Chi ha letto i miei due scritti precedenti, che hanno raccontato l’esperienza inaspettata che io e mio marito Alberto abbiamo vissuto in quest’ultimo anno, può comprendere come sia emersa da un abisso profondo, per usare un eufemismo, la mia natura di donna tutt’altro che indifferente al piacere, alla trasgressione e al sesso; un attimo … Vi prometto che mi sforzerò, fin da ora, ad essere meno ipocrita e più diretta …rettifico … sia emersa la mia natura di troia. Sappiate che mentre sto scrivendo questa parola arrossisco e mi vergogno, l’impegno però sarà in questo senso.
Trascorrendo la maggior parte della giornata al lavoro o in incombenti sindacali va da sé che anche le esperienze di vita traggano da questi ambienti la loro occasione, ed infatti qui di seguito vi esporrò quanto mi è successo ultimamente.
Una decina di giorni fa il mio capo sindacale (Giorgio) mi ha chiamato al telefono preannunciandomi che la nostra delegazione, come ogni anno, doveva presenziare alla riunione nazionale ove si sarebbero trattate le problematiche più delicate del nostro settore (quello metalmeccanico per essere precisi). Con mia sorpresa mi informava che lo avrei dovuto accompagnare in quanto l’altro sindacalista, Giovanni, era in congedo matrimoniale. Riferii che gli avrei dato la mia disponibilità definitiva il giorno successivo in quanto, dovendomi assentare per due o forse tre giorni, dovevo confrontarmi con mio marito. Non è facile organizzare la quotidianità con due figli minori.
Rientrai a casa e quando mio marito arrivò dal lavoro lo accolsi con un bel sorriso e gli riferii la novità: “Alberto sai che bella notizia? Tra dieci giorni dovrei accompagnare Giorgio a Roma per un meeting nazionale; attende la mia disponibilità entro domani”.
“Qual è il problema?” esclamò Alberto contento di vedermi entusiasta.
“Sai, la riunione si svolgerà in più giorni, due o tre, quindi dovrò soggiornare là e non potrò tornare a casa la sera”. Questo dettaglio fece cambiare espressione ad Alberto che si sarebbe dovuto fare un mazzo tanto con i figli tra scuola ed attività pomeridiane.
Mi chiese di attendere qualche ora, in modo che potesse ridefinire i propri impegni prima di potermi confermare la fattibilità.
Dopo cena, messi a letto i figli mi diressi verso la camera e vidi Alberto che, già coricato, trafficava con il portatile e scriveva emails. Mi preparai per la notte in attesa che mio marito sciogliesse la sua riserva. Mi stesi vicino a lui e gli chiesi: “Amore, per caso ci hai pensato? Mi sai dire qualcosa in merito alla mia trasferta di Roma?”.
Mi fece un grande sorriso e, guardandomi teneramente, mi rispose: “cara, ho visto quanto eri felice ed eccitata nel darmi la notizia che sinceramente non me la sento di metterti il palo tra le ruote”, “in poco più di un’ora ho stravolto la mia agenda di lavoro organizzandomi al meglio, quindi vai in serenità cara la mia sindacalista”, proseguì il discorso e, con uno sguardo compiacente disse “e sindacalizza bene, mi raccomando”.
Ero felicissima, non dissi nulla ma dovevo e volevo ricambiare il regalo di Alberto. Mi avvicinai e lo baciai appassionatamente, presi il pc portatile che teneva appoggiato sulle gambe e lo riposi nel comodino e, come una gatta in calore, mi avvinghiai con entrambe le mani al suo cazzo che già con il bacio si era risvegliato. Alberto gradì molto la mossa e, con un gesto inequivocabile, mi prese la testa e la spinse verso il suo uccello che nel frattempo avevo estratto dai pantaloni del pigiama.
