Nel giro di qualche mese, la situazione cristallizzò; io ed Elisa ci sistemammo nel mini appartamento collegato al mio studio e vivemmo la straordinaria stagione di un amore così genuino da apparire, se non nuovo, quanto meno rinnovato dall’entusiasmo; amavamo concederci lunghe e piacevoli passeggiate in città o, nei fine settimana, nel territorio circostante ricco di posti ameni e piacevoli.
Avevamo preso l’abitudine di pranzare nella trattoria diventata per qualche verso ‘nostra’; per la cena, quasi sempre ci chiudevamo in casa e gareggiavamo scherzosamente a preparare al meglio nuove ricette; spesso prendevamo il caffè direttamente a letto, talvolta anche dopo un primo assalto amoroso; quando ‘mi toccava’ per obbligo sociale, frequentavamo i locali alla moda ed i circoli culturali e politici della città, per ‘esserci’ ed Elisa diventava allora la compagna di cui ero orgoglioso.
Dopo l’episodio al privè, Michele mi fece avere un telefonino particolare che doveva servire solo alle mie comunicazioni con lui; diventò una presenza incombente ma non fastidiosa che mi teneva informato sui fatti del paese di origine, sulle sue attività, illecite per lo più, ma anche lecite, quando intraprendeva iniziative non solo di copertura ma anche in grado di reggere ad indagini serrate; insomma, mi elesse a personale consigliere.
Facevamo anche molto sesso, io e lei; non ai livelli di ‘ansia da prestazione’ cui mi aveva ridotto mia moglie o di ‘sesso forzato’ a cui era indotta Elisa dal marito quando vivevano insieme; ma con notevole frequenza, specialmente nei fine settimana che addirittura, quando potevamo, passavamo a letto nella nostra casa o, nei frequenti viaggi, in alberghetti accoglienti e possibilmente discreti, dove ci fermavamo fino alla domenica sera.
Naturalmente, mettevamo negli amplessi non solo tutta l’esperienza maturata ma anche la smania di essere, di volta in volta, quasi ‘vergini’ di fronte all’altro, per la voglia intensa di nuove soluzioni; molte volte Elisa mi mandò in estasi succhiandomi l’uccello fino allo svenimento; la volta che la penetrai analmente fu per tutti e due un momento di estasi pura, a cui arrivammo quasi fossimo due giovinetti che per la prima volta facevano qualcosa di ‘proibito’.
In una giornata particolare, ci rifugiammo in un b & b poco lontano da casa ma non molto conosciuto e frequentato da persone di qualità; ci scoprimmo a giocare tra gli alberi di una pineta salvata dall’avanzata del cemento; Elisa scappò e mi invitò a raggiungerla; dopo una corsa lunga e divertente, mi prese alle spalle, mi schiacciò sull’erba, incurante del vestito che si rovinava, e mi si piantò addosso penetrandosi con violenza nell’ano; in quella posizione, raggiunsi l’orgasmo più bello della vita.
La telefonata mi svegliò in piena notte; non erano ancora le quattro e la polizia del posto di guardia dell’ospedale mi avvertì che mia moglie era stata vittima di un’aggressione di cui mi accusava di essere il mandante; avvertii che in dieci minuti sarei stato all’ospedale, considerato lo scarso traffico; mentre mi vestivo alla meno peggio, anche Elisa ricevette analoga chiamata per suo marito; ci vestimmo e, prima di uscire, presi il telefono privato di Michele per ogni evenienza.
Arrivati all’ospedale, mi condussero alla sala del pronto soccorso dove trovai Franca malconcia, tutta fasciata, che urlava e sbraitava contro me e Michele; saremmo stati noi a mandarle i killer per punirla delle corna; la guardai schifato e non la degnai di risposta; Elisa sopraggiunse e mi avvertì che anche suo marito ripeteva la stessa solfa; chiesi all’ufficiale se fosse opportuno che chiamassi un avvocato; mi disse ch’era senz’altro meglio, viste le accuse.
