Inverno.


La storia che sto per raccontarvi risale agli anni 80, la mia gioventù, quando allora tante cose erano più semplici rispetto ad oggi e la mia vita, probabilmente, viveva il suo periodo di massimo splendore. Perdonatemi, ho scordato di presentarmi, il mio nome è Beniamino, sono un “ragazzo” classe 1964 vivo a Mantova e sono uomo passionale, spassoso e divertente ma alterno momenti di serenità con altri davvero di profonda amarezza, ma immagino sia solo l’età che avanza... Single, anzi, vedovo in realtà… Mia moglie purtroppo non ha superato il parto del nostro unico figlio che per grazia di Dio è sopravvissuto, cresciuto forte e bene ed è un uomo adulto di 30 anni oramai andato per la sua strada. Lavoro come impiegato postale e faccio tutto sommato una vita abbastanza dignitosa. In ogni caso, all’epoca del racconto, avevo all’incirca 20 anni, anno più anno meno, non ricordo con esattezza. A quei tempi, c’erano molte meno libertà e finché non uscivi dal nido paterno, dovevi rispettare le regole di casa una ad una senza fiatare. Che fosse la festa di compleanno dello zio novantenne o il battesimo dell’ennesimo cuginetto, tu dovevi esserci! Tornando a noi, era inverno, mio Padre, macchinista in ferrovia decise, in accordo con un suo collega, che quell’inverno avrebbero sfruttato un particolare premio aziendale che gli concedeva una settimana di soggiorno gratis per l’ultimo dell’anno in un modesto hotel fra le Alpi al 30% del prezzo di listino. Una sorta di premio per i migliori dipendenti dell’anno che mio padre non si fece scappare e fu davvero contento di questa possibilità. Un paio di giorni prima della partenza, ricordo bene che ero parecchio amareggiato per questa cosa, questo perché a famiglie rigide come la mia, si contrapponevano altre ben più morbide che lasciavano spazio ai propri figli di muoversi come meglio credevano e speravo che almeno quell’anno, mi avrebbero concesso di programmare il mio capodanno come meglio credevo. I miei amici, non tutti chiaramente, ma diciamo i più “moderni”, si organizzavano il capodanno, cosa avrebbero portato da bere, quante ragazze ci sarebbero state, se fossero o meno disponibili per fare del sesso di festeggiamento… Ed io invece ero lì, a scegliere il pigiamino che avrei indossato la notte del primo gennaio in un qualche dimenticato hotel fra le montagne… Che gioia! Fatto sta che nonostante le mie dimostranze, mio padre era irremovibile, mi diceva che conoscevo le regole della casa e che se non mi erano convenienti, potevo benissimamente fare come volevo, ma ciò avrebbe significato anche rompere ogni rapporto di dipendenza economica o comunque sostentativa nei suoi confronti: L’ho odiato. Mia madre poverina, cercò di mediare per quanto possibile, ma alla fine, anche lei la pensava come lui e non mi fù d’aiuto. Partimmo. Arrivammo la sera in questo Hotel di cui non dimenticherò mai il nome, si chiamava “La Grotta dell’Eremita”  ( già tutto un programma) ed iniziammo a sistemare le valige. Nel mentre, mio padre era dubbioso sulla sorte del suo collega che stando ai piani, sarebbe dovuto essere lì praticamente alla stessa ora, passò l’ora di cena e di loro nemmeno l’ombra. Decidemmo quindi di ritirarci nella nostra stanza, un bilocale con due camere da letto, un letto singolo ed uno matrimoniale, e di dormire. L’indomani, ci recammo alle prime luci dell’alba a fare colazione, era il 29 Dicembre, faceva un freddo indicibile ed onestamente tutto ciò che desideravo era svegliarmi a quell’ora per fare una “ricca colazione che mi avrebbe dato energia per la giornata”, come diceva mio padre. Mi vestii velocemente per recarmi nella sala da pranzo che la sera prima già ci aveva accolti per la cena e nella quale avevano allestito la colazione. C’era di tutto, veramente ben fornita, pan tostato, brioche, marmellata, burro, latte, caffè… Nel mentre mi organizzavo, notai