Per diverso tempo avevo lavorato saltuariamente per vari siti che offrivano servizi di sesso virtuale a pagamento. In altre parole: ero stata una cam girl.

Una volta, all’inizio di questo fenomeno, ci si nascondeva il viso per mantenere celata la propria identità, ma, come sempre accade, quando qualcosa che in un primo momento appare come scabroso diviene di dominio pubblico e lo si conosce meglio, quel velo di ipocrisia cade e tutto diviene più naturale e accettato dalla gente.

Fu così che, non avendo un lavoro ed essendo una a cui piacciono i soldi e guadagnarli in maniera facile, decisi di intraprendere questa carriera… sì, carriera, perché bisogna saperci fare se si vuole avere successo e intascare del denaro. La concorrenza è spietata e bisogna sapere emergere. La testa la si deve usare anche per fare la cam girl. Non avviene tutto in maniera semplice e scontata.

Trasmettevo, da principio, con una certa frequenza. Dovevo crearmi un seguito, perciò mi facevo trovare on-line sempre alla stessa ora e per la stessa durata di temo di una trasmissione. Avevo incrementato la pubblicità sui miei social, dove segnalavo a chi mi seguiva, puntualmente quando ero in trasmissione.

Facendo tutto ciò, arrivarono i primi soldi e potevo viverci tranquillamente fino a fine mese, pagando affitto, bollette eccetera. Non potevo definirmi benestante, ma era già un primo passo: avevo cominciato col piede giusto.

Più il tempo passava, più la mia popolarità cresceva e, di conseguenza, i soldi che mi entravano in tasca. Arrivai a guadagnare anche cinquemila euro al mese. Bel risultato, no?

Ci fu un periodo d’oro in cui, presa dalla foga e dall’eccitamento del denaro, dal mio esibizionismo e dal fatto che sapevo che dall’altro lato c’erano migliaia di persone che ansimavano e si masturbavano guardandomi, il sentirmi come una puttana o un’attrice porno, entrambe pagate per dare piacere, godevo duro solo sfiorandomi e regalavo agli utenti che erano miei fans, piogge di liquido che mi schizzava dalle cosce come niente. Però, per ogni cosa c’è un inizio e una fine e lo stesso avvenne per quell’esperienza, vecchia ormai di un due, tre anni.

La faccenda era divenuta monotona e soddisfare continuamente le medesime richieste, cominciava a essere stancante. Fu così che, quasi da un giorno all’altro, abbandonai tutto e taglia la mia vita da cam girl con un clic, cancellando ogni account che mi collegasse alle pagine su cui lavoravo ed eliminando, ovviamente, pure gli account delle piattaforme che mi ospitavano.

Avevo messo da parte un bel gruzzolo e fu con quello che aprì un’attività. Ma questa è un’altra storia.

Intrapresi il mio nuovo lavoro con passione e interesse ma forse, però, sono una tipa che si annoia facilmente e vuole sempre vivere qualcosa di nuovo o comunque, di intenso, più che nuovo.

Come un cane che si morde la coda, incominciai a sentire la mancanza, non tanto dei soldi, di quelli ne guadagnavo abbastanza anche con ciò che facevo per vivere, piuttosto di essere desiderata, voluta ardentemente, essere una sorta di oggetto del desiderio proibito di chi mi seguiva e guardava sparandosi dei pugnettoni belli duri e sani, che terminavano con una densa sborrata sullo schermo, vale a dire: su di me. L’unico problema che mi impediva di riprendere a fare show in cam, era quello, proprio, di vederlo come un lavoro e il dover avere degli orari, che per quanto flessibili, erano pur sempre degli orari da dover seguire, a tenermi lontana dal tornare sulle scene del web a figa spalancata e tette toste di fuori. Del mero guadagno in sé non mi importava granché, però anelavo il poter vedere chi mi stava davanti mentre me lo facevo fissandolo attraverso quel mezzo freddo che è l’occhio della telecamerina posizionata sul mio pc. Indipendentemente che il tizio che mi stava davanti fosse vecchio o giovane, bello o brutto, magro o grasso, impazzivo al solo pensiero di accertarmi, perché lo vedevo, che stava godendo per me. Non era necessario doverci parlare o chattare, certo, interagire sarebbe stato meglio, è una cosa che adoro, però non fondamentale. Fu per questi motivi che mi misi alla ricerca di siti internet di video chat in cui ci si poteva mostrare nudi, qualora lo si fosse voluto. La ricerca non fu affatto difficile. In ognuno di questi siti ci sono un sacco di uomini (donne molte meno) che ce l’hanno già tutti in mano, pronto all’uso e perciò c’è l’imbarazzo della scelta, cosa che mi permettevo di fare, ma ci arriveremo un po’ più avanti.