Telefonai a Michele, lo svegliai in piena notte e gli riassunsi le nefandezze che diceva Franca; mi rassicurò che entro mezz’ora il suo migliore avvocato sarebbe giunto all’ospedale; avvertii il poliziotto che aspettavo l’avvocato e guardai con compassione mia moglie; un medico che la curava mi avvertì che aveva subito violenze sessuali in bocca, alla vagina e all’ano; assicurò che non vi erano gravi danni ma che sarebbero stati necessari accertamenti successivi, lo ringraziai e tornai a mia moglie.
Passarono alcune ore in attesa dell’avvocato; alle sette suggerii ad Elisa di avvertire in ufficio che non poteva essere al lavoro e di chiedere una giornata di riposo; l’avvocato arrivò affannato e si rivolse a me preoccupato per conoscere i fatti; non l’avevo neanche aggiornato che entrò l’ufficiale di prima e comunicò che potevamo andare; i colpevoli erano stati arrestati, Rinaldo li aveva riconosciuti e lo schedario li aveva indicato come stupratori abituali di prostitute.
Quando pronunciò la parola, l’ufficiale si bloccò per un momento e mi chiese scusa perché si trattava di mia moglie.
“Scusi,tenente, dove l’avete trovata?”
“In un ritrovo abituale di prostitute … “
“Allora non ci possono essere dubbi; è una prostituta, si stava prostituendo ed è stata trattata per come meritava; non si faccia scrupoli e scriva tutta la verità; le mie corna avranno altra soddisfazione … “
“Antonio, scusami; ho sbagliato; ho creduto che tu mi amassi ancora e che ti fossi vendicato dell’umiliazione che ti imponevo … “
“Tenente, per favore, nel rapporto scriva che, quando sono stato avvertito, ero a letto con la mia convivente che amo alla follia; che non ho più niente da spartire con una che si comporta da prostituta o con il suo accompagnatore, amante o magnaccia che sia. Avvocato, lei può anche andare, mi scusi per il fastidio; saprò ringraziare l’amico che l’ha disturbata per me.”
Un infermiere si avvicinò e mi chiese a chi doveva intestare la fattura per l’intervento che non rientrava tra i benefit per la salute; dissi di intestarlo alla signora che si era fatta ricoverare e che, per favore, mi tenessero lontano da ogni impegno conseguente; mi chiese se doveva prescrivere gli accertamenti ulteriori da fare a proprie spese; gli risposi che, della vicenda, l’unica che doveva rispondere, in tutte le sedi, era la signora che con me era in regime di beni separati; lei masticò amaro.
Ebbe l’improntitudine di chiedere se le davo un passaggio a casa perché era venuta in ambulanza ed era a piedi; Rinaldo aveva anche l’incombenza di recuperare l’auto; le ricordai che proprio nel parcheggio dell’ospedale c’era un ottimo servizio di tassì; presi Elisa per un braccio e la guidai verso l’uscita; salutai l’ufficiale di polizia, che si scusò per i modi bruschi ma fece presente che mia moglie aveva fatto affermazioni gravi e avevano dovuto agire solo per dovere; lo rassicurai e andammo via.
Michele non la mandò giù e più volte mi chiese conto del comportamento di Franca, puntualmente arrivando alla domanda perché non divorziavo; non dovevo nemmeno rispondere; mi disse che gli dovevo un favore e questo per me fu un pericoloso campanello di allarme; lui in tema di favori non badava all’amicizia, anzi pretendeva una risposta pronta e sincera; non sapevo cosa potesse avere in mente; ne parlai con Elisa che, prudente, mi invitò ad attendere senza fasciarmi la testa.
La domenica successiva Franca mi telefonò per chiedermi se ero disposto a chiarire l’incidente con lei e con Rinaldo, a casa mia che loro adesso occupano come propria; ero in vivavoce ed Elisa era accanto a me; le chiesi con la testa cosa ne pensassi; fece cenno a se stessa; chiesi a Franca se era prevista la presenza di Elisa; si consultò con l’amante e mi disse che andava bene; meglio se fosse stata presente per chiarire anche la domanda di divorzio che aveva già presentato; cadevo dalle nuvole.
