Era nervosa. Contenta anche, ma nervosa. Aveva lasciato l’amica in hotel, e lei non l’aveva presa bene. L’aveva accusata di essere egoista, persino. Marta ci pensò su e decise che no, prendersi una serata per fare una follia non era da egoisti. Dopo i mesi passati a soffrire per il suo ex, aveva voglia di sentirsi viva, di non pensare a nulla ma, per una volta, agire. Fare il contrario di quello che era abituata a fare. Perché in fondo lei era così, pensava sempre troppo. Si precludeva tutto quello che avrebbe potuto farla uscire dalla sua zona di comfort, quello che avrebbe potuto renderla vulnerabile, tutto ciò che sarebbe stato considerato inappropriato. E cosa c’era di più inappropriato, pensò, che uscire con un ragazzo conosciuto un’ora prima e con cui si erano scambiate solo poche parole? Uscire tardi, bere qualcosa insieme ma già sapendo quello che si sarebbe finiti a fare perché chi è così ingenuo da pensare che una situazione così possa portare a qualcosa di diverso? Uscire con uno che nemmeno le piaceva…quanto era sbagliato?


Era persa in questo tipo di pensieri, quando scorse la sua immagine in una vetrina. Aveva cercato di sistemarsi al meglio, nonostante non fosse mai stata una ragazza appariscente. No, a Marta non piaceva mostrarsi troppo, arrossiva quando metteva i tacchi e improvvisamente il mondo maschile si accorgeva di lei. Non era una bellezza mozzafiato, non era una che si notava subito, ed era per questo che le piaceva quando qualcuno si accorgeva di lei. Di lei per com’era, senza esagerazioni, senza trucchi. Indossava un paio di short di pizzo bianco che le facevano risaltare l’abbronzatura leggera e una camicetta rosa chiaro, che aveva scelto perché non era troppo aderente ma aveva una bella scollatura. Aveva scelto un paio di sandali bassi e si era messa un pò di trucco, un pò di rossetto, giusto per sembrare diversa. Le piaceva come le stavano i capelli quella sera: l’aria del mare le donava sempre qualche onda leggera, e si erano anche un pò schiariti.


Era concentrata che non si era resa conto di essere arrivata al luogo dell’appuntamento. Lui era già lì, e la guardava con un sorriso indecifrabile. A Marta passò per la testa che potesse aver cambiato idea ma no, più gli si avvicinava, più vedeva che il suo era un sorriso di compiacimento. La faceva pensare a un predatore. Avvertì per un attimo l’impulso di fuggire lontano ma era troppo tardi, lui l’aveva vista, e poi quella era la sua sera. La sera in cui avrebbe scoperto una parte di sé tutta nuova.


