L'esperienza della signora Elvira, che mi scrisse di aver perso la testa per un giovane commesso.

La poverina non poteva immaginare mai che la cosa si concretizzasse; non avrebbe mai sospettato che lui l'avrebbe sottomessa con maestria e, infine, profanata con potenza.

- Ah… Ahi… - strillò la vecchia signora, sentendosi lacerare dietro, come fosse stata colpita da un bisturi e scalciò, mentre scattava in avanti, per sfuggire a quel dolore, improvviso e inaspettato. Non aveva creduto di poter soffrire in quel modo sino all’istante immediatamente precedente; nel profondo del cuore, anche a causa del rapporto nuovo e arrapante che la teneva legata e prona, al suo padrone Fabio, si aspettava un po’ di male, ma non quello che aveva subito un istante prima. Lui, incurante della sofferenza, non le permise di sottrarsi a quel primo attacco, la inseguì letteralmente, per sprofondarle nuovamente dietro.

Era molto eccitato e il suo pene era grosso e distruttivo. Intanto, continuava a sussurrare: - Zitta, zitta. Prendi, prendi… - Un attimo dopo scivolò fuori di lei, rapido così com'era penetrato.

– Mi sono sporcato. – Esclamò, si alzò e si allontanò, scomparendo nel bagno. Elvira ringraziò il celo, pur ricoprendosi di rossore. Aveva fatto di tutto per evitare quella eventualità, ma Fabio forse l’aveva colta troppo di sorpresa, oppure era sceso troppo in fondo… “si era sporcato”, aveva detto, è questo la riempì di vergogna.

Fabio era arrivato da poco; non aveva voluto niente tranne un goccio di liquore, poi, in salotto, lui stesso aveva approntato la scena del crimine.
Nessun amore, senza sentimenti: eppure Elvira aveva goduto, era venuta, quasi di nascosto, in pochi minuti. Le aveva fatto sistemare una coperta doppia, per terra (segno che la voleva prendere là), aveva posizionato una piccola videocamera, affinché riprendesse tutta la scena e aveva ordinato alla vecchia di spogliarsi completamente nuda. Tutte le luci del salotto accese; a Elvira fu ordinato di farsi vedere (e registrare) completamente esposta, al centro della sala: in piedi, prima davanti e poi dietro; poi in pose sciatte, in cui lei stessa, aprendosi con le dita, doveva ostentare la figa spalancata, e persino l’ano.
La vergogna e la soggezione le provocavano enorme imbarazzo, dentro di sé aveva voglia di gridare e di opporsi, ma la paura e il desiderio, che aveva di quel giovane, trasformavano le sue ostilità in risolini imbarazzati e fuori luogo, che la facevano apparire come una mentecatta, specialmente adesso, che era bianca, diafana e nuda. Costretta a esibirsi come una diva del porno, lei, una vecchia donna ossuta, fisicamente (e per fortuna) passabile.

Quasi giocando, aveva chiesto e ottenuto di indossare una mascherina di stoffa, la teneva in camera da letto: una di quelle che servono per non essere disturbati dalla luce. La indossò senza troppa convinzione: chi la conosceva avrebbe identificato immediatamente sia lei, che la camera dove si sarebbe svolto l’atto sessuale; in più, a causa della “cecità” che si era imposta, si muoveva in maniera impacciata e Fabio doveva condurla per mano, come una scema, nei vari punti in cui desiderava filmarla. L’inutile maschera venne buttata via già dai preliminari. Il ragazzo la volle in ginocchio, poi controllò l’inquadratura, poi tornò da lei e se lo fece prendere in bocca, per indurirlo.

Elvira, dopo il primo smarrimento, volle godersi quella pompa, la desiderava molto. Dopotutto obbediva a tutti i capricci di Fabio, ma ciò che lei desiderava era solo di farsi qualche sana e piacevole scopata, oltre che godere dell’appagamento del suo inatteso partner. Appena il pene fu in tiro, gonfio come un palloncino, ma duro, Fabio la mise a quattro zampe e l’assalì, lubrificando l’ano, sputandoci, direttamente sopra, un poco di saliva. Elvira era praticamente vergine, dietro, e i tessuti erano poco elastici e per nulla lubrificati. L’uomo aveva fatto tutto troppo in fretta; lo sfintere aveva opposto resistenza, da qui la sensazione di essere spaccata in due da un piolo. Distesa sulla schiena aspettava il suo destino; trovò il coraggio di sfiorarsi con un tovagliolino, lo osservò, era lievemente ambrato, purtroppo, ma c’era anche un sottilissimo segno, del colore del sangue vivo.