Ero tornata sulla piazza, però in maniera gratuita e per procurarmi solo piacere fisico, sensuale e sessuale. Volevo sentirmi porca ed essere trattata come una pezza da piedi dai maschi che avrei incrociato nella mia ennesima avventura virtuale.

Essendo la pagina web che avevo scelto particolarmente avvezza al ban facile, ero obbligata ad adottare un atteggiamento iniziale, soft. Mi facevo trovare davanti lo schermo con una canottierina o una maglietta dai colori chiari, tanto da sembrare trasparente, senza reggiseno, coi capezzoli che sparavano in avanti, avendoci io due bei piercing che me li tengono costantemente duri e facili alla eventuale succhiata da parte di un fortunato tipo a cui decido di concedermi. Viso in bella mostra, come sempre, e mano che già scivolava tra le cosce e sgrillettare una figa umida e pronta da tirare fuori all’occorrenza.

Il primo giorno mi sarò fatta una trentina di uomini, senza riuscire ad avere un solo orgasmo a causa della loro poca capacità di trovarsi di fronte una donna determinata e vogliosa, intenzionata a fare di tutto, di tutto davvero, anche se solo in cam, per loro e con loro.

Non riuscendo a trattenersi, le schizzate partivano rapide. L’atto terminava nel giro di un paio di minuti, nei casi più fortunati. Per altri, causa il forte imbarazzo, nemmeno si drizzava ma avevo imparato che in questi situazioni particolari, bastava rendere evidente l’impasse e insultare, umiliare senza pietà il partner. Questi, sentendosi sottomesso, ha la medesima reazione di quando, per farlo venire duro al tipo con cui si deve scopare dal vivo, gli si lecca l’ano o, meglio ancora, gli si ficca un dito nel culo, sditalinandolo a dovere e avendo così una bella reazione grazie alla stimolazione costante della prostata. Me la cavo a eccitare gli uomini, lo ammetto: è un vanto per me!

Registravo ogni trasmissione. Adoravo riguardarmi e masturbarmi (riuscendo finalmente a venire) tenendo gli occhi fermi sulla mia immagine immortalata in quei filmati di pura porcaggine. Ero davvero sensuale!

Col trascorrere del tempo la noia tornò a essere padrona delle mie galoppate in rete. Non mi bastava più solo darci dentro con foga per essere soddisfatta. Quel che mi era mancato fino a quel momento era la quasi totalità, la mancanza, l’assenza di interazione. Non volevo parlare con chi mi trovavo davanti, ma essere complici in qualcosa dal punto di vista sessuale, mentre lo facevamo, che ci fosse una sorta di feeling, legame. Fu così che decisi di adottare un atteggiamento maggiormente soft.