“Ehi!” - la salutò lui; com’è che si chiamava poi? Simone? “pensavo che non saresti venuta! Sei bellissima. Dai che beviamo qualcosa!”. Era più basso di come lo ricordava, eppure lo aveva visto pochissimo prima. Non era bello, no. Capelli chiari, occhi scuri, lineamenti ordinari, forse anche un pò grezzi. Eppure. Eppure era lì con lei, e non era stata costretta.
“Marta cazzo, adesso tiri fuori le palle e vai fino in fondo. Piantala di fare la santarellina”, si disse. Lui la prese per mano e la portò dentro il locale. Sembrava conoscere tutti, e a Marta piacque. Aveva sempre avuto un debole per i tipi sicuri. Lui scelse un posto con due sedie e un divanetto, su cui si sedette Marta. Lui le si sedette accanto. Non era un ragazzo a cui piaceva perdere tempo, evidentemente. Dopo una breve occhiata alla lista, la ragazza scelse un Mojito, mentre lui prese una birra. Marta si sentiva un pò impacciata, non sapeva come sistemarsi e, nonostante sapesse che lui era lì per un motivo soltanto, non voleva cedere subito al contatto fisico. Al contario, Simone era sciolto, parlava a ruota libera e rideva tanto. Aveva una bella risata, aperta, una di quelle che faceva venire voglia di ridere anche a chi lo ascoltava, e il tipico accento romagnolo, un pò da sbruffone. Era curioso di sapere di Marta e della sua vita, e lei si stupì accorgendosi che sembrava ascoltarla davvero, tanto che dovette sforzarsi di ricordare che era tutto finto: lui voleva scoparsela, e questo era tutto. Era solo uno più furbo degli altri, o forse nemmeno: forse era davvero così, uno che ascoltava, ma questo non toglieva nulla al fatto che una parte più o meno grande del suo cervello, questo Marta non poteva dirlo, era impegnata a immaginarla nuda. Era evidente da come la guardava: da quel lampo negli occhi che spuntava fuori, a volte, quando lei faceva un movimento e metteva involontariamente in risalto le gambe, o quando si inumidiva le labbra. Le piaceva, però. Le piaceva indovinare quello che lui stava pensando, tanto che a un certo punto si mise a giocare. Cosa sarebbe successo se si fosse impercettibilmente spostata la scollatura in modo da fare intravedere il reggiseno di pizzo? E se si fosse riavviata i capelli inclinando la testa di lato, sfiorandolo con un piede? Stavano parlando in due lingue diverse: chiacchieravano del più e del meno, certo, ma il vero dialogo era muto. Erano lì da più di un’ora, e lui non aveva perso occasione di toccarla, come se volesse rendere chiaro a tutti che lei era lì con lui e con nessun’altro. Le sfiorava il viso con la mano, le toccava le dita, le appoggiava la mano sulla coscia. A Marta di solito questi atteggiamenti davano fastidio, ma stasera no…stasera si sentiva diversa. Aveva caldo, aveva bevuto un secondo Mojito ma non era quella la causa. Ogni volta che lui la toccava aveva un brivido. Avrebbe voluto prendere la mano di lui e trattenerla, farsi toccare in maniera più decisa. Pensava a quello che la aspettava, ed era eccitata.
“Cazzo, non è possibile. Cosa mi sta succedendo?”. Si sentiva confusa ma non le importava. Le piaceva non riconoscersi, le piaceva essere lì, ma avrebbe voluto che Simone si desse una mossa. Voleva pagare e andarsene, voleva trovarsi in quel futuro che aveva immaginato tutta sera. “Che dici dada, andiamo a fare due passi?” - finalmente, qualcosa aveva intuito!
“Si, fa caldo qui. Andiamo in spiaggia?” propose Marta, quasi stupendosi di aver preso l’iniziativa.
“Tutto quello che vuoi. Però ci andiamo in macchina, che ti porto in un posto più tranquillo”.
Lei si lasciò guidare. Avrebbe dovuto pensare che salire in macchina con uno sconosciuto, per quanto affascinante, non fosse una buona idea, ma non lo fece. Era solo istinto ormai, era spinta solo dalla necessità di soddisfare il suo desiderio. Camminarono per un tempo che a lei sembrò infinito, anche se non doveva essere stato più di un minuto. Lui le dava la mano, e questo contatto la rendeva ancora più impaziente. Quando finalmente entrarono in auto, Marta fece in tempo ad accorgersi del rumore del blocco delle porte prima di rendersi conto che Simone era già sopra di lei. Le aveva infilato la lingua in bocca e con una mano le aveva tirato giù un lato della camicetta, scoprendo un seno. Le tirava il capezzolo e le mordeva le labbra e il collo. Marta non ricordava di essere mai stata più eccitata di così. In mezzo alle gambe aveva un fiume, e aveva così voglia di essere toccata da sentire dolore. Simone le aveva scoperto entrambi i seni, tirando giù il reggiseno alla bell’e meglio. I capezzoli erano turgidi in maniera impressionante e lui li tirava e li mordeva. Faceva male, ma era il dolore più sconvolgente che avesse mai provato. Quando lui smetteva Marta soffriva di più, perché ne voleva ancora. Simone era riuscito ad infilarle una mano nelle mutandine: “Ti sei depilata, eh? Lo sapevo che eri una porca…ti piace vedere il cazzo che ti sbatte contro la figa vero?”. A tentoni nel buio riuscì a trovare la leva che spostava il sedile all’indietro e si spostò dal suo sedile allo spazio davanti alle gambe di Marta. Le tirò giù i pantaloni con tale foga che lei cadde all’indietro sul sedile, ritrovandosi con il sedere all’insù e la figa in bella mostra. Forse cominciò a formulare un pensiero, ma dovette smettere subito: lui aveva iniziato a leccarla e lei non capiva più niente. Mai, non era mai successo che un ragazzo la trattasse così. La leccata di figa, nella sua esperienza, era qualcosa che i ragazzi facevano per ricambiare un pompino, anche un pò di controvoglia, ma Simone non si era fatto tutti questi problemi. La stava divorando, e gli piaceva. Non le dava tregua, non smetteva, si spostava dal dentro al fuori, allargandole le gambe e succhiando. Aveva paura di venire, ma non voleva che lui smettesse.