Una lacrima le scese lungo il viso; trovò la forza di alzarsi e di correre a pulirsi nell’altro bagno, sciacquando a lungo con l’acqua fredda. Fabio, adesso, l’avrebbe lasciata in pace o avrebbe ricominciato a romperla? Tornò nel vasto salotto, anche il suo uomo aveva terminato di lavarsi.
Elvira fu rimessa in ginocchio, al centro della scena; lui avvicinò una sedia e sedette, indirizzando la testa dell’amante in posizione, affinché riprendesse a fare il pompino. Stavolta Elvira ci mise dentro tutto il cuore e se lo godette; Fabio non aveva fretta, né sembrava avesse voglia di assalirla come prima. Per molti minuti la vecchia si poté sbizzarrire, sul pene, sul glande e sul grosso scroto scuro. Leccava, Elvira, oltre a succhiare, e leccava, godendone con tutta l’anima. Quando l’uomo alzò le gambe verso l’alto, la donna non lo capì, ma lui le spinse leggermente la testa più in basso. Elvira comprese il suo dovere ma ne fu veramente sconvolta.
Doveva baciargli l’ano? E come si procedeva? Doveva leccare… e la lingua? Avrebbe dovuto leccare di fuori oppure entrare nel buchetto? La poverina non l’aveva mai fatto a suo marito e, quel che è peggio, nemmeno il suo uomo a lei. Decise di lasciarsi trasportare dall’istinto, per capire cosa piaceva al suo aguzzìno, quella sera! Dovette comportarsi bene, probabilmente, perché Fabio, dopo un poco, cambiò posizione; si voltò, abbandonandosi con le braccia e la testa sulla sedia, mentre le chiappe si spalancavano, mostrando un fiore, scuro e sanguigno, alla schiava. Elvira si liberò la bocca da un pelo maschile, poi affondò la faccia in quell’afrore umido e succulento, era una cosa bellissima, eccitante. La donna iniziò a bagnarsi di brutto; si portò le dita in figa, spontaneamente, e appena si rese conto che Fabio tollerava questo suo desiderio, cominciò a masturbarsi, per poi darsi all’orgasmo poco dopo, mentre con la lingua, violentava letteralmente il suo padrone.

Elvira stette bene, veramente bene, quella sera. Dopo oltre venti minuti di “lavorio”, cambiarono di posizione. La signora venne rimessa sotto (lo aveva immaginato), stavolta, anche per l’eccitazione, era più preparata, quasi bramosa, e lo prese nel culo senza soffrire. Certo sentiva ancora la pesante pressione del glande gonfio, ma era un fastidio sopportabile. Il piacere, poco a poco, fece sparire anche quello.
Lo prese dietro tante volte, scivolava che era una meraviglia e lei, adesso, mugolava di piacere. Fabio pure godeva molto di lei e del suo corpo, chissà perché la vecchia lo attizzava più di una coetanea. Un mix di emozioni complicate lo attanagliava, facendo diventare più crudo e coinvolgente il piacere, e poi c’era quel senso infinito di appartenenza: la vecchia donna, poco propensa e quasi ingenua, era tutta sua; una cosa sua, una proprietà di cui poteva disporre a piacimento… fantasie sempre più estreme e più orribili, gli frullavano nella testa, mentre ficcava in quel culo bianco e delicato, come un maglio che si abbatte sulla vittima. Con uno sguardo controllò che la loro posizione fosse a favore di una buona inquadratura… che bello guardare quella scena; era oltre mezz’ora che si scopava la vecchia. Voleva venire… si attardava solo perché conosceva i suoi limiti; dopo la prima eiaculazione tutto sarebbe finito, non riusciva mai a farne due. Ma la sua mente subdola gli suggerì un ultimo affronto, per tenere sotto i piedi la sua vecchia serva del piacere. Elvira, dal ritmo e dalle spinte, comprese che Fabio stava per arrivare. Poco più in là, il telefono iniziò a vibrare. Maledizione!

