L’esperienza fatta a casa di Antonio, di sverginamento del mio ano e di penetrazione fino in fondo nel retto, con due eiaculazioni successive, mi aveva sconvolto; temevo che la coscienza di essere ormai omosessuale a tutti gli effetti mi agitò un poco il sonno; invece, mi addormentai, e caddi in uno stato di totale apatia, quasi avessi perso ogni volontà di pensare; mi svegliai a giorno fatto e, stranamente, mi resi conto di non provare nessuna particolare emozione, come se la sera precedente avessi viaggiato in un sogno e non vissuto, da sveglio, una reale esperienza di vita forse determinante per me.
Feci colazione e andai al lavoro, come al solito, mettendo da parte anche il ricordo della penetrazione subita; a ricordarmelo, però, ogni tanto sentivo salire dal retto sensazioni di lieve bruciore e di indolenzimento muscolare degli sfinteri; erano sensazioni in qualche modo piacevoli e inevitabilmente mi ricordavano che lì dentro, era successo qualcosa di grosso e mi sembrava quasi fisicamente di sentire la mazza che mi ingombrava l’intestino.
Durante la pausa pranzo, mentre riordinavo i pensieri e mettevo a fuoco i momenti più importanti di quell’incontro, mi ritornavano sempre più intense le sensazioni provate e prendevo atto che mi ero fatto possedere, e con gusto, analmente; non mi sentivo particolarmente ‘strano’; anzi, un’ombra di gioia copriva le mie preoccupazioni.
Di tutte le sensazioni provate, stranamente non ricordavo, come avevo temuto, quelle cattive, come il dolore, le fitte, il fastidio; ma quelle piacevoli, le vibrazioni interne, le pulsazioni, le dilatazioni, i calori sentiti che mi facevano sciogliere come il burro; solo allora riflettei che, nel corso di tutta la serata, non avevo mai avuto una erezione; dalla base dell’inguine, partivano sensazioni dolcissime e conturbanti, ma il pene rimaneva piccolo; per un momento mi preoccupai, di questa scoperta; ritenevo che fosse la prova che diventavo definitivamente omosessuale.
Ma contrastava con questo timore la certezza che avevo avuto lunghissimi momenti di autentica esaltazione mentale: era come se, in mancanza di una manifestazione fisica dell’eccitazione, il mio piacere fosse diventato tutto cerebrale, fino a giungere quasi ad autentici orgasmi mentali che avevano completamente soddisfatto il mio bisogno di passione, di piacere, di godimento, anche se l’erezione, la monta e l’eiaculazione erano dell’altro ed io partecipavo con l’emozione di seguire le fasi del possesso.
Per verificare che la mia funzionalità erettile e la capacità di eiaculazione fossero ancora intatte, andai in bagno e provai a masturbarmi; solo al ricordo della sessualità vissuta, il pene mi diventò durissimo; quando, concentrandomi, mi tornarono in mente le immagini del grosso cazzo di Antonio e le sensazioni che mi procurava tenendolo in bocca; venni quasi subito e fu un orgasmo strano e intensissimo; il piacere orgasmico invadeva le pareti dell’ano e le faceva contrarre a impulsi durante l’emissione dei fiotti di sperma; da lì si insinuava nella pancia; quasi piegai le gambe per quella potente sensazione di estasi.
L’altro mio grosso interrogativo era quale sarebbe stata la reazione del mio amante dopo la complessa fase di prove che aveva preceduto il mio sverginamento; come immaginavo e come forse temevo, nel pomeriggio arrivò il messaggio di Antonio; chiedeva gentile e premuroso.
“Come và?’ Hai visto che non ti ho fatto troppo male? Se ti va di rinnovare l’esperienza, possiamo ripeterla domani sera; ti aspetto; faremo con calma; ti piacerà ancora di più.”
Sul momento, non gli diedi nessuna risposta e replicai con frasi generiche e non impegnative, forse perché non sapevo neppure io cosa veramente desideravo e cosa quindi potevo dirgli; ma il tarlo era entrato e all’improvviso mi sorpresi ad interrogarmi su come eludere le eventuali domande di mia moglie e su quale scusa potessi inventarmi per uscire un'altra volta.
L’idea di trovarmi di nuovo di fronte ad antonio con il suo enorme sesso, con l’arroganza che trapelava da ogni frase, con l’aria del dominatore che mi riduceva a schiavo del suo piacere, incurante delle mie emozioni e teso solo a sfogare la sua libidine nel mio retto, un poco mi spaventava e mi preoccupava per gli effetti che poteva avere sulla mia personalità; ma la memoria del piacere che quel fallo, scivolando nel mio sedere sempre più disinvoltamente e piacevolmente, mi aveva prodotto e il desiderio di tornare a sentirlo impadronirsi del mio corpo per fare eccitare i gangli più ignorati della mia sessualità ancora incerta, mi spingeva a cercare soluzioni per incontrarlo ancora.
Tenace oltre ogni limite, lo ritrovai la sera in chat; appena mi vide on line, si mise in connessione con me e avviò la sua opera di convincimento … diceva.
“Mia moglie torna fra qualche giorno; non perdere questa occasione; poi ti pentirai. Ormai lo so che vuoi riprovare, non avere paura.”