“Toto, non te la prendere; prima che andasse via l’avvocato che Michele ha mandato all’ospedale, gli ho chiesto se avrebbe accettato di rappresentarmi nella causa di divorzio; tu non c’entri; sono solo io che mi sono stufata di avere quella palla al piede; io mi libero; se non mi vorrai più, torno alla mia casa; se mi accogli ancora con te, sarò ancora più felice di rinunciare alla mia libertà ma per l’amore che ti porto, non per un matrimonio che mi opprime.”
“Eli, sono perfettamente d’accordo con te; ma non farò la stessa cosa, lo sai; la serenità di mia madre mi sta più a cuore di ogni altra cosa; se devo sopportare la palla al piede di un matrimonio sbagliato per evitarle un dolore, così sia.”
“Amore, non mi azzarderei nemmeno a pensarlo; ti ripeto; il discorso è fra me e te; tu mi vuoi? Vuoi tenermi con te? Vuoi un figlio da me? Io ci sono; sono con te; ti appartengo e spero che tu sia mio; il resto è burocrazia, carta straccia; ma io dovevo fare un gesto che fosse la mia liberazione.”
“Lo sai che se vieni a stare con me, lui per ricattarti alzerà il prezzo del divorzio?”
“Io sono mia; sto con te perché ti amo, non per il tuo patrimonio, quale che sia; se tocca questo tasto, si fa licenziare con le mie rivelazioni … “
Andammo all’incontro; per spiegare gli eventi, mia moglie aveva bisogno di raccontarmi quello che le era capitato; ne avrei fatto volentieri a meno ma lei insistette, forse per un’ulteriore prova di esibizionismo; esordì dicendo che, dall’ultima volta che ci eravamo visti, aveva assaggiato i maschi più belli e dotati che si possano immaginare e che Rinaldo l’aveva sempre seguita, accompagnata e favorita in ogni suo capriccio.
Molte volte, anzi, aveva partecipato attivamente alle sue copule inserendosi abilmente; ricordava in particolare quella volta che stava succhiando un membro di quasi venticinque centimetri; lui le era andato alle spalle ed aveva cominciato a lavorarle l’ano; godeva quasi fisicamente ricordando le sensazioni che provava mentre faceva scivolare la lingua sull’asta meravigliosa che le si parava davanti, mentre l’altro le strusciava la cappella sull’ano, verso la vulva e lei colava come una fontana.
La sensazione di ricevere l’asta in bocca era quasi materiale, per come la raccontava, e il ricordo della pressione del sesso del compagno che le forzava lo sfintere la spingeva quasi ancora a godere; guardava verso di me e sparò che non era un cuckold come suo marito che si limitava a dire frasi d’amore mentre lei si riempiva la vagina ed il retto di meravigliose mazze che le titillavano il ventre dall’interno e la facevano godere.
Improvvisamente, scatta Elisa con una sottile ironia.
“Amore, perché non me l’hai detto che sei un cuckold? Io lo vedo perfettamente che, rispetto a Rinaldo, sei un ipodotato ma non ti avrei mai rimproverato per essere un povero guardone, avrei accettato di osservarti che ti masturbavi mentre io mi facevo impalare; va bene, dai, adesso masturbami un poco mentre io ti succhio, così Franca sarà contenta di averti cacciato!”
Non finì nemmeno di parlare che la mia asta, rizzatasi al massimo, uscì dai pantaloni e lei la stava leccando come un gelato meraviglioso; mi prese la mano e se la portò sulla vulva; infilai due dita in vagina e la titillai dall’interno, mentre il pollice premeva sul clitoride; esplose in un primo, violento orgasmo, spinse la mazza fino all’esofago e dovette fermarsi per non vomitare; lo riportò fuori, mentre mi carezzava i testicoli, e con l’altra mano mi masturbava.