subito che a quella sorta di buffett dove avremmo dovuto servirci, c’era una graziosa figura femminile, slanciata, non troppo alta per l’epoca, portava dei buffi occhiali tondi, un girovita stretto seno piccolo, seconda scarsa, ed un sederino formoso che era tutto un dire. Era visibilmente confusa che cercava di capire cosa e come prenderlo, se usare mani, posate o quale altro dei mille arnesi che c’erano lì sopra per potersi servire. Stavo per intervenire, volevo attaccare bottone, ma per uno scherzo del destino, alla giovane si avvicinò per primo un uomo adulto, probabilmente coetaneo di mio padre che con fare informale si rivolse a lei per nome, Sarah, chiedendole che cosa volesse. Timidamente indico una delle pietanze presenti sul vassoio che l’uomo ebbe poi cura di adagiare sul piatto che lei porgeva. Piano piano si allontanarono insieme verso un altro tavolo dove già li attendeva una donna, di bell’aspetto, molto simile alla ragazza ma decisamente più matura. Il tutto durò pochi secondo, ma in quel breve lasso di tempo ebbi l’occasione di scansionare con gli occhi ogni forma di questa giovane creatura, di spogliarla con l’immaginazione e molto, molto altro… Tutto questo lavorio mentale causò su di me un’improvvisa quanto inaspettata erezione che non faticai troppo a nascondere, dato gli abiti pesanti che indossavo, ma che in qualche modo, per quanto sembri paradossale, mi riportò con i piedi per terra e mi fece capire che guardare e sbavare così dietro una sconosciuta non era poi così decoroso come comportamento. Nel mentre raffreddavo i miei ormoni, sento la grossa voce di mio padre farsi strada alle mie spalle dicendo, “Marco, diamine, che fine avevi fatto? Vi abbiamo aspettato tutta la sera!” rivolgendosi al signore che da poco si era allontanato dalla mia posizione, insieme alla giovane ragazza. L’uomo era il collega di mio padre, l’altro fortunato dipendente che era riuscito a riscattare questo sconto e che avrebbe condiviso con noi la vacanza. La donna al tavola era sua moglie di cui, onestamente, non ricordo il nome, mentre la ragazza, Sarah, era la figlia. Una ragazza della mia età, anche lei trascinata a forza dai genitori in questa anacronistica vacanza ma visibilmente meno contrariata di quanto fossi io. La mattina prosegui in questo modo, facendo un po’ di piacevole conversazione fra di noi mentre passeggiavamo fra le vie del paesino che per l’occasione, aveva allestito un piccolo mercatino di Natale. Chiaramente non avevo dimenticato minimamente l’accaduto del giorno precedente, il mio interesse cresceva ogni secondo ma cercavo di non dare importanza alla cosa, anche perché il carattere a prima vista un po’ introverso di Sarah non aiutava… Non che se le si parlasse lei non fosse capace di tenere una conversazione, anzi lo faceva con la sua voce con un timbro particolarmente equilibrato e sensuale, quasi aristocratico, ma diciamo che non gradiva particolarmente lasciar trasparire particolari aspetti di se… Questa cosa mi lasciava contrariato ed accendeva in me l’aria di sfida. Non ero un belloccio, avevo un fascino diciamo discutibile con le donne, ma con le persone ci sapevo fare, mi piaceva parlare, discutere, e che qualcuno non mi desse considerazione d’alcun tipo mi faceva imbestialire e passai gran parte della mattinata a pianificare ed a scervellarmi su come avrei potuto sciogliere il cuore di ghiaccio di questa tizia! Che sfida, dannazione! Venne l’ora di pranzo, chiedemmo al Metrè di unire i tavoli in modo da facilitare la fraternizzazione. Fra le chiacchiere, notai che mio padre aveva stranamente iniziato a lanciarmi delle occhiatacce, forse notando come io mi imbambolassi a guardare il viso di Sarah e come ogni volta, tornare alla realtà, per me fosse sempre un piccolo trauma… Indispettito da questo comportamento, a fine pranzo, stavo sinceramente per alzarmi e tornare in camera