Il suo glande era gonfio, rosso e lucido, e troppo invitante per non prenderlo in bocca, tanto che non mi feci pregare due volte ed iniziai a leccarlo accuratamente circumnavigando con la lingua quella meravigliosa cappella. Ad ogni colpo di lingua il cazzo di Alberto sussultava e si irrigidiva sempre di più. Non contenta proseguii leccando tutta l’asta, dalla punta alle palle ed anche più in giù arrivando al buco del culo, si proprio quello. Alberto ebbe un sussulto di sorpresa, ma io volevo dimostrare tutto, troppa era la mia riconoscenza. Con un po’ di forza allargai le gambe di Alberto e mi diressi senza timore verso il suo orifizio ed iniziai a stuzzicarlo con la punta della lingua. La cosa mi eccitava moltissimo tanto che dopo qualche minuto già lo stavo leccando e succhiando avidamente, tentando di inserire la mia lingua nel buco già inumidito. Nello stesso tempo con la mano segavo il cazzo marmoreo. Mi fermai, e senza dire nulla mi sfilai la vestaglia, porsi la mia figa sbrodolosa alla bocca di Alberto che, supino, iniziò a leccarla con avidità. Preso da un impeto di passionalità mi sollevò di peso, mi girò mettendomi a pancia in su, mi aprì le gambe e si rituffò con la bocca nella mia vulva grondante. Contemporaneamente iniziò a masturbarmi con le dita della mano finchè, inseritene quattro, non raggiunsi un orgasmo intenso spruzzando nella faccia di mio marito il nettare femminile.
Ripresi a spompinare Alberto che con somma mia gioia, di li a qualche minuto, ebbe un orgasmo epico tanto che mi innondò la gola di calda e succulenta sborra. Vista l’inconsueta abbondanza, il bianco latte maschile mi sfuggiva dalle labbra, ma non mi feci sorprendere e, con calma, iniziai ad ingoiarla tutta andandola a riprendere fiotto per fiotto. La sborra di Alberto mi piaceva sempre di più, giorno dopo giorno, sborrata dopo sborrata, e non potevo credere come fino a qualche tempo prima non la gradissi, impedendogli financo di venirmi in bocca: ma si sa, col tempo si cambia.
Stremati, ci addormentammo nudi ed abbracciati come due giovani amanti.
Arrivò il giorno della mia trasferta a Roma.
La sera precedente mi misi a preparare la valigia e non sapendo cosa indossare chiesi ad Alberto un consiglio spassionato. Non ero abituata a quel tipo di frequentazione essendo da poco tempo inserita nella struttura sindacale. Mio marito, al contrario, per il suo lavoro è uso ai meeting e alle cene aziendali che seguono.
Alla fine optai per un paio di tailleur scuri, neri per la precisione, con gonna di altezza media e due camicette – una bianca ed una azzurra - nonchè un vestito più sexy per la sera, ovviamente abbinato con scarpe tacco dodici.
Da appassionata di lingerie non c’è bisogno che vi dica l’ampia gamma di tanga, calze e body che mesi in valigia in modo che la scelta fosse effettuata al momento.
La mattina seguente mi venne a prendere Giorgio che, nel vedermi, non riuscì a trattenere lo stupore per la mia eleganza: non dimentichiamo che il nostro mondo è quello metalmeccanico, anche se lavoriamo in ufficio.
Giunti a Roma ci sistemammo in albergo, un hotel 4 stelle frequentato da bella gente, e ci dirigemmo in fiera per il meeting.
Tralascio tutta la fase della riunione sicuramente poco interessante in questo contesto, e vengo alla serata.
Prima di cena ci recammo in hotel e fatta una doccia rigenerante, mi preparai.
Giorgio mi aveva anticipato che saremmo andati a cena con un gruppo ristretto di delegati, quelli della nostra regione, la Lombardia, e in seguito in un piano bar per concludere la serata. Ricevute queste informazioni decisi per l’abito sexy. Era un tubino nero, con gonna quasi inguinale, e molti inserti in pizzo trasparenti. Lo indossai senza mettere il reggiseno non essendoci nulla da reggere (ricordo la mia prima misura), tuttavia la quasi trasparenza e il fatto che il vestito fosse elasticizzato permetteva comunque la messa in risalto dei miei capezzoli. Come molte donne ho i capezzoli piccoli ma pronunciati, quelli che mio marito chiama scherzosamente chiodi.
