Questo stava diventando un bel viaggio. Lo aveva studiato sin nei minimi particolari per poterselo gustare senza pregiudizi né remore di sorta.
Davanti, sdraiato in cabina sulla pancia del suo possessore, l'oggetto del suo desiderio immoto riposava. Il prepuzio sollevato a ricoprire il glande, ancora con una goccia di sperma a suggellare l'atto compiuto poco prima: la deflorazione del suo culo. Dalle sue natiche sentiva fuoriuscire il denso e caldo liquido che scorrendo lungo il perineo e lo scroto andava a sgocciolare sulla traversa a perdere aperta sul sedile. Ne aveva un pacco intero il camionista. Ed ora con le ginocchia appoggiate al divanetto della cabina ed il petto appoggiato allo schienale rimirava il corpo grassoccio e peloso dell'uomo che lo aveva posseduto, mentre beatamente riposava supino e nudo. Il primo uomo ad averlo avuto senza remore. Ma soprattutto osservava quel paletto addormentato, il suo vero padrone, tutto pelle liscia e vene. Ora finalmente poteva provare a rendere vivo il suo desiderio assoluto in campo sessuale: imboccare un cazzo moscio e sentirselo crescere in bocca fino a farlo venire. Per questo si era fatto due clisteri abbondanti prima di raggiungere l'agognata meta perché sapeva che sicuramente non avrebbe potuto attuare immediatamente il suo intento per l'eccitazione iniziale. Doveva farlo sfogare assolutamente per poi impadronirsene appena moscio, anche se questo avrebbe comportato sicuramente una fase dolorosa, come infatti era poi avvenuto. Allungò la mano e con due dita sollevò la carne profumata di sborra e culo pulito.
Aveva 18 anni, ed era riuscito finalmente ad andare al mare da solo. Ed era a Rimini, terra di avventure, sole e mare. Mario aveva una settimana tutta per sé e la voleva godere sino in fondo. Purtroppo fino all' ultima sera nulla accadde. Ogni tentativo di approccio con le ragazze che individuava finiva puntualmente nel nulla, sia in spiaggia che in discoteca, che sul lungomare. Fu proprio su quest'ultimo che la sera prima di partire accadde il fatto strano. Tutto filò via come sapone sul terreno, senza attrito alcuno. Erano le dieci di sera ed il lungomare era pieno di turisti che passeggiavano instancabili guardando i negozi di varia natura con distratta armonia. Tutto sembrava nella norma. Si sedette al tavolino di un bar a sorseggiare un liquore francese all'arancia che adorava tra tutti i superalcolici. A fianco a lui tre ragazzi seduti al tavolino di lato commentavano il via vai con le birre in mano. Il più vicino attaccò bottone dopo poco chiedendogli cosa ne pensasse di tutte quelle ragazze che facevano la spola tra una discoteca e l'altra sculettando senza ritegno al passaggio. Le prime battute riscaldarono la conversazione e fu un attimo diventare amici. “Io mi chiamo Angelo. I miei amici sono Matteo e Davide” e dopo le presentazioni dichiararono la loro intenzione dirigersi a Gatteo, per andare in una discoteca molto conosciuta a rimorchiare. Si aggregò immediatamente sperando in una serata diversa dal solito. E lo fu infatti. Tutto si svolse in modo fluido e repentino. Appena saliti in macchina, Angelo si sedette dietro con lui e dopo pochi metri di strada percorsa, appoggiò la mano sulla coscia di Mario fino a toccargli il pacco. Il gesto lo lasciò di stucco, ma non fece nulla per opporsi. Davide dal sedile anteriore del passeggero si girò e con un sorriso disarmante disse “Sai Mario che potremmo passare una serata diversa noi quattro? Hai mai avuto rapporti con altri uomini”? No che non ne aveva mai avuti o meglio non ne aveva mai cercati. Si era buttato a capofitto sulla sfera femminile appena aveva capito qualcosa del sesso e da lì non ne era mai uscito. Nessuna trasgressione. Mentre cercava di capire cosa fare, Angelo si slacciò repentinamente la cerniera dei jeans e fece fuoriuscire il cazzo in tiro iniziando a menarselo sotto gli occhi divertiti di Davide. Mario non guardò. Lo sguardo fisso nel vuoto a pensare come uscire da una simile situazione; si sentiva in trappola, in balia dei tre. A maggior ragione quando la macchina accostò sulla destra in uno spiazzo buio sulla statale ed anche Matteo si girò a guardare il quadretto sul retro. E ora?
Mario allungò il collo verso il pisello moscio e senza pensarci un attimo lo imboccò tenendolo nel caldo della bocca. Nessuna risposta al tocco delle labbra. Allora lo lasciò ricadere con uno schiocco sul pube peloso. Poi con la lingua iniziò a titillare i coglioni ed a succhiarli per seguire i corpi cavernosi con la lingua fin sul prepuzio per poi imboccarlo repentino. Un sussulto ed un gemito gli fecero capire che il camionista stava gradendo le sue attenzioni; ora poteva dedicarsi anima e corpo a quel pompino che nessuna donna mai gli aveva regalato ma che agognava sempre ad ogni rapporto e ad ogni nuovo incontro. Per tutta la vita, sin dal primo anelito sessuale, aveva quel chiodo fisso. Più di penetrazioni e baci lo attiravano le forme dei piselli, la cappella che fuoriusciva dal prepuzio, la lucida lama del frenulo, la forma del genitale maschile nella sua interezza. Adorava vedere film porno e riviste ma quello che cercava era sempre l'immagine del pompino. Finché un giorno si era accorto che in definitiva era lui che si voleva sostituire a quelle bocche calde ed accoglienti. Quando ne ebbe l'occasione, ne rifuggì timoroso dannandosi in seguito per non avere portato a termine l'esperienza. Era troppo giovane forse. Ma ora si era gettato a capofitto verso il suo piacere e nulla e nessuno lo avrebbero fermato. No. Non voleva più avere rimpianti. Mentre succhiava avidamente si accorse che il pene si stava nuovamente ingrossando e questo lo eccitò a dismisura. Il suo stesso pene si irrigidì dal piacere. Non si fece distrarre dal compito prefissatosi e continuò a succhiare e leccare avidamente, senza sosta. Una mano forte si impadronì della sua nuca e cominciò a spingerlo con insistenza verso la base del pene.
