Ho sentito dire mirabilia dell’amore che hai dato a due signore di nostra conoscenza; se sono sorella siamese, non posso essere figlia della serva; daresti quella notte d’amore anche alla gemella di tua moglie? … Si?!? … E quante volte, anche da ragazzo, hai sognato di fare l’amore con due gemelle con tutti gli equivoci e le conseguenze del caso? … Lo sapevo; molte … Allora accetteresti la mia proposta di fare l’amore con me e con la mia gemella, insieme, nello stesso letto?”
“Franci, sapevo che eri in gamba, ma non mi sarei mai immaginato di trovarti così forte, così ‘stron…g’ come direbbero gli inglesi. Dunque, ho bisogno di pensarci un attimo perché il passo che mi chiedi anticipa troppe mie ipotesi; io adesso ho alcune cose da fare che non posso rinviare; poi sarebbe il caso di cenare; la mia controproposta è preparare la cena e mangiare serenamente, io con le mie gemelle; aspettiamo la sera e decidiamo.
Sono certo che sai anche che le altre due accettavano il transfert o la copula per interposta vagina; se mi avessi proposto di essere la terza ‘donna per una notte con me’, ti avrei già portata a letto; così, invece, ti arroghi il diritto, sacrosanto per carità, di riportare nel cerchio magico del mio amore la tua gemella; se accetto, tutto tra noi sarà appianato, con gioia di tutti ma col rischio di nuovi terremoti; se rifiuto, si sfascia la tua amicizia con me e si rompe il criterio delle siamesi separate. Non è cosa da poco. Mi dai tempo di pensarci?”
“Fino a fine cena? Certo; è un tuo diritto; poi si è detto ‘notte’.”
“Posso dire una sola cosa anch’io? Vi amo, in maniera diversa ma con la stessa intensità; non mi va che stiate a contrattare la mia ‘rinascita’; Gigi, se vuoi fare l’amore solo con Francesca, non ne sarò felice ma certamente mi piacerà ancor di più che con le altre; e ti assicuro che ho adorato vederti impegnato ad amare me attraverso di loro; fino a questo punto ti amo, di godere del tuo piacere; se mi accetti in quello che hai definito il cerchio magico del tuo amore, sono felice di farlo adesso.
Ma desidero avvertirti che ti amo al di sopra di ogni cosa e nel tuo cerchio magico ci sono e non voglio uscirne, né per ribellione né per capriccio di bambina; ti amo e basta, così semplicemente; solo questo volevo dirvi, che vi amo profondamente e non mi va l’idea che, se tu non te la senti, la vostra amicizia ne debba essere compromessa; anche il mio cuore ne sarebbe danneggiato, perché non posso amarvi separatamente e sapere che tra voi non c’è amore; se devo aspettare che ti convinci, aspetterò; ma ti voglio, mio, qualunque cosa debba significare.”
Mio marito si limita ad accarezzarmi, ma vale più di un lungo discorso; prende il telefono e chiama il suo direttore generale; mette il vivavoce per renderci partecipi; lo avverte che la richiesta che gli ha fatto esige risposta subito, prima che gli eventi precipitino; l’altro gli suggerisce di mandare, per e mail, una lettera a ciascuna delle due direzioni; a quella della mia azienda, per avvertire che lascerò il mio attuale posto, cambierò sede di lavoro e passerò ad altra azienda, promossa segretaria personale di un dirigente; a quella della sua azienda, per comunicare l’avvenuta assunzione e l’attribuzione alla segreteria di un dirigente; mandasse in copia le lettere a tutte e due; si mette al computer e si prepara a scrivere; prima mi chiede.
“Se ti propongo per essere la mia segretaria personale, ti sta bene?”
“Che domande! Certo che le sta bene, anzi benissimo!”
“No, Francesca, fammi finire. Come dirigente, non sono dolce e non sopporto niente fatto male o in disordine; non sono il marito innamorato, che perdona e dimentica; sono il cerbero che ti sta addosso e ti carica di lavoro … Aspetta … Mi puoi assicurare che tra qualche tempo Ornella non leggerà questa destinazione come un modo per tenerla sotto controllo anche sul lavoro? Lei vivrebbe a contatto con me notte e giorno, mattino e sera; sei sicura che non proverà la smania di liberarsi?”
