La mia potrebbe agevolmente classificarsi come una famiglia perfetta.
Io, Marina, quarantacinque anni, da venticinque sposata con Roberto, sono docente d’italiano nel Liceo cittadino con una carriera brillante alle spalle, molto benvoluta e apprezzata, sono ancora molto tonica e interessante dal punto di vista fisico, a giudicare dai complimenti che mi fanno volentieri e, soprattutto, dagli sguardi vogliosi, che accompagnano ogni mio movimento, di tutti i maschi che incontro affascinati dal mio seno pieno e sodo, nonostante l’età e le gravidanze, dal sedere giunonico e da un corpo ammirevole.
Mio marito, quarantotto anni portati benissimo, decisamente un bell’uomo ben piantato, avvocato di grido con interessi diversi e spesso per me misteriosi, è comunque molto apprezzato e direi forse amato da tutte le donne con cui ha occasione di incontrarsi e soprattutto fra le mie amiche e conoscenti, specialmente le colleghe d’insegnamento, di cui le più giovani non esitano a decantare i pregi e a esprimere invidia nei miei confronti.
Nostra figlia Laura, venticinque anni, è ormai avvocato in attesa di sostenere la prova per iscriversi all’albo ed è ‘carrozzata’ benissimo; pare che nei suoi ‘giri’ goda di moltissimi apprezzamenti e, per quello che dichiara, non esita a concedersi trasgressioni negli ambienti che frequenta; ma a me appaiono piuttosto licenze che si concede per la giovane età; suo fratello Mauro, ventitré anni, sta per laurearsi e sembra che non abbia molta voglia di accelerare i tempi, preferendo dedicarsi ai piaceri dell’età.
Roberto porta in casa il suo carattere pacato, riflessivo, tutto logica e buonsenso, lealtà e chiarezza; mio padre, quando ci sposammo, ci ‘obbligò’a sottoscrivere, con un documento ufficiale, un accordo per il regime di divisione dei beni, forse perché temeva che un giovane avvocato rampante potesse mirare al patrimonio di sua moglie; nonostante ciò, mio marito, una volta affermatosi e arricchitosi, mi ha lasciato sempre ogni scelta decisiva sull’amministrazione di casa.
A letto, il suo modo d’intendere i rapporti sessuali è, in sostanza, lo stesso che applica in ogni aspetto della vita; benché sia dotato di una mazza notevolissima, intorno ai ventidue centimetri, larga alla base e sormontata da una cappella meravigliosa che stento a prendere in bocca, non la usa per un sesso aggressivo e brutale; preferisce piuttosto le copule lente e meditate, che trovano sfogo nei preliminari in cui è un vero artista, al punto che quando arriva alla penetrazione io sono quasi esausta.
Ne abbiamo spesso parlato, specialmente quando mi propone il coito anale ed io regolarmente gli oppongo che mi fa paura per la violenza che porterebbe la sua mazza al mio povero ano e per lo schifo all’idea che il fallo debba penetrare in un punto del corpo non certamente pulito e raccomandabile; a nulla valgono le obiezioni che mi fa sulla diffusione della pratica fra tutte le coppie e l’assoluta mancanza di dati sui danni da me temuti al condotto fecale; si arrende sempre, per buonsenso.
Per quanto riguarda i modi di approcciare l’amplesso, più volte gli ho suggerito di usare un poco più di brutalità; proprio non gli riesce a essere aggressivo; ed io mi sento quasi annoiata di essere trattata come una bambola di biscuit anche quando mi penetra fino alla testa dell’utero e mi fa urlare di piacere senza perdere un minimo dell’aplomb che lo caratterizza in tutti i momenti della giornata, in tutte le occasioni pubbliche o private.
Durante la festa di fine anno, che la scuola organizza per docenti, studenti e familiari tutti, riesco sempre a convincerlo a partecipare, in parte anche per esibire il mio meraviglioso marito; quest’anno si è presentato come sempre impeccabile nel suo completo fumo di Londra e si muove disinvoltamente tra giovanissimi, genitori più o meno anziani e colleghi di ogni sorta; io, come al solito, mi esibisco volentieri nel mio abito eccitante, che mette in luce i fianchi notevoli e il decolleté attrattivo.
In un gruppetto di colleghi, si parla di rapporti intimi e un docente di educazione fisica esalta il dovere della mascolinità; non posso che condividere e si crea tra noi un feeling particolare, di cui si accorge immediatamente Roberto; mi guarda con aria severa e tace; quel silenzio mi fa più paura di qualunque rimprovero o scenata, ma non sono disposta a lasciarmi condizionare da lui; gli giro le spalle e m’immergo nella discussione lasciandomi corteggiare da Osvaldo.