La mano raggiunse la nuca di Mario e lo spinse a chinarsi di lato verso le gambe di Angelo, mentre Matteo e Davide guardavano dai sedili anteriori la scena. Non sapeva come comportarsi. Non riusciva a rendersi conto di quello che stava accadendo. Aveva paura (in fondo loro erano in tre e lui solo) ma allo stesso tempo, come un animale in trappola, si era come lasciato andare alla sorte senza resistenze. Non era eccitato né desideroso di fare quest'esperienza, semplicemente non potendo fuggire dalla situazione in cui si era infilato, se ne lasciava permeare. Il pene di Angelo era magicamente apparso rigido tra i pantaloni aperti ed attendeva attenzioni; nel calare con la testa il glande sbatté prima contro le narici poi cercò di insinuarsi tra le labbra serrate, invano. Voleva urlare ai tre che lui non era gay e che non gli interessavano quel genere di approcci, ma la pavidità lo costrinse a rimanere. Anzi, meccanicamente pur senza volerlo, le sue labbra si dischiusero per accogliere la cappella. “Cazzo!” ansimò il giovane al caldo contatto “Questo ci sta! Questa sera ci divertiamo”: Come un segnale, uno sportello anteriore si aprì e si richiuse ed un attimo dopo, lo sportello posteriore contro laterale al pompino si aprì e richiuse. Ora era tra due fuochi. Sentì una mano insinuarsi al suo inguine per slacciargli i pantaloni. Si irrigidì ed un'improvviso schiaffo lo sorprese “Non stringere più i denti che mi fai male, stupido.” disse Angelo “Ed Inizia a pompare che voglio raggiungere la tua gola e sborrartici dentro!” Che situazione di merda, era uscito per scopare ed ora rischiava di essere scopato lui, anzi, era ormai certo che sarebbe stato lui la loro preda. Voleva fuggire, ma come? Dovunque valutasse la fuga ogni sua via ne era preclusa. Cominciò a pompare con più foga sperando che, facendoli venire, sarebbe finito prima il supplizio. Ciò non accadde. Fu una lunga notte.
Ora, tutta la bocca piena di carne e la punta che spingeva in gola, si sentiva con piacere alla mercé di quel maschio. Ecco cosa voleva. Servire quel palo che lo affascinava da tempi remoti. La prima mano venne raggiunta dalla seconda, a rinforzare il movimento e lì Mario si trovò in difficoltà seria. Il pisello stava raggiungendo la sua forma in tiro e nella bocca non ci stava per intero, d'altro canto le mani ed il bacino dell’uomo pretendevano il contrario. Con la testa e con movimenti del collo cercò di ingoiare più massa possibile. Sentiva solletico alle tonsille e pure una certa nausea dovuta al continuo sbattere della cappella contro la glottide, ma aveva deciso di andare fino in fondo, anche se la fatica di mantenere il collo teso e la salivazione costante lo facevano sentire male; contraltare sentiva un piacere profuso arrivargli dalla nuca, dove mani forti lo sospingevano senza sosta, verso la base del pene fino ai coglioni; pensava di stare per venire prima del suo compagno di giochi ma doveva farlo impazzire di piacere, la sua bocca doveva essere come una figa, calda ed accogliente, sentire attraverso il fremito degli addominali che le sue attenzioni stavano portando l'altro al definitivo piacere. Un rantolo, un improvviso irrigidimento dei muscoli della pancia, la forte pressione delle mani che lo tenevano bloccato in quella posizione con il naso schiacciato al pube e l'uccello tutto in gola erano forse tutti segni del raggiunto godimento? Qualcosa di caldo scese nella gola, ma non poteva deglutire né liberare la bocca, quindi attese contando le contrazioni del prepuzio, uno, due, tre, quattro poi pausa ed un allentamento della presa delle mani sulla testa poi cinque con un rilassamento del tono muscolare della pancia del camionista, sei; a quel punto si accorse che il pisello si stava sgonfiando quindi lo fece fuoriuscire lentamente, sgonfio e liscio di umidità, un sapore in bocca strano ma non spiacevole. Lo vide afflosciarsi ormai inanimato per ricadere nella stessa posizione in cui lo aveva ammirato prima di iniziare quell'intenso bocchino, la pelle sollevata a nascondere e proteggere la cappella, una goccia di sperma ad indicare il piacere; lo imboccò di nuovo e succhiò tutto raccogliendo ogni sensazione che quel sapore poteva donargli, untuosità, sapore di uomo, odore di uomo. Rialzò il capo osservando nel frattempo il volto del camionista che ad occhi chiusi stava ancora raccogliendo con gli ultimi gemiti tutto il piacere possibile. Ed allora capì di avere finalmente raggiunto il suo obiettivo di vita. Far godere un uomo con la bocca, diventare un abile pompinaro. Quello che tempo prima aveva imparato a conoscere come la sua vera natura ed alla quale non sarebbe mai potuto sfuggire.