“Gigi, in questo quadro che fai, è prevista anche la protezione, la tutela, la difesa? Ho capito che mi troverei a dovermi fare carico di tutte le tue ire, di tutti gli scatti, dei problemi miei e tuoi. Ma tu sarai il mio faro, la mia bussola, il mio scudo, la mia difesa, sempre? Se mi accetti così, io voglio te e solo te, di giorno o di notte, col sole o con la pioggia; non riuscirai a stancarmi e lascerò a casa la bambina, sempre. Qui non c’entra più solo l’amore; questa è anche la nostra vita e la voglio dividere con te. Ti sta bene, direttore?”
“Nessuno mi chiama direttore; per tutti sono l’ingegnere; per te sono ‘amore mio’, anche in presenza di estranei, perché tutti sappiano subito cosa sei per me. Adesso, lasciatemi scrivere le lettere e spedirle, poi faccio qualche telefonata e ceniamo.”
Con mia somma meraviglia, la prima telefonata è per il Direttore generale del mio ufficio, al quale comunica che sono interrotti i rapporti per la partnership che hanno chiesto con insistenza; poi chiama Elvira e fissa un appuntamento per passarle la partnership revocata all’altro; riesco a stare zitta e a comportarmi da segretaria personale; mi guarda sorridendo.
“Chi sbaglia, paga; senza pietà, anche se domani ci sarà una mezza rivoluzione.”
Dopo che abbiamo cenato, Gigi non si prende neppure il tempo per fermarci a bere qualcosa; ci prende una per mano e ci accompagna verso la camera; sono visibilmente emozionata e riesco a stento a ricacciare le lacrime che vorrebbero farsi largo e sgorgare a fiotti; in due giorni è avvenuto di tutto e questa conclusione, anche se limitata dalla compresenza con Francesca, significa per me aver recuperato interamente il nostro rapporto, la certezza che l’amore di mio marito non mi abbandonerà mai.
Gli stringo teneramente la mano mentre osservo quasi meravigliata che la mia amica si sta già spogliando, prima ancora di aver varcato la soglia della camera; appena dentro, lascio che lei si tolga i vestiti e li poggi su una poltrona; io mi occupo del mio uomo e lo spoglio con la velocità della luce fino a vederlo nudo davanti a me, imponente come non lo avevo mai osservato, con la sua mazza meravigliosa ed enorme (finalmente me ne accorgo) ritta come un campanile dal ventre; lo bacio e lo lecco dappertutto, soffermandomi sui capezzoli che conosco assai sensibili e particolarmente eccitabili al contatto con la bocca.
Francesca è nuda e appare assai bella, quasi come me; si fionda sul manganello ritto e lo prende in bocca, lo assapora quasi a sentirne per la prima volta il gusto forte e possente; noto che si dedica a leccarlo con passione dalla radice alla punta, soffermandosi sulla cappella che per esperienza sa sempre sensibile al tocco delle labbra.
Mi accorgo che mio marito freme di piacere alla sua fellatio e lo bacio appassionatamente sulla bocca, lottando con la lingua a conquistare la cavità orale, per prendermi la sua lingua e succhiarla, praticando una sorta di seconda fellatio; sento le sue mani accarezzarmi la schiena e afferrarmi le natiche, ancora ricoperte dal vestito; accenna a tirarmi via l’abitino che indosso e mi sgancio per denudarmi anch’io; Francesca ne approfitta per spingerlo di spalle sul letto e mettersi in ginocchio, davanti a lui, succhiandogli l’anima dal sesso.
Poi comincia per Gigi il tour de force con due Erinni assatanate che si contendono la sua mazza, ma con amore e con affetto tra di loro; quando io prendo in bocca la cappella, lei si dedica completamente ai testicoli; la doppia succhiata lo manda quasi in delirio; ma, come so che è abilissimo a fare, trattiene l’orgasmo e ci lascia sfogare la nostra libidine; a un tratto, si libera di entrambe e si va a stendere supino al centro del letto, a braccia aperte.
