Si trovavano in una strada abbastanza desolata, con a fianco una bellissima campagna. Non ne potevano più di quei continui lockdown, restrizioni, zone rosse. Era stata lei a invitarlo a vedersi di notte, nell’orario in cui non era consentito uscire. Lui all’inizio aveva titubato un po’. Fino ad allora il loro rapporto era stato soltanto qualcosa che rasentava l’amicizia, se non addirittura una semplice conoscenza. Finché non si erano accorti di essere attratti l’uno dall’altra. A lui piaceva proprio quel carattere ribelle e un po’ folle di lei. Così, in preda al timore ma anche all’entusiasmo, aveva accettato. E ora eccoli qui.


Avevano bevuto un po’ di birre e avevano già incontrato un’auto della polizia, dalla quale si erano nascosti dietro un cespuglio. Ci si erano trovati per caso, nel prato, dopo aver fatto la pipì per l’effetto della birra.


Aurora abbassò la zip dei pantaloni di Renato, mentre erano in auto, in quella limpida e stellata notte di primavera, oltre l’orario del maledetto coprifuoco.


La ragazza infilò la mano dentro le mutande di lui e tirò fuori il cazzo dell’uomo. Si chinò su di lui, spostandosi i capelli sull’orecchio e cominciò a leccargli la cappella. Il cazzo di Renato diventò durissimo. Egli emise un gemito di goduria, lei invece gemeva continuamente mentre leccava e succhiava. Ogni tanto smetteva e usava la mano per masturbarlo.


«Sei fantastica» le disse Renato «come sei brava»


Aurora non rispose, era troppo concentrata a succhiare. Se lo infilò tutto in bocca, quasi fino in gola.


Era una bellissima ragazza di ventiquattro anni, con lineamenti del volto molto delicati e labbra vermiglie. Aveva un bel piercing al naso e orecchini a cerchio sui lobi, i capelli lunghi e scuri e occhi grandi e castani. Era alta all’incirca un metro e sessanta, magrolina e minuta, con un seno piccolo, ma un bel culetto sodo e all’insù, la cui forma si intravedeva dai jeans. Succhiava avidamente il cazzo dell’uomo.


«Fermati» le disse lui «non voglio sborrare ancora». Lei obbedì, guardandolo e restando con un’espressione vogliosa, quasi come per dirgli che avrebbe tanto voluto continuare. Si leccò le labbra, asciugandosi le bave.


Renato si masturbò un po’ e poi rimise il cazzo, ancora durissimo, nei pantaloni.


Anche lui si leccò le labbra, guardando la ragazza, pieno di desiderio.


«Siediti su di me e baciami in bocca» le ordinò.


Aurora sedette su di lui, appoggiando il suo bellissimo culo sul cazzo duro di Renato. Si baciarono intensamente con la lingua. Poi egli la baciò sul collo, sulle guance, sul seno. Senza nemmeno chiederglielo, cominciò a spogliarla togliendole la maglia, mentre lei, alzandosi, si abbassava anche i pantaloni. Renato le sfilò le mutandine. Le guardò la sua bellissima fica per un istante, vedendo che era completamente depilata, poi volse lo sguardo a lei guardandola negli occhi come per ringraziarla della sua esistenza e della sua bellezza, ma soprattutto per ciò che stavano facendo. Abbassando nuovamente lo sguardo verso la fica, gliela baciò delicatamente, lentamente e poi in modo sempre più frenetico finché non iniziò prima a leccargliela, poi infilandole la lingua dentro. Alternò leccate, baci e penetrazioni con la lingua.


«Ti piace?» le domandò.


«Sì» rispose lei, ansimando con gli occhi chiusi.


Quell’espressione di piacere, estasiata, divertì molto Renato.


La risposta affermativa della donna lo incoraggiò a continuare, la donna gli afferrò la testa e con la mano tentò di spingere la bocca dell’uomo verso la propria vagina.


«Sì, amore mio, sei bellissima» esclamò Renato sempre più eccitato «che delizia la tua fica».


Lui era un uomo di trentacinque anni, alto circa un metro e settantasei. Anche lui magrolino, con una barba incolta e degli occhiali da vista, occhi castano. Indossava una felpa nera col cappuccio e dei jeans blu chiaro.


Il cazzo era un po’ piccolo, cioè circa dodici o tredici centimetri, e non era depilato, ma a lei piaceva, così com’era.


«Ah sì, dai, continua, ti prego» ansimò lei.


«Sì, tesoro» rispose lui, continuando i suoi giochini con la lingua ancora per alcuni minuti.


Adesso, però, il cazzo era troppo duro. Renato si interruppe e si alzò, afferrando la donna per i fianchi e baciandola sulla bocca con un’intensità maggiore di prima. Fu lui stesso, questa volta ad abbassarsi i pantaloni e le mutande tirando fuori il cazzo. Lei capì e si leccò le labbra: era ora di fotterle la fica. Renato si sputò un po’ sul cazzo inumidendoselo e lo infilò dentro di lei.


«Ah sì, fottimi, amore mio, fottimi!» e gemeva.


Renato sentì il sangue affluire nelle guance e nelle orecchie, il battito cardiaco aumentò e il respiro cominciò a mancargli.