Neppure mi accorgo che mio marito si è lasciato ‘agganciare’ da una giovane supplente temporanea di venticinque anni, ex concorrente al titolo di miss Italia, decisamente molto bella, con la quale si è immerso in una discussione assai strana, per lui, sui piaceri di una gita a Parigi; vengo distratta dalle sollecitazioni di Osvaldo che m’invita a bere con lui e ne approfitta per palparmi con mosse, sgraziate ma stimolanti, ogni volta che ha occasione di toccare il mio sedere o il mio seno.
Comincio ad avvertire gli effetti di una sollecitazione mai provata prima e sento che il sesso mi si eccita e mi produce strane fitte che mi provocano leggeri orgasmi; il desiderio di sperimentare un sesso diversamente utilizzato mi prende e devo avere manifestato questa mia particolarità, perché Monica, la più anziana tra le mie colleghe, si sente in dovere di prendermi da parte e di mettermi sull’avviso, che una levata di testa improvvisa può distruggere una vita d’amore.
Le obietto che, se mai qualcosa dovesse succedere, so bene che basterà che ne parli a mio marito perché lui accetti qualunque cosa; è in un nostro tacito accordo che le cose, dette per tempo e con la debita calma, non possono e non devono incidere sulla serenità dei nostri rapporti; se dovessi rendermi conto che desidero sperimentare una ‘trasgressione’ non dovrei fare altro che parlarne a mio marito; lui sarebbe d’accordo con me; fa spallucce e mi lascia.
In realtà ho già deciso che voglio sperimentare quell’ipotesi e, mentre torniamo a casa, mi limito a comunicare le mie sensazioni a Roberto; non risponde subito ma vedo che stringe con inusitata forza il volante, segno che è molto adirato; mi limito a ricordargli i principi di libertà e di lealtà a cui ci siamo sempre ispirati; mi dice solo.
“Attenta a questo che dico e imprimilo bene in mente. Quello che sta per succedere è peccato veniale che si può perdonare e dimenticare; le conseguenze sarebbero pericolose per tutti.”
“Che cosa intendi dire?”
“Un episodio si lava via con le scorie; se però tu dovessi scoprire una realtà diversa e assumerla per te, allora ci saranno conseguenze.”
Non parliamo più della cosa; la sera non accetta le mie profferte di fare l’amore accampando stanchezza; gli dico fuori dai denti che quel suo atteggiamento di permaloso offeso, in realtà offende tutti i principi alla base del nostro rapporto; mi fa notare che le mie emicranie hanno spesso frustrato il suo desiderio e che giammai gli è passato per la mente di ritenersi offeso o di giudicarmi con severità; non posso contraddire una verità storica e taccio ma sono risentita.
Anche il risentimento gioca a favore della mia scelta di accettare la corte di Osvaldo; decido che con lui passerò un meraviglioso fine settimana in un hotel della pedemontana; per lealtà (forse solo parziale) lo comunico a Roberto e scelgo una sera in cui i ragazzi sono a cena da noi (vivono nella vicina città universitaria) per dirgli che trascorrerò il fine settimana in una Spa di un paese vicino; mi chiede con chi vado; rispondo vagamente ‘con un’amica’.
Non può obiettare nulla, perché il suo cellulare lo distrae; si allontana per parlare ma riesco a cogliere qualche accenno a una cena a Parigi sulla torre Eiffel; non ci faccio molto caso, perché spesso è in giro per il mondo e cena in posti famosi; Laura invece mi chiede se sono mai stata a Parigi e sulla torre Eiffel; le racconto che con suo padre, agli inizi, abbiamo viaggiato molto e che mi ha portato a cena proprio sulla torre; il commento da lei sussurrato al fratello mi gela.
“Il vegliardo ha deciso di rinnovare antichi fasti con nuovi giovani amori … Papà, perché non mi porti a cena a Parigi o in un’altra località d’incanto?”
“Perché quelli sono posti da amanti e tu sei mia figlia; prova a chiedere a uno dei tuoi tanti amanti … “.
Roberto ha perso il suo solito aplomb e quella risposta è inattesa, assolutamente; glielo faccio osservare e si limita a rispondere che da quel momento ciascuno parla per sé e dice quel che ritiene opportuno comunicare; dovrei rendermi conto che il suo malumore è più che giustificato dal mio comportamento, ma non sono disposta a concedergli niente; ho aperto uno scontro e lo porto fino alle estreme conseguenze; è ancora più determinato.
