La mattina del lunedì sono a scuola, anche se il dolore all’ano m’impedisce movimenti limpidi; Osvaldo che se ne accorge mi sorride sornione; ma anche Monica se ne avvede e, passandomi accanto, si limita a sussurrarmi.
“Lurida troia!!!”
La ignoro, anche perché a dominare la scena è ora Ortensia, la giovane supplente ansiosa di raccontare il suo week end a Parigi col suo maturo amante; non appena le chiedono, non può fare a meno di diffondersi nei particolari; incuriosita, ascolto lei che racconta del volo a Parigi preso per un pelo col suo Roby che era rimasto sui carboni ardenti fino all’ultimo, lo sbarco all’aeroporto e la corsa in tassì fino all’albergo, proprio di fronte al Louvre, in una suite che solo nei sogni aveva immaginato.
Non ha passato tutto il tempo a letto e fare l’amore col suo amante, perché lui è un gentiluomo che l’ha portata prima a fare un giro per la città, che si è concluso sulla torre Eiffel dove lui aveva prenotato una cena deliziosa che ha gustato con grande entusiasmo ma soprattutto con grande amore; una delle colleghe le chiede se sono innamorati; lei le risponde che no, perché lui è sposato e ama sua moglie che lo sta tradendo in quelle stesse ore con un amante occasionale; ma è dolcissimo sentirsi innamorati a Parigi.
L’intervento di Osvaldo è del tutto fuori luogo, ma non se lo risparmia e sbraita contro i mollaccioni che fanno del romanticismo; la reazione di Ortensia è assolutamente imprevedibile e inaspettata.
“Senti, imbecille grande e grosso, di maiali come te ne ho venduti alcuni al mercato e siete tutti gli stessi, glande e imbecillità; all’ultimo che incontrato e che m’implorava di orinargli in bocca ho risposto il classico NO del sadico al masochista; se per disgrazia, tua naturalmente, mi dovessi trovare da sola con te, ti farei ballare io, coi tuoi testicoli zeppi di cretinità.”
Il palestrato tenta di scattare, ma lo bloccano e lo portano via di peso; Monica le suggerisce di non curarsi dell’asino tutto sesso e di raccontare invece cosa ha vissuto dopo; l’altro ironicamente chiede se in albergo; il suo comportamento mi fa semplicemente schifo e mi pento amaramente della stupida scelta fatta in spregio a me stessa, piuttosto che a mio marito.
La mia amica mira a farmi male e le dice che soprattutto le interessa sapere, se il suo accompagnatore oltre a farle visitare negozi, boulevard e musei è stato anche soddisfacente a letto, visto che a lei non manca l’esperienza.
“Monica, ti giuro, è un individuo superiore; calma, serenità, dolcezza, affetto è quello che ti sa trasmettere anche quando ti penetra fino al cervello; ha dichiarato preliminarmente che non poteva darmi amore perché quello, da prima che io nascessi, l’aveva promesso alla donna che ha sposato e che non ha mai smesso di amare; mi ha chiesto di accontentarmi della passione, dell’affetto, di tutti i sentimenti di cui era capace; ti giuro che sono pronta a passare la vita con un uomo così!”
Monica mi guarda con aria di rimprovero; un dubbio mi si insinua e non riesco a fare a meno di chiederle se l’ha portata al Museo degli Impressionisti, a Montmartre, a passeggiare sugli Champs Elysées; se si è fermato in un negozietto a comprare un souvenir perché non voleva farle un regalo ma solo ricordare che erano passati da lì; mi risponde che ha comprato una scatoletta di ‘aria di Parigi’ una cosa del tutto stupida e inutile, ma che lei conserva tra le cose care; la mia è ancora a casa.
“Tu sapevi che era mio marito il tuo amante?”
“Io so che sua moglie ha voluto farsi ‘passare uno sfizio’; lui se l’è fatto passare con me … “
“… e ti ha fatto percorrere esattamente l’itinerario che fece con me quando avevi pochi anni … “
“Me l’ha detto; ti assicuro che ne sono stata felice; se dovesse scegliermi come compagna quando te ne andrai con l’asino, stai certa che per lui diventerei anche monaca, se fosse necessario; se lui è talebano, io mi faccio infibulare, ma sta certa che non lo tradirei; e non ho certamente tradito te che avevi deciso, prima di lui, di fare i tuoi comodi.
