima in un negozietto vicino all'albergo e li avevo comprati. 


Iniziai a mordicchiare i capezzoli tanto per dare il tono alla cosa. Presi un fare brusco. "Hai desiderato altri. Hai sognato di farti inculare da altri, non è vero?" chiesi schiaffeggiandola. 


Lei stette al gioco. "No ti giuro, sono ancora vergine, sono la tua dodicenne vergine, fammi diventare una donna, sono tua. A tastoni cercava il mio cazzo. Trovatolo disse. "Ecco il grande cazzo che mi sta per sverginare anche se io non voglio". 


"Alla tua età hai già voglia di scopare, troia" gridavo.  Nello zaino c'era anche una corda di setola tagliata in quattro pezzi. Legai i polsi e le caviglie alla testiera del letto. Anne era eccitatissima bendata e legata. Oggi è un luogo comune ma al tempo sembrava ancora una idea fantasiosa. In mezzo alle gambe divaricate la sua figa era pelosa . "Hai un rasoio?" Tremante mi indicò dove si trovava. Misi un panno sotto il suo sesso, come avevo fatto qualche mese prima con Marina e iniziai a raderla. Il freddo della lama e della crema, mi disse, era una sensazione eroticissima, unita al rischio che sbagliando la evirassi (disse così) per sempre. 


Ora il suo sesso era davvero il fiore di una ragazzina, con le grandi labbra e il clitoride più marcati. Anne aveva mantenuto nonostante la gravidanza il fisico che aveva mostrato a Cap d'Agde. 


"Sono tua ora", diceva ruotando il pube per quanto era possibile essendo legata, "coglimi, ancora". "Ti farò male" avvertii facendole sentire il mio sesso duro sulla coscia, "Lo so". "Non hai idea quanto", aggiunsi mentre indossavo i guanti di crine.  Entrato in lei come avevo fatto con Marina strinsi le mani suoi fianchi. Lei avvertì i guanti di crine senza capire. "Sembrano le zampe di una bestia!" sussurrò allarmata, "E come una bestia ti sto prendendo". 
Non parlammo oltre, a meno di non definire 'parlare' quei mille suoni che i corpi emettono per avvertire dell'effetto di quello che l'altro sta facendo. Quando fu abbastanza eccitata iniziai a passare i guanti sui capezzoli strappando delle grida, poi sull'intero seno, poi sui lobi delle orecchie. Fu  lo sfregare sui capezzoli che elicitò il suo orgasmo, gridato e pieno di dolore. 


Intanto entravo e uscivo, con delle pause che la richiamavano a spingere in basso il bacino per andare a riprendere il cazzo e poi piano piano facendogli percorrere tutta la lunga strada. Era diventata più stretta in effetti, non come Marina ovviamente, ma molto aderente soprattutto all'inizio. Ma era più lunga. Occorreva tutta la lunghezza del cazzo per arrivare fino al collo dell'utero. 


Non preneva la pillola Anne (invece Marina aveva iniziato il giorno dopo) ma non era il momento fertile del ciclo come era riuscita a farmi sapere nella conversazione. I guanti stringevano i fianchi Anne si inarcava cercando di prendere il suo piacere in una scopata che era solo mia. Ci riuscì proprio mentre iniziai la cavalcata che preludeva all'orgasmo. "Oddio non venire dentro, non voglio rimanere incinta", iniziò a piangere, "vieni fuori, esci, mi metti incinta, non voglio!. Mi hai già sverginato! Non ti basta?". E muoveva il bacino cercando di farmi uscire (ma aumentando così il piacere di ambedue). Tirava le corde con le braccia come per liberarsi e fermarmi, muoveva le gambe. Intanto continuavo e il mio urlo coprì il suo ben recitato pianto. 


Uscii subito senza baci. Andai a fare una doccia lasciandola così. Tornando vidi che si era formata una bella pozza sotto la sua figa ora spalancata e non mancava qualche goccia di sangue. Il suo corpo era una carta geografica di macchie rosse e abrasioni. Le liberai solo un braccio e una gamba stendendomi su quel fianco. "La mia ragazzina. Mi hai fatto godere sai!" "Più di Marina?" chiese, "Si certo. Marina è davvero una ragazzina. Tu sei una donna, una madre, da qui", continuai mentre iniziavo a toccarla, "è uscita una bambina bellissima". "Ti amo, fammi venire ancora", implorò piangente Anne. Non c'era più finzione ora, nessuna presunta vergine, nessuna bestia con le zampe di crine. C'era una giovane donna sconvolta dalla sorpresa di ritrovare il piacere; grata a chi le aveva fatto ritrovare la strada e desiderosa di baci e dita nel sesso.


