Sono sempre io, Barbara la moglie di Alberto.

Dopo aver avuto il coraggio di raccontare quanto ci è successo, o meglio ho fatto succedere con il mio capo, per la gioia mia e di mio marito Alberto (ricordo che i nomi sono di fantasia), ora vi racconterò il proseguo, prima e dopo il mio rientro a casa.

Terminata la videochiamata effettuata dall’ufficio del capo e l’indimenticabile pompino con ingoio che gli ho fatto in video diretta con Alberto, mi sono trovata Giorgio impalato davanti a me con uno sguardo che diceva più di mille parole: era letteralmente frastornato, alla mercè della mia sensualità.
Mi chiesi se avrei dovuto andarmene così, senza proferire parola o dire o fare qualcosa. Non feci in tempo a darmi la risposta che mi trovai il capo intento ad abbracciarmi. Questa sua imprevista intraprendenza mi sorprese e alla mente mi ritornò uno dei pensieri che ebbi nel mentre gli facevo la pompa, ovvero chissà come sarebbe stato farsi impalare da un cazzo tanto grosso. Non c’è bisogno di dirvi che la mia calda figa al pensiero si era già inumidita ed allargata. Non feci in tempo a pensare a cosa fare che il capo mi sollevò, mi appoggio seduta nella scrivania, sollevò la gonna, allargò bene le mie gambe ed iniziò a leccare la mia figa, già pronta e disponibile all’uso non avendo io indossato le mutandine.
Giorgio si dimostrò un discreto linguista, non certo paragonabile ad Alberto che conosceva ogni millimetro della pelle della mia vagina, ma comunque se la cavava bene per essere uno scapolo più interessato alla carriera che al piacere. Devo essere sincera che un po’ mi faceva tenerezza, stato d’animo che pure mi attizzava: la solita storia della crocerossina rossa.
Mentre Giorgio mi leccava la vulva ed inseriva nel contempo le proprie dita per farmi godere di più, e nella sua testa anche per preparare il terreno per lo sperato amplesso, la mia mente era sempre lì da Alberto. Non sapevo cosa fare, avevo il timore che questa prosecuzione dei giochi senza la sua autorizzazione lo avrebbe fatto infuriare, mettendo a rischio il nostro rapporto. Da una parte c’era la paura e dall’altra la curiosità di essere presa da un grosso cazzo, d’altra parte tra me e me pensavo che se Alberto mi aveva dilatato la figa lo aveva fatto anche per quella ragione. Evidentemente cercavo inconsciamente ogni possibile giustificazione. Gli ormoni presero il sopravvento e prima che la ragione decidesse mi trovai una volta ancora con la grossa cappella tra le labbra; non ricordo nemmeno come passai dal farmela leccare a pomparlo.
La cosa ebbe quindi una evoluzione naturale, Giorgio mi stese sulla scrivania a pancia in su, mi prese le caviglie e mi divaricò per bene le gambe. La mia figa era eccitata oltre misura, i miei umori gocciolavano sul piano della scrivania e le labbra della mia vulva erano aperte a più non posso in attesa di ricevere quella grossa, dura e lucida cappella. Ci volle poco per essere impalata. Il cazzo di Giorgio era veramente grosso tanto che in un primo momento trovò un pur minimo impuntamento, cosa che si risolse con un deciso colpo di reni. Sentivo la dura verga di Giorgio che scivolava in avanti e in dietro, moto accompagnato ritmicamente con colpi di intensità diversa. Solo con l’introduzione di un membro di tal misura mi resi conto che la mia figa era veramente allargata, anche il cazzo di Giorgio in realtà ci ballava dentro, come diceva il mio amato Alberto.
Il capo non ci mise molto a gonfiarsi per poi esplodere, e senza dirmi nulla mi innondò la vagina con il suo sperma denso dal profumo intenso. Allontanai in malo modo quel cialtrone che mi era venuto dentro senza il mio consenso, mi ripulii alla buona e, ricomposta al meglio me ne andai sbattendo la porta.