Se vuoi sollevare lo scandalo, accomodati. Io ti ribadisco che Roberto è l’uomo migliore, la persona più desiderabile, l’amante più invidiabile che esista al mondo; e solo una persona con poco cervello poteva distruggere un amore così profondo.”
“Chi ti dice che l’abbia distrutto?”
“Marina, io ho quasi la metà dei tuoi anni, ma tanta, tanta esperienza in più; la tua camminata oggi mi dice tutto quello che nasconde … non riuscirai a far digerire questo rospo. Se dovessi essere la tua sostituta, ti potrei solo ringraziare.”
“Hai solo avuto la fortuna di essere al posto giusto nel momento opportuno, proprio quando mi sono fatta cacciare … “
“Chi ti dovrebbe cacciare? Tuo marito Roberto? Avvertimi, che questa scena unica nel secolo non voglio perdermela per niente al mondo. Se mi amasse un quarto di quanto ti ama, andrei a casa tua camminando sulle ginocchia.
Stammi a sentire, scava dentro te stessa, ritrova l’amore che provavi e che non puoi avere perduto, fatti un esame di coscienza o, se preferisci, un po’ di outing; se recuperi una parte di quella che eri, una copula, per quanto dura, si lava via, si perdona se l’uomo è Roberto e se gli dai prova di meritare ancora affetto; riuscirà anche a dimenticare; ci metterà più tempo, ma ci arriverà. Io non lascerei un uomo come tuo marito; e non certamente per un coatto, buzzurro e cafone.”
Sono stordita; una ragazzina, che potrebbe essere mia figlia, mi dà lezioni di vita perché ho perso la tramontana; ma ha perfettamente ragione; venticinque anni di vita insieme, due figli di cui non ho saputo occuparmi ma che posso ancora recuperare, un marito che parla del suo amore per me con la sua giovane amante; non sono così stupida da non rendermi conto che ho sbagliato tutto; da dove ricomincio, però?
Mi si avvicina Monica e, a proposito della rottura tra me e Roberto mi dice, tra l’ironico e l’incavolato.
“Se avessi mai pensato che un giorno potevi esasperarlo, l’avrei obbligato a tradirti con me, almeno una volta … “
Ortensia non perde colpo per intervenire.
“Perché te ne fai un problema? Se approfitti di questo momento di sbandamento, puoi benissimo prenderti la soddisfazione; sei comunque la più fidata amica di sua moglie … “
“Te la vedi una tardona come me concupire un uomo di quel fascino?”
“Io sì, la vedo; i fatti ti possono dimostrare che sei ancora in grado di calamitare l’interesse di uomini affascinanti … “
La solita Ortensia non perde occasione per una battuta.
“Ce l’hai un po’ di viagra in casa?”
“L’hai usata con Roberto?”
“Quello se ti becca, ti sventra; con molta grazia, con tanta eleganza ma poi ti trovi ad aver male dappertutto … “
“Non parli per sentito dire, tu … Marina, blocca queste erinni in caccia; vai a casa e prendilo per la gola … “
“Parli di cravatta o di cucina?”
“Non mi risulta che sei brava con le cravatte; in cucina, invece … “
Ha ragione; vado a casa, appena finisco il turno e mi dedico ai fornelli; è da tempo che non lo faccio; ma certe cose non si dimenticano; mi basta scendere al supermercato all’angolo e sono in grado di preparare una cena di quelle che, quando ero in vena, da sole bastavano a mio marito, no al mio amore, per andare fuori di testa; di solito, dopo finivamo a letto e facevamo l’amore senza interruzioni fino all’alba; non può essere la stessa cosa, ma ci devo provare.
Preparo la tavola per due come se fosse una ricorrenza per due innamorati cotti, non per due che si sono perduti e cercano di ritrovarsi; tovaglia di lino, posate in argento, bicchieri di cristallo col vino preferito, perfino fiori al centro; per stuzzicarlo, a costo di litigarci, metto in bella vista il mio souvenir parigino; è la prima cosa che vede, quando torna dal lavoro ed entra in cucina; poi nota la tavola, fa un mezzo sorriso immediatamente nascosto e versa da bere per due.
