La fine della scuola voleva dire estate. Vacanze. Divertimento, che spesso si traduceva nell’accompagnare papà in viaggio per il suo lavoro di agente di commercio nel settore scuola e cancelleria, che mi consentiva, dal mare alle montagne, di girare tutta la mia splendida terra, la Sicilia.
Avevo 13 anni quel fine giugno quando arrivammo in un paesino dell’entro terra dove mio padre aveva una cliente titolare di una grande cartoleria. La signora Lucrezia. La ricordo perfettamente: bella donna, all’epoca avrà avuto sui 50 anni. Una sosia di Monica Bellucci, per farla breve. Un po' più in carne, ma corvina e sensuale come l’attrice, che dietro al bancone ti accoglieva con un sorriso bianchissimo che ti apriva l’anima, il cuore e...t’induriva il cazzo. Ancor di più quando usciva per accoglierci sfoggiando dei piedi bellissimi calzati in ciabatte con le zeppe con sopra una gonna corta che le esaltavano delle altrettanto bellissime gambe.
I piedi femminili, la mia passione ancora oggi che non sono più un adolescente. Ma già a quell’età mi facevano impazzire e mi procuravano un appetito sessuale mostruoso. Mi facevo dalle 4 alle 5 seghe al giorno, tutti i giorni. Ogni folata di vento che portasse il minimo odore femminile, e non solo piedi, me lo facevano venire duro tanto che, ovunque mi trovassi, dovevo trovare un posto tranquillo per segarmi. A casa mi chiudevo in bagno con le riviste di mia madre dove c’erano donne in collant o a piedi nudi. Mentre mi segavo sognavo di leccare loro i piedi e farmeli mettere in faccia.
Grazie a Simone, un mio compagno di scuola effeminato, scoprii pure i piaceri del pompino. Con lui ci chiudevamo nel garage dei miei dove c’era un vecchio divano sul quale guardavamo le riviste porno masturbandoci, a lui piacevano le foto dove si spompinavano grossi cazzi.
Prima ognuno faceva per se, poi Simone un pomeriggio prese coraggio e mi disse che gli sarebbe piaciuto baciarmi e leccarmi il cazzo, come fanno in quelle foto, in quanto era il suo sogno proibito, perché pure io ce lo avevo bellissimo, grosso e sempre eretto come quei pornoattori. All’inizio mi rifiutai perché mi son sempre piaciute le donne, poi mi lasciai convincere, un po' perché alla fine la sua somiglianza ad una femmina era tutto sommato buona, un po' perché era una cosa nuova diversa dalla solita sega e m’intrigava e un po' con la promessa che sarebbe stato il nostro segreto da portare fino alla tomba.
Era bravo Simone, come fosse provetto nel mestiere e si vedeva che il mio cazzo lo desiderava tanto. Prima mi masturbava dolcemente seduto accanto a me, poi si alzava si inginocchiava fra le mie gambe e iniziava con altrettanta dolcezza a leccarmi e baciarmi la cappella sgusciata, poi tutto il cazzo dalle palle alla punta e infine lentamente ma deciso se lo prendeva in bocca tutto e lo succhiava in crescendo aiutandosi con la mano, così da procurarmi sborrate di disumana goduria.
Mi piacque così tanto che da quel giorno lo schiavizzai nel vero senso della parola. Doveva farmene almeno due al giorno. Simone ovviamente ne fu felicissimo. Non appena lo chiamavo doveva lasciare ogni cosa per correre dal suo padrone e farlo godere.
Tornando alla cartolaia di quel pomeriggio di giugno, ricordo che anche per lei mi fu inevitabile ricorrere al bagno per una sega. Infatti come mi vide si avvicinò, mi salutò chiedendomi come stavo e com’ero cresciuto dall’ultima visita, infine mi baciò sulla guancia carezzandomi la testa. Faceva un profumo buonissimo e aveva una scollatura generosissima, che uniti alla visione di quei piedi bellissimi, dalle unghia smaltate color melanzana, mi indurirono il cazzo in maniera abnorme che la toilette, appunto, fu necessaria.