Anche questa volta il mio animo, volubile, era combattuto tra l’eccitazione – non nego di aver avuto un forte orgasmo quando ho sentito la sborra di Giorgio colarmi dalla figa – e il timore per reazione che avrebbe potuto avere Alberto per la mia scelta non condivisa.
Il tempo del tragitto per arrivare a casa mi portò a decidere di sorvolare e di non dire nulla a mio marito. Questa decisione mi sollevò, portandomi ad essere desiderosa di rientrare al più presto per farmi una doccia (avevo la vagina ancora brodolante dello sperma del capo) e poter la sera vedere Alberto, ignaro di tutto, scongiurando così il pericolo di una sua dura reazione.
Arrivai a casa verso le 15.00, aprii la porta e, inaspettatamente, trovai Alberto che mi attendeva seduto sul divano.
Lo conosco bene, aveva lo sguardo eccitato, del resto avevo esaudito il suo desiderio voyeuristico di vedermi spompinare un altro cazzo. Tentai di dirigermi verso il bagno della camera per farmi la doccia e ripulirmi degli umori dell’altro uomo, ma mio marito mi prese con forza, ma senza violenza, e mi adagiò sul letto matrimoniale. Mi tose con un sol colpo la gonna mi divaricò le gambe e si avvicinò con la bocca alla mia dolce faretra, per baciarla e leccarla.
Sentii un colpo di calore che mi pervase non sole le gote ma il corpo tutto; ero terrorizzata del fatto che avevo il “gusto” di Giorgio che ancora colava dalla vagina e che nel momento in cui Alberto si fosse avvicinato di più se ne sarebbe sicuramente accorto. La mia bipolarità mi portava comunque ad essere eccitata dagli eventi e cominciai a bagnarmi di mio una volta ancora.
Alberto iniziò a leccare la mia umida figa senza nulla dire, anzi usava la sua lingua per spalmare gli umori presenti che credeva essere solo miei. Mi ravanava nel contempo con le dita delle mani che senza particolare difficoltà si trovarono tutte, palmo compreso, ad accarezzare l’interno della mia passera. Dire che ero in estasi è poco e lo scampato pericolo mi faceva essere ancora più arrapata.
Feci sollevare Alberto e lo invitai a penetrarmi dopo averglielo preso in bocca per farlo indurire di più, anche se non c’era bisogno. Volevo che sentisse come la mia fregna (questa è la definizione giusta dopo una tal giornata) si fosse ulteriormente allargata, facendogli intendere che la causa era la mia forte eccitazione, e non il cazzo di Giorgio che mi aveva ulteriormente slabrata.
Alberto mi prese, mi sollevò le gambe poggiando le mie caviglie sulle sue spalle e iniziò a penetrarmi. In quella posizione la mia figa risultava ancora più aperta tanto che Alberto, con mia somma sorpresa, vi infilò anche un dildo che aveva in precedenza celato tra le lenzuola. Mi trovavo quindi scopata da due cazzi in figa, uno di dura carne e l’altro di morbida gomma. Non passarono più di otto dieci colpi che iniziai a sentire una vampata nella figa che aumentava sempre di più, finchè non scoppiai in uno squirting, fino ad allora da me mai provato, tanto che innondai i cazzi che accoglievo amorevolmente in me. In quello stesso istante Alberto si sollevò e mi porse il suo cazzo infilandomelo nella bocca, dove mi esplose abbondantemente. Non ero abituata ad accettare la sua sborra in bocca, tantomeno ingoiarla, ma le cose da oggi erano cambiate e sentire il suo gusto aromatico che scendeva nella gola mi pervase la mente di pensieri peccaminosi.
Quella giornata si dimostrò essere la più eccitante della mia vita e lo scampato pericolo che Alberto scoprisse il mio segreto ne aumentò l’intensità, non fosse altro che il giorno successivo ricevetti da Alberto, sul mio whatsapp, il seguente messaggio: “Cara la mia moglie troia, errare è umano e quindi ti scuso, ma perseverare è diabolico, quindi non nascondermi più nessuna tua avventura sia essa di sesso che no. firmato Il tuo diavoletto tentatore”.
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