“Ho sentito che sei stato a Parigi; è ancora così bella?”
“Parigi è come te; le cose belle non cambiano dentro.”
“Quindi è stato un pellegrinaggio?”
“Chi lo dice?”
“La Marina che ti accompagnava; anzi il transfert di quella Marina.”
“Sì, ho ripercorso il nostro amore quando era ancora acerbo.”
“Non è marcito; ascolta; l’amore non l’ha toccato nessuno, anche se ho commesso una grave stupidaggine; quello è stato sesso. L’amore è tutta un’altra cosa … “
“Come questa cena per noi due soli?”
“Questo è un documento; l’amore è quello che c’è dietro, dentro, in me, forse ancora in te … “
“Pensi di amarmi ancora?”
“Io non penso; io ti amo oggi come ti amavo a vent’anni, come ti amerò quando deciderai di divorziare.”
“E di quello che è successo?”
“Ho commesso un errore gravissimo, se vuoi imperdonabile; ma è stata una copula sbagliata, un atto di presunzione inutile; il mio uomo è forte, abbastanza da perdonare; so che mi ha perdonato; non so e non sa lui stesso se vuole o se può dimenticare; i muscoli si ricompattano, le imbecillità si dimenticano; se tu vuoi, possiamo ricominciare da dove eravamo solo pochi giorni fa …”
“Già … pochi giorni che dovrebbero distruggere venticinque anni; è vero; è più umano dimenticare ma non posso dirti che ce la faccio, così a caldo … Immagino che avrai preparato la trota … perché lo facevi sempre, quando litigavamo … ma stasera non prevedo un dopocena.”
“Mi basta essere ancora vicino a te e parlare, anche facendoci male, ma parlare.”
“Dai, mangiamo!”
E’ destino che la trota non si mangi; rumori forti all’esterno ci allarmano un poco; poi la porta si apre e lascia passare i nostri ragazzi, carichi di valigie; li guardo spaventata e sembra che mi renda conto solo adesso di qualcosa.
“Oh, dio, vi hanno sfrattato perché non vi ho mandato i soldi della pigione … “
E’ Laura a rispondere.
“No mamma; vogliamo tornare a casa nostra; è possibile?”
“La casa è di vostro padre, è a lui che dovete chiedere … “
“Che diavolo vai dicendo? Questa è la nostra casa, nostra lo capite? E’ mia quanto è tua quanto è di ciascuno di voi; evitate le eresie e poggiate le cose nelle vostre camere … “
Sono visibilmente emozionata per quell’aggettivo ‘nostra’ che mi riporta dentro una realtà che stavo per distruggere; aiuto Laura a trasportare le valige nelle camere mentre Mauro si siede a tavola e scherza con suo padre.
“C’è trota stasera; che si festeggia?”
“I figliuoli prodighi che tornano a casa; non avevamo il vitello grasso e vostra madre ha ripiegato sulla trota di quando vi abbiamo concepito … “
“Mamma, io a mezzogiorno ho mangiato a panini; si riesce a imbastire una pasta?”
“Certo; Laura, anche tu?”
“Si mamma, grazie.”
“Marina, hai visto che il miracolo c’è stato? Chiedono il permesso … ti ringraziano. Prevedo grandi trasformazioni … “
“Papà, aspettiamo di mangiare o metto le carte in tavola?”
“Preparate la pasta per tutti; ormai le trote hanno esercitato la funzione che avevano e possono anche essere il condimento giusto per quattro bucatini. Siediti e parla.”
“Prima mi spieghi la funzione delle trote … “
“Niente di che; quando eravamo assai giovani e ci capitava di litigare, Marina mi prendeva per la gola; cucinava la trota, preparava la tavola del grande amore; dopo cena, mi trascinava a fare l’amore e lo screzio era superato.”
“Dopo mi spiegherai anche questo; ora ho premura di parlarti di me; scusami mamma; dopo parleremo di voi e di noi; ora devo parlare per me, di me. Ho deciso di tornare a casa, ma ti devo anche chiarire i motivi. Intanto, ho sostenuto l’esame di abilitazione e sono certa di superarlo.”
