Fu in un giorno di sole che, invitata a un matrimonio, mi misi in tiro per l’occasione.
Non vi nascondo, sarebbe incredibilmente ipocrita da parte mia che, dato che non avevo un ragazzo fisso da tempo, anzi, non avevo proprio un uomo da un bel po’, ero intenzionata a farmi qualcuno, quel dì. Con la faccia e il corpo che mi ritrovo e l’aiuto dell’alcol, non sarebbe stato difficile. L’alcol, in realtà, era un arma a doppio taglio, lo è sempre stata per voi maschietti. Non vi permette di farvelo venire su bello duro e sano per poter penetrare una figa stretta e umida, anche dopo un’incessante lavoro di pompa, di bocca.
Mi recai direttamente al ristorante, evitandomi la noiosa cerimonia e mi presentai bella fresca e in tutto il mio splendore.
C’erano un sacco di rivali, strafighe di ogni genere, ma tutte, all’apparenza, almeno, accompagnate dal manico, dal loro tipo. Un paio me li ero scopati in passato, quando, spero, non stavano già con la fidanzatina che stringevano sottobraccio. Chiavatori scarsi, a dire il vero, con una lumachina semi moscia al posto del cazzo.
Dovevo per forza fare buon viso a cattivo gioco e non dare nell’occhio delle guardinghe compagne. Visto che c’era già stato un precedente, conoscendo le mie intenzioni e la sete di cazzo in tiro che avevo, in mancanza di meglio me ne sarei potuto fare uno. Certo sarebbe stata una sveltina di qualche secondo ma stavo messa male e anche un paio di colpi ben assestati appoggiata contro a un muro, mi sarebbero bastati per qualche ora, almeno.
Fu una bella festa, ben organizzata. Si bevve un sacco, mamma mia quanto si bevve. Io non sono una che si tira indietro quando si tratta di buttare giù qualche bicchiere, eccedendo e finendo, non per essere ubriaca fradicia, questo no, mai, non mi è mai successo, non mi piace stare male il giorno dopo, ma bella brilla sì, cazzo che sì!
Quella volta non feci eccezioni e cominciando dal prosecco arrivando al vino e poi lo spumante, ero bella che andata.
Mi sentivo leggera leggera, disinibita più del solito e pronta a ricevere la prima minchia tosta che mi si sarebbe offerta.
Come in ogni festa che si rispetti, dopo esserci riempiti la pancia di cibo e alcol, si era passati nella sala da ballo per la serata danzante.
Avevo già provveduto a cambiarmi le scarpe e a sostituire i tacchi con delle più comode ballerine. Sono bassina, lo ammetto, ma sappiamo tutti come dice il proverbio: “nelle botti piccole c’è il vino migliore”, e io di vino buono ne avevo da vendere, anzi: da regalare al primo fortunato.
Mi buttai nella calca come un’ossessa. Saltavo, più che ballare veramente, dato che non so farlo. Le tettine mi stavano su belle sode, come sempre, ma erano in vista grazie alla scollatura profonda che avevo.
Per attirare ancor di più l’attenzione, giocavo con la gonna del vestito, agitandola fino a scoprire le cosce tornite e fette di culo che andavano e venivano nel giro di qualche secondo. Mi passavo le mani nei capelli, facendo il più possibile la sensuale.
Come api al miele, non tardarono ad arrivare ragazzi e uomini che mi circondarono letteralmente, facendo finta di nulla, senza dare nell’occhio. Mi trovavo nel mezzo di tanti porci che mi sfioravano appena con i polpastrelli e mi si strusciavano sui fianchi. Mi mordevo il labbro nel vedere che ero desiderata e mi sentivo una puttana, una troia da monta. Il tutto, come spiegato prima, era accentuato dall’alcol che avevo bevuto e che faceva sì che non mi preoccupassi eccessivamente di eventuali sguardi di giudizio da parte degli altri invitati.
Lasciai che le braccia mi cadessero lungo il corpo a penzoloni, così da poter a mia volta toccare, seppur di striscio, i cazzi di chi mi ballava attorno. Erano tutti, e dico, tutti, delle minchie mosce. Rimasi sorpresa di non avere vicino un vero maschio, uno bello pronto per cavalcarmi a dovere.
Dopo circa una mezz’ora che saltavo, cominciai a stancarmi. Affaticata e delusa, mi andai a sedere su una sedia.
Ero sudatissima. Avevo un caldo e una sete incredibili! Continuai a bere degli alcolici, pareva che l’acqua fosse stata bandita da quel luogo! Mi facevo, per quanto possibile, un pochino d’aria con la mano, mentre il mio petto si gonfiava e sgonfiava seguendo il ritmo del mio respiro affannato.
Mi si avvicinarono due tizi. Non li conoscevo. Erano anche loro degli invitati, ma non li avevo mai visti. Brutti come la morte ma furono gli unici a prendere coraggio, visto che ero ubriaca, e a rivolgermi la parola.
Me ne stavo seduta sulla sedia a cosce aperte, in maniera poco femminile, devo dirlo. Non spalancate, ma di sicuro non si sta sedute come stavo io, se si ha la gonna.