Finito di lavorare, era già buio. Allora mio padre mi prospettò che sarebbe stato meglio rimanere a dormire in paese poiché l’indomani aveva fissato un altro appuntamento in un paese limitrofo e non ci conveniva ritornare a casa visto che la nostra città distava parecchi chilometri.
Chiese alla signora Lucrezia di poter fare una telefonata all’unico albergo in loco che però gli comunicò di non avere stanze libere. Così, vedendo mio padre preoccupato sul dove passare la notte, considerato il fatto che c’ero pure io suo figlio, la bella cartolaia si offrii volentieri di ospitarci in casa sua per quella notte.
All’inizio mio padre declinò. Gli pareva male disturbare. Ma all’insistenza della signora Lucrezia, che anzi si disse lieta che almeno per una sera avrebbe avuto compagnia dato che da anni ormai viveva sola, in quanto vedova, e con l’unica figlia all’estero per motivi di studio, accettò.
Arrivati in casa, una graziosa villetta poco fuori il paese, Lucrezia ci mise subito a nostro agio. Ci consegnò degli accappatoi e degli asciugamani puliti affinché potessimo fare una doccia, visto il sudore che avevamo addosso per il caldo che faceva. Mio padre ne approfittò subito, mentre io, in attesa del mio turno, mi accomodai su uno dei divani che dava sulla cucina dove potevo guardare la bella signora, che nel frattempo si era messa indosso uno di quei vestitini da casa abbastanza succinti e un paio di infradito basse che esaltavano ancor più i suoi piedi bellissimi, sfaccendare tra i fornelli per preparare la cena.
Uno spettacolo godurioso per me e inconsapevole per lei. Aveva tirato su i lunghi capelli corvini con un mollettone. E fra lavello, piano cottura e stipetti della credenza si muoveva con una sensualità naturale che quel vestito da casa accentuava ancor di più. Ogni tanto si girava a guardarmi e sorridendomi mi rendeva edotto su cosa stava cucinando. Ma dov’è che io impazzivo maggiormente era quando nelle pause si sfilava uno degli infradito e si sfregava un piede sopra l’altro. Inutile dirvi che avevo un cazzo così duro e voglioso da avere la tentazione di segarmi li stesso. In “soccorso”, menomale, arrivò mio padre che aveva finito in bagno, e corsi io ad infilarmici. Chiusi la porta a chiave. Mi spogliai velocemente mi sedetti sulla tazza, chiusi gli occhi col cazzo duro in mano e mi immaginai a terra in quella cucina con Lucrezia che si sfregava a turno i piedi sulla mia faccia. Sborrai così tanto che stavo per svenire.
Finito di cenare ci accomodammo nel grande salone a guardare la tv e conversare del più e del meno. Io e papà ci sedemmo sul divano, mentre Lucrezia prese posto su una poltrona accanto, mettendo in scena agli occhi miei, ancora inconsapevolmente, un altro spettacolo di goduria purissima. Avvicinò, infatti, un puff, si sfilò dolcemente gli infradito, gli stese sopra le sue bellissime gambe, incrociò i piedi e iniziò a sfregarli l’uno con l’altro.
Era ancora più bella e sensuale in quella posizione. Sembrava un’imperatrice sul trono e io m’immaginavo di essere quel puff o ancora meglio uno dei suoi servitori costretto in ginocchio lì davanti a leccarle quei piedi spettacolari.
Ero di nuovo eccitatissimo. Avevo troppo bisogno di segarmi. Per altro i pantaloncini che mi ero messo facevano vedere in maniera imbarazzante la mia erezione, per cui sgattaiolai di nuovo in bagno.
Giunto li mi accorsi, per caso, che stando davanti il lavandino e socchiudendo quel tanto che bastava la porta, potevo vedere solo le gambe e i piedi accavallati di Lucrezia senza essere visto da nessuno. Così uscii fuori il cazzo e iniziai a segarmi sul lavabo mentre guardavo lo spettacolo dello sfregamento dei piedi. Una goduria indescrivibile la visione di quei piedi curatissimi che si muovevano a accarezzandosi tra loro e a tratti a turno le gambe intere. Non ci volle molto a venire e sborrai così tanto che mi tremarono le gambe per lo sfinimento.