“Ehi, gente, questa è casa mia!”
“DI CHI E’ QUETA CASA??
“Oh, scusami; è vero, è casa tua; ma almeno un po’ di discrezione davanti a noi … “
“Elisa, la senti la signora? Parla di discrezione!?!?”
“Toto, ce la fai a realizzare l’androgino, qui, sulla tavola, davanti a questi signori vogliosi e impotenti?”
“Si che ce la faccio; con te sollevo il mondo; ma lascia stare; io so essere tutto, sai? Se amo; attivo, cuckold, bisex, amante, passivo; se me lo chiedi, ti faccio copulare anche con uno scimpanzè, per amore però, solo per amore.”
“Allora eri innamorato di Franca quando la lasciavi copulare davanti ai tuoi occhi?”
“Si, amavo quella donna, da quando le ruppi l’imene e le sfondai la vagina; piangeva dal dolore, povera bimba mia, ma poi imparò ad amarmi e godeva, oh se godeva!”
“Le hai sfondato la vagina? E lo sfintere chi glielo ha spaccato?”
“Io, sempre io; e anche allora piangeva di dolore e di goduria, non ha mai capito se la mia mazza le dava più piacere o più dolore.”
“Ma i tempi cambiano … “
Interviene mia moglie.
“Ma noi non cambiamo; io sono rimasto il cornuto romanticone, vero Rinaldo? Non è così che mi definivi? Tu invece sei la prostituta certificata dalla polizia; e lo sei da quando hai incontrato il tuo magnaccia e ti sei fatta possedere nel posto che meriti, il bagno dell’ufficio … “
“Rinaldo non è il mio magnaccia; è un mio accompagnatore … “
“Cuckold anche lui?”
“No, nessun cuckold, ho detto una stupidaggine per offenderti … “
“A proposito, lo sai che Michele è offeso e che vuole la tua testa?”
Adesso trema; sa bene che averci accusati di essere mandanti delle botte ricevute la iscrive nel libro nero e che da quel libro si esce in un solo modo; all’improvviso cambia registro e si attacca alla compassione per tentare di non essere travolta definitivamente dalla sua imbecillità.
“Antonio, ho parlato nella rabbia, non sapevo quello che dicevo; ti prego, parlagli tu a Michele, digli che mi sono pentita e che non sapevo quel che facevo … “
“Lo hai dichiarato alla polizia; tu sai cosa pensa Michele di chi parla alla Polizia; non sei solo un soffia; hai tradito e meriti la pena dei traditori.”
“Non avete nessuna pietà, voi due?”
“PIETA’!!!!!! Tu parli di pietà? Sei spietata, disumana, egocentrista, troia, prostituta; e chiedi pietà?”
“Se mi fai ammazzare, uccidi anche tua madre, indirettamente … “
“Solo mia madre e l’amore che ho per lei ti mantengono in vita … “
“A parole, sei un bravo figlio; da quanto non la senti?”
“E tu, coi tuoi, che rapporto hai?”
“Io non ho rapporti coi miei, anzi si, di odio e di rabbia; è per colpa loro che sono ridota così.”
“Toto, chiama tua madre!”
“Lo farò da casa … “
“No, amore; lo fai ora, da qui; almeno la smettete di scannarvi tra voi.”
Fa lei stessa la chiamata in skype; mia madre pare frastornata.
“Toto, come mai?”
“Volevo vederti e parlarti … “
“Il tuo fratello elettivo non ti tiene informato?”
“Non lo vedo spesso. A te invece dice molte cose … “
“Si. L’hai mandata al diavolo quella troia? Stai attento che il fratellino è incavolato nero e gliela vuole far pagare. Se fai lo scemo e insisti a non divorziare, si dimentica di te e di me; e ti fa male … “
“Tu vuoi che io divorzi?”