per coricarmi un po’, il pranzo era stato bello pesante e comunque il gallo, quella giornata, per decisione di mio padre aveva cantato fin troppo presto, insomma, non ero al top! Quando stavo per annunciare il mio congedo, la voce di Sarah mi anticipò, “Papà, oggi è il compleanno di una mia amica, ho bisogno di usare il telefono. Mi pare di averne visto uno a gettone in reception, hai qualche moneta?”, il padre contrariato quasi senza guardarla, apri il portafogli e le diete il necessario giusto per qualche minuto di conversazione. Lei senza batter ciglio, quasi ad aspettarsi una tale reazione, prese il denaro e si recò presso la reception. Intanto io, ripresi in mano la situazione, salutai la tavola e feci per recarmi in stanza. Dato che il passaggio per la reception era obbligatorio, non potei far altro che notare che il dolce angioletto che credevo d’avere davanti, era in realtà un caratterino molto ben camuffato. Stava imprecando contro il padre che l’aveva obbligata a venire in quel posto, contro Dio che permetteva l’esistenza di un posto tanto arretrato! Cosa era successo? Il telefono era fuori uso! E’ l’unico disponibile in zona, si trovava a quasi mezz’ora di cammino, con un freddo torrido e la neve che intanto dopo qualche giorno di tregua aveva iniziato a fioccare. Vedendo quella scena rimasi sbalordito, quasi d’istinto, come fossi un fratello maggiore, mi sono avvicinato di scatto a lei, l’ho presa per le spalle girandola verso di me rimproverandola che una reazione del genere non si addiceva di certo ad una persona distinta e che stava sciupando non solo la sua immagine ma anche quella della sua famiglia! Rimasi stupito da ciò che avevo detto! Io, un inguaribile ribelle davo lezioni di vita ad una mia coetanea? Tira più un pelo di… ci siamo capiti. Per un attimo arrossì, rimanendo con le labbra rosse e gonfie per via del freddo ed uno sguardo di stupore appena accennato in viso: “Che cazzo vuole questo?” avrà pensato.


Ruppi velocemente il silenzio, “ti accompagno io con l’auto di mio padre, ho la patente”, le dissi. Rispose lei, “perché dovresti accompagnarmici tu? “, ed effettivamente era vero, perché io? Velocemente ricordai di una frase ascoltata in un film, “Beh, perché un vero gentleman aiuta sempre una donna in difficoltà!”, ecco lì calò il silenzio, ma sono sicuro d’aver intravisto un accenno di risata fra le sue labbra. Questo bastò a Sarah per fidarsi di me ed accettare il passaggio. Tornai da mio padre e gli spiegai la situazione. Lui borbottò qualcosa che non ricordo sul fatto che non conoscessi la zona e via dicendo ma non appena il suo amico si alzò dicendomi, “Beniamino, tranquillo, non voglio crearvi problemi”, mio padre subito lo fermò dicendo, “Marco scherzi? Andrà lui, è solo che sai, è giovane, questi sono posti difficili dove guidare e ci si perde facilmente! Beniamino, prendi le chiavi, sono in stanza nella valigia, non fare una delle tue!”. Sorridendo, corro per le scale a prendere queste chiavi, Sarah viene con me e senza che nemmeno io lo dicessi, si infila nella stanza rimanendo, come suo solito, in disparte ad osservare me che intanto armeggio per cercare queste chiavi. I caloriferi erano a palla, la temperatura era decisamente alta ed il nostro abbigliamento già tutto organizzato per il fuori, decisamente non era adeguato. Invitai sara ad entrare e a togliersi il cappotto che faceva caldo. Mentre faceva tutta quest’operazione, inciampo sulla neve sciolta degli scarponi di mio padre rimasti lì e cadde sul letto vicino, nel mentre, si aggrappò a me trascinandomi con lei. Questione di un attimo: la luce che entrava la finestra le illuminava il viso, e mi fece notare per la prima volta i suoi occhi azzurri ghiaccio, l’attimo dopo, mentre cadevo e la guardavo negli occhi, mi resi conto che avrei dovuto fare qualcosa, altrimenti le avrei fatto davvero male. D’istinto, frazioni