Indossai un mini tanga molto aderente perché non volevo si vedesse il segno delle mutandine nel culo (la mia parte forte). Se devo essere sincera inizialmente avevo optato per lingerie crotcless (aperte nel cavallo), ma considerata la lunghezza (“cortezza”) del tubino avevo preferito desistere per evitare che il mondo mi potesse vedere la figa come natura me l’aveva fornita (scelta ipocrita lo so, perché in realtà questo desideravo e la cosa mi avrebbe eccitata).
Prima di recarmi nella hall feci una videochiamata ad Alberto per chiedere il suo parere, seguirono poche e sincere parole: “Barbara sei meravigliosa, ma vestita da troia. Mi raccomando i giochi devono essere tra noi condivisi, non farti prendere dalle circostanze”.
Rassicurai Alberto dicendogli che mi piaceva sentirmi osservata e desiderata, ma che tutto sarebbe finito lì.
Giunsi nella Hall dove mi attendeva Giorgio.
Era seduto al bar al lato della reception in compagnia di altre quattro persone, tre uomini ed una donna. Ricordo ancora la faccia del mio capo, gli occhi gli uscivano dalle orbite anche se non voleva farsi vedere. Stessa cosa che gli altri uomini, tutti tra i 55 e i 65 anni di età, tra questi c’era anche il segretario regionale, Giovanni, detto amichevolmente Jo.
La collega sindacalista si chiamava Laura ed era una donna sui cinquant’anni, vestita in modo casual, quasi dimesso. Mi scrutò con un piglio di disprezzo che mi mise alquanto a disagio. Reagii fregandomene, memore dei consigli che Alberto mi ha sempre dato nel caso mi fossi travata in circostanze similari.
La serata trascorse serena al ristorante; gli sguardi maschili erano persistenti tanto che per l’eccitazione mi si irrigidirono i capezzoli emergendo fieri nella stoffa elasticizzata. Anche gli occhi di Laura cadevano con assiduità sul mi decoltè coperto, e il suo iniziale piglio censore si trasformò ben presto in uno sguardo più languido, inducendomi a pensare in una sua bissessualità ( riferiva di essere felicemente sposata).
Ci trasferimmo al piano bar, e la serata si riscaldò non appena Sergio (uno dei sindacalisti) mi invitò a ballare.
Complice il movimento del ballo e la dimensione del tubino, la gonna saliva mettendo in evidenza, sia il mio culo completamente visibile per la presenza del solo filo del tanga, sia la mia figa non completamente coperta dal mini tanga. Dovevo in continuazione sistemare con le mani il vestitino per coprire il più possibile, ma il “danno” oramai era fatto: tutti i maschietti presenti, compresi gli altri avventori del locale, avevano occhi solo per me. Ero elettrizzata e continuavo quindi a ballare dimenando il sedere, mio punto di forza. Anche la superficie a specchio della pista da ballo non aiutava, riflettendo la mia vulva semi scoperta: attorno a me c’era affollamento, ed il perché era evidente.
Alle 24.00 Giorgio disse che era giunta l’ora di rientrare dovendo il giorno successivo presenziare al meeting già dalla mattina presto.
Malvolentieri ci congedammo e Giorgio mi accompagnò in hotel (gli altri soggiornavano altrove).
Giunti in prossimità della porta della mia camera Giorgio, con occhi libidinosi, mi spinse contro il muro adiacente tentando di baciarmi e toccarmi la figa. Mi venne in mente Alberto e quanto avevamo concordato, quindi lo respinsi. Vi fu un secondo assolto: devo ammettere che non me la sentii di biasimarlo avendo fatto di tutto per provocare lui e tutti gli uomini della serata, non solo con il mio abbigliamento ma anche con i discorsi allusivi e le movenze sensuali. Chi ero io per trattarli così?
Ecco che iniziavo, come nelle scorse occasioni, a cercare delle giustificazioni a ciò che avevo già deciso, consciamente o inconsciamente, di fare.
