Era il giorno in cui la mia migliore amica doveva battezzare suo figlio. Con lei ci conoscevamo da quando eravamo ragazzine. Avevamo fatto tutto assieme, si può dire. Stesse scuole, stesse classi, stessi amici. L’unica differenza era che Marta, questo è il suo nome, aveva sposato il ragazzo con cui si era fidanzata alle medie. Da un amore, se così si può definirlo, adolescenziale, era arrivata a crearsi una famiglia.
Gli anni di fidanzamento erano stati tanti e anche i momenti di alti e bassi nella coppia, con un paio di rotture alle spalle, sanate dalle rispettive famiglie, che ormai vedevano in loro il legame perfetto e assodato che la società si aspetta. Sapevo che non era affatto così, lo sapevano tutti, ma gli altri lo negavano, io, dal canto mio, conoscevo ogni dettaglio della vicenda, dato che la mia amica si confidava con me.
Arrivai in chiesa in ritardo, quel giorno, come da mia abitudine non sono mai puntuale.
Era estate e perciò il vestito che portavo era scollato e con la gonna abbastanza corta, poco sopra il inocchio, ma niente di scabroso.
Per coprirmi il decolté mi poggiai sulle spalle un foulard, in maniera che il canale delle mie tette fosse invisibile. Non potei fare nulla per i capezzoli turgidi, però. Avendo io i piercing a entrambi i seni, quella parte del mio corpo rimane perennemente in vista, specie quando indosso, come in quella occasione, abiti leggeri.
Notai immediatamente che tutti, e dico, tutti gli uomini presenti, non facevano altro che guardarmi proprio lì, ma c’ero abituata e la cosa mi piaceva pure. Non ho un petto molto grosso, porto una seconda bella piena e questo mi permette, come anche in quella occasione, di andarmene in giro senza reggiseno, visto che loro stanno su belle sode, senza dare problemi o farmi sembrare sconcia.
Degli invitati non conoscevo praticamente nessuno, se non di vista. Gli unici che mi erano familiari erano Marta, il marito e i genitori di lei.
Avevo gli occhiali da sole, non me li tolsi, così che potei, senza farmene accorgere, scrutare gli sguardi che i maschi mi lanciavano e vederli sogghignare qualcosa, tra una risatina e l’altra. Se solo avessero potuto se lo sarebbero tirato fuori lì e me lo avrebbero ficcato a sangue in ogni buco, massacrandomi, ma non potevano e il cazzo gli rimase in tiro, ma nei pantaloni, senza possibilità di svuotarlo a dovere. Ce n’era qualcuno, di quei tizi, ai quali lo avrei preso in mano più che volentieri. Non perché fossero chissà come belli o che avessero una bella minchia grossa, questo non potevo saperlo, ma mi facevano sangue e una scapocchiata dura gliela avrei fatta con piacere, facendomi sborrare dritta in faccia, come un’attrice porno.
La cerimonia ebbe luogo e immediatamente dopo ci accalcammo per fare gli auguri al piccolo e ai familiari. Inutile dire che nella calca le strusciate mi sfiancarono. Sentivo cazzi tosti lungo tutti i fianchi. Qualcuno spinse anche, come a volermi ficcare. Io facevo finta di niente e continuavo a farmi avanti, poggiando le mie tette contro la schiena di chi avevo difronte, uomo o donna che fosse. Fu proprio quando finalmente giunsi davanti la mia amica, che teneva in braccio il figlio, che il prete tornò dalla sagrestia, nella quale si era andato a togliere la tonaca. Era un uomo di circa sessant’anni o poco più. Capelli solo dietro la nuca, grigi come la cenere. Naso adunco e zigomi sporgenti. Approfittò per fare gli auguri ai genitori del piccolo.
Dopo ciò, io mi fermai accanto a Emma, attendendo che tutti gli invitati finissero di fare la sfilata, scambiandosi convenevoli. Davanti a me c’era il sacerdote. Forse, ma non saprei dirlo con certezza, la prima volta che mi poggiò il gomito contro al seno, non lo fece di proposito, sta di fatto che la cosa, evidentemente, gli piacque molto e insistette a sfruculiarmi contro il capezzolo. Spingeva proprio facendomi anche un pochino male!
Me ne stavo con la mani una sull’altra, davanti al ventre, lasciandolo fare. Parlava con Emma e il marito e perciò ero portata a pensare che sul serio non si rendesse conto di ciò che mi faceva.
Cominciai a bagnarmi. La faccenda era eccitante. Non mi era mai capitato. Quasi certamente, visto che gli uomini e i ragazzi presenti non facevano altro che fissarmi da quando avevo messo piede in chiesa, si erano accorti di quanto concedevo al parroco, delle liberta che si stava prendendo col mio seno, con me assolutamente impassibile. Avrei potuto fare qualche passo indietro ed evitare ogni cosa, ma non ne avevo intenzione.
Emma mi chiamò a sé per fare delle foto. Fu così che, da dietro al prete, gli passai davanti e quindi, con questo spostamento, lui mi finì alle spalle.