di secondo, poggiai le mani sul letto in concomitanza del suo capo, ma la frenata non fu sufficiente, e le mie labbra si unirono con il suo labbro inferiore, come in un bacio passionale fra due amanti alle prese con i preliminari. Non ne fui certo, ma forse lei serrò anche il lato superiore, quasi a ricambiarlo. Intanto, la patta dei miei pantaloni era andata inesorabilmente a contatto con il suo interno coscia, e l’erezione che ne era scaturita non aveva potuto non sentirla. Ad un certo punto la sentii dimenarsi sotto di me dicendo, “devo urlare o ti togli tu?”, rimasi pietrificato. Avevo il mio membro a pochi centimetri  dalla figa di una ragazza che conoscevo a stento, ero sopra di lei, l’avevo praticamente baciata ed ero ancora lì, ancora sul fatto! Ripresi coscienza cercando di darmi un contegno, “scusami, ma sei tu che mi hai tirato”, lei risposte, “e come è finita dopo non mi è sembrata un caso, vabbè, non è successo niente, forza trova ste chiavi”.  Ancora scosso dalla situazione trovo le chiavi e quasi senza aspettarla, mi reco velocemente al parcheggio dove avvio il riscaldamento e l’antibrina per scongelare i vetri. Lei arriva, si siete davanti e partiamo. Inizia subito a giocare con la radio, accessorio costoso e a cui mio padre teneva particolarmente. “Smettila, così la rompi e mio padre mi fa il culo!” risponde lei, “La so usare meglio di te, mio padre ha il modello successivo!”. Pensai subito che sarebbe stata una gran seccatura tutta questa situazione ma non avrei mai potuto prevedere cosa sarebbe scaturito di lì a poco. Come previsto da mio padre, mi ritrovai a vagare su una strada di montagna per quasi un’ora, e stavo iniziando a preoccuparmi… “Ma ci siamo persi? Che succede?” io le faccio “nono, tranquilla, è questa la strada”, non penso d’aver mai mentito così… La visibilità diminuì rapidamente, complice il fatto che fra le montagne il sole si nasconde subito e la tempesta di neve che diventava sempre più consistente. Arriviamo finalmente in un paesino che giuro, credevo fosse quello di partenza, a lì mi rilaso… “Dai troviamo sto telefono” le faccio, entriamo in un bar e chiediamo di un telefono a gettoni, ci rispondono che in quel momento tutta la zona non è coperta per via di un guasto e che la neve rende impossibile l’arrivo dei tecnici, il nervosismo sul suo volto è palese, ma questa volta evita l’uscita volgare. Facciamo per dirigerci alla macchina, quando ad un tratto vediamo la municipale con i vigili del fuoco correre verso la strada che avremmo dovuto percorrere per tornare indietro. Ad un certo punto arriviamo e troviamo la strada caduta con un’auto dentro, fortunatamente alcun ferito. Ci avvisano che il rientro per quel paese, di cui non ricordo il nome, ma che era quello dove alloggiavamo, non era possibile, salvo una lunghissima deviazione che avrebbe impiegato due ore per svolgersi e che con quel clima era impraticabile con la troppa neve. Gli faccio io, “Scusi Agente, ma non ci siamo già?”, risponde, “signore, credo proprio che lei si sia perso!”. Avevamo viaggiato per oltre un’ora a velocità sostenuta, eravamo lontanissimi, senza telefono e a quel punto non potevamo nemmeno affrontare il viaggio per tornare dai nostri genitori. Che fare? Sarah impreco contro di me dandomi del coglione, che avrei dovuto farmi i cazzi miei e via dicendo… Ma guarda te, vai a fare il bene! “Sarah, ora per piacere smettila, dobbiamo trovare una soluzione, non ho molto denaro e di certo non possiamo dormire in macchina. Rientriamo al paese e vediamo come fare” le dico.  Abbiamo valutate varie opzioni, ma alla fine, siamo stati costretti ad utilizzare il mio denaro ed il suo per affittare una camera una notte. Ho spiegato la situazione al proprietario, un vecchio buzurro (e secondo me pure guardone) ma non ne ha voluto sapere: con quei soldi ti paghi solo una camera doppia con letto matrimoniale.