“Si, anche il reverendo don Pasquale è d’accordo che il tuo matrimonio non ha ragione di esistere; se non ci volesse troppo tempo te lo farebbe annullare dalla Sacra Rota; una troia come quella non può essere la moglie che merita un bravo cristiano.”
“Lo sai che non l’ho fatto perché avevo paura per il tuo cuore?”
“Sciocco, il mio cuore è forte e batte solo per te. A proposito, chi è questa ragazza che ti ama tanto e per la quale stravedi? Perché non me ne hai mai parlato?”
“Si chiama Elvira e mi pare che meriti tutto il mio e il tuo amore, ma è sposata e ha qualche peccato da farsi perdonare … “
“Ragazzo mio, di peccati ne abbiamo tutti; ci vivi insieme, a quel che so; perché non vuoi farmela conoscere?”
Elvira interviene come un terremoto, facendosi vedere nello schermo.
“Buongiorno, signora, io sono Elvira e sono felicissima di vederla finalmente!”
“Figlia mia, signora lo dici a chi ti pare; se davvero vuoi bene al mio Toto, io voglio essere una seconda mamma, con rispetto alla tua.”
“La mia l’ho persa che avevo sei anni; se lei mi consente, la chiamo mamma con tutto il cuore … “
“ … e mi dai del tu, immediatamente … come sei bella … e come sembri dolce. Riuscirete a farmi abbracciare un nipotino, prima che il Signore mi chiami? La troia non ne ha voluti; tu mi darai un nipote?”
“Dal momento che me l’hai detto, io decido che avrò un figlio da Toto anche senza matrimonio e contro la sua volontà; verrò personalmente a fartelo abbracciare, perché voglio un figlio e voglio una mamma putativa.”
“Ti aspetto, figlia mia. Ciao.”
“Ora che tua madre ti ha svincolato dall’obbligo del matrimonio, di me che sarà?”
“Franca, io domani faccio preparare la domanda di divorzio; se firmiamo insieme, sarà tempo risparmiato; subito dopo i divorzi, sposo Elvira e, ancora prima, diamo un nipote a mia madre; e, ti prego, non ripetere che per mia madre mi farei ammazzare; lo faccio anche per la donna che amo, se non tradisce la mia fiducia e svende la sua dignità asservendola a maschi ignobili capaci di ragionare solo col fallo.”
“Hai ragione; mi amavi ed io ti amavo altrettanto, poi qualcosa si è spezzato.”
“Non ti chiedo neppure cosa si sia spezzato. Cosa hai in mente, adesso?”
“Non riesco a pensare niente; ho solo una terribile domanda; che cosa deciderà di fare di me, Michele?”
“Non te lo so dire, mi dispiace, posso solo assicurarti tutta la mia assistenza e l’amicizia che non c’entra più niente col matrimonio andato i frantumi; diciamo che difenderò la sorellina contro il fratellone, se farà il prepotente … “
“Ricordi anche tu il gioco che facevamo da bambini?”
“Se ne ricorda bene anche lui; mi chiama ancora ‘il suo fratellino’ e parla di te come della ‘sorellina’ … certe cose ti segnano e non le puoi cancellare. Provo a sentirlo.”
Faccio il numero e metto il vivavoce.
“Ciao Miki, sono il fratellino. C’è anche Franca, la tua sorellina.”
“Ciao, ragazzi; come va?”
“A me tutto bene; lei è un po’ preoccupata; sa che ti sei incavolato.”
“Sorellina, non temere; il tuo fratellone ti vuole troppo bene per mettere sulla bilancia le tue stupidate; ne facevi sempre un’infinità, specialmente se si trattava di tuo padre … “
“Già … mi padre … sia maledetto dovunque si trovi … “
“Perché sei così dura con lui?”
“Perché lo adoravo … e lui rispondeva col potere. E’ questa la chiave, lo dice anche il mio analista; nella stessa persona, amo profondamente l’individuo e odio profondamente il potere che esercita e manifesta … “
“Quindi quello che pensi di tuo padre vale anche per me?”
