Come al suo solito, Sabrina era in ritardo. Quella cena di lavoro era importante. Non che lei fosse l’ospite d‘onore, ma non si fa mai bella impressione davanti al capo se non si è puntuali. L’unica cosa in cui Sabrina sperava era che nessuno si sarebbe accorto della sua assenza e, soprattutto, del suo susseguente arrivo, visto che la cena era su un lido davanti al mare, quindi, all’aperto. Non era una tipa spericolata in macchina, tutto il contrario, ma quel giorno avrebbe fatto invidia a un pilota di formula uno. Per armeggiare coi pedali si era levata la scarpe. Aveva calzato le sue preferite: quelle rosse col tacco vertiginoso, che le facevano un culo di marmo, bello alto, con conseguente mal di schiena ma si sa: se belle si vuole apparire, un po’ si deve soffrire! Fortuna volle che i parcheggi fossero liberi. Non essendo alta stagione, di bagnanti ancora non se ne vedevano e perciò era più facile trovare posto per la macchina. Accadde ciò che Sabrina aveva sperato: nessuno si accorse della sua assenza ed ebbe modo di intrufolarsi, prendere un bicchiere e cominciare a vagare tra gli ospiti e i colleghi. Il finger food era a base di pesce, cosa che alla scrittrice non piaceva molto. A causa di questo capitò che bevesse soltanto ed è risaputo l’effetto dell’alcol quando ingerito a digiuno. Sabrina era già brilla al secondo bicchiere. Incominciò a fare la scema con le colleghe ma non fino a essere molesta. Le venne presentato da una di queste, un uomo sui cinquanta. Non di bell’aspetto ma, come avrebbe poi saputo in seguito, era uno che aveva insistito tanto per conoscerla, fin da quando aveva posato gli occhi su di lei. Il tizio era elegante e dai modi raffinati. Dall’apparenza un po’ effeminato. Sicuramente nei gesti, ma pure per quanto riguardava la cura del corpo, l’uso di profumo e un leggerissimo filo di trucco che si notava appena appena, per chi aveva l’occhio allenato. Lo sconosciuto era piuttosto intraprendente ed eliminò nell’immediato la distanza tra i due, arrivando, con scuse varie, a sfiorare il braccio o la mano dell’interlocutrice. Sabrina notò questa cosa. Era evidente anche per lei che il tizio voleva scoparsela, altrimenti: perché tutto quell’interesse e confidenze? La ragazza andò in bagno per fare pipì. Aveva bevuto davvero tanto e i fumi dell’alcol principiavano a darle alla testa. Il wc era unisex per cui non fu certo uno scandalo quando il corteggiatore di Sabrina si presentò là dentro. La cosa che lasciava maggiormente scalpore, o che avrebbe potuto farlo, era che quel gentile signore era già a cazzo duro. Sì, il cazzone era in tiro. Lo si notava chiaramente dal rigonfiamento dei pantaloni. Sabrina ebbe uno scatto istintivo e gli afferrò la minchia, arrivando a stringergli i coglioni. Il tipo fece una smorfia di dolore che si tramutò in piacere man mano che la scrittrice stringeva e faceva su è giù con l’arto, con i calzoni che facevano attrito, arrivando a grattare la capocchia umida del tipo, che si mordeva le labbra. La lasciava fare. Era inerme davanti alla sicurezza di Sabrina. Egli se ne stava con le braccia lungo il corpo e la testa chinata all’indietro per il piacere procuratogli. Sabrina aveva la situazione in pugno, era proprio il caso di dirlo! Senza lasciargli neanche per un secondo il cazzo, la ragazza si avvicinò alla porta di ingresso del bagno e la chiuse a chiave. Essendo l’unico cesso del locale, la speranza era che nessuno andasse a rompere i coglioni! La giovane abbassò la zip e tirò fuori appena quel tanto che bastava, la punta della cappella, che strinse tra l’indice e il pollice, trascinando l’uomo verso il muro. Sabrina non calò i pantaloni al tizio, si limitò a tirare fuori tutto il cazzetto, non era tanto grande, palle comprese, alla quali testò la sensibilità con rapidi colpi ben assestati delle nocche delle dita. A ogni contatto, il tipo faceva dei saltelli e si lamentava per il dolore, non eccessivo, ma pur sempre dolore. Fu solo in un secondo momento che la scrittrice portò l’indice e il pollice della mano destra premendo sul glande e facendo in modo che il buchino si allargasse quel tanto che bastava per infilarci, con fatica, il mignolo dell’arto sinistro. Sabrina aveva le unghie lunghe e quel gesto suscitò molto dolore a colui che era divenuto il suo schiavo. Per la prima volta, l’individuo di cui non rammentava neanche il nome, afferrò il polso della scrittrice, come a volerle dire di fermarsi, ma lei, guardandolo dritto negli occhi, non lo fece. Portò il dito più giù che potesse, arrivando a ficcare metà del mignolo. Quando lo tirò fuori era bagnato come se lo avesse messo nell’acqua. La smorfia di dolore sul viso del tizio si trasformò in sollievo. Il buco era stato aperto e si poteva vedere all’interno. Sabrina ci sputò, così, perché aveva semplicemente voglia di farlo. Come tute le