Abbiamo accettato, io non ero poi così scontento, devo essere onesto, ma Sarah non era così allegra… Entrammo in camera, una stanza minuscola ma devo dire accogliente, caldissima e con un’illuminazione davvero soft per quanto fosse rudimentale. In compenso c’era lo scaldino con la vasca e Sarah non se lo fece ripetere due volte, in men che non si dica si chiuse in bagno a lavarsi. Io intanto ero davvero scosso dalla situazione, dannazione, avrei dormito con una ragazza conosciuta da 24h e che per inciso era nuda a pochi metri da me e solo una porta mi separava da quel paradiso… Ero lì, sul letto come un povero fesso, in attesa di lei che uscisse dal bagno per poter andare a trovare qualcuno che ci facesse mangiare con quel po’ di denaro che ci era rimasto… Ad un tratto la porta si apre, la precede una scia di vapore e poi esce la sua voce “ho un problema, qui non c’è un asciugamano ed ho bisogno di qualcosa di caldo da mettere addosso dopo la doccia, altrimenti mi viene un malanno.”. Ero un po’ stupito… Le faccio, “e…? Dunque? Come posso aiutarti”, risponde lei “dammi i tuoi vestiti intanto che si asciugano i miei che si sono bagnati in doccia”… “Cosa?” le rispondo, “si esatto” replica. “Ed io come faccio?” le dico a mia volta, e lei mi fa “ma tu sei un uomo, e poi sei già ambientato, io no, dammeli! Non lo saprà nessuno.”. Voi che avreste fatto, mi sono tolto i pantaloni e la maglietta e glieli ho dati. La situazione era invertita, ero in mutande mentre lei indossava i miei vestiti. A quel punto, ancora con la pelle vaporosa non essendoci altro posto dove poggiarsi momentaneamente, decide di coricarsi a letto con me. La situazione era visibilmente tesa ed imbarazzante per entrambi, rompo il silenzio con un “heeem, se non ti spiace vorrei almeno coprirmi, puoi entrare sotto le coperte così non muoio di freddo?”. Sbuffando, annuisce, sapendo di essere nel torto e lo fa. La mia erezione intanto si fa spazio nelle mutande, ma la coperta copre, penso, peccato che la situazione per me fosse davvero eccitante, incontrollabile, e dalla punta del mio pene, non potei controllare la fuoriuscita di un paio di gocce di liquido che inesorabilmente saturarono velocemente l’ambiente di quel tipico odore di sperma che a quanto pare lei notò subito. “ma cos’è quest’odore, non ti lavi?”, mi fa, replico io, “ma che dici? Ti starai impressionando, non c’è alcun odore!”, risponde ancora “no io lo sento, sono sicura, alza questa coperta e fai passare un po’ d’aria.” Mi fa, e nel mentre tira via la coperta scoprendo inesorabilmente la mia erezione che faticava a rimanere nelle mutande. Poverina, lei sbianca, “cos’è questo?” mi fa, ed io le dico “non è niente, tranquilla, è normale, me lo fa stare a letto con te”, lei tranquillizzata replica, “Lo so, non sono una bambina, ma non pensavo di farti questo effetto.” Io le dico, “beh sei molto bella, non vedo perché non dovresti farmelo”… Ricopre il tutto con la coperta, non nascondo con un minimo