Ma il bello doveva ancora venire. Quando fu l’ora di andare a dormire Lucrezia si offrii di cedere la sua stanza da letto a me e mio padre, mentre lei volentieri si sarebbe accomodata sul divano. Mio padre non volle assolutamente perché, le disse, avevamo già abusato abbastanza della sua ospitalità. Pure il letto matrimoniale no. Sul divano ci saremmo messi io e lui.
A quel punto Lucrezia disse: “Va bene, allora facciamo così. Visto che il divano è scomodo per due persone. Ci dormi tu solo, mentre io e il bambino dormiremo nel mio letto, ok?”
Avevo sentito bene? “io e il bambino nel mio letto”...cioè il bambino sarei io? Non ci potevo credere. Io nello stesso letto con quella dea? Mi sto ammazzando di seghe per te e tu mi vuoi nel tuo letto? Ma allora davvero l’essere considerati innocui, bambini o gay, ha i suoi vantaggi.
Arrivati in camera da letto, Lucrezia con molta premura e dolcezza mi pregò di scegliere e accomodarmi sul lato del letto che più preferivo, mi disse di stare tranquillo, non vergognarmi e fare come fossi a casa mia che frattempo lei si sarebbe fatta una doccia.
Così mi misi a letto e la aspettai. Ero diviso tra l’eccitazione e l’imbarazzo. Il letto freschissimo di bucato faceva lo stesso odore della padrona di casa. Ero in erezione ma potevo resistere. Almeno fino a quando Lucrezia non tornò dal bagno con indosso una camicia da notte rosa fino al ginocchio, semitrasparente che si potevano intravedere un reggiseno nero e degli slip strettissimi di identico colore.
Si stese con quelle sue voluttuose movenze accanto a me, raccolse i capelli sulla nuca con un mollettone, mi sorrise e mi disse: “Lo sai? Stanotte finalmente dopo anni dormirò con un ometto accanto, mi sento più tranquilla. Buona notte gioia.” Mi baciò sulla guancia, spense la luce e si voltò dall’altro lato.
La stanza comunque non rimase buia del tutto. La luce proiettata dei lampioni esterni mi davano modo di vedere abbastanza bene e scrutare palmo a palmo quella dea stesa accanto a me, che per di più faceva un profumo fantastico. Ovviamente l’eccitazione aumentò, se si fosse girata avrebbe visto la mia erezione che, messo supino, era incontenibile e la cosa mi avrebbe imbarazzato non poco. Così mi girai dal lato opposto pure io cercando di dormire. Ma il suo profumo ugualmente arrivava inebriante e il mio cazzo era sempre più voglioso. Chiusi gli occhi cercando di pensare a qualcosa di triste, di disgustoso, per allontanare quella voglia che avevo di toccarla, baciarla, leccarle quei piedi stupendi e di farmelo prendere in bocca. Ma quando, assopendomi, credevo di esserci riuscito, improvvisamente la sentii muoversi come se si stesse alzando dal letto. Forse voleva guardarmi se stavo bene e mi preoccupai che potesse accorgersi della mia eccitazione, così mi rannicchiai ancor di più in posizione fetale per nascondere il cazzo eretto. Ma dopo poco realizzai che si era distesa nuovamente.
Incuriosito di capire in che posizione si fosse messa, mi girai lentamente e mi accorsi che si era messa al contrario: supina con la testa dalla parte dei piedi. Come mai? Mi chiesi. Probabilmente il caldo, quella notte ne faceva tanto. Poco importa, mi risposi. Così mi girai completamente verso di lei e mi accorsi, con sommo gaudio, i suoi splendidi piedi vicinissimi al mio cuscino. Il cuore, a quel punto, mi batteva forte. Gli oggetti del mio desiderio erano lì vicinissimi a me. Notai che fra i piedi e la testata del letto c’era uno spazio sufficiente affinché mi ci potessi infilare in mezzo con la testa così da averli in faccia. Aspettai un po' affinché fossi sicuro che Lucrezia dormisse e quando la sentii respirare profondamente passai all’azione. Piano piano entrai con la testa in quello spazio e posizionai la faccia sotto le piante dei suoi piedi. Rimasi fermo immobile sotto quella meraviglia attaccata alla mia faccia. Facevano un odore buonissimo, mi veniva voglia di uscire la lingua e leccarli. Ma mi frenavo per paura di svegliarla.
