Mi sono appena sposata con D, quattro anni più di me e presentato a me da un'amica un anno fa.
Dopo qualche settimana di divertimento e conoscenza e diversi viaggi andata e ritorno tra le nostre città, ho accettato un invito: un viaggio in uno dei posto più selvaggi e incontaminati della terra. Lo so che come prima verifica insieme era un pò impegnativa, ma niente al mondo mi avrebbe fatto rinunciare a quelle prove generali d'amore. Furono giorni di magia e dopo solo 11 mesi di frequentazione mi chiese di sposarlo.
Ora sono qui con l’anello al dito che stringo mani e bacio gli invitati, un rinfresco, meglio un signor pranzo per 200 invitati in una villa sul mare e poi andrò sola con il mio maritino in Africa per un altro viaggio. Nel guazzabuglio degli invitati sento una mano possente che mi afferra il braccio e mi sposta verso di sé: con mia sorpresa scopro che è il padre di D., mi sta letteralmente rapendo e mi sta trascinando in scala verso il primo piano della villa, sembra voglia pretendermi per dirmi qualcosa, per avermi qualche attimo in esclusiva.
Qualcuno ci vede, nicchia e sorride, lui apre la porta di una camera da letto, mi accompagna dentro chiude a chiave la porta dietro di se. Lo guardo, vedo lo sguardo, cerco uno scampo e mi dirigo verso la finestra, quello che sembrava un inizio di scherzo ora si fa pesante. Il salto è alto e poi sono ancora vestita da sposa, desisto dal buttarmi, quindi sono affacciata alla finestra e sembra osservi gli invitati dall’alto. P. mi si avvicina con un dito premuto sulle labbra ed emette un sibilo, mi sta invitando a non fare rumore.
Si cala i pantaloni e le mutande e mi si para davanti con un pezzo d’uccello veramente notevole. Non so come comportarmi, mi stimolano le dimensioni già così pronte, sono impreparata e mi piacerebbe provarlo, ma sono appena sposata anche se in fondo son fatta per queste cose da filmetto anni'70.
P. non si fa scrupoli e mi spinge verso il davanzale della finestra tenendosi nascosto dietro di me, poi inizia a sollevarmi il vestito di tulle. Credo abbia una splendida visione delle mie lunghe gambe fasciate dalle calze di seta, dalle sue labbra esce un fischio di ammirazione quando procedendo verso l’alto si trova davanti al mio slip immacolato. Intraprende quindi ad accarezzarmi, le sue mani sono morbide e calde, partono dalle caviglie, sfiorano maliziosamente i polpacci e raggiungono le ginocchia, poi si insinuano verso l’alto, indugiano sulle calze, una si stacca e si stringe al membro ormai turgido, mentre l’altra continua l’esplorazione, trova la giarrettiera, la oltrepassa, sento che si sta muovendo, con l’altra si sta masturbando. Mi prende un braccio, lo tira indietro verso di se e mi fa toccare con la mano il pulsante uccello, mi sembra sciocco opporre resistenza, siamo già oltre, tanto vale che l’assecondi e non faccia scoppiare casini, tanto più che la situazione m’intriga e l'eccitazione a questo punto è davvero senza ritorno.
Capisco che avevo già deciso di cedere a lui, di essere sua. Con molta docilità incomincio a far viaggiare la mano chiusa percorrendone tutta la lunghezza. Lui non ferma l’esplorazione, e giunto allo slip sale verso l’elastico, sento che mi si stringe alla vita, si infila tra le cosce, sembra che sia una corda di nylon tesa, che debba tagliarmi in due, poi finalmente cede con uno “snap” e la circolazione ritorna normale.
Nel frattempo P. mi ha spostato la mano sui testicoli e me la preme in modo che eserciti su di essi una giusta pressione, poi l’allontana da se e chinatosi infila la testa tra le mie gambe iniziando a leccare l’interno cosce diminuendo ad ogni passata, la distanza dalla fessura. La sua lingua è rugosa, ma calda, sento la saliva che si mescola ai miei umori che colano dalla vulva preparata. Una leccata la raggiunge e resosi conto di quanto sia bagnata, gli aumenta il coraggio e lo stimolo a proseguire.