In principio non accadde nulla, anche perché, tra i presenti, c’era chi lo conosceva e andava da lui per salutarlo e scambiare qualche parola, dirgli di passare da casa per benedirla, cose così. Fu quando finalmente lo lasciarono in pace che decise, con coraggio, devo ammetterlo, ad appoggiarsi deciso contro al mio culo. Quel gesto mi fece spalancare gli occhi e mi colse di sorpresa, mettendomi in imbarazzo, un serio imbarazzo. Sentivo chiaramente la punta del suo cazzo contro la parte centrale delle mie chiappe sode, come se stesse cercando il buco. Tentai di voltarmi e guardare se ce lo avesse duro, volevo vederlo, anche se da sopra i pantaloni, ma non ci riuscì. Le gote erano tutte rosse e sentivo caldo. Principiai a respirare affannosamente e mi levai il foulard, scoprendo spalle e canale delle tette. Non mi importava nulla, mi era salita troppa voglia in corpo e a farmela salire era stato un prete di oltre sessant’anni!
Emma si accorse del mio cambiamento in viso e del mio ansimare. Mi chiese se stessi bene e io, con un sorriso impacciato, le feci cenno di sì col capo. Vedendomi strana, non poté fare a meno di notare che, praticamente attaccato contro la mia schiena, c’era il prete che aveva celebrato il battesimo. Non so che faccia avesse lui, ma quella della mia amica era stupita! Faceva ballare gli occhi tra me e lui, quasi a volermi chiedere cosa stessimo facendo. Il sacerdote mi posò una mano su un fianco. Non ce la facevo davvero più.
Cominciai a fare forza in senso contrario alla sua. Mentre lui spingeva, e spingeva come se mi stesse chiavando, mi dava proprio dei colpi, io ricambiavo facendo forza contro al suo cazzo. Si stava godendo una strusciata magnifica contro il culo di una ventiseienne, allora era questa la mia età. Non è certo una cosa che capita tutti i giorni, in particolare se hai preso i voti e potresti essere mio padre!
Mi mordevo le labbra per trattenermi. Avevo un lago tra le gambe. Me le sentivo appiccicaticce. La mutandina era umidissima e temevo che il mio piacere potesse gocciolare, scivolandomi tra le cosce e che tutti lo avrebbero visto. Quando pensavo a tale eventualità, non facevo che peggiorare le cose perché mi eccitavo ulteriormente.
Emma aveva capito ogni cosa ed era più imbarazzata di me. Continuava a far buon viso a cattivo gioco e parlava con tutti coloro che le sia avvicinavo per gli auguri. Quando ebbe qualche secondo, tra i denti, mi rimproverò, dicendomi di smetterla di fare la puttana con un prete, in una chiesa, al battesimo del figlio. Io avrei voluto davvero tanto riuscire a darle ascolto, ma non ci riuscivo. Perseveravo a dare il curo al parroco in un modo fin troppo evidente. Sentivo che gli scappellavo il cazzo in tiro a ogni strusciata, che gli abbassavo la pelle della capocchia. Gemeva, addirittura, e anche io mi trattenevo a stento ma qualche mugugno mi scappò.
Muovevo il bacino contro di lui come se stessi ballando. I pantaloni ce li aveva bagnati e avvertivo il suo liquido su di me. Mi aveva macchiato il retro del vestito, che era verde chiaro e la macchia scura si notava benissimo.
Marta, lanciandomi un’occhiata terribile mi disse di sbrigarmi, di farlo sborrare a andare via, poiché tutti ci stavano guardando.
Eseguì quanto mi impose la mia amica. Non nascondo che mi eccitava anche il fatto che lei sapesse tutto e che mi avesse dato un ordine.
Agitai il culo più velocemente. Lo feci strusciare a dovere contro il cazzo che andava man mano ammosciandosi. Il piacere del prete raggiunse l’apice dopo qualche secondo di quel lavoretto di culo.
Sborrò. Gli scappò un gemito un tantino troppo forte e attirò l’attenzione di chi stava là vicino, Marta compresa. Il vecchio mi strinse la mano sul fianco quando schizzò contro le mie natiche.
Mi staccai da lui. Il vestito rimase attaccato alla macchia di sborra che si era schiantata contro i pantaloni, trapassandoli e raggiungendomi. Mi mordevo le labbra per quanto continuassi a rimanere eccitata. Lui era venuto, io no. Non ebbi il coraggio di voltarmi per guardarlo in volto.
La mia amica mi prese da parte e mi disse di uscire per ultima dalla chiesa, perché ero sporca contro al culo. Io non le risposi. Mi sentivo in colpa per averla messa in imbarazzo, ma non era dipeso da me quanto accaduto.
M portai le mani nel punto esatto in cui c’era la macchia di sborra. Sentire le mani che si bagnavano dello sperma mi fece un po’ schifo.
Le portai al naso per sentire che odore avesse lo sperma di un vecchio. Non ne aveva nessuno. Fui tentata di assaggiare ma mi vergognai troppo.
Ero paonazza in viso e i capelli un po’ scompigliati.
Quella sera nessuno dei baldi giovani che mi avevano puntato per tutto il giorno si fece avanti. Avrei accettato le avances di chiunque, tanta era la voglia che mi agitava il ventre! Nessuno seppe mai che grande scopata si perse!
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