Presi Giorgio per il braccio e, aperta la porta della mia camera, lo spinsi con forza sul letto. Fu a dir poco sorpreso. Mi sfilai il tubino ed il tanga restando nuda con le autoreggenti e le scarpe tacco dodici. Giorgio non aveva parole. Mi diressi verso di lui e gli sfilai i pantaloni e i boxer. Il suo cazzo elefantino svettò orgoglioso. Non riuscii nemmeno io a resistere un secondo di più, già surriscaldata dalla serata, e presi a succhiare il membro del capo. Lo scappellai. La cappella, ricorderete, era grossa, dura e lucida. Considerata la sua dimensione riuscivo, a mala pena, ad inserirlo in bocca ma, si sa, chi la dura la vince: ingoiai quel palo di dura carne fino alla sua base e nel contempo succhiai avidamente con la speranza di ricevere al più presto il nettare di Giorgio.
Spompinai per cinque minuti, alternando la mia attenzione alla cappella, all’asta e alle palle.
Giorgio non parlava, ansimava.
La mia lingua sembrava quella di una capretta intenta a ricercare il sale, io ricercavo il piacere della sborra e facevo di tutto per procurarmi il bianco latte. All’ennesima sollecitazione il capo non potè resistere e mi scarico nella bocca una quantità incredibile di sperma. Era buonissimo. Lo gustai senza perderne una goccia, spremendo il membro di Giorgio con entrambe le mani con la speranza che uscisse qualche fiotto ancora.
Qualche istante prima dell’eiaculazione ebbi l’impressione, percependolo con la coda dell’occhio, che Giorgio, sebbene in estasi, fosse riuscito a prendere il cellulare e filmare tutto l’epilogo di quell’atto orale.
Presa comunque dall’eccitazione non ci feci più di tanto caso.
Seppure con la figa in fiamme e vogliosa di cazzo, soprattutto se di grosse dimensioni come quello di Giorgio, lo invitai a lasciare la stanza.
Non passarono più di dieci minuti che squillò il cellulare.
Era Alberto, mio marito che chiese: “Amore, com’è andata la giornata?”
Lì sul momento ero spaesata ma dovevo sincerità al mio uomo. Gli risposi d’un botto: “il meeting molto noioso, la cena e la serata divertente e ho fatto una pompa magistrale al grosso cazzo di Giorgio, amore scusami ma non ho resistito”.
Dall’altro capo del telefono potei sentire un sospiro di sollievo ed Alberto che rispose: “Barbara, orami ti conosco come, se non meglio, delle mie tasche ed avevo ben capito che non saresti resistita a spompinare il capo. Quando ti dissi di “sindacalizzare bene” ti avevo dato indirettamente il mio benestare. Se tu non mi avessi confessato quanto hai fatto questa sera, la nostra storia avrebbe avuto sicuramente una grave compromissione. Per fortuna non è andata così”. A queste parole segui la confidenza di Alberto: “devo dirti che questa sera ti sei superata e mi ha eccitato moltissimo vedere come hai spompinato Giorgio, adoro vederti ingoiare la sborra, anche quella degli altri, sei una maestra. Per fortuna che Giorgio è riuscito ad immortalare questi istanti: mi sono fatto due seghe guardandoti. Ti amo.”
Riagganciato il telefono non resistetti a masturbarmi al pensiero che mio marito mi aveva vista con Giorgio, giunse un orgasmo liberatorio e molto intenso.
Il giorno seguente ci recammo il fiera al meeting quando, verso le 16.00, giunse una telefonata al cellulare del Capo. Lo vidi cambiare espressione e di li a poco ci raggiunse (eravamo noi 5 delegati lombardi) dicendo: “Mi dispiace ma per un problema famigliare devo rientrare a casa oggi stesso”. Rassicurata dal fatto che non fosse nulla di grave dissi a Giorgio che avrei preparato i bagagli con sollecitudine per il rientro, ma lui proseguì: “no Barbara, domani sarei dovuto intervenire in riunione esprimendo il nostro parere sui lavori dell’assemblea, quindi dovrai essere tu a sostituirmi. Non ti preoccupare ho già il discorso quasi terminato, dovrai solo prepararti mentalmente per parlare in pubblico, eventualmente ti aiuterà Jo che è molto esperto”. Feci presente la mia inadeguatezza ma Giorgio e gli altri insistettero al punto di convincermi.