E questo ebbe. Prima di toglierle la benda le dissi. "Il tuo corpo ha ancora i segni". Mi rispose con un sorriso. "Cosa mi hai fatto!" esclamò sorpresa vedendosi. Il suo sguardo si posò sui guanti di crine. "Li usava mia nonna. Come ti è venuto in mente!". Poi riflettè che evidentemente li avevo comprati apposta. "Pensavi che lo avresti fatto ancora con me allora!".


Su questo pensiero squillò il telefono. "Jacques, Jacques torna subito c'è Albert". Jacques, avvertito dall'ufficio aveva annullato i suoi impegni a Maçon, stava già tornando e sarebbe arrivato dopo pranzo, "sì, certo, lo abbiamo fatto subito. Oh è stato… incredibile Jacques. No quello non ancora. Arriva presto!".
  
Dopo il bagno con cautela sparsi dei linimenti sulle abrasioni e con ancora più calma le leccai la figa a lungo senza aiutarmi con le dita, come facevo con Marina prima di iniziare a scoparla. 


Rivestita Anne preparò da mangiare raccontandomi della bambina. "Ti somiglia, credo", disse, "certo se fosse stato un maschio avrei potuto vedere più facilmente cosa poteva avere di tuo", occhieggiando al mio sesso sotto i pantaloni. 


Questo discorso delle somiglianze mi turbava e cambiai argomento. "Gli piacerà il cazzo come a te da ragazza?" "Ma io non ero così. Solo da poco ho iniziato a volere di più. Prima mi accontentavo".


Dopo il caffè guardando ancora lo zaino mi chiese "e cosa c'è ancora? lì dentro?" "Vedrai, o meglio sentirai". In quel mentre arrivo Jacques. Grandi feste sulla porta (anche a beneficio dei vicini che probabilmente mi avevano visto entrare con Anne la mattina). 


"Sai, ti devo molto, ti dobbiamo molto. Abbiamo passato dei mesi splendidi dopo averti conosciuto", mi confidò seriamente dopo aver stappato il rosè che a suo parere si adattava all'ora, "abbiamo capito cosa cerchiamo, no meglio: abbiamo accettato che lo cerchiamo".


Era un pensiero insolitamente sincero e profondo per Jacques che ancora una volta avevo sottovalutato. Anche se Anne lo chiamava in presenza "Mon cucù" (il mio cornutino) era qualcosa di più. Un uomo alla ricerca del suo desiderio. Come Anne, come me.


Su sua richiesta Anne gli raccontò cosa avevamo fatto e questo riscaldò un poco l'ambiente. Mostrò i guanti di crine si spogliò per fargli vedere i segni lasciati sul corpo e la benda. Fu Jacques a chiedergli di rimetterla. "Voglio rivederti nudo", disse Jacques, "e voglio esserlo io, sono a disagio a vederci vestiti". Così Anne venne bendata e legata alla sedia e Jacques denudatosi iniziò a spogliarmi silenziosamente. 


Anne poteva solo sentire i suoni dei baci di Jacques che percorrevano il mio corpo, poteva immaginare che andassero dall'alto verso il basso o dai piedi su fino alle cosce. Io intanto gli infilavo le dita in bocca gli stringevo il collo. 


In piedi io a sinistra di Anne seduta e inchinato Jacques a destra me lo prese in bocca proprio davanti al naso di Anne, toccandomi i testicoli. "Ecco da dove è uscita la nostra bambina, Anne" disse, "Ecco il cazzo che ti ha sfondato la figa e sverginato il culo",
Era eccitatissmo, Slegata una mano Anne inizià a masturbarlo mentre Jacques spompinava e straparlava, "ecco il cazzo che per primo è entrato dentro di me, hai reso donna anche me!". Mentre Anne raddoppiava il ritmo Jacques mi incitava "Incula la mia donna Albert, prendi ciò che è tuo, fallo senza pietà, fallo ora, fallo più volte"
 
Anne ansimava non solo per la fatica del suo braccio. Quando venne irrorata dai fiotti di Jacques (che io raccolsi con tre dita assaggiai e feci assaggiare ai due) disse solo "Io sono pronta. Dove andiamo?".


Per quel che avevo in mente l'ideale era il ripiano in legno nella finestra passavivande aperta nel muro che divideva la cucina dalla sala da pranzo. Anne rimase bendata ma slegata poteva masturbarsi leggermente. Presi l'ultima cosa che era rimasta nello zaino: un foglio di carta vetrata. Con delle puntine che avevo visto in una bacheca nella camera della bambina, lo fissai al legno. 
Anne fu portata per i capelli, fatta piegare e il suo seno incontrò la scabra superfice della carta vetrata. 
 
Anne rimase così mentre io e Jacques riguardammo le foto fatte l'estate prima dell'ano di sua moglie prima e dopo il suo sverginamento, e la Polaroid scattata a metà che mostrava il cratere rosso che Jacques aveva chiamato 'il tuo sigillo'.