“Si, Miki; finché sei il mio fratellone, per te farei tutto, darei ogni cosa, non mi risparmierei niente; al tuo potere non concedo niente; contro di esso distruggo la mia dignità, arrivo a tradire, a fare la spia. Se ce la fai, perdonami; se no, comportati come il tuo potere detta.”
“Franca, io non sono il mio potere, io sono il tuo fratellone che ti deve proteggere, anche da te stessa. Tu vuoi farti aiutare?”
“Se non mi fai sparire nel nulla, se mi offri un’occasione, io ricomincio da zero, l’ho concordato col mio terapeuta; se vado via da quest’ambiente, se cambio lavoro, se ricomincio da zero posso ancora farcela, non è perduto tutto; neppure a mio padre porto più l’odio che avevo; e non sai quanto soffro per avere usato lo stesso meccanismo a mio marito, all’unico uomo che ho amato e che amerò per sempre.”
“Perché diavolo l’hai ridotto così male? Perché sei scesa così in basso?”
”Perché ha cominciato ad esercitare il suo potere anche in casa; ho scoperto un altro potere, quello della vagina ed ho tentato di schiavizzarlo; l’ho offeso, umiliato, martoriato; e mi sono resa conto che facevo male solo a me stessa, che ho distrutto quello che c’era di buono tra noi; l’ho lasciato ad una donna eccezionale, che ha capito tutto di lui ed ora è la compagna che aspettava e che merita. Posso solo ricominciare, se tu mi lasci vivere e cercare un po’ di quiete lontano da qui.”
“Io non sarò mai capace di dare l’ordine che dici tu contro la sorellina a cui ho voluto bene da quando giocavamo a tre nei campi. Vattene al mare; c’è un paesetto sulla costa, dove una panetteria - pasticceria aspetta una nuova panettiera; c’è un piccolo appartamento a tua disposizione; hai sei mesi per dimostrare che vuoi farcela; e ce la farai, perché sei in gamba. Parti domani stesso e costruisciti un nuova vita; al resto penso io.”
“Posso dirti un’ultima cosa? …. TI VOGLIO BENE, da sempre, come sempre.”
“Vai al diavolo e non cercare di intenerirmi. Totò, sei lì ancora’ … Venite a trovarmi, tu ed Elisa, vi devo parlare di progetti nuovi e grandi; e stavolta devi essere con me; resterai l’uomo in grigio che sei e non sarai esposto a nessun rischio, ma dovrai accettare che alcune cose te le indico io; ho troppi crediti nei tuoi confronti. Elisa, prima di venire da me, parla col tuo direttore; tra poco dovrà trasferirsi e voglio che tu lo sostituisci, Ci stai?”
”Sei convinto che sono quella giusta, che ne ho le qualità? Sei sicuro che la facciata reggerà come regge adesso?”
“Sei in gamba, ragazza; sapevi che c’ero io, dietro la proprietà; stai certo che nessun finanziere troverà mai un rigo fuori posto. Ci vediamo alla villa stasera, voglio dare una festa per certi amici.”
“Abito lungo?”
“La tua bellezza non ha bisogno di abiti; fatti bella per me.”
“Cos’è questa storia della proprietà nascosta?”
“Toto, amore mio, a quanto ammonta l’ultimo credito che la banca t’ha concesso? … E credi che l’abbiano fatto per la tua bella faccia? E’ chiaro da sempre, per me, che Michele controlla la banca e tante altre cose; tu sei già nel suo giro; tu rappresenti la faccia pulita della sua attività e tutto quello che fai è limpido, inattaccabile; qualunque controllo dimostrerebbe che, se i tuoi fornitori forse sono inquinati, tu sei candido come un angelo.
Aspettati un’offerta assai importante; preparati ad essere ancora più potente. Io non sarò mai gelosa del tuo potere; ti adorerò di più, invece. Ma adesso portami sul vostro letto e datti da fare; tua madre aspetta un nipotino; voglio che nostro figlio sia concepito nel tuo talamo nuziale. Ti va?”
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