“Marina, te lo ripeto davanti ai tuoi figli; un errore si perdona e si lava; le conseguenze si pagano care.”
“Papà, che vuoi dire’”
“Tua madre è alla vigilia di una stupidaggine immensa. Quella la perdonerei; le conseguenze segnerebbero la fine di tutto. Ricordatevene quando sarà il momento … “
“Mamma, che stai per fare”
“Vado in una Spa; quale sarebbe la colpa?”
“Dalla cronologia del tuo computer risulta una prenotazione e non è in una Spa ma in un hotel; ed io so con chi ci andrai.”
“E allora? Voglio fare un esperimento e non sarà la tua arroganza a impedirmelo; poi fai quello che ti pare … “
“Papà. Che significa ‘le conseguenze’?”
“Conosci la differenza tra esperimento e sperimentazione? Tua madre dice che si tratta di un esperimento, unico e cancellabile, io sono certo che diventerà sperimentazione e avrà conseguenze.”
“Laura, non capisci? Mamma va con un amante ed è convinta che sarà una botta e via; papà è pronto a passare sulla trasgressione ma teme che diventerà abitudine; se succede, la famiglia si sfascia … “
“Mamma, una copula è peccato veniale, se la ripeti, sono la prima a condannare la tua scempiaggine!”
“Io non devo rendere conto né ai miei figli né a quel talebano di mio marito; va bene, vado a passare un week end con un amante per sperimentare un modo diverso di copulare; quel che sarà, sarà …”
Chiudo il discorso e vado in camera; Roberto esce e non dà nessuna spiegazione di questa scelta unica nella nostra vita; molto tempo dopo avrei saputo che va a incontrare Ortensia, la giovane supplente da cui si è fatto agganciare alla festa; quella notte non dorme nel letto accanto a me; gliela giuro e per i giorni successivi, fino al fatidico venerdì, mi ritiro a dormire nella camera che era stata dei ragazzi; ne prende atto e non mi rivolge la parola.
Il venerdì mattina sono frenetica perché a fine lezioni ho appuntamento con Osvaldo per andarcene a passare il week end nell’hotel sulla pedemontana; la giovane supplente ha chiesto un’ora di permesso, perché deve prendere un aereo per Parigi, dove passerà un fine settimana di fuoco con un amante più grande di lei che si è rivelato veramente speciale; e lei se ne intende, di maschi, visto che ne ha ‘assaggiati’ almeno una ventina.
Nemmeno per un momento mi sfiora il dubbio che il suo nuovo amante possa essere mio marito, perché lo ritengo assolutamente incapace di venir meno ai suoi principi e di tradirmi con una che potrebbe essere sua figlia; io, invece, i miei principi li calpesto tutti e mi precipito entusiasta come una ragazzina alla’appuntamento con Osvaldo, nella sua macchina, nel parcheggio della scuola, sotto gli occhi e con grande scandalo di tutti.
Mi accoglie con una lieve carezza sulla guancia, per non dare spettacolo e, in meno di mezz’ora, è all’hotel dove ho già prenotato; consegniamo i documenti, ritiro la chiave e andiamo all’ascensore; per la prima volta nella mia vita sento le mani di un maschio diverso da mio marito sulle mie natiche mentre mi stringe in un abbraccio da stritolare; per la prima volta, dopo mio marito, assaporo una bocca che mi divora le labbra e una lingua che s’insinua prepotente nella mia bocca e la esplora tutta.
La salivazione derivante e la pressione della sua mazza contro l’inguine mi procurano un piacere intenso, che mi fa dolere il ventre; le sue mani si muovono come tentacoli e mi afferrano il seno che impasta, da sopra ai vestiti, alla ricerca dei capezzoli che riesce solo a palpeggiare; l’altra mano mi scivola alle ginocchia, solleva la gonna che ho indossato leggera e agile, e mi afferra con forza la vulva, poco difesa dal perizoma, stimolandomi le grandi labbra.
Siamo arrivati alla camera; non appena chiusa la porta alle nostre spalle, mi afferra i seni da dietro e mi pianta tra le natiche una mazza durissima; mi appoggio lussuriosamente contro il suo petto muscoloso e allungo la mano dietro di me, fino ad afferrare il sesso che comincio a desiderare con tutte le mie fibre; non è grosso come mi aspettavo, ma nemmeno piccolo; la dimensione è simile a quella che da venticinque anni mi fa godere, ma l’emozione è intensa.