Anche Simone però voleva godere. Si ributtò sul sedile del guidatore, sbottonandosi i pantaloni con una mano mentre con l’altra tirava i capelli di Marta verso di sé. Aveva visto solo due cazzi prima di allora e non poteva certo considerarsi un’esperta. Ebbe solo una fugace visione di quello che l’aspettava prima che Simone glielo infilasse in bocca di prepotenza. Era strano. Non era tanto lungo, perlomeno rispetto a quello a cui era abituata, ma era grosso. Era largo, ed era duro, anche se le sembrava che si stesse indurendo ancora di più mentre lui le scopava la bocca. Marta era senza fiato: non le era mai successo prima. Si sentiva usata mentre lui la teneva per la nuca e le infilava il cazzo in gola spingendo con forza e tirandole i capelli, ma allo stesso tempo la potenza del desiderio che lui aveva di lei la faceva eccitare terribilmente. Simone alternava momenti in cui si muoveva freneticamente dentro di lei, provocandole quasi dei conati di vomito, ad altri in cui lasciava che fosse lei a decidere che ritmo tenere. Marta ne approfittava per riprendere fiato, e in un paio di momenti le passò per la mente che chiunque avrebbe potuto vederli. Era molto tardi, per fortuna, e l’auto era parcheggiata in una strada secondaria, ma comunque…
“Forse dovremmo spostarci in un posto più appartato” suggerì appena riuscì a riprendere fiato. Era incredibile come lui non sembrasse essere nemmeno vicino al venire. “Qui potrebbero vederci”.


Simone, sempre tenendola per i capelli la girò di forza mettendola a 90, in modo che il suo seno nudo si schiacciasse contro il finestrino. Marta sentì che il freddo del finestrino le induriva ancora di più i capezzoli. Pensò che si era messa in una situazione assurda, che il ragazzo fosse sicuramente un pazzo, ma allo stesso tempo era così eccitata da sentire dolore in mezzo alle gambe. Avrebbe voluto che la scopasse subito, anche in mezzo alla strada, se fosse stato necessario. Chiunque fosse passato di lì in quel momento avrebbe visto le sue tette premute contro il vetro, lei messa a pecora e dietro di lei un ragazzo che…cosa stava facendo? Cazzo, si stava segando in mezzo al suo culo!
“Hai paura che possano vederci? Hai paura che possano vedere quanto sei porca? Tu adesso sei mia e con te ci faccio quello che voglio fino a domani mattina, hai capito troia?”


Intanto si muoveva in mezzo alle sue gambe, sempre più veloce. Marta sussultava ogni volta che sentiva la sua cappella dura sfiorarle l’entrata della figa, ma lui non si decideva a metterglielo dentro. Provò a spostarsi per favorire la penetrazione, avrebbe fatto qualunque cosa per sentirsi piena in quel momento, era come se fosse fuori di sé. Non capiva più niente, non sapeva niente se non che aveva bisogno di essere scopata forte.
“E’ inutile che ti sposti, tanto non te lo metto dentro adesso. Voglio farti impazzire e la notte è lunga..voglio scoparti tutta, in tutti i buchi che hai..così..” e le infilò di scatto due dita nella figa e una nel culo. L’effetto fu immediato. Marta cominciò a godere mentre lui si muoveva sempre più veloce. La scopava con le dita con violenza, voleva farla urlare. E lei urlò, di dolore e di piacere, le dita la riempivano e sentiva il cazzo di lui che le batteva sulla schiena. Pensò a come sarebbe stato vedere la scena dal di fuori e quando venne stava ancora urlando, stava urlando di non smettere, urlava che ne voleva ancora. Non gliene fregava niente: potevano vederla, sentirla, lei stava godendo come non le era mai successo prima, e mentre il suo orgasmo scemava sentì un fiotto caldo sulla schiena e capì che era venuto anche lui.


Si accasciò sul sedile, e anche lui doveva essere crollato perché per un pò nessuno si mosse né parlo.
“Piccola, sei una meraviglia”, le disse. “Stai bene?”
“Mai stata meglio”, gli rispose con un sorriso.
“Dai, vestiti. Ti porto a mangiare una cosa, che hai bisogno di energie. Non ho finito con te.”


Le ultime parole diedero un brivido a Marta. Era stanca e abbastanza sicura di avere dei segni addosso, ma non vedeva l’ora di scoprire cos’altro le avrebbe riservato quella notte.

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