di delusione da parte mia… Dopo un po di silenzio imbarazzante, mi fa “ma non c’è un modo per risolvere la situazione? Nel senso, mi da fastidio sapere che c’è quel coso dritto sotto le coperte ed inoltre questo odore non riesce a tranquillizzarmi…”, le rispondo “beh… dovrei, dovrei masturbarmi, farmi una sega insomma”, lei senza esitazione mi dice “fattela, e dopo tutto tornerà normale, giusto?”, le rispondo “beh si… “. Mi fa cenno con la testa di iniziare e deduco che forse non è così grande come vuole far credere, inizio l’opera. Mi abbasso le mutande cercando di far apparire il mio membro più turgido possibile, non che fosse difficile considerata la situazione ma comunque ci tenevo a fare bella figura. Lo stringo in una mano ed inizio a stimolarlo come piace a me, lunghe traslazioni sull’asse con particolare interesse sul glande e sul frenulo, nel mentre continuo a lanciarla e vedo che lei è come in trans a vedere la “manovra”. Mi chiede, dopo nemmeno troppo tempo, cosa sarebbe dovuto accadere, “come capisci che non è più necessario masturbarti?”, le rispondo “beh raggiungo l’orgasmo e mi fermo”, ed intanto continuavo sempre più velocemente alternando parole con sospiri di piacere, nell’aria si faceva spazio anche un altro odore molto più forte del mio. Lei mi fa “posso aiutarti, così facciamo prima e possiamo andare a cena e finalmente dormire”, “accomodati” replico. Mi fermo e vedo la sua mano goffamente ripetere ciò che facevo io. All’inzio mi ha fatto male, ma poi ha preso confidenza ed ho iniziato a godere. Nel mentre Sarah agitava la mano sul mio uccello che velocemente stava per raggiungere il suo limite, noto che quasi di nascosto, lei aveva poggiato la mano fra le sue gambe sopra al mio pantalone che intanto si era impregnato dei suoi fluidi corporei.  Senza pensarci, le infilo la mia mano sotto l’elastico ed irrompo di prepotenza sulla sua vulva… “MA non hai le mutande?” le faccio, “erano bagnate” mi fa, ed intanto senza opporre la minima resistenza divarica ancor di più le gambe, proseguiamo così per 3-4 minuti. Il mio dito esperto la fa impazzire, continua a giocare con il suo clitoride, scendendo ogni tanto per lubrificarsi nella sua patatina e per poi tornare su facendole avere degli spasmi, intanto il suo braccio è perfettamente sincronizzato con i movimenti del mio dito e riproduce lo stesso ritmo sul mio glande, anche io sono alle stelle. Ad un certo punto si ferma ed inizia ad avere delle contrazioni e ad urlare ritmicamente. Sento poi un veloce ed impercettibile schizzo uscire dalla sua patatina colpirmi la mano e lei cadere esausta distrutta. Mi fa, “questo era un orgasmo?” io “beh penso di si, sono un uomo non so cosa provate voi donne quando ne avete uno…”, replica “e tu?” la mia risposta “beh ancora no purtroppo…”. Quasi contrariata continua come stava facendo prima, io mi fermo un attimo a prendermi cura di lei per farla riposare ma vedo che ci mette meno passione e sta iniziando ad annoiarsi.