Mi accorgo che la sua mano scivola verso il sesso; sento la zip che apre la patta; guida la mia mano dentro i pantaloni; non indossa intimo e il calore dell’asta si trasferisce alla mia mano; prendo a masturbarlo e avverto che l’asta si gonfia al contatto con le dita; mi solleva la gonna fin oltre la vita, allunga una mano ad afferrarmi la vulva che già si bagna; colloco il fallo fra le natiche e la punta struscia sull’ano eccitandomi.
Sono quasi terrorizzata perché il mio ano è ancora vergine dopo venticinque anni di copule di pressioni inutili di mio marito; cerco debolmente di avvisarlo; non mi lascia parlare e sposta la cappella lungo la vulva procurandomi fitte intense di piacere che mi bruciano il cervello; mi spinge verso il letto e mi obbliga a sedermi sul bordo; intanto si sfila maglia e pantaloni e mi si offre completamente nudo, con il fisico palestrato e il sesso ritto.
Mi sfilo l’abito che avevo scelto comodo e agile, tolgo anche calze, reggiseno e perizoma; sono anch’io nuda davanti a lui, in tutta la prorompenza delle mie forme; si pianta davanti a me e il suo sesso è davanti alla mia bocca; me lo schiaffeggia un paio di volte sulle gote e me lo infila in bocca; non ho grande dimestichezza con la fellazione, ma non se ne cura e mi copula in bocca, spingendo la cappella fino all’ugola; provo un piacere strano e intenso; comincio a succhiare.
Per un tempo che mi pare infinito, anche se saranno stati solo una ventina di minuti, gioca con il sesso nella mia bocca, copulando come fosse una vagina, facendoselo leccare dalla radice alla cima, imponendomi di succhiare la punta mentre masturbo l’asta, si gode la mia fellatio che accompagna con improperi, parolacce ed espressioni triviali della peggiore specie; godo come non mai e sento gli umori scorrermi dalla vagina fin sul letto.
Non so se era questo che volevo, ma ne sono felice; mentalmente, confronto questa violenta copula orale con i lunghissimi preludi che con la bocca facevo con Roberto e godo molto più del confronto che della penetrazione; ho quasi la sensazione di succhiarne due nello steso momento e di godere doppiamente; il transfert mi fa quasi schifo, perché mescolo l’amore e il sesso; ma in questo momento è il piacere fisico, quello sessuale, a prevalere.
Quando si è stancato del mio trattamento orale, mi spinge riversa sul letto, coi piedi ancora a terra, e si piega sulla mia vulva; la aggredisce con forza e la morde, la succhia, la titilla; niente a che vedere con le languide e delicate leccate che dedicava alle grandi e alle piccole labbra mio marito, facendomi raggiungere delicatamente e pacatamente l’orgasmo; quest’uomo s’impossessa della mia intimità e la massacra, la perlustra quasi con violenza, tratta il clitoride con brutale efficace e gli orgasmi mi scattano lo stesso; ancora una volta è il confronto a darmi il massimo piacere.
Quando sembra ritenersi soddisfatto del piacere che mi ha dato (ed è tanto!) si alza, mi solleva di peso e mi sposta al centro del letto, sale sopra e mi viene tra le cosce, divarica le caviglie mi viene addosso e in un attimo la sua mazza è dentro di me; avverto un dolore fisico, forte, e mi lamento, mi schiaffeggia i seni e m’impone di godere; arrivo a un primo orgasmo che ancora mi sta violando il canale vaginale, picchia contro la testa dell’utero con violenza, senza risparmio.
Godo ancora, gli cingo il busto con le gambe e mi appiccico a lui; mi monta selvaggiamente per un poco, poi mi fa cambiare posizione e mi prende di lato, con una gamba sollevata per avere il massimo accesso alla vagina, cambia con l’altra gamba, mi spinge carponi sul letto, senza tirare via la mazza dalla vagina, e mi monta a pecorina; senso l’asta che mi entra fino allo stomaco e urlo, di dolore e di piacere insieme.
Mentre è al massimo della copula, sfila la mazza dalla vagina e sposta la punta all’ano; intuisco che vuole sodomizzarmi e grido che no, non l’ho mai fatto; mi schernisce affermando che è anche troppo tempo che aspetto; spinge con forza e mi sento squartare; urlo e piango; ma subito dopo comincio a provare un piacere nuovo, intenso, strano; penso a Roberto e piango, perché so di averlo privato di qualcosa che doveva essere suo; adesso il tradimento è imperdonabile.