- Guarda chi è. – Disse Fabio senza smettere di scopare. - È… È mia figlia, mi spiace. - No, no, va bene, lascia suonare. – Fabio era sempre più arrapato, si capiva dalla voce incerta. – Tua figlia deve sospettarlo che sei la mia vecchia troia. La mia puttana… che lo prende… dai, dai, prendilo! La donna perse ogni eccitazione, temendo che Fabio tentasse di coinvolgere la sua ragazza, in qualche modo.

Era solo una donna debole, adesso, usata nel suo salotto da un giovane porco, che l’aveva inculata fino a farla sanguinare… poco lontano, il telefono continuava a vibrare, mostrando il nome di Claudia: sembrava un dito accusatore puntato verso i suoi recenti peccati di libidine. Di fronte al suo sguardo, solo adesso li notava e dava ad essi il giusto peso, i giocattoli innocenti di suo nipote. Un pupazzo sembrava fissarla, e le diede i brividi, come se il balocco avesse il potere di registrare la sua immagine… come ci fosse suo nipote a guardare la nonna, mentre godeva e fotteva come una liceale. Che vergogna provava.

Fabio venne nel sedere, prendendola di sorpresa e, come gli capitava quando era assai eccitato, la riempì di sperma. Ma non fu contento nemmeno allora; aveva escogitato qualcosa, per dare sfogo al suo desiderio di possesso.

- Resta immobile! – Ordinò a voce alta, quando fu ben certo di essersi del tutto svuotato. – Non la fare uscire… Sgusciò dall’ano e si diresse, rapidamente, verso il tavolo; là c’era il bicchiere vuoto del liquore, lo prese e lo posizionò dietro di Elvira. Ancora una volta la vecchia si sorprese di quelle piccole ma incredibili trasgressioni… non vi era abituata.

Fabio la gestì per oltre dieci minuti, mentre lei obbediva piena di vergogna; assumendo varie posizioni, e lasciandosi manipolare o, addirittura, spingendo lei stessa, dovette emettere dal buco tutto il succo maschile, deposto dal ragazzo. In certi casi lo sperma scivolava via a goccioloni, senza alcuna forzatura, in altri veniva espulso con piccoli rumori indecenti, che, alla povera signora, sembravano riecheggiare per tutto il salotto.

Mezz’ora dopo tutto era tornato tranquillo, nella grande casa di Elvira. Si erano rivestiti e, come quando si erano conosciuti, sembravano solo buoni amici. Fabio non volle cenare ma accettò degli snack accompagnandoli con una birra di qualità, che la sua ospite aveva comperato apposta per lui.

- Chiamala, tua figlia. – Disse Fabio, gentilmente. – Magari si preoccupa inutilmente… Elvira avrebbe voluto che lui e la sua famiglia non venissero mai a contatto ma non volle rifiutare, non si capiva se le aveva impartito un ordine o un semplice consiglio, così prese il cellulare e richiamò.

Parlava in modo affettato, cercando di essere sbrigativa, ma otteneva l’effetto opposto: Claudia era apprensiva e diventava sospettosa, dopotutto conosceva bene la sua mamma. Elvira preferì condurre in maniera familiare la chiamata, senza far caso al giovane che sembrava del tutto assorto nei suoi pensieri. Invece Fabio si alzò, andò in salotto e poi tornò.

Teneva tra le dita il bicchiere sporco… sul fondo qualche millimetro di liquido ialino, dal caratteristico odore. Con un sorrisetto eccitato e ironico, iniziò a passarle il bicchiere sotto il naso, così da farle girare la testa per l’emozione, mentre cercava di mantenere un dialogo coerente con Claudia. Ma Fabio non la smetteva… Così mentre s’informava sui progressi del nipotino e sulle sorprendenti qualità dell’ultimo detersivo, Elvira venne costretta a sorseggiare quel liquido osceno, che la disgustava e la emozionava contemporaneamente.

Contrariamente alle sue abitudini, Fabio si trattenne ancora a casa della vecchia, infatti pochi minuti dopo, quasi come marito e moglie, la portò in camera da letto e, nella penombra, la prese con tanta dolcezza che Elvira si sciolse in lacrime, tenendosi stretta, abbarbicata al suo corpo, anche dopo il piacere.
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