Con la scusa di uscire per fumare, mi feci accompagnare fuori. Uno di loro, vedendomi barcollare, mi afferrò da dietro, cingendomi il busto con le braccia. Col culo gli diedi una involontaria botta contro al cazzo. Sentì quel tipo ansimare. Era già duro e perciò in quell’istante decisi che me lo sarei fatto.
L’amico ci seguiva a poca distanza. Lui era più silenzioso, più riservato.
Senza mai lasciarmi, cazzo in tirò mi portò nel parcheggio. Caddi prona contro il cofano di una macchina e prona rimasi. In sintesi: i due volevano violentarmi, non sto scherzando. Volevano approfittare di me dato che si erano accorti che ero ubriaca. Ignoravano che io ci sarei stata a prescindere!
Mi alzò la gonna e ficcò subito il cazzo nel culo. Non so se lo fece perché non trovo il buco della figa, dato che era buio, ma so per certo che mi fece un male incredibile.
Mi penetrò a crudo, spaccandomi l’ano all’istante. Non si preoccupò certo di lubrificare almeno con un po’ di saliva. Io mi lamentavo per il dolore ma non dissi nulla: volevo che mi accadesse quello che mi stavano facendo!
Cominciò a spingere forte. Godeva come uno che non ha mai chiavato! Il dolore si faceva più intenso ma mi mordevo il labbro e sopportavo. Con la mano che non stava sulle tette, mi toccò la figa, dandomi un po’ di piacere.
Quando lo si prende in culo come stava accadendo a me, non è proprio come nei film porno, che il cazzo, per quanto grosso possa essere, entra ed esce che è una bellezza, con una facilità incredibile. No, niente affatto. È come prendere una trave da dietro e questa sfrega contro le pareti sensibilissime dell’ano facendo uscire di tutto: sangue misto a merda. Che è quello che accadde.
L’altro tipo, che fino a quel momento si era limitato a guardare, toccandosi la capocchiona gonfia per farselo venire duro e dando un’occhiata i giro per scongiurare l’eventualità d’esser visti, era pronto e voleva ficcare anche lui.
Mi buttarono a terra.
Quello che prima mi stava dietro mi si mise di sotto, ma sempre ficcandomelo nel culo e l’amico, incitato dal compagno, fece lo stesso.
Il dolore fu incredibile. Mai prima di allora avevo preso contemporaneamente due cazzi dietro e di quel calibro: sembravano due cavalli, erano davvero, davvero ben messi qui montanari puzzolenti.
Sentì il culo aprirsi come fosse una zucca e l’ano spaccarsi. Il calore del sangue e della merda ce lo avevo tutto attorno.
Dato che i tipi avevano le mani contro alle mie chiappe e ogni volta che i loro cazzi uscivano li rificcavano subito dentro, si sporcarono gli arti e sporcarono me. Mi sentivo un impasto appiccicaticcio di sangue e cacca.
Dal male mi misi a piangere. Non un pianto a dirotto, quello no, ma mi scesero delle lacrime e implorai che ci andassero più piano, che li avrei lasciati fare tranquillamente, senza nessun problema, ma quelli erano degli animali da monta e nemmeno mi sentirono, continuando a fare i loro comodi.
Ci davano dentro come se no ci fosse un domani.
Stanca dai colpi che mi assestavano, mi accasciai su quello che mi stava sotto. Iniziò a leccarmi la faccia e io ricambiai, infilandogli la lingua in bocca. Quello dietro mi mordeva la spalla e mi tirava i capelli, sporcandomeli di sangue e merda, la mia merda. So che può fare schifo, ma ciò accade nella realtà quando si incula una senza che lei abbia fatto la lavanda anale, come accade alle attrici porno.
Quello sotto di me, mentre mi slinguazzava e penetrava a sangue, e il caso di dirlo, cominciò, non so perché, a darmi dei possenti pugni nelle costole! Mi faceva malissimo, tanto da farmi mancare l’aria. Da brava femmina sottostavo a quello che mi facevano, lo volevo anche io e trovavo eccitante come mi stessero trattando.
Non potevo difendermi e cercare di parare i pugni che mi arrivavano di continuo, perché mi avevano schiacciata in mezzo tra loro e mi muovevano a fura di incularmi tosto.
Finalmente, il tizio che aveva cominciato a chiavarmi per primo, sborrò.
Si levò da sotto e, d’accordo con l’amico, mi misero in inocchio.
Mentre l’altro continuava a inculare, il primo mi ficcò il cazzo già moscio in bocca, dicendomi di pulirglielo dalla mia merda. Non potei che eseguire.
Appena finito di farlo, mi sputò in faccia e mi diede un pugno nello stomaco che mi tolse l’aria. Continuò a darmene finché l’inculatore non ebbe finito, svuotandosi anche lui dentro di me.
Caddi al suolo, stremata.
Prima di andarsene, mi pisciarono addosso e mi mollarono un paio di calci, non troppo forte, stavolta.
Ero stata stuprata, nelle loro intenzioni, almeno, ma la verità era stata che io avevo voluto ogni cosa, forse non i pugni e i calci, ma essere chiavata selvaggiamente da due animali, in quel modo.
Senza salutare nemmeno gli sposi, visto com’ero conciata, mi alzai, mi misi in macchina e me ne tornai a casa.
Mi faceva male la pancia e soprattutto l’ano, dal quale continuava a uscire sangue ma ero soddisfatta. Le scopate dovrebbero essere sempre così intense!
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