Cominciai a escludere quelli a cazzo in mano o nudi. Si capiva quali erano quelli vogliosi (tutti, in sostanza) e quelli troppo timidi (altri che venivano scartati). Mi soffermai di più su coloro che se lo menavano, è vero, ma che mostravano il viso e capivi ciò che facevano dal fatto che notavi distintamente il braccio muoversi, fare su e giù. Li approcciavo con un sorriso e provavo a farli resistere, trattenendomi anche io, in maniera tale che il divertimento sarebbe stato più duraturo. Li obbligavo a parlarmi, parlarmi, non: scrivermi. Se avessero chattato sarebbero state troppe interruzioni. Fu in una di queste esperienze, devo dire molto belle e soddisfacenti, che conobbi Nicolas. Un ragazzo, a detta sua, di appena diciotto anni. Magro, non fisicato ma che se lo scapocchiava a dovere, con gusto. Essendo io più grande di lui di nove anni, potevo manovrarlo come più mi piaceva. Ubbidiva a qualsiasi cosa gli chiedessi: dal ficcarsi le dita in culo al leccarsi le dita sporche di merda, dal prendersi a pugni nei coglioni a pisciarsi sulle mani. Sia ben chiaro: io facevo lo stesso per lui, solo che non era un ragazzo che avesse molta fantasia, data la giovane età e un’esperienza limitata. Ci scambiammo i numeri di telefono, col tempo, anche skype e i vari social per rimanere in contatto. Sapevamo qualcosina l’uno dell’altra. Io spiavo le sue foto e i suoi aggiornamenti e penso che Nicolas facesse lo stesso nei miei confronti. Messaggiavamo su whatsapp. Proprio su whatsapp avanzai la richiesta di spedirci foto piccanti e così proseguì per alcuni mesi con la pretesa di ricevere quasi ogni giorno foto del suo cazzo in tiro o moscio, mentre faceva la doccia o anche mentre cacava, con lo stronzo che gli usciva dal culo. Sì, sono un po’ perversa ma queste cose estreme mi eccitano. Ho tutte le sue foto in memoria e una cartella su google drive, così da essere certa di non perderle. Arrivai a fargli infilare una sottile asticella metallica dentro l’uretra. Si vedeva la capocchia che si apriva in due, che si allargava. Gli avrà fatto sicuramente malissimo ma il mio giovane schiavetto mi accontentò senza battere ciglio. Le istantanee in cui non si vedeva il viso le misi su internet in molteplici siti, senza chiedergli il permesso, così, per tastarne l’eventuale successo e leggere i commenti. Ricchioni ma anche puttane varie o presunte tali, lasciarono un’infinità di commenti, tutti positivi, Su quelli mi ci feci un sano ditalino. Mi stimolava un sacco leggere della loro voglia per lui.

Confesso che la mattina, quando accendevo il cellulare, accorgermi che l’icona di whatsapp segnava un numerino, mi auguravo perennemente che il messaggio fosse di Nicolas e che ci fosse una sua foto. Conosceva i miei gusti, ormai, ma mi chiedeva sempre di più, per sperimentare, si vede.

Gli mandai in regalo, per il suo compleanno, un grosso cazzone in lattice, di quelli con la forma animalesca. Per essere dettagliati: quello del kraken. Era davvero grosso.

Il dono gli costò un bel po’ di imbarazzo e difficoltà, dato che viveva coi suoi e nascondere una cosa del genere può essere ingombrante e, se questa fosse stata scoperta, insomma, non sarebbe stato facile spiegarla.

Gli spalancò il buco del culo! Quando mi arrivarono le foto non stavo nella pelle. Mi doleva la pancia dalla voglia di spararmici un ditalino sopra. Dovetti trattenermi per tutta la mattinata in quanto ricevevo clienti nella mia attività e non potei sfogarmi come volevo. Un supplizio terribile. Avere coscienza che le foto ti sono arrivate e non poterle guardare.

Appena ebbi finalmente l’opportunità, me la menai di forza, come altre pochissime volte in vita mia. Il buco di Nicolas era spaccato. Lo avevo aperto, sì, ero stata io col mio cazzone che gli avevo regalato. Me lo stavo inculando io e a lui questo piaceva. Lo avevo sottomesso ben bene e non fiatava. Soffriva, lo so, perché fa male, ma notare che oltre alla sua minchia in tiro aveva quel coso nel culo, mi riempì di gioia: lo stavo facendo godere e godere di brutto. Lo chiamavo: la mia puttana. Così lo registrai nella mia rubrica.

Non ci sentiamo da un po’, ormai, perché, come già detto in precedenza: le cose, tutte le cose, prima o poi scemano, terminano, finiscono. Ammetto che, quando sono sola e ho voglia, mi capita che, invece di sbattermela guardando un porno o trasmettendo in cam, mi connetta con uno dei siti su cui ho postato le foto, legga i commenti, sempre di più e più spinti e mi infili il braccio dentro la figa, il mio braccio, fino a metà. La voglio sentire bella larga e dato che io il cazzo del kraken o quello di un cavallo non ce l’ho, mi limito a mettere dentro il mio arto ben lubrificato da una pisciata, fino dove riesco ad arrivare. In fin dei conti, se ci pensate bene: sono una che si accontenta di poco e che fa di necessità virtù!
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