Giunto stabilmente alle grandi labbra, sosta a lungo soffiando e succhiando. Sento le gambe che mi tremano, non so se riuscirò a stare in piedi ancora a lungo, ma ci devo riuscire. Dal cortile D. alza gli occhi, mi sorride, lo saluto facendo la diva. Mio suocero, intanto, ha iniziato ad introdurre la lingua nel mio intimo, succhiando e bevendo i miei succhi interni, si spinge sempre più a fondo, non posso darlo a vedere, ma mi piace da impazzire, ora infila il dito indice tra le mie gambe e lo inserisce tra la lingua e le mie morbilità, poi lo estrae e mi prende con due dita il clitoride, me lo stringe. La presa mi crea qualcosa di strano, è abbastanza dolorosa, ma nel contempo mi piace e lo prego di non smettere. P. spinge la lingua verso il mio buchino dietro ed anche lì succhia e lecca mentre infila due dita nella fica . C. continua a salutarmi da sotto ed io a rispondere, quando P. con una mossa repentina, smette il suo lavoro e mi accosta il glande alle grandi labbra: un attimo e ce l’ho dentro, dapprima pochi centimetri, si ritrae, rientra, stuzzica i bordi con un movimento ritmico, affondando sempre di più, ora non esce più, strofina ad ogni assalto i primi venti centimetri abbondanti della mia parte interna. Sporgo indietro le braccia e lo afferro per le natiche, lo guido colpo a colpo assecondandone gli affondi, mio suocero, dopo essersi leccato un dito, inizia un esplorazione dell’ano con le mani, trova il foro e ce lo infila. Mi brucia, mi fa un po’ male, ma sto quasi svenendo dal piacere. Vedo che D. mi sta di nuovo guardando e gli faccio segno con le due dita a V che ho bisogno di un bagno, lui annuisce e mi sorride, l’ignaro, così posso staccarmi dalla finestra e dedicarmi a mio suocero. Mi scosto dalla finestra e mi sdraio per terra, me lo trascino sopra e gli metto la fica davanti alla faccia, così facendo posso raggiungere con la bocca il suo uccello e gustarmelo come merito. All’uomo sembra piacere questa mia iniziativa ed anche lui ricomincia a leccarmi la vulva in un furioso "sessantanove", senza smettere di penetrarmi con le dita dietro.
Non resisto più, mi sposto mi siedo su di lui gli prendo il cazzo in mano e lo avvicino al buco più piccolo, sento lo sfintere cedere sotto la pressione della punta, poco dopo cedere di alcuni centimetri, una punta di carne rovente entra dentro di me. P. afferra i seni ed incomincia a pomparmi, ansima, respira affannosamente, voglio prenderlo tutto ed assecondo le sue sfuriate, muovendomi in sincronia cerco e trovo il suo buco del culo e dopo averne titillato i margini infilo un dito, P. dapprima si irrigidisce, poi mi lascia fare e riprende i suoi rantoli.
Se mai possibile il membro si ingrossa ancora: sto godendo come non mi era capitato mai, anche lui non scherza, sento che sta raggiungendo con me il massimo del piacere, continuo a massaggiarlo con i miei muscoli interni, quando sento un prepotente getto caldo che mi invade accompagnato da un respiro molto più profondo. Mio suocero non smette di pompare e nemmeno io di muovermi ed un secondo getto, poi un terzo ed altri ancora, vogliamo entrambi prolungare al massimo questo momento, poi con un ultimo rantolo l’uomo mi libera estraendo l’uccello. Subito la sperma incomincia a uscire e colarmi sulla gambe. P. non la smette di venire e continua a bagnarmi, poi mi avvicina la bocca e mi pizzica le natiche. Anch’io mi sono voltata ed inizio l’opera di pulizia: passo la lingua dai testicoli al glande, in ogni parte delle pareti laterali, poi me lo infilo in gola. Una serie di ingoiate, trangugio a fatica, ma avidamente e riprendo l’opera di pulizia. Poi giunge la pace dei sensi: entrambi accaldati, sudati, sfiniti, ma profondamente soddisfatti..
P. si è pettinato e profumato ed aperta la porta della camera mi porge il braccio per accompagnarmi giù per le scale, mi tremano le gambe, mi duole tutto il ventre, ma accenno un sorriso e mi lascio guidare. Mio suocero mi avvicina la bocca all’orecchio e mi sussurra: ”Non temere è solo quello che nel medioevo si chiamava JUS PRIMAE NOCTIS. , valuteremo solo in futuro se questa è stata occasione unica., sei proprio una bella puledrina” Io rientro nel salone col sorriso più naturale possibile ma mi sento spossata come ogni volta che godo molto e ricambio di nuovo baci, saluti e battute e accetto che siano aperte le danze: è proprio la mia festa! B. , 10 settembre 1995