LA MIA TIPA HA UN PADRONE! 


Parte Terza:


“UN SEME E’ STATO PIANTATO” by agostinogiannelli199@virgilio.it


 


E cosi’, la settimana dopo al fatto, Matteo comincio’ a scoprire una sessualità nuova, cercando’ di capire se la sua Samanta ne fosse l’epicentro vero e proprio o solo il catalizzatore.


 


La sua compagna non sospettava minimamente cosa avesse innescato quel desiderio cosi’ diverso e inconsueto nei modi e ritmi dell’ amato, tanto avido e insieme lusinghiero, altrimenti, probabilmente, sarebbe riuscita a fermare tutto in tempo:


 


Nelle donne la prudenza e’ codificata geneticamente, mentre l’uomo si sa, quando cade lo fa sempre con tutto il peso e zero comprensione, anche col senno di poi...


 


Ed esattamente come accade con le cadute metaforiche più allucinanti e dolorose, il tutto inizio’ li’, con una lenta, spontanea discesa che se corretta in tempo, di occasioni per fare dietrofront ne avrebbe potuto offrire ancora tante!


 


In quel caso, a ungere la rampa che portava giu’ nel precipizio, fu la giustificazione dal giovane, inebriato dalla soddisfazione di quelle nuove prestazioni a letto che mai avrebbe sospettato, che cedendo alla curiosità, un po’ come la falena con la fiamma, spaccio’ l’avventatezza per lecita curiosità !


 


La cosa certa, fu che nel periodo successivo al massaggio ai piedi, anche i modi di Mohamed cambiarono e in maniera assai più diretta:


Sia pure in un contesto cosi’ innocente e privo di malizia, sembrava che l’aver ficcato le sue dita unte e scure nella carne tenera delle piante di Samanta gli avesse consentito di nutrire  un’immagine di se che tenendo conto del suo aspetto sfatto e repellente, oltre che sopita a lungo, doveva essere puramente fantastica!


 


Ormai quando la coppia usciva, per quei piccoli pretesti mondani che ancora il lockdown concedeva, se lo ritrovava sempre appiccicato! (stando lui sotto di loro dovevano passare per forza per il suo pianerottolo, anche perché nel vecchio stabile l’ascensore era quasi sempre guasto!):


 


Succedeva tutte le volte che casualmente la porta del suo appartamento si aprisse, scoprendolo in procinto di buttare l’immondizia, o andare alla lavanderia o a fare questa e quella commissione.


La dinamica pero’ era quasi sempre la stessa...


 


Dopo aver simulato malamente una certa sorpresa, con esagerata teatralità, indugiava lungamente lo sguardo su Samanta facendo seguire un complimento, la cui natura era rigorosamente ai limiti della malizia, fiducioso nel fatto che Matteo, se la sarebbe presa solo passivamente.


 


Ancora più sfacciatamente aveva cominciando anche  a chiedere alla compagnia del giovane come “le stesse il piede”, tentando oltre che di affermare il proprio, irragionevole, dominio su una ragazza di cui aveva massaggiato solo l’estremità, anche di sbattere quell’immagine cosi’ repellente eppure conturbante davanti al giovane.


Riuscendoci purtroppo!


 


Visto che era appunto stata quella breve e sottile violazione dell’amata, il “carburante” che alimentava le nuove voglie di Matteo per Samanta!


 


Quel giorno di venerdì si spinse oltre.


Dopo i soliti, subdoli, apprezzamenti, il nero in ciabatte, si trattenne sulla soglia.


-Stavo per dire che “lui” lo vedo sempre, mentre te... troppo poco Cara! Poi mi sono ricordato che almeno tu lavori!-


 


Matteo colse la provocazione e rispose di rimando, in maniera affettata, facendo notare al rosticciere che in qualità di ristoratore doveva aver accusato il colpo del Lockdown in maniera molto maggiore rispetto a lui dipendente ma esattamente come lui, era sempre li a casa...


 


-        Insomma Mohamed, spero che almeno il tipo a cui paghi l’affitto sia una persona estremamente comprensiva, un locale di tre stanze che per un keb... una rosticceria sono tantissime. Cavoli a prescindere dalla Quarantena!


