… soddisfatto Alberto ci recammo a letto e, dopo un po’ di dolci coccole, ci addormentammo abbracciati come giovani amanti.

Dopo un paio di giorni Andrè si rifece vivo in chat.
Fui molto contenta perché non volevo essere io a contattarlo per prima: resto pur sempre una signora e la cavalleria, almeno per me, questo impone.
Come la volta precedente iniziammo a scambiarci messaggi sempre più piccanti tanto che i nostri corpi vibravano come violini, il mio così tanto da doverlo calmare con insistenti carezze al seno e alla bagnata vagina.
Anche in questo frangente ci fu lo scambio reciproco di foto.
Devo ammettere che mi eccita sempre molto far vedere le mie parti più intime agli uomini che, nei mei pensieri, si eccitano e si segano i propri enormi cazzi pensando di possedermi.
In questo caso non ebbi bisogno di particolare fantasia in quanto le foto inviatemi da Andrè erano più che eloquenti: il suo grosso cazzo, e vi assicuro che le dimensioni erano imbarazzanti, era perfettamente in tiro e ricoperto da una quantità considerevole di bianco latte maschile. Alla mia vista quello era uno spettacolo paradisiaco che nemmeno riesco ora a descrivervi, nonostante sia portata alla narrazione.
La mia figa, nonostante avessi già raggiunto un paio di orgasmi, continuava a contrarsi e produrre umori che mi scendevano copiosi così come dalla mia bocca uscivano, incontrollati, gemiti di piacere.
Mi marito, che si trovava in un’altra stanza, sentiti i miei dolci lamenti si precipitò a vedere cosa mi rendesse così eccitata. Dopo averlo guardato con occhi languidi, come una scolaretta guarda il maestro in attesa del voto, gli feci cenno di leggere la conversazione che avevo avuto con Andrè e guardare quel cannone così imbiancato.
Alberto fu preso dallo stupore e comprese ancora con più evidenza quel mio orgasmo così fuori dal consueto: era come avessi scopato dal vero con quel giovane e dotato adone.
Mio marito, uomo che riconosce i meriti, non potè che prendere in mano la tastiera e complimentarsi con l’artefice di quella scopata virtuale. Andrè non si dimostrò sorpreso, forse perchè abituato a soddisfare coppie di sposi o forse perchè, nel leggere il mio profilo, aveva chiaro che non nascondo mai nulla a mio marito.
Con mia somma sorpresa Alberto proseguì il dialogo invitando, infine, Andrè a bere un caffè il giorno seguente. Va detto che, e pensai che la fortuna questa volta era dalla mia parte, il giovane stallone risiedeva per lavoro non lontano da noi. La cosa che mi lasciò di li a poco perplessa, ed anche sconsolata, fu che a quell’incontro Alberto non volle che presenziassi.
Alla sera del giorno dopo, quando mio marito rincasò dal lavoro, gli chiesi dell’incontro ma non ottenni risposta. Cercai di rimediare, per assecondare la mia curiosità, collegandomi in chat alla ricerca di Andrè, che tuttavia risultava perennemente scollegato. Passarono vari giorni e nella mia mente ricercavo spiegazioni.
Pensai un po’ di tutto, ma la giustificazione più plausibile, visto il comportamento di entrambi, era che Alberto avesse imposto al giovane amico di tenersi lontano da me, sia fisicamente che virtualmente: chiaramente era più geloso di quanto avessi capito.
Un sabato mattina come di consueto Alberto ed io ci recammo in centro per la colazione e per la spesa settimanale. Dopo esserci recati in pasticceria prendemmo l’auto con la consueta direzione del centro commerciale ove giungemmo di li a qualche minuto.
Prima di entrare nel supermercato Alberto si diresse verso i bagni chiedendomi di attenderlo un minuto nel corridoio antistante. Non pensai a nulla di particolare, non era infatti la prima volta che succedeva. Dopo qualche minuto ricevetti un sms dove mio marito mi chiedeva di entrare nel bagno dicendomi che aveva avuto un problema con i pantaloni che si erano scuciti. Mi diressi, per la verità ridendo per l’inconveniente, verso la toilette disabili (quella indicatami) e spinsi la porta socchiusa. Entrai e vidi Alberto che si precipitò a chiudere l’uscio guardandomi nel contempo con un sorriso sornione. Mi voltai e, di lato, prima nascosto dalla porta, vidi un uomo mascherato che stava tenendo in mano un grosso cazzo in tiro, già fuori dalla patta. Una scossa improvvisa percorse il mio corpo, la mia figa si dilatò iniziando a gocciolare come un rubinetto che perde: era indiscutibile, avevo riconosciuto il cazzo di Andrè.
Era una stele di marmo, la cappella era fuori misura, una cosa veramente indescrivibile. Non avevo mai visto in vita mia un cazzo tanto invitante, nemmeno nei miei sogni più reconditi.
Mi trovai inginocchiata davanti a quella meraviglia non so nemmeno io se perché le gambe mi avevano ceduto dall’emozione, o perché la mia parte inconscia non avesse già compreso il tutto anticipando la mossa.
Fatto sta che presi in mano quell’agognato oggetto del desiderio, e guardando in faccia Alberto, iniziai a segarlo lentamente tenendolo contemporaneamente sia con la destra che con la sinistra, tanto era lungo.