Poi improvvisamente e inaspettatamente, stirò le gambe, allungò i piedi prima schiacciandomi la faccia e poi sfregandoglieli su. Bellissimo, pensai inizialmente. Però poi mi dissi, questa è la volta buona che si sveglia e mi vede. Così chiusi fitti gli occhi per far finta di dormire, rimasi immobile, magari pensa che sono finito li sotto casualmente coi movimenti del sonno, e aspettai la reazione.
Passarono alcuni minuti e non avvenne nulla. Aprii lentamente gli occhi e Lucrezia continuava a dormire nella medesima posizione. I suoi piedi erano sempre sulla mia faccia. Anzi dopo un po' riprese con lo schiacciamento e lo sfregamento, come se nulla fosse. Addirittura li incrociò e me li continuò a sfregare fantasticamente tra la bocca ed il naso. Forse nel sonno pensava fossi il cuscino.
Tra l’altro messo in quella posizione mi stavo pure godendo lo spettacolo delle sue cosce con le labbra della fica che fuoriuscivano dal filo degli slip.
Dunque, tranquillo che non si fosse accorta di nulla, mi lasciai andare. D’altronde era impossibile resistere a tanta goduria tutta in una volta. Ero sulle stelle dell’eccitazione. Troppo bello quello che stava avvenendo, nemmeno nei miei sogni più perversi me lo sarei aspettato. Mi infilai una mano nei pantaloncini, ma il mio cazzo durissimo non mi diede tempo di segarmi nemmeno un pò, che mi esplose in una sborrata industriale.
Appagato mi rilassai un attimo, ma subito fui assalito dalla preoccupazione che tutta quella sborra potesse trasudare dai pantaloncini e macchiare il lenzuolo. Che figura ci avrei fatto? Così piano piano uscii dalla posizione, mi alzai e mi recai in bagno dove, cercando di fare meno rumore possibile, mi asciugai e mi cambiai. Fortunatamente in un mobiletto trovai un paio di box, così me li infilai, nascosi i pantaloncini sporchi tra le mie cose e ritornai a letto.
Nel frattempo Lucrezia aveva cambiato posizione. Stava sempre dalla parte dei piedi, ma si era messa su un fianco, quello verso di me. Aveva una gamba dritta e l’altra piegata accanto col piede dal mio lato. Io mi distesi lentamente per non muovere troppo il letto e rimasi supino a guardarla. Era bellissima e sensualissima. Per di più il piede della gamba piegata mi toccava la spalla.
Mi sentivo sazio, comunque, e così provai a chiudere gli occhi per addormentarmi, quando improvvisamente sentii la sua mano poggiarsi sulla mia coscia. Aprii gli occhi. Alzai piano la testa per capire se era vero o me lo stavo sognando. Era vero. Aveva allungato il braccio e messo la mano sulla mia coscia più vicina a lei.
Pensavo si fosse svegliata e magari mi stava facendo solo una carezza di conforto. Invece no, dormiva, sentivo il respiro profondo, e la mano era ferma e decisa sulla mia coscia, quasi fosse lei a cercare conforto da me. Magari stava sognando qualcuno. Poco importa, pensai, perché mi tornò l’eccitazione. Quella mano sulla coscia unita a quel bel piede accanto la mia spalla, mi fecero indurire nuovamente il cazzo. Allora molto lentamente cercai di scivolare verso sotto in modo che la sua mano arrivasse a toccarmelo. Piano piano ci riuscii. Adesso la sua mano mi toccava il cazzo ed io iniziai a strusciarmici, sempre con molta attenzione che non si svegliasse, mentre girando la testa trovai il piede ad altezza bocca. Prima lo annusai, poi inebriato dall’odore, con delicatezza baciai una ad una le dita. Lucrezia non si svegliava e io allora osai di più, scostai lentamente l’elastico dei boxer in modo da uscire il cazzo nudo e dolcemente gli misi sopra la sua mano, poi iniziai a succhiare le dita del piede e a passarci in mezzo la lingua. Lei non batteva ciglio. Ma a quel punto anche si fosse svegliata non me ne fregava più nulla, infoiato com’ero ero disposto a sfidare una brutta figura epocale pur di godere toccato da lei col suo piede in faccia. Così usando la sua mano, mossa dalla mia, col suo piede praticamente quasi tutto in bocca, mi masturbai immaginando lo stesse facendo lei e in men che non si dica esplosi in una potente sborrata che mi arrivò in faccia.