-        Non riesco a immaginare se al posto di fare il dipendente per il negozio in cui lavoro, fossi il proprietario!-


 


Aggiunse come colpo di grazia, trovandosi in una delle poche situazioni in cui gli riusciva di scrollarsi di dosso la passività verbale.


 


Mohamed pero’ prese la risposta con apparente calma.


Un’espressione di stucchevole bonarietà gli distorse i  tratti del viso mentre con un gesto lento alzava le braccia al cielo!


 


-Se Dio vuole!-


 


Le sue labbra grandi e carnose si stirarono nella peggiore imitazione di sorriso comprensivo mai visto, unendo la peluria sotto il grande naso tribale, con quella che gli sporgeva dalle narici, mentre gli occhi già piccoli e luccicanti sparirono quasi nei solchi di pelle unta delle guance, come porcellini di terra che si ritirano nella tana dopo aver compiuto i propri scavi.


 


Il giovane, che sapeva essere piacente, si trovo’ di nuovo a chiedersi cosa di quell’essere lo facesse sentire cosi’ tanto minacciato!


 


-Se Dio vuole questo... eh allora questo sarà!


Ma appunto di lavoro, volevo parlarti Samanta! Stavo proprio pensando a una soluzione che converrebbe a me e al tuo compagno... stare a casa tutto il giorno e gravare sulla propria ragazza, e’ cosa disdicevole!-


 


Di nuovo fece quella mossa irritante portando le braccia al cielo, come per attribuire la responsabilità del peso di ciò che era stato detto a una qualche entità divina con cui solo lui era degno di colloquiare.   


 


-Vieni da me domani sera, e si!-


Guardando il giovane con freddezza, aggiunse col tono paziente di chi sta per fare una grossa, enorme  concessione...


-Prima che lo chieda può venire anche lui! Parleremo con calma di questa faccenda!-


 


E prima che Matteo o Samanta riuscissero a rispondere qualcosa, il nero fece dietrofront e richiuse la porta.


 


Samanta lancio’ un occhiata divertita al compagno, portandola dalla porta chiusa dell’appartamento al sacco dei rifiuti dimenticato subito accanto, che a tradurla per iscritto avrebbe potuto significare:


“Impellente come sempre e sempre casuale...!”


 


E che basto’ effettivamente a rassicurare eventuali dubbi o paure nel giovane, sia li che poi nel corso della misera serata, visto che grazie al decreto, sarebbe consistita in un lungo giro dell’isolato culminando con un salto al supermercato:


 


Samanta non era una stupida...


 


Eppure nello stomaco di Matteo qualcosa di indefinibile che ne aveva fatto la sua dimora, strisciava attorcigliandosi su se stessa proprio in quel momento.


 


Nonostante tutto lui continuo’ a rimuginare.


 


Tanto che tornati a casa, mentre stavano per mangiare, non riuscendo ad aspettare, si chiuse in bagno.


 


Rimanendo cosi’, ansimante e nervoso, con le natiche nude premute contro il gelido asse del water e il membro in mano.


 


Nonostante la consapevolezza che Samanta stava, probabilmente, sfornando con amore una bella cenetta calda nella stanza vicina, Inizio’ a stimolarsi lentamente, concentrandosi sulla proposta tanto sfacciata e perentoria fatta alla sua compagnia.


 


Chiuse gli occhi e visualizzo’ il modo disgustosamente incombente dell’uomo di frapporsi fra lui e Samanta.


Cosi’ spavaldo e allo stesso tempo subdolo...


 


Eppure nonostante ogni fibra del suo corpo sembrasse smaniosa di volersi liberare in quell’orgasmo scomodo e catartico, il pene gli si induriva solo fino a un certo punto per poi tornare flaccido.


 


Matteo insistette per dei minuti, coprendosi di sudore, senza che il risultato cambiasse e anzi, col passare del tempo diventava sempre più difficile il raggiungimento di certi, seppur modesti, volumi.


 


Poi capi’...