donne, la parte materna della ragazza venne fuori. La ragazza accompagnò, senza tante difficoltà, la testa del partner sul suo seno, ficcandola in mezzo alle tette, rimaste nella camicetta ma che stavano su belle sode, nonostante Sabrina non portasse il reggiseno. Il tipo si attaccò ai capezzoli e cominciò a succhiare. Quelle parti del corpo, già rese dure dai piercing, sembravano due chiodi che spuntavano dall’indumento. Questo, tanto era zuppo di saliva, regalò un’erotica trasparenza che lasciava intravedere il colore rosa chiaro dell’areola attraverso le fibre del tessuto. Stanca di quell’atteggiamento, La scrittrice, come se avesse agito per farsi perdonare dell’allargamento del buco della capocchia, alzò la gonna e scostò di poco il perizoma, liberando l’ano. Non ci fu bisogno, al fortunato, di capire ciò che la ragazza desiderava e si mise in ginocchio ad attendere. La scrittrice si voltò, gli poggiò le natiche contro la faccia e spinse fino a far sbattere con la nuca contro al muro alle sue spalle, l’individuo. Questi iniziò a leccarle l’ano e mentre Sabrina lo teneva ben largo per fare in modo che la lingua en-trasse a fondo, il partner gli teneva le mani sui fianchi. La ragazza gliene prese una e se la portò alla figa umida e pelosissima. Il liquido di piacere gocciolava tra le gambe mentre l’uomo leccava come fosse un cane voglioso, il buco del culo della giovane intellettuale. Questa, dal canto suo, tenne ferma la testa del tizio, afferrandola per i capelli. Gli fece aprire la bocca e gli scorreggiò dentro. Fu una cosa disgustosa che Sabrina non aveva mai fatto prima ma che l’istinto gli aveva dettato di fare. Il tipo tossì e allontanò il capo, disgustato, ma era la parte passiva e, pertanto, non protestò. Come in precedenza, quasi a volersi far perdonare, Sabrina si voltò e in bocca gli mise la figa, muovendo il bacino avanti e indietro, come se avesse il cazzo e in ginocchio ci fosse una donna che la stava spompinando a dovere. Il folto pelo strusciava contro il naso dell’uomo, che annusava quell’odore selvaggio. La ragazza stringeva forte la testa, tenendo la sua verso l’alto, tanto era il piacere che provava. D’improvviso, però, si fermò. Abbassò il capo e gli sguardi dei due si incrociarono. La scrittrice si assicurò di essersi sistemata ben bene sulla bocca del tipo, allargando le cosce quel tanto che bastava per farci entrare dentro la testa ed impedirgli di muoversi. Appena ne ebbe la certezza cominciò a pisciare. Non una goccia cadde a terra. Il tipo beveva tutta l’urina che gli veniva data, mentre guardava negli occhi la ragazza che lo stava abbeverando con quel liquido caldo che gli usciva dalla figa. Sabrina godeva come una cagna nel vedere quanto sottomesso fosse quello sconosciuto. Una volta finito, allontanò la testa dell’uomo, gli sputò in bocca e gli diede un paio di schiaffi, poi lo fece alzare, lo girò di schiena, gli sfilò la cintura dai pantaloni e gli legò le mani dietro la schiena. Lo attaccò al muro, cominciando, con la sua figa pelosa, a strusciarsi con intensità contro al culo. Lo faceva con tanta foga che sembrava lo stesse sodomizzando, mentre lo afferrava per le braccia. Fu in quel momento che la scrittrice si portò un dito alla bocca, lo lubrificò e lo ficcò con prepotenza nell’ano del partner. Questi ebbe un gemito di dolore misto a piacere, che subito cessò lasciando spazio al primo, perché, la giovane, seguì a portare dentro le altre dita, fino a ficcare tutta la mano. Il dolore di quel signore era tanto ma il cazzo lo smentiva, restando dritto come un’asta e sbattendo contro le mattonelle della parete davanti a sé, lasciando cadere un filo di liquido trasparente fino a terra. Sabrina, mentre gli aveva praticamente infilato tutta una mano nel culo e faceva avanti e indietro velocemente, con quella libera afferrò la minchia, cominciando a segare. Ci dava dentro talmente tanto forte che il pugno sbatteva contro i coglioni, facendoli agitare come delle campane. Chi stava subendo quel misto tra dolore, sottomissione e piacere, non ci mise molto a sborrare come una fontana. Gli schizzi furono talmente intesi che il rumore che fecero fu udibile, medesima cosa per lo sperma che sbatteva sulle mattonelle. Sabrina, soddisfatta per come si era comportata ma vogliosa in quanto lei non aveva avuto l’orgasmo, mordeva le orecchie e il collo dell’uomo, come fosse una vampira. Questi, stremato, arrivò ad accasciarsi con la fronte contro alla parete, ansimando come se avesse corso. La scrittrice gli liberò le mani e si voltò verso il lavandino per lavare le sue. Una volta fatto, lasciò il bagno dopo essersi data una veloce sistemata ed essersi ricomposta, tornando alla festa come se niente fosse.
Visualizzazioni: 3 769
Aggiunto: 3 anni fa
Utente:
«scritto bene anxhe se la sottomissione maschile non mi appartiene e non mi piace!»