Mi voltai ed avvicinai ulteriormente al quel grosso cazzo che scappellai lentamente davanti alla mia bocca. Iniziai a leccare dolcemente il carminio glande che si irrorò ulteriormente espandendosi ancora di più. Non resistetti e dovetti prenderlo tra le mie labbra inserendolo poi tutto in bocca, con difficoltà data la sua misura inconsueta per la mia cavità orale.
Il giovane virgulto irrigidiva l’asta contraendola ad ogni mio movimento di lingua; si capiva bene che gradiva molto le mie attenzioni. Nel frattempo guardavo Alberto che mi osservava compiaciuto: ancora una volta gli ero grata.
Sentivo i miei umori che scivolavano nelle cosce e tintinnavano nel pavimento bagnato. Sotto non indossavo nulla, come sono solita fare quando esco da sola con Alberto.
Dopo questa prima pompata iniziai a leccare tutta l’asta, partendo dalla cappella e scendendo giù fino alle palle, pure essere già estratte in precedenza dai boxer. Leccai i grossi coglioni glabri prendendoli, anch’essi con difficoltà, in bocca. Succhiavo e risucchiavo, inumidendolo, quel cazzo tanto desiderato finchè non sentii giungere, rinserto in bocca l’arnese, un gradevole sapore di succo maschile: era la secrezione prostatica che precede l’eiaculazione. Era buonissima! Mi arrestai, non volevo che il mio duro amico arrivasse così presto. Mi alzai in piedi e, sollevata la gamba destra per agevolare l’operazione che avevo in mente, e chiedendo nel contempo un aiuto a mio marito per mantenermi in equilibrio, offrii da tergo ad Andrè la mia figa. Il ragazzo era sveglio ed uso a queste operazioni tanto che, in poche frazioni di secondo, era già dentro alla mia figa vogliosa. Il cazzo era grosso ma la mia vagina era altrettanto aperta e dilatata. Sentivo i sui 26 centimetri entrare ed uscire colpendo l’utero ad ogni frazione. Nel frattempo, mio marito mi teneva in equilibrio da davanti: non esitai ad estrargli il cazzo dai pantaloni, già duro nel vedermi in quella situazione, e a prenderglielo tutto in bocca. Era marmoreo pure il suo, come dolce e buonissimo il gusto della sua cappella, un gusto famigliare e rassicurante. Ero come in un sogno peccaminoso: venivo scopata da una verga xxl con il placet di mio marito, che pure stavo soddisfando: quale moglie poteva in quel momento essere più fortunata di me!.
Nel frattempo Andrè iniziò ad aumentare il ritmo e, sollevata ancora di più la gonna, a sculacciarmi con vigore, ma mai con violenza. Arrivò un orgasmo elettrizzante e una marea di umori scivolarono giù per le cosce nude fino a bagnarmi i piedi racchiusi tra i lacci delle mie scarpe con il tacco. Non riuscivo a sorreggermi da sola tanto mi tremavano le gambe, e sicuramente sarei caduta se non fossi stata mantenuta in equilibrio dalle mani di Alberto e dal cazzo di Andrè impiantato nella figa.
Volevo sentire il gusto di Andrè, quindi mi voltai e inginocchiatami davanti a lui riprendendo il mio lavoro di bocca in precedenza interrotto. Quel cazzo era durissimo e svettava orgoglioso davanti ai miei occhi. Non potevo più resistere, quindi accelerai i movimenti pompando con la bocca e succhiando sempre più avidamente. Quel virgulto si irrigidiva sempre di più finchè, con mia grande gioia, non esplose il suo succo nella mia cavità orale già pronta ad assaporarlo tutto.
Ricevetti più e più spruzzi in gola di quella calda sborra che tanto avevo agognato durante la chat notturna. La quantità era tale che mi colava dappertutto, tanto che dovetti ingoiarla a più riprese, rincorrendo con la lingua ciò che usciva dalla bocca: mi stava soffocando! Era buonissima, era dolce, ma era anche salata, sapeva di aromatico e anche di acido, era sborra di maschio giovane, bianca e densa al punto giusto. Godetti come non mai, la mia figa continuava a contrarsi dal piacere e secernere umori consistenti: raggiunsi un altro forte orgasmo.
Mi voltai verso Alberto mostrando la mia bocca riempita di quello sperma gustoso e, davanti ai suoi occhi, deglutii definitivamente passandomi poi la lingua tra le labbra a riprenderei gli ultimi spermatozoi sfuggiti all’ingoio. Alberto, a quella vista, mi sborro in viso centrando anche la mia bocca riaperta per l’occasione. Gustai anche il mio uomo con sommo piacere.
Ero tutta fradicia di sborra e puzzavo di uomo.
Andrè, risistematosi, salutò con un cenno e si dileguò senza proferire parola.
Baciai mio marito in bocca, le nostre lingue duettarono lascive per alcuni minuti gustando il frutto di quell’avventura.
Ci sistemammo ed uscimmo.
La spesa quella mattina ebbe un altro “sapore”: sentivo gli occhi di tutti i maschi che incontravo che mi penetravano e mi assaporavano.
Fu una esperienza indimenticabile.
Non incontrai più Andrè, nè dal vivo né in chat.
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