Gli mancava qualcosa, nel tentativo di Mohamed di rubarle Samanta, che tanto, ingiustamente, lo conturbava, mancava il dato più importante!


 


E l’unico modo di scoprirlo era appunto che si presentassero entrambi l’indomani, fingendo di valutare una proposta che avrebbero, ovviamente, declinato.


 


Ovviamente.


 


Fingendo.


 


Non c’era neanche da pensare il contrario.


 


Quel pensiero, lo carico’ di nuovo.


“Avrebbero”


 


Anche Samanta.


 


Avrebbero assecondato una richiesta dell’arabo.


 


A quel pensiero ingiusto, Matteo suo malgrado venne.


 


 


 


 


 


A tavola tocco’ piano l’argomento, con ironia di rimando a quella con cui Samanta già prima si era espressa sul pianerottolo.


 


-Quindi domani cena tattica a base di macinato di topo?-


 


 -Ma sai che quasi per curiosità ci potremmo anche presentare dalla “blatta”?-


 


Rispose la compagna riflettendoci divertita.


 


N.B.: La blatta era il nomignolo che Samanta aveva affibbiato all’uomo, visto che i suoi modi infimi e stercorari si sposavano cosi’ bene con l’attributo che di lui la disgustava maggiormente: il cranio pelato bitorzoluto, scuro e lucido che una conca divideva in due emisferi e tanto grottescamente mimava il dorso appunto degli scarafaggi!


 


Ce l’aveva fatta.


Matteo si sorprese di sentirsi cosi’ irragionevolmente eccitato.


 


-Beh e perché no? Mio malgrado sono curioso...-


 


E a letto, mentre lei dormiva ignara e con il bel viso poggiato sul suo petto, rimase sveglio molto tempo a chiedersi cosa stesse facendo, o meglio se fosse davvero sua, la volontà che lo dirigeva verso quella che a dispetto della razionalità, il fondo delle sue viscere identificavano come un rischio.   


 


 


In ogni caso, l’indomani, si disse, come per l’illustrazione su un puzzle a cui manca ancora il pezzo fondamentale, avrebbe avuto il tassello finale per comporre la sua fantasia e liberarla, visto che la tensione non lo aveva lasciato in bagno e anzi sembrava sovraccaricarlo di stimoli anche in quel momento, levandogli l’appetito, il sonno e la gioia di stringere quella cosi’ bella compagna fra le braccia.


 


 


 


 


 


La sera dopo si presentarono davvero dal Rosticciere Africano, che fin dal primo momento impose il suo dominio su Matteo.


 


Si era vestito in una tunica candida e sandali da cui spuntavano le dita dei piedi tozze, sporche e eccessivamente pelose.


La pelle scura pareva dello stesso colore della corteccia d’ebano a contrasto con la tinta della veste leggera, i cui toni erano simili alle sfumature delle pergamene antiche.


Ben illuminati dalla luce livida del locale, il naso gigantesco e la lunga barba spiovente che gli arrivava al petto, rubavano il resto dell’attenzione.


 


La giovane coppia si guardo’ intorno:


il cubicolo era assai misero, con il soffitto basso e una patina verdognola sulle pareti bianche che sembrava dare la colpa all’aggressiva lampada al neon.


Il ventre abbondante di Mohamed non faceva altro che accentuare l’angustia dell’ appartamento e il senso claustrofobico che ne derivava.


 


-Cara togliti pure la mascherina che non si respira, non ti preoccupare... no tu la tieni invece! Senno’ si crea assembramento, anche perché a dover parlare saremo io e Lei!-


 


Samanta che di solito non si impicciava nei gesti di prevaricazione di Mohamed, anche per non peggiorare la situazione con Matteo, che avrebbe potuto percepire un’ulteriore pressione sulla propria virilità, fece per aprire eccezionalmente bocca davanti a tanta rudezza, ma poi scoraggiata dall’atteggiamento del compagno che non aveva fatto il minimo tentativo opporsi all’uomo o men che meno disobbedire, rinuncio’.


 


Matteo, dal canto suo era segretamente eccitato e troppo impegnato a fotografare mentalmente quei momenti che poi avrebbero alimentato le sue fantasie per tentare di fare nulla.