“ti va di provare un’altra cosa?” le dico, lei risponde “se ci aiuterà a fare prima…”, io “si certo, togliti il pantalone e siediti con la figa sulla mia faccia, in corrispondenza della mia bocca”, replica lei “ma sei pazzo? E’ sporco e poi è un punto intimo, non mi va!”, le dico “fidati, non te ne pentirai”. Eccitata e contrariata lo fa, tenendo la presa sul mio pisello, si siede togliendosi il pantalone sulla mia faccia e li le ho fatto vedere le stelle… Non appena l’ho avuta a tiro ho inziato a praticarle del sesso orale particolarmente energico. Il clitoride ancora reduce dell’esperienza precedente, era davvero, davvero sensibile ed ogni colpo che gli davo provocava delle sensazioni doppie alla poverina. D’un tratto, senza che io le chiedessi nulla, quasi a volermi emulare, si china violentemente vicino al mio pene ed inizia a baciarlo… “Posso prenderlo in bocca?” mi fa, io “certo, però se lo vuoi prendere in bocca devi promettermi che quando raggiungo l’orgasmo lo accetterai in ogni suo aspetto…” lei, “in che senso? Non l’ho mai faaaaaahhh… Stronzo, non l’ho mai fatto prima, a dire il vero tutto questo è nuovo per me!”, replico ancora “dimmi che lo farai e puoi procedere come preferisci”, annuisce e va. Sento la sua bocca avvolgermi velocemente prima il glande come se fosse un enorme leccalecca, quasi come sapesse già cosa fare, inizia a ruotare velocemente la lingua su di esso soffermandosi sul glande, ma credo stesse pregustando le gocce di liquido che c’erano sulla cappella. Dopo di che, si spinse oltre e sentiìì la punta del mio pene penetrare affondo nella sua gola scivolando sulla lingua, l’asta oramai era invisibile. Dopo di che lei rimase così per un po’ cercando di giocarsela solo di lingua. Le dico “guarda, prova a fare con la bocca il movimento che facevi con la mano ed intanto muovere la lingua”. Capii subito ed inizia a scorrere la bocca l’ungo lasta del pene in maniera rumorosa. Ogni tanto alterna, da un bacio sulla cappella che con il risucchio, mi stimola anche la prostata, e poi ritorna. Per me quello era troppo, ad un certo punto, poco prima che io stesso per concludere, lei viene improvvisamente prima di me nella mia bocca, e si ferma, strappandomi via l’orgasmo. Ha urlato. Quando si è ripresa le ho detto “ora devi farti perdonare, stavo per venire ma ti sei fermata, mettiti in ginocchio davanti al letto…”. Lei come un automa, senza nemmeno rispondere poverina, lo fa, mi sono seduto davanti a lei con il cazzo dritto ed eretto davanti la sua faccia. Lei quasi con il pilota automatico, lo prende di nuovo in bocca ed aiutata dalla posizione più comoda, fa davvero un turbopompino che da una presunta principiante è qualcosa di impressionante da ricevere. Quando stavo per venire la fermo: “Apri la bocca ora, poggia la punta sulla lingua come se aspettassi qualcosa, e continua a stimolarlo con la mano” le dico. Lo fa, dopo pochi colpi inizio a spruzzare le prime gocce di sperma sulla sua lingua, lei un attimo è disgustata, fa per togliersi ma uno schizzo la colpisce nell’occhio sinistro e le cola sul viso, torna a rimetterci la bocca sopra e a pomparlo assecondando gli spasmi regalandomi un orgasmo indimenticabile. Quando ha finito, con la bocca impastata dal mio seme, mi dice con fatica “ma devo ingoiare?” io replico “cosa avevamo detto poco fa? Ingoia e onora la tua promessa”. Manda tutto giù con nemmeno poco gusto e si viene a coricare al mio fianco… Si ricorda poi di quella goccia di sperma sulla faccia che recupera con il dito e accompagna anch’essa alla bocca come una navigata. Senza dire nulla, si spoglia, si toglie tutto, si corica al mio fianco e si addormenta. Mi dice, poco prima d’addormentarsi “stasera non mi hai sfamato ma almeno mi hai dissetata per bene… porco”.Cena saltata insomma.


Continua…


 

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