Gli vado sul viso e mi accovaccio sulla sua bocca offrendogli la vulva grondante di umori; comincia la sua leccata che mi dà brividi infiniti e altissimi, godo più volte direttamente nella sua bocca; la mia amica approfitta della situazione per impalarsi, di vagina, sulla sua mazza; si vede che non è abituata a certe stazze perché la sua penetrazione è lenta e assaporata, gustata, vissuta con passione, con amore quasi; me la trovo di fronte e istintivamente le afferro la testa dalla nuca e porto le mie labbra sulle sue.
E’ la prima volta, anche se ci conosciamo dall’infanzia, che ci troviamo a scambiarci un bacio sensuale, forse d’amore, e sentiamo che si carica di anni di desiderio taciuto o nascosto; che esplode in noi qualcosa più dell’affetto tra amiche e che proviamo entrambe passione, libidine e voglia; le lingue si combattono e si leccano, cerchiamo di strappare all’altra il massimo piacere da un sensuale bacio saffico.
La scena eccita molto mio marito, che sposta apposta il mio corpo dal viso e si gusta il nostro rapporto, prende le mie mani e le porta sul seno di lei, prende una sua mano e la porta sulla mia vulva perché mi masturbi; la mia amica lo fa con perizia e con amore, mi scatena orgasmi enormi che scarico sul viso e nella bocca di mio marito; intanto, Francesca cavalca la sua asta traendone un piacere infinito, che leggo nei suoi occhi e nella sua bocca come lui lo sente sull’asta infilata in vagina.
Si sfila, alla fine, e mi fa cenno di scambiarci di posto; monto a mia volta sul suo ventre e mi penetro, a secco, dentro l’ano, avvertendo con dolore la robustezza del suo sesso; riscopro quella gioia, che avevo dimenticato per due giorni, che mi dà sentirmi violentare nel retto, anche se lui usa tutto il garbo e tutta la sua attenzione per penetrarmi dolcemente.
Ho voglia, e bisogno, di farmi male, di portarlo a prendersi tutta me stessa nella maniera più forte possibile; ma non è nel suo costume usare violenza, mi afferra i fianchi e dosa la mia penetrazione per renderla il più dolce possibile; quando sento che lo sfintere è passato, schianto sul suo inguine e sento i testicoli che picchiano sul coccige; ce l’ho tutto dentro, finalmente; Francesca mi guarda con affettuosa meraviglia, mi chiede con lo sguardo come va ed io la bacio, in risposta.
Ci cavalchiamo per un’ora, alternandoci nella penetrazione in vagina o nel retto, succhiando l’asta individualmente o in coppia, offrendogli i seni da leccare e da succhiare; quando si rende conto che ha bisogno di eiaculare, finalmente, mio marito ci mette in ginocchio davanti a lui e copula nelle nostre bocche, alternandosi fra l’una e l’altra; quando sente di essere vicino all’orgasmo, dedica alla mia bocca le ultime, più profonde spinte e, al momento di spruzzare, ci fa accostare le bocche, quasi a baciarci e spruzza su tutte e due e, quando tiriamo fuori istintivamente la lingua, dirige il suo sperma nell’una e nell’altra bocca, in totale parità; chiede tregua, il poveretto stretto tra due assatanate, e ci riposiamo per qualche tempo, mentre non smetto di accarezzarlo su tutto il corpo, quasi per riaffermare il possesso, quasi per dire di nuovo ‘sei mio’.
Riprendiamo con lo stesso entusiasmo e Gigi sembra non stancarsi mai di carezzare seni, natiche, vulve; di disegnare percorsi amorosi su ventri, schiene e fianchi; di penetrare in vagina, nel retto o in bocca, alternativamente a me e a Francesca, con una passione che sembra restare immutata anche quando lo abbiamo logorato con i nostri assalti, spesso furiosi, d’amore.
Ha una capacità di tenuta che mi meraviglia (eppure l’avevo sperimentata più e più volte, nel corso di quegli anni) ma che non riesce a scalfire il desiderio sessuale della mia amica che non sembra mai sazia di sentirsi quel nerbo durissimo e sempre più grosso nella vagina totalmente arrossata, nell’ano spanato al punto che la mazza scivola facilmente avanti e indietro, fino a uscire quasi del tutto per rientrare di colpo facendola urlare di piacere più che di dolore, nella bocca che sembra avere mandibole d’acciaio dove lui penetra in continuazione anche solo per tenere il sesso dentro di lei.