 


E volerlo.


 


Furono fatti sedere dopo pochi freddi convenevoli.


Visto che la conversazione per tutte le ragioni possibili, languiva già li sulla porta.


 


Il tavolo era rettangolare e il padrone di casa sedeva indiscutibilmente a capotavola.


 


Anche li, al ragazzo, era stato riservato un trattamento parziale, visto che a differenza di Samanta e l’uomo, aveva solo un piatto e una forchetta, mentre a loro era riservato tutto l’assortimento classico, dalle tovagliette, alle varie posate e il perfino il doppio bicchiere.


 


La cosa peggiore pero’ fu vedere la disposizione dei loro posti, visto che la coppia avrebbe dovuto stare su entrambi i lati lunghi a guardarsi, reciprocamente, ma la postazione di Samanta era stata avvicinata talmente tanto al lato corto, dove troneggiava Mohamed, che era letteralmente a portata del braccio suo, mentre Matteo si trovava relegato verso l’angolo del lato opposto.


 


Riuscivano ancora a guardarsi, ma solo torcendo il collo in maniera innaturale.


 


Samanta lo fisso’ con quel suo sguardo da:


“Hai visto?! Devo dirgliene quattro?”


Ma Matteo le rimando’ un “lascialo perdere” cadenzato dallo sbattito veloce delle palpebre e il gesto consueto degli occhi verso il cielo.


 


In realtà eccitatissimo dall’idea della compagna cosi’ vicina all’enorme arabo.


 


Poi Mohamed torno’ con una vasca di pasta, carne trita annacquata di salsa al pomodoro e formaggio Feta, e servi’ lei e se stesso.


 


Ovviamente Matteo fu ignorato.


 


E il ragazzo rinuncio’ a servirsi, anche perche’ era troppo lontano per servirsi da solo senza doversi alzare.


L’erezione che nascondeva sotto al tavolo fu tale da imbarazzare ogni suo tentativo di mettersi in piedi:


Solo a guardare la figura esile, slanciata e distante di Samanta, a fianco dell’enorme arabo che stava spaparanzato nel suo seggiolone mentre si serviva senza ritegno della pietanza, il sangue gli andava al cervello!


 


Immaginandosi li’ come un estraneo impotente, che tenta la vana negoziazione della moglie prigioniera e ancella nell’harem del sultano.


 


Tutto ciò che gli rimaneva era una delle due caraffe di vino posta sulla tavola precedentemente e quasi con calcolo, a voler dire che mentre il padrone di casa si sarebbe goduto la vicinanza della compagna e la sua fragranza, a lui sarebbe rimasto il sedativo con cui palliare le pene, mentre assistendo a ciò le nutriva al tempo stesso.


 


E Matteo eccitato, ma comprensibilmente, innervosito dalla situazione, per mettere a tacere la gelosia, si verso’ con abbondanza da bere.


Stordendosi con la speranza di stordire un sentimento.


E poi continuo’ ancora.


 Senza toccare cibo.


 


 


La discussione sebbene a rielaborarla usando “l’occhio del poi”,  vendette intuibilmente la natura della richiesta  che stava per essere loro fatta, non fu indizio valido della portata di questa ne della sua assurdità:


 


Dopo lunghi monologhi su di se, in cui Mohamed domino’ la conversazione parlando della guerra nel suo paese, della fame, (dato serissimo e appurato, ma che a guardarlo sembrava dava un che di grottesco alla conversazione), della sua famiglia lasciata fra le sabbie di chissà dove e sulla difficolta’, a quanto pare solo sua, in quel periodo di coprifuoco costante, per arrivare a fine mese.


 


Durante questi discorsi, in cui Samanta per la prima volta sembro’ seguirlo prima con compatimento e poi con coinvolgimento, l’arabo traccio’ spesso, facendo varie considerazioni, un collegamento con la professione della compagna di Matteo, che gestiva le risorse umane per conto di un’associazione benefica, ovviamente profit, coprendola di lusinghe untuose il cui fine, fin troppo apparente al giovane, era di creare un senso di aspettativa che l’avrebbe maggiormente vincolata a una risposta positiva.