Verso le 18.00 rientrai in hotel accompagnata da Jo che mi doveva assistere nella preparazione del discorso. Lo feci accomodare nel salottino della stanza (Giorgio mi aveva prenotato una mini suitte) e mi recai in bagno per una veloce doccia rinfrescante. Lasciai aperta la porta con la speranza che Giovanni mi guardasse di nascosto riflessa nello specchio dell’armadio. Non ho mai saputo con sicurezza se sia mai accaduto, ma già solo il pensiero mi gratificava.
Uscii dal bagno coperta dall’accappatoio dell’hotel ed iniziai, supportata da Jo, a declamare, leggendolo, quello che sarebbe stato il mio discorso l’indomani.
Suonò il cellulare, era Alberto che mi aveva invitato ad una videochimata. Risposi senza esitare e lo salutai amorevolmente. Gli riferii di Giorgio e del fatto che mi stavo preparando per il discorso del giorno dopo presentandogli in quel momento anche Giovanni. Sorpresa delle sorprese si conoscevano, erano vecchi compagni di studio (e dal quel che intesi anche di altro).
Trovandomi in accappatoio e conoscendo il mio interlocutore, Alberto iniziò ad essere malizioso e tendenzioso, cosa che in quel frangente non era giustificata. Jo, da parte sua, stava al gioco assecondando i discorsi di mio marito. All’ennesima provocazione, quando Alberto disse “mi raccomando Giovanni, falla parlare correttamente al microfono che non ci siano disturbi”, mi avvicinai al mio nuovo amico, gli abbassai la patta dei pantaloni, estrassi il suo cazzo e rivoltomi al telecamera del cellulare dissi “è così che devo fare, amore?” e presi l’uccello in bocca iniziando a spompinarlo. Sorpresi tutti, o quantomeno Giovanni che certo non si attendeva, nonostante il clima fosse surriscaldato, tale epilogo. Alberto era divertito e al telefono mi incitava ad essere più impegnata in quell’operazione. Non attendevo altro, il via libera definitivo.
Mi tolsi l’accappatoio, in parte già aperto, restando completamente nuda davanti a Giovanni.
Mi avvicinai ed iniziai a spogliare quell’uomo di mezz’età lasciandolo nella sua forma adamitica. Anche lui, come Giorgio, non era un granchè e sfortunatamente non era nemmeno ben dotato. Aveva un pisello sulla media, ben proporzionato ma nulla di che. Devo ammettere che lì per lì rimasi delusa: ultimamente ero stata fortunata in termine di misure.
Jo, con mia sorpresa, fu intraprendente. Dopo aver sistemato il cellulare in modo che Alberto avesse una buona visione di quello che accadeva, mi prese e mi spinse con vigore nel letto, mi aprì le gambe tuffandosi con la bocca nella mia figa. Quel repentino cambio di passo mi fece eccitare in modo insperato tanto che la mia vagina iniziò a secernere una quantità enorme di umori, mentre le labbra iniziarono ad aprirsi quasi da sole. Jo, evidentemente molto esperto della materia, si accorse e, senza tanti discorsi, iniziò a penetrarmi con le dita. Percepì chiaramente che la mia figa era abituata al “grosso” e al “largo” tanto che proseguì il suo lavoro inserendo, una ad una, le dita della sua mano. Giunto al quarto dito, nel mentre continuava a leccarmela, iniziò a premere con sempre maggiore intensità tanto da infilarmi il palmo. Le dita della sua mano erano grosse come pure il palmo: potevano benissimo sembrare mani di un boscaiolo o un lavoratore di fatica, grandi e grezze.