E’ un autentico tripudio di gioia di vivere, di sesso pieno d’amore, di passione sconfinata, quello che viviamo fino a tarda notte; Gigi sembra affascinato dalla capacità indefettibile di Francesca di godere del sesso in ogni dove; in particolare dedica alla mia amica delle spagnole stellari, che suscitano persino la mia gelosia, quando lei avvolge ‘il mostro’ con le sue mammelle, carnose e splendidamente disegnate, e lo accarezza nel suo vai e vieni per poi spingerlo fino alla bocca ed ingoiare la cappella; lui non arriva mai all’orgasmo, che riserva per altri momenti, ma gode infinitamente con lei e temo proprio che la ami profondamente, in quel momento; posso solo sperare che stia operando il transfert di cui ha parlato con le altre e che anche adesso ci sia io nella sua testa.
Crolliamo sfiniti, verso l’alba e riusciamo a stento a riprenderci per andare a lavorare giusto in tempo; per la prima volta entro nel suo ufficio, da ospite quasi d’onore, e prendo contato con lo staff che lo circonda e che lo tratta con la massima deferenza; non avevo mai visto un dirigente così autorevole, quasi brusco, riscuotere in cambio fiducia e affetto dai dipendenti; sarà forse perché di ciascuno conosce la famiglia e la storia, per ognuno ha una frase giusta, che lo informa della salute di una moglie, degli studi di un figlio; sono costretta, mio malgrado, ad ammirare la sua capacità di armonizzare durezza degli ordini e umanità di trattamento; m’indicano la mia scrivania, che è immensa per le mie attese, e m’insedio con l’aria di chi è venuto a dirigere tutto; e devo prendere solo appunti ed eseguire ordini.
La cosa mi riesce bene per un paio di mesi, durante i quali mi sforzo di essere puntuale e precisa come lui pretende da tutti; ma la mia attenzione a mano a mano si allenta e comincio quasi a sentirmi soffocata dalla sua capacità di riempire lo spazio come fosse l’unica realtà del mondo, dall’autorevolezza con cui tratta gli altri; comincio a ‘perdere colpi’ e a costringerlo a riprendermi per le molte distrazioni.
Metto il broncio e lo obbligo a esprimermi il suo amore; in questo modo, mi accorgo di controllare ancora il rapporto tra noi; poi la faccio grossa, dimenticando di segnalargli un appuntamento importante e rovinandogli un incontro che per lui era fondamentale; mi rimprovera aspramente, davanti a tutti; io, davanti a tutti, lo mando al diavolo, me ne vado a casa e chiamo Francesca, sperando di esserne condivisa e incoraggiata.
Ma è pura illusione; forse ha già avuto un contatto con mio marito o se n’è parlato sul suo posto di lavoro; era della sua azienda, il dirigente che Gigi doveva incontrare e che invece non ha potuto vedere perché avevo fatto male il mio lavoro; lei arriva caricata a mille e, come spesso le capita, mi aggredisce immediatamente accusandomi di presunzione, di supponenza, di fanciullaggine, d’incapacità di rispettare gli impegni, di essere capricciosa e imbecille, di non saper fare niente di utile; insomma, mi riempie di accuse e non la caccio via solo perché è l’unica persona che mi è rimasta vicino e di cui potrei fidarmi.
Ma non gliela perdono e lei non riesce assolutamente a capire il mio atteggiamento, a meno che non debba ricondurlo al mio solito malessere, la ribellione tacita o aperta al potere di mio marito, di cui qualche avvisaglia, lei dice, avevo già dato con le mie pretese di far accettare tutte le mie stranezze a mio marito, anche quelle cose che apertamente odiava.