 


 


La testa di Matteo, girava mentre l’odiosa eccitazione di quella scena e i fumi dell’alcol ne lambivano la volontà gradualmente, offuscandolo:


 


All’inizio della cena, Samanta si era rigidamente tenuta a distanza dell’uomo, scostandosi con malcelato disgusto, quando questi apriva troppo la bocca o alzava la voce più del necessario, ma durante quei racconti teatralmente “sofferti”, era come se un meccanismo, attivato da una linguetta invisibile posta proprio sul suo bel collo candido, fosse stato allentato.


 


E da quel momento ascolto’ assorta.


Il viso languido e bellissimo, giacque in bilico verso il padrone di casa, sorretto solo dall’ esile braccio.


Non lo guardava con ammirazione o gli occhi lucidi, Samanta non era una sprovveduta, ma si vedeva che era stata catturata genuinamente da quelle narrazioni.


Almeno cosi’ sembro’ a Matteo.


D'altronde, penso’ il ragazzo con un certo cinismo, carestie, e guerre, erano le parole capaci di penetrare le difese intime di qualsiasi tipo di donna.


 


Mohamed, sembro’ finalmente arrivare alla termine del monologo:


-E poi Conte... la sicurezza... Si... e chi manda i soldi ai miei bimbi? Io purtroppo non posso neanche tenere aperto e fare consegne, sai il nerbo del braccio non mi consente di avere bene il controllo di bici o moto, e in quanto uomo vorrei poter provvedere,anzi sono tenuto a provvedere a loro...-


 


-Sicuramente tu Samanta mi capisci...-


 


Poi l’uomo di colpo, prima che lei potesse rispondergli, le prese la mano libera nei suoi ruvidi palmi, scuri e carnosi.


In maniera decisa, sicura... quasi... con eleganza.


Suo malgrado Matteo, impotente, che faticava semplicemente a non afflosciarsi sul tavolo si trovo’ a pensare che doveva essere una sensazione piacevole.


 


-Sei una cosi’ brava ragazza! L’ho capito subito! Ti imploro di darmi una mano!


Aiutami a cercare qualcuno che possa farlo per me, sai come sapete fare voi...-


 


Samanta arrosi’ tutta per l’imbarazzo, cercando di sottrarre la mano delicata che pero’ era tenuta con fermezza.


-Non-non mi sembra il caso... e I-in che senso... in che senso come sappiamo fare noi?!


Metti un annuncio... sono sicura che...-


 


-Che...-


 


-Quello che cerco di dire, e’ che c’e’ una differenza fra un uomo nero che propone un lavoro in nero per due soldi, e una bella ragazza bianca, che parla bene e offre, alla luce del sole, una possibilita’ di apprendistato non retribuito a dei giovani... intraprendenti dite? Si?-


Condi’ il rosticciere, spingendo la sua retorica anche tramite il pungolo implicito della colpevolezza.


 


-Io... Noi ci penseremo... ma adesso e’ proprio meglio che andiamo Mohamed!-


Samanta si divincolo’ dalla stretta finalmente, e nervosamente con Matteo ciondolante appresso, usci’ che ancora era rossa in viso come un pomodoro!


 


 


Fino all’appartamento e poi dentro, precedette il giovane, offrendogli solo la vista delle spalle e la bella chioma corvina e scurissima, svestendosi in bagno ed in totale silenzio, poi sgattaiolando nel letto al buio, rendendo impossibile al ragazzo, gia’ intontito dal vino e sedato, capire che cosa le passasse per la testa.


Matteo pero’ prima di abbandonarsi al torpore pesante e particolare di chi ha bevuto troppo, ebbe come per una frazione di secondo un momento di assoluta lucidità.


Una voce nella sua testa, che sembrava la sua, gli parlo’ con una chiarezza tale che si chiese se non fosse stata reale:


-Un seme e’ piantato. Sappilo.-


Poi chiuse gli occhi.


Sotto le coperte le sue estremita' sfiorarono quelle di Samanta inavvertitamente.


Gli parvero gelide, rigide e distanti.


 


 


CONTINUA!

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