“Lo hai superato; non ti meravigliare, le voci circolano in un ambiente così piccino; la mia segretaria, che lo ha saputo per prima, per la gioia mi ha abbracciato come se fossi stato io a superarlo. Ho saputo che molti studi ti farebbero passatoie di velluto perché andassi a lavorare con loro.”
“Adesso ti abbraccio e ti bacio io perché veramente c’è anche tanto di tuo in questo risultato; per quanto riguarda le passatoie, la prima cosa che ti volevo dire è proprio questa. Io vorrei venire a fare il praticantato nel tuo studio … E non ti nascondo che l’ambizione sarebbe anche farmi le ossa e avere il nome con te in ditta. Mi sono spinta troppo oltre?“
“Perché? Anche il mio studio guarda ai giovani promettenti con estremo interesse; figurati poi se rischiano di entrare col nome in ditta o di ereditare lo studio … Ci sono però molte cose preliminari da definire.“
“Scusa, Roberto, che c’è a definire?”
“Marina, ti prego di non dire cose non opportune; tu del mio lavoro conosci solo l’entità dei conti a cui attingi senza limiti e molto spesso spropositando. Tu non sai che l’accusa di tirannia che tu mi attribuisci molto a sproposito, nell’ufficio corrisponde al dato di fatto della mia professionalità.”
“Papà ti prego, lascia stare mamma che già stenta a fare bene la professoressa; anch’io sono in quel giro piccino che dicevi; lo so che sei un tiranno, per somma ironia amatissimo dai tiranneggiati; tutti vorrebbero venire a lavorare da te e tutti sanno che sei un dittatore implacabile, che licenzi per un minimo errore, che non dai tregua quando un processo è importante. Io so tutto questo e voglio venire a lavorare con te.
Ti avverto che la figlia si annienta sulla soglia dell’ufficio; niente concessioni, niente privilegi; nessuno dovrà avere mai un elemento per sospettare il nepotismo. Se tu mi vuoi io ci sto e saprò starci, siine certo.”
“D’accordo; io di te mi fido; domani ti faccio il regolare contratto. C’è altro, prima di dedicarci ai bucatini?”
“Beh, è connesso; non posso più essere la farfallona che sono stata per debolezza mia, per mancanza di controlli, per lassismo di mamma; insomma, devo entrare in un ordine d’idee nuovo; mamma ti ha tacciato di talebanismo e di oppressione; io volevo solo dirti che, se entro nella tua casa, e stavolta lasciami dire tua, ci entro alle tue condizioni e nel rispetto della tua volontà.
Se sei oppressivo sono pronta a dire ‘signorsì’ a qualunque sollecitazione, suggerimento, ordine o imposizione; non cercherò la ribellione, quale che sia, in nome di un’astratta libertà. Lo stesso vale se sei talebano; se me lo chiedi, accetto il burka ed anche l’infibulazione; voglio essere un ottimo avvocato e non essere esposto a commenti salaci.
Ti chiedo solo di essere il padre autorevole e determinato che sei come avvocato; dammi consigli, dammi degli ordini, imponimi dei limiti, ma aiutami a crescere umanamente e professionalmente; Si può fare?”
“Figlia amata in casa, con le paure e i dubbi del padre, e assistente in ufficio, alla pari di tutti? Dobbiamo stendere un contratto tra avvocati o possiamo procedere sulla fiducia?”
“Io voglio la tua fiducia e sono certa che non la tradirò.”
“… come stupidamente ho fatto io … Scusami, Laura; e tu perdona anche questa, se ti riesce, Roberto; forse non merito ancora la tua fiducia, visto che non so dartene io. Un discorso come quello di nostra figlia non l’avrei mai saputo fare, nella presunzione di essere rivoluzionaria per rivelarmi solo sprovveduta … “
“Mamma, se tu e papà ricucite il rapporto, uno di questi giorni dobbiamo parlare assai a lungo; e non sarà né facile né indolore … “
“Laura, amore di papà, non so se riusciamo; ti ricordi la storia della trota; dopo avermi preso per la gola, il mio amore mi prendeva per la mano e mi portava in camera per uscire solo all’alba, spesso senza dormire neppure un’ora. Se consideri che fino a ieri sera io ero con una ragazza della tua stessa età e tua madre stava facendo scempio di un mio mito per 25 anni, capirai che non è il momento per sognare che le cose possano recuperare una normalità.