L’umiliazione a mio marito continua, perché si sfrena nella copula anale che raggiunge le peggiori forme di perversione, finché la sua mazza entra ed esce liberamente dal mio ano; so che mi sto comportando da troia e decido di andare fino in fondo; spingo indietro il sedere e comincio a partecipare attivamente della penetrazione, sembra assai soddisfatto e gode molto di più mentre va avanti e indietro nel mio ventre.
Mi passo una mano sul sedere dolorante e la ritraggo macchiata di sangue; lo avverto che mi sta facendo molto male; con un urlo disumano mi scarica nell’intestino una lava di sperma che avverto spruzzarmi dentro; a ogni schizzo, un mio orgasmo esplode con gioia; sono felice di averlo fatto; mi dispiace di avere impedito a mio marito una gioia tale per tanti anni, ma adesso sono al settimo cielo per averlo fatto.
Esce finalmente dall’intestino e il suo sesso è striato di sangue; mi tampono alla meglio con una mano e mi precipito in bagno, scarico nel water lo sperma che mi ha versato e il sangue che è sgorgato, passo sul bidet a lavarmi; tutta nuda torno in camera, prendo la boccetta di profumo (l’unico materiale alcolico che possesso) e me lo spalmo sull’ano e nel canale rettale che adesso consente a tre dita di muoversi agevolmente; brucia, ma tampona l’emorragia.
Nei due giorni e nelle due notti che seguono, Osvaldo non smette di possedermi, in tutti i buchi e in tutti i modi; la sua scelta preferenziale è l’ano che per l’arco delle cinquanta ore percorre per almeno due terzi del tempo; mi possiede in vagina lasciando il sesso quasi ininterrottamente dentro, m’insegna a praticargli una spagnola con orgasmo in bocca, mi fa ingoiare sperma in continuazione; la domenica mattina, quando dobbiamo lasciare la camera, sono distrutta.
Mi accompagna a casa, che trovo vuota; m’immergo nella vasca e cerco di rimediare ai danni provocati con un lungo bagno ristoratore, uso creme emollienti per rimediare ai lividi sull’inguine che le lunghe copule hanno prodotto; una emostatica serve a riparare i danni allo sfintere forse danneggiato; cerco di nascondere i segni che le violente copule mi hanno prodotto su tutto il corpo, involontariamente; non mi sento serena ma cerco di rilassarmi.
Mi preparo un piatto di pasta e vado a letto; ho bisogno di riposarmi, dopo le fatiche amorose degli ultimi due giorni; in fondo sono felice di avere fatto l’esperienza; ma credo proprio che il tarlo del piacere violento mi abbia preso, perché già sto pensando che, una volta al mese, quella prova può aiutarmi a rompere la monotonia della mia esistenza; non so come mio marito la prenderà, anzi sono certa che se ne adonterà; ma, a questo punto, la sua opinione non m’interessa.
Devo aver dormito alcune ore, perché quando mi sveglio fuori è buio; vado in cucina per prepararmi un caffè ma trovo che la caffettiera è ancora calda con caffè residuo; Roberto deve essere rientrato e si è preparato il caffè; ne bevo da una tazza e percorro il corridoio per individuarlo; la luce nel suo studio è acceso, ma la porta è chiusa; busso ed entro.
“Ah sei qui? Ti sono mancata”
Ironizzo.
“No, affatto; vedo che hai rotto tutte le intese … “
“Perché?
“C’è sangue in bagno; la deflorazione l’hai subita venticinque anni fa; solo una verginità ti restava, che difendevi con tutte le tue forze; al primo incontro, col primo venuto, hai concesso tutto, anche l’ano?
“Prova a chiedere il divorzio e vedrai … “
“Avrai bisogno di un buon avvocato, con gli accordi prematrimoniali … “
“Che accordi?”
“Hai dimenticato il regime separazione dei beni?
“E due figli? E venticinque anni di sopportazione?”
“Parlane con l’avvocato; e che sia uno buono; puoi approfittarne per far fare la prima esperienza a Laura; è molto brava, professionalmente … “
“Te ne vai?”
“TU TE NE VAI!!!!!!!” Questa casa è mia, non hai nessun diritto; trovati un alloggio, se il tuo amante non ti prende con te.”
“Vai al diavolo.”
M’illudo che sia finita; ma non è così; come nella parabola evangelica, ho sottolineato la pagliuzza nel suo occhio, ma ancora non mi rendo conto della trave nel mio.
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