Stiamo ancora starnazzando come oche, quando rientra improvvisamente mio marito; saluta Francesca, con affetto, e non mi degna di uno sguardo; impettita, lo guardo dall’alto in basso; squilla il mio telefonino; è il caporeparto che mi chiede conto dell’abbandono ingiustificato del posto di lavoro; gli urlo esasperata che quel posto non m’interessa, non mi garba e che mi licenzio; mi risponde che la comunicazione va fatta almeno per e mail; prendo il computer per scrivere; ho messo il vivavoce e Gigi ha ascoltato tutto; interviene nel dialogo e avverte che la signora era comunque fuori, ormai; lo sollecita a non operare sostituzioni perché il nome della sua segretaria personale lo indicherà lui a breve; lo guardo beffarda quasi a sfidarlo di trovare una migliore di me; non mi degna, si rivolge a Francesca.
“Franci, te la senti di sostituire Ornella?”
“Nel posto di lavoro? Senz’altro si; ma solo in quello?”
“No, soppiantarla in tutto, nel lavoro, nella casa, nel letto, nell’amore, nel mio cuore … “
“Tu lo sai che ti amo da sempre; sono stata zitta per rispetto della mia amica; ora so che nemmeno l’amicizia merita una persona non solo indegna di fiducia ma anche arrogante che pretende tutti al suo servizio; se davvero provi qualcosa per me e mi vuoi con te, camminerò sui carboni ardenti, strapperò la sedia a Satana, se tu sei con me; e sarò la compagna vera che tu desideri, puoi starne certo.”
“Non hai neppure bisogno di traslocare; le cose della tua gemella saranno perfette per te; negli armadi ci sono cataste di vestiti e di aggeggi ancora nelle buste sigillate; stasera vorrei dormire con te.”
“Posso sentirmi sin da ora la tua donna?”
“Lo sei, senza dubbio.”
Fa tre telefonate, al capo del sindacato per comunicare un’assunzione diretta prevista dalla legge, al Dirigente della fabbrica dove lavora Francesca, per avvertire che è promossa di grado e trasferita ad altra sede, al capo servizio della sua fabbrica per dettare il nome della mia amica come mia sostituta; lei gli chiede dove può trovare qualche appunto che le sia utile nell’immediato; le indica il suo tablet e la avverte che nell’agenda ci sono alcuni appunti; altri dovrebbero essere nella mia agenda a fogli, ma è inutile cercare perché non tengo niente in ordine.
Sento che mi stanno offendendo apertamente, privandomi del mio lavoro, del mio amore e del mio ruolo in casa; esco sbattendo la porta e vado al bar per bere qualcosa.
Quando provo a pagare, la carta di credito viene rifiutata perché disabilitata; pensando a un errore, provo con altre con lo stesso esito; sono disorientata, perché non porto mai contanti con me, abituata come sono a pagare senza battere ciglio con le carte che mi fornisce mio marito, titolare dei conti su cui si appoggiano.
Un ragazzo ben piantato, con gli occhi azzurri e i capelli biondi, si fa avanti e si offre di pagare per me, aggiungendo al mio orecchio ‘poi regoliamo fra noi’; lo spingo via inorridita, ma mi ricordo solo allora che una certa voce su di me non si è spenta; sono terrorizzata; interviene un energumeno che riconosco uomo della scorta di Gigi, spinge via l’importuno, paga il conto, mi afferra per un braccio e mi guida, con energia ma con educazione, verso una macchina; mi riportano a casa; salgo le scale con una rabbia incontenibile, entro come una furia e lo aggredisco.
“Come ti permetti di bloccare le mie carte? Sei un imbecille cafone!”
Mi rendo conto in attimo che sto dando i numeri; mi aspetto uno schiaffo da girarmi la testa indietro; mastica amaro, soffrendo, e si vede; poi con calma olimpica prende il telefono e digita un numero; mette il vivavoce; a una signorina che risponde, chiede di parlare con Giuliano, il suo avvocato.
“Ciao, Giuliano, presenta immediatamente quella domanda di separazione e divorzio; adesso caccio via la ribelle, che vada dove le pare.”
“Non puoi, Gigi; fino alla sentenza non puoi cacciarla via; ma sei certo di voler infierire in quel modo?”