Soddisfatto rimasi qualche minuto mezzo intontito. Poi alzai la testa e mi vidi l’addome pieno di sborra e la sua mano ancora sul cazzo che si stava afflosciando. Pensai che stavolta l’avevo fatta grossa, che da lì a poco Lucrezia svegliandosi incazzata si sarebbe accorta di tutto e che mi avrebbe cacciato in malo modo dalla stanza, per di più con mio padre che avrebbe sentito tutto.
Nulla di tutto ciò, fortunatamente. La bella Lucrezia tranquilla non muoveva ciglio. Anzi si girò dall’altro lato e continuò a dormire. Così mi andai a ripulire in bagno, mi rimisi a letto e mi addormentai esausto e soddisfatto.
La mattina seguente fu Lucrezia a svegliarmi. Dolcemente mi accarezzava la testa chiamandomi perché erano già passate le nove. Aprii gli occhi e mi accorsi che stava guardando la mia erezione mattutina trattenuta a stento dai boxer, ridendo. Ebbi una vampata di pudore e velocemente cercai di coprirla con il lenzuolo. A quel punto lei sorridendo mi dice: “Buongiorno...wow, complimenti. Dunque sei proprio un ometto. Stanotte allora ho rischiato grosso, quello che dormiva acconto a me altro che bambino era un piccolo mandrillo”.
Mi alzai lentamente, ricambiai saluto e sorriso e lei aggiunse: “Scherzo ovviamente. L’importante è che hai dormito bene. Scusami anzi se stanotte mi avrai sentito cambiare posizione. Se avrò invaso il tuo lato. Sai l’abitudine da anni a dormire sola e in più questo caldo, spero non ti abbia disturbato?”.
La guardai come trasecolato. Nessun accenno, nemmeno minimo, a ciò che avevo fatto per buona parte della nottata. Così le risposi: “Oh no signora, no. Nessun disturbo. Grazie a lei. Anzi sono stato benissimo...più che bene (mi scappò un riferimento alla nottata). Casomai mi scuso io per l’invasione” e lei: “Ma quale invasione...è stato un piacere, un vero piacere. E poi che hai dormito bene accanto a me l’ho capito abbastanza bene e non solo da...dall’alzabandiera con cui ti sei svegliato stamattina (mi fece l’occhiolino sorridendomi).Sono contenta. Adesso su sbrigati che papà ti aspetta. Fate colazione e ripartite”
Mi alzai e mi rivestii, feci colazione e andai con una domanda che mi frullava in testa: cosa avrà voluto dire con quel “E poi che hai dormito bene accanto a me l’ho capito abbastanza bene”? Allora fingeva di dormire e mi ha lasciato fare….o davvero non ha sentito nulla e si riferiva al solo sonno? E me lo continuai a chiedere in auto mentre ripartivamo alla volta del prossimo appuntamento di lavoro di papà. Ma ancora oggi, a distanza di tanti anni, me lo chiedo.
Non lo saprò mai, ricordo solo che rientrato a casa la prima cosa che feci fu chiamare il mio, ormai e per la sua felicità, “schiavetto” Simone. Una doccia rigenerante, un bicchiere di coca con ghiaccio sprofondato in poltrona e il mio cazzone duro coccolato dolcemente dalla sua bocca per un bel pompino pensando a quella notte ai piedi della bella cartolaia.