Non avevamo la crema giusta, presi allora del baby oil e iniziai a spalmarlo sul corpo di Anne. Sui seni, lungamente sull'inguine e sul sesso e poi tra le natiche e nell'ano, dove inserii prima un dito poi tre. Il culo di Anne era esattamente alla mia altezza. Dietro di me il banco della cucina mi dava facilmente slancio, le mie mani potevano appoggiarsi alla parete ai lati dell'apertura. Una situazione ideale, commentò Jacques, per dare le spinte più potenti. 
Vicino a me Jacques iniziò a toccare il mio sesso, volle avvicinarlo lui al buchino di sua moglie. "Ecco, questo è tuo, prendilo!" disse. In realtà avrebbe dovuto dirlo Anne, non avevamo certo bisogno della sua autorizzazione. 


Jacques capì l'errore si allontanò e si mise davanti ad Anne prendendole il capo "Ora il tuo uomo, l'uomo che ti ha reso madre, ti inculerà", affermò con voce grave, "è un suo diritto. E' suo e può farlo quando vuole. Ti farà male forse, certo non penserà al tuo piacere. Anzi vedi che ha messo della carta vetrata per farti sentire dolore anche ai seni. Sei sua, Ed è questo che hai voluto. Ti ha fatto madre, ti ha fatto troia!" e terminò con una inaspettata sberla. All'unisono entrai con una spinta davvero violenta ancora più inattesa. Jacques l'aveva presa per le spalle e fatta inarcare. Iniziai a gridare. "Dammi il culo"" "Aprilo fino in fondo". Quando iniziò a essere eccitata anche lei, la costrinsi ad abbassare il tronco. I seni strisciavano sulla carta vetrata ben fissata al legno. Le mie spinte facevano spostare il corpo su e giù, una mano pesante sul collo le impediva di alzarsi. Anne piangeva "Oddio, Oddio", "Jacques, lui mi sta facendo il culo", "E' troppo dentro". Jacques eccitatissimo anche lui le infilò due dita nella bocca per farla tacere e per simulare un pompino. Stanco ridussi le spinte e Anne a quel punto iniziò a spostarsi indietro come a cercarlo. Mi fermai per vedere quanto lo avevo allargato. Vidi una voragine rotonda rossa e pulsante che mi attendeva, era l'impronta del mio cazzo nelle sue carni. Eccitato da quella visione io e dallo sfregamento dei capezzoli sulla carta vetrata lei, iniziammo a gridare ambedue riuescendo a venire quasi insieme, prima lei, poi io con dei colpi che misero a dura prova la parete del suo retto.


Me me andai sudato a fare la doccia mentre Jacques con la Polaroid aspettava che lo sperma uscisse dall'ano slabbrato della sua donna.


Tornato slegai Anne che camminando molto incerta, sorretta da Jacques andò in bagno a lavarsi. Io in accappatoio ancora gocciolante e Jacques seminudo ci sedemmo sul divano. Jacques leccava le gocce d'acqua ancora salate sul mio torace. Io gli aprii la patta e iniziai a toccarlo accennando a quanto avevo goduto inculando la sua donna e quanto ella fosse troia. Ma fu Anne finita la doccia a inginocchiarsi e finire l'opera. Sempre in ginocchio e guardando fisso un po' il mio cazzo un po' Jacques e prendendo dolcemente  il sesso di suo marito in mano diceva. 


"L'ho adorato, non hai idea di quanto ho goduto sfregando con il seno sulla carta vetrata e sentendo lui che scavava con rabbia nei recessi del mio corpo. Godevo nel darmi completamente e godevo nel prendere quei colpi. Non ho avuto bisogno neanche di toccarmi.Non pensavo nemmeno alla figa, ero solo culo, solo quel buco nel quale lui impazziva". Jacques venne a metà di quel discorso.  


Mi alzai, la presi per mano, andammo a letto e baciandoci come due ragazzini abbracciati ci addormentammo.


Mi svegliai per primo, e prima di uscire feci una donna anche di Jacques toccandolo mentre lo scopavo. Non che ne avessi voglia. L'anno prima lo avevo fatto perchè lui non sapeva di volerlo. Questa volta era una sorta di atto dovuto.Una cortesia inculare anche il marito prima dei saluti quando si è ospiti di una così bella coppia. 


"Hai avuto tutti e due ma nemmeno un pranzo" si lamentò Jacques. Io però non vedevo possibili argomenti di conversazione e preferivo farmi un giro da solo per Parigi prima di raggiungere gli amici.


Andammo tutti insieme a prendere Selene dalla tata. Era bella sveglia, Jacques me la fece prendere in braccio. "Avete una bambina bellissima". Commentai. "Tutta suo padre" rispose Jacques con una risata. 


 


 


  


   

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