Iniziai a contorcermi dal piacere e la mia vulva continuava a bagnarsi ed allargarsi sempre di più. Giovanni muoveva le dita ed il palmo inseriti in figa e nel contempo con il pollice solleticava il mio prepuzio clitorideo. Con la coda dell’occhio potevo vedere lo schermo del cellulare ed Alberto che si menava il cazzo. L’opera meritoria di Jo non finì li, prese il pollice e lo ripiegò all’interno del palmo, poi, con movimenti già conosciuti, iniziò a penetrare la mi figa lentamente. La sentivo squarciarsi, ma la libidine superava il dolore. Ritrasse la mano ed iniziò a sfregarla contro il mio sesso per raccoglierne gli umori quindi, senza soluzione di continuità, riinfilò le quattro dita, il palmo e, ripiegato il pollice, riprese a spingere la mano verso l’interno. Ero eccitatissima, mi stava dilatando la figa oltremisura. Seguirono alcuni minuti di ripetuti affondi quando, con mossa inaspettata, infilo tutta la mano nella mia cavernosa apertura. Il dolore fu poca cosa rispetto al piacere che ne seguì. Era il primo fisting della mia vita; tanto ne avevamo parlato io e Alberto, ma mai avevo avuto il coraggio di portare a termine quell’intendimento.
Giovanni continuò a muovere avanti ed indietro la sua mano, provvedendo a ruotarla delicatamente nelle varie direzioni. Il senso di pienezza era inebriante: giunse un orgasmo incredibile, squirtai non so quanto e, non appena Jo tolse la mano, quasi svenni dal piacere.
Non potei restare indifferente rispetto a che mi aveva fistata, quindi raccolsi le poche forze e mi misi a cavalcioni su Giovanni impalandomi con il suo cazzo. Non c’è necessità di dirvi che la mia sorca era così larga che il suo cazzo, seppur normale, si perdeva all’interno. La cosa lo eccitò: evidentemente aveva gli spessi gusti di mio marito e anche a Lui piaceva che ci si ballasse dentro.
Sovrastai Giovanni per alcuni minuti, dopo di che mi sfilai e rivolsi le attenzioni della mia bocca al suo uccello. Gli feci un bocchino con i fiocchi, succhiai e risucchiai, dalla cappella alle palle. Arrivò il suo turno di piacere e mi scaricò in bocca il suo sperma delizioso. Ingoiai con ingordigia pulendolo tutto con la mia lingua. Alberto vide ogni particolare di quanto era successo.
Giovanni si ricompose e nel salutarmi, prima di lasciare la stanza, mi disse: “cara Barbara non ti nascondo che avevo visto il video di Giorgio come pure sapevo, dai racconti di Alberto, la tua propensione alla dilatazione, mai avrei però immaginato di trovare una brava troia come te”.
In quel momento mi si svelò l’arcano: era tutta una messa in scena orchestrata da mio marito per regalarmi momenti indimenticabili.
Attendo Commenti - meglio se piccanti ;)
Visualizzazioni: 2 987
Aggiunto: 3 anni fa
Utente:
«Siamo al terzo racconto che leggo, non vedo l'ora di procedere per vedere quanti fortunati ti hanno potuta avere.»
«Mi sa che mj iscrivo al sindacato; sei troppo...»
«Letto ora : un commento una parola che TROIA ...
tutto il resto è noia»
«Il colpo di teatro finale, veramente gustosi e gradevole nonché eccitante, che femmina!»
«Tu non sei metalmeccanica sei una marmista anzi una medium che trasforma, attraverso i suoi racconti, la terracotta in marmo!»
«Chissà come potrà essere incontrarti ad una riunione sindacale... Anche io metalmeccanico.. Un bacione e mi sono eccitato a tutti o tuoi racconti»
«Sei molto brava nel scrivere e spiegare i particolari, ti adoro non cambiare mai.????»
«zoccola a dir poco»
«Che troietta succhia cazzi!!!
Ti darei volentieri anche il mio .. basta un tuo cenno»
«Grandissima troia!»
«Gran troia»