“Sì, avvocato; senza pietà; il suo comportamento supera largamente qualunque ignominia; mi ha costretta ai suoi voleri come fosse il suo schiavetto, mi ha oltraggiato, fatto umiliare, offeso a morte; non merita niente di quello che è mio; deve andarsene com’è venuta, con i soli vestiti addosso; e guai a te se ti fai prendere dalla tenerezza; non ti conviene farmi perdere la pazienza … “
“No, amico, no; io cercavo solo di mediare … “
“Cosa c’è da mediare? Hai saputo dell’offesa che mi ha fatto in ufficio davanti a tutti? Per molto meno ho massacrato gente che ancora piange; non le è bastato; due minuti fa si è licenziata dal lavoro e ora si troverà sola e senza un reddito; ma lei deve andarsene, deve scomparire, deve cercarsi un cuckold che la faccia sollazzare in sua presenza e s’inchini come uno schiavo. Sollecita la pratica; entro un mese, la voglio fuori dalla mia vita.”
“Diamine, sono proprio vere certe cose; ‘attenti all’ira dei buoni’ dice la Bibbia e la tua ira è tremenda; quando un amore è immenso, l’odio che ne deriva è altrettanto immenso; e tu vedo che sei passato dall’amore all’odio in pochi giorni; ma è possibile che non si renda conto delle stupidaggini che commette?”
“Lei di stupidaggini ne commette una sola; è convinta che una moina, una carezza e un bacio possano far passare tutto in cavalleria; e, quello che è peggio, è convinta di poterlo fare in eterno; non ha capito che quella sera aveva svoltato e che doveva diventare una donna; ha preferito rimanere ragazzina e ora le resta solo di aspettare in eterno un principe azzurro che non esiste.”
“Ci dispiace, ci dispiace davvero molto, a me e a mia moglie, che la riteneva una buona amica e una persona adorabile; da quella volta ha rivelato una personalità profondamente diversa ed ha perso la nostra stima. Mi dispiace molto; va bene; farò come stabilito e tra un mese non dovrai più tenerla a carico.”
Sto piangendo a lacrime grosse e calde; ma per la prima volta riesco a vedere l’abisso nel quale sto per precipitare; guardo con gli occhi da gazzella ferita il mio amore (ormai ex marito) e la mia ex amica del cuore e singhiozzo con più forza; pentimento tardivo, il mio; presa di coscienza inutile, adesso; cerco mentalmente una soluzione a cui appigliarmi, perché di una sola cosa prendo finalmente coscienza, che non ho più un amore, non ho più un marito, non ho una casa e non ho un lavoro per mantenermi.
“Cosa posso fare?”
Ho la spudoratezza di chiederlo all’unica persona a cui potevo chiederlo.
“Vattene dai tuoi genitori, almeno per qualche tempo; rifletti su te stessa e cercati una nuova dimensione; forse puoi ancora cercare un compagno per viverci insieme, visto che da sola non hai la struttura per reggere la vita; altrimenti finirai per sbattere le ali contro una fiamma e bruciarti.”
“Io ho promesso il mio cuore a te e non ho la forza per amare nessun altro …
Lo so, lo so; è una delle frasi con cui ti tenevo incatenato a me; ora i legacci sono rotti, tu ti sei liberato ed io sono rimasta schiava della mia inettitudine; ma che io non mi senta più capace di amare un uomo, dopo di te, è un fatto; è un fatto che ho usato quest’amore come un’arma per farti tanto male; è un fatto che ho calpestato quest’amore col mio comportamento; non serve dirti che sono un’imbecille e che sono pentita; ti ho deluso troppe volte; e tu lo avevi previsto; ma io ci sono ricaduta comunque; posso solo andarmene e sperare di ricominciare.
Al bar, prima, un imbecille è tornato sulla convinzione che sono una ‘donna facile’ e che mi do via facilmente; temo che sarebbe difficile e pericoloso, per me, andare a prendere l’autobus per raggiungere la casa dei miei; puoi farmi scortare dai tuoi uomini?
Perdonami, se ti riesce; e perdonami anche tu, Francesca; sono stata anche una pessima amica; mi dispiace, ma non posso più farci niente.
Spero solo di tornare a incontrarvi, da amici, possibilmente.”
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Aggiunto: 4 anni fa
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