Perdonare posso anche riuscirci, perché basta la forza d’animo; dimenticare, invece, umiliazione e mortificazione richiede saggezza; non so se ne ho abbastanza.”
“Avvocato, lei sta impiantando una causa senza fondamento giuridico; non esiste nessuna legge che vieti di copulare fuori dal matrimonio; tua figlia, a quanto dichiara, ha copulato e copula dove, quando, come e con chi vuole; tu non le muovi nessun appunto e l’accogli da eroina in casa tua; io ho concordato con te un fine settimana di libertà assoluta; io l’ho vissuto a modo mio, tu a modo tuo e, come dice la protagonista, con grande entusiasmo.
Per un mio eccesso, scomodi l’umiliazione e la mortificazione ;pretendi un risarcimento perché ti avrei privato di un diritto. Quale diritto? Essere il primo? Soddisfare il tuo desiderio d’individuo alfa con un rito tribale di cui vantarsi con gli amici e con la tribù.? Lo hai fatto, quando mi deflorasti; compisti il rito, rispettando le primitive leggi dei padri, quelle non scritte. Evviva l’eroe!
Io rivendico la mia libertà di una scelta reversibile, perché non è saltata un imene, ma è stato forzato un muscolo che è tornato normalissimo; ma per te è stata una volgarità da attribuire a un buzzurro.
Caro avvocato, siete gli stessi escrementi dell’umanità; lui con un unico organo col quale fa tutto, soprattutto ragionare; il suo pilota è un organo di corpi cavernosi che gli pende dal ventre; tu invece ti credi migliore perché ragioni con i codici che impongono le tue leggi; i tuoi eccezionali figli ragionano con il calcolatore nel cervello che suggerisce le scelte più opportune.
Per questo, domani me ne vado, lontano da te che domini e da questi figli che sono pronti a farsi tappetini e lasciarsi calpestare dal tuo potere per poter dire ‘com’è bello il mio tiranno!’ Io forse ho scelto il momento e la maniera sbagliati per lottare per la mia libertà; e come tutti quelli che l’hanno fatto, pensa solo a Che Guevara, muoio felice sul campo, con i miei ideali che a te fanno schifo perché non producono potere ed economia
Non stare ad affannarti per cercare soluzioni, compensazioni o diritti di proprietà, con la tua fida assistente e futura socia in ditta; non voglio un centesimo del tuo potere economico; ti lascio anche e soprattutto i figli, non avere timore; erano anche miei finché usavano il cuore per provare slanci, anche sbagliati, ma profondamente umani.
Tu invece puoi farne pure delle macchine per i poteri, tutti i poteri, anche quello morale perché sarai sempre tu a dettare le leggi anche quelle che regolano la penetrazione e la rottura dell’imene o dello sfintere.
Io torno a insegnare che l’Infinito è sempre davanti a noi e ci sfida a conoscere; che conosco le leggi ma le rifiuto; ti risparmio altre citazioni perché un cuore che s’infrange si può riparare; non ti fa morire perché non è il cuore come muscolo cardiaco ma quell’umanità che muove la mia vita; io torno a insegnare la poesia, che no n è un fallo che forza uno sfintere e lo fa sanguinare; ma tutto quello che gira intorno alla nostra anima, compresa l’aria di Parigi in scatola o la trota per cena.”
“Profia, hai finito? E se ti chiedessi di riparare il cuore infranto senza neanche l’aiuto della poesia di Proudhomme, ma soltanto mettendoci un poco di quell’amore che non va via con la doccia ma resta inalterato come certi muscoli; se ti chiedessi di rivedere insieme certe pagine di letteratura dove cercare le risposte a tanti errori; se ti chiedessi di venire a letto con me per un dopocena che non ho mai dimenticato, cosa diresti?”
“Ti pregherei di avere molta più delicatezza di quella infinita che usi sempre, perché una certa parte mi duole ancora e non posso offrirtela ora, con tutto l’amore che provo per te; e so che l’uomo che mi ama se ne sta fermo in certi giorni, quando per il dolore non posso dargli l’amore che provo per lui.”
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