Si fermò all’improvviso, tirando fuori il cazzo dalla fica di lei.


«Ma che fai?» urlò lei «stavo godendo»


«Sì, anche io» rispose Renato, accigliandosi «talmente tanto che fra un po’ sborravo…e sinceramente non voglio metterti incinta e soprattutto non voglio che finisca così presto».


«Dai, amore, se finisci presto, ci facciamo un’altra scopata, qual è il problema? Puoi sborrarmi in bocca per non mettermi incinta».


Noncurante, Renato disse, scendendo dall’automobile: «mi faccio una pisciata e ricominciamo».


«Anche io» rispose Aurora seguendolo nel prato.


«Di nuovo? Te lo avevo detto che dovevamo lasciar perdere le birre» scherzò Renato.


«Questo non c’entra con le birre».


«Lo so, scherzavo» precisò Renato mentre tirava fuori il cazzo e iniziava a pisciare.


Lei era poco distante da lui, accovacciata e ancora nuda. Ci impiegò un po’ più tempo a fare la pipì. Renato aveva finito e si era di nuovo abbottonato la zip. Si fermò a guardare la donna in un modo morboso: amava la sua assoluta mancanza di pudore. Quando lei finì, prese un fazzoletto per pulirsi.


«Fermati, non farlo!» la supplicò Renato.


«Che cosa?» domandò Aurora confusa.


Renato le tolse delicatamente il fazzoletto dalle mani e si inginocchiò davanti a lei.


«Alzati» le ordinò.


Aurora si alzò e Renato le pulì la vagina usando la bocca e la lingua gustando il sapore delle gocce di pipì rimanenti. Il cazzo, che si era ammosciato dopo che aveva urinato, diventò di nuovo duro.


«Girati» fece Renato.


Aurora si girò e, avendo già capito, inarcò la schiena e si piegò per puntare il culo verso il volto dell’uomo. Renato iniziò baciando le bellissime natiche della donna e, aprendole l’ano, vi infilò le labbra dentro, baciando e succhiando. Non gli dava affatto fastidio quell’odore. Forse a qualcuno più schizzinoso sì, ma a lui no, anche perché così aumentava la sensazione di lascivia e quindi aumentavano anche l’eccitazione e la goduria. Mentre il cazzo diventava sempre più duro, la lingua intraprese il suo viaggio all’interno dell’ano di Aurora.


«Sì, che bello!» esclamò lei, gemendo di piacere. Renato continuò per molto tempo a baciare e leccare tutto il culo della donna, dall’esterno all’interno finché, troppo arrapato, non si alzò, si sputò sul cazzo e provò a infilarlo nel buco del culo di lei.


«Ah, mi fai male!» urlò Aurora. Il primo tentativo non ebbe molto successo.


«Scusa» disse lui «ci riprovo».


«No, dai, nel culo no» lo implorò lei imbronciandosi, ma senza molta convinzione, senza opporre davvero resistenza.


«Dai, solo un po’»


«Sì, dite tutti così» protestò la ragazza «e poi ci rompete il culo».


Renato trovò divertente quell’espressione «dai, non farmi ridere!»


Ma subito ritornò serio. Vide che Aurora, anziché continuare a protestare, cercava di posizionare meglio il culo in modo tale che l’uomo potesse penetrarla. Renato si sputò di nuovo sul cazzo, mettendoci più saliva questa volta. Provò di nuovo a incularla. Anche grazie al fatto che lei ora era più rilassata e accondiscendente, riuscì a fotterle il culo con più facilità. Continuò a spingere il cazzo avanti e indietro, godendo sempre di più, mentre con una mano le stimolava la fica, masturbandola.


«Sì, sì, Aurora, ti amo!»


Come ha già scritto Chuck Palanhiuk, in momenti del genere, la frase “ti amo” pronunciata da un uomo, significa in realtà “amo quello che stiamo facendo”.


E Renato amava davvero tutto ciò che faceva con Aurora e che non tutte le donne erano state disposte a fare.


Inculandola sempre più forte, Renato sentì che stava per perdere il controllo «Sto venendo!» annunciò.


«No, no, non adesso, non lì, voglio che mi vieni in bocca!»


Ma era già troppo tardi: fiumi di sborra scorrevano nell’ano di Aurora.


«Oh no!» esclamò un po’ delusa la giovane.


«È stato bellissimo» disse invece Renato «ma vieni qui, puliscimi il cazzo con la bocca, così ti prendi la sborra, visto che ti piace tanto».


Velocemente, come una forsennata, Aurora si inginocchiò davanti a lui e, afferrandogli il membro nella sua piccola e delicata mano, gli ripulì, con la bocca e la lingua, tutta la sborra rimasta, anche quella che si era appiccicata sui peli del cazzo, ingoiandola fino all’ultima goccia. Renato le sorrise soddisfatto e, facendola alzare, la baciò sulle labbra.


L’orario del coprifuoco era finito da un pezzo, cominciava ad albeggiare. I due si stesero sull’erba e, guardandosi sorridendo, si abbracciarono, rilassati e sereni.


 

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Categorie: Etero Feticismo