Continuò su questo tono, illustrandomi il piacere che mi poteva dar, combattendo i miei timore per il male che avrei potuto provare, finché alla fine cedetti ma; solo, gli chiesi di spostare l’appuntamento al giorno successivo per darmi il tempo di organizzarmi.
Prima di uscire, agendo di nascosto, come se mi preparassi ad un’avventura particolarmente pericolosa, mi feci delle perette per pulirmi in profondità; tacitando poi mia moglie con la scusa di un impegno urgente fuori città e rassicurandola che non era niente di pericoloso quello che dovevo fare, montai in macchina e partii per tempo; stavolta non ebbi tentennamenti, marciai sicuro e durante il percorso sentivo già vivo il desiderio di provare di nuovo quello che avevo vissuto e che tanto piacere mentale mi aveva procurato.
Ma la mia curiosità maggiore era capire se la mia sessualità era ormai orientata verso la pura omosessualità, se prevedesse la possibilità della doppia funzione, con una bisessualità dichiarata o se l’esperienza era destinata a rimanere occasione unica e, al secondo incontro, mi sarei trovato a vivere senza interesse o con desiderio assai limitato la copula omosessuale, un po’ come capita quando vedi un film che ti colpisce e ti coinvolge alla prima visione; ma, rivisto dopo, si rivela deludente e noioso; insomma, volevo verificare fino a che punto un sesso maschile da manipolare e da prendere nel retto, nel caso specifico quello particolarmente grosso di Antonio, mi intrigasse e calamitasse la mia attenzione al punto da prenderlo nel sedere addirittura godendoci.
Arrivai direttamente nel cortile del condominio; mentre mi fermavo sul portone d’entrata, avvertii lo scatto della serratura automatica; entrai e parcheggiai; l’ingresso alla casa era al piano terra; appena ci fui davanti, la porta si aprì e apparve lui, in accappatoio bianco, col viso massiccio abbozzato a un sorriso compiaciuto.
“Sono contento che sei venuto, vuol dire che ti piace.”
Sorrise; mi sembrava ancora più tozzo e massiccio di come lo ricordavo; suadente e gentile, mi fece accomodare in cucina.
“Ci facciamo un caffè, ti va?”
Annuii; mentre riempiva la moka e preparava le tazzine, mi raccontava un po' le sue cose, i problemi con la moglie, il lavoro, e poi le sue amiche che erano ancora in vacanza coi rispettivi mariti e compagni, appariva molto rilassato, come se fossimo normali amici che non si vedono da tempo; poi a un certo punto mi disse.
“Spogliati, mettiti comodo; fa caldo qui!”
Il tono era quello suo solito, perentorio e deciso; istintivamente, mi trovai ad obbedire in silenzio; mi resi conto che il suo potere su di me era ormai forte, che non riuscivo ad impedirmi di fare tutto quello che mi chiedeva, quasi che il desiderio di essere dominato dal suo sesso mi impedisse qualunque obiezione; mi spogliai lì in cucina, poggiando gli indumenti su una sedia; quando rimasi nudo, mi osservava e io, impacciato perché non capivo casa si aspettasse da me, tacevo davanti a lui; mi fece cenno di sedermi; il caffè era pronto.
La scena era un po’ surreale, con me nudo, seduto con la tazzina in mano e lui in accappatoio, seduto di fronte a me; mentre chiacchierava, un lembo dell’accappatoio si aprì e fece intravvedere il membro ancora in riposo e lo scroto gonfio e turgido; non potei fare a meno di guardare; lui se ne accorse subito.
“Ti piace eh! Sta tranquillo che te lo do, stasera è tutto tuo!”
E rise; intanto apri del tutto l’accappatoio e gli attributi apparvero belli e conturbanti, esibiti con compiacimento e spavalderia; mi sentii come denudato fino all’anima, ma al tempo stesso non riuscivo a sottrarmi al fascino di quegli attributi erano che mi apparivano decisamente ‘belli’; li guardavo estasiato e col desiderio di toccarli, di baciarli, sì proprio baciarli, una pulsione che mi sorprese; Antonio non indugiò tanto, si alzò.
“Oggi andiamo in camera, staremo più comodi.”
Lo seguii; entrammo in una camera tutta ordinata, ammobiliata in stile rococò, con un lettone alto; fra il letto e il grande armadio c‘era un largo spazio, occupato quasi totalmente da un tappeto ricoperto da un grande telo bianco; le ante dell’armadio erano a specchio e riflettevano interamente la stanza, con il grande letto al centro;
si portò sul tappeto e, levandosi l’accappatoio, mi disse.
“Dai vediamo quanto ci metti a farmelo diventare duro.”
Con un cenno, mi fece inginocchiare davanti a lui; quasi istintivamente, rivolsi lo sguardo allo specchio; quello che provai non so dire se fu disagio o sorpresa, quando vidi me stesso che, squallidamente sottomesso, aprivo la bocca con avidità, evidentemente desideroso di impossessarmi di quella enorme verga e sollazzarmene; il mio sguardo si muoveva dal cazzo che ormai spariva fra le mie labbra all’immagine, nello specchio, delle due figure intente alla fellazione
Guardavo me, inginocchiato quasi in adorazione di quella verga che trovavo bellissima, e lui che, con le mani sui fianchi e il bacino spinto in avanti, sembrava dominarmi con la possanza del corpo e, soprattutto del sesso, mentre a sua volta mi guardava, in diretta ed allo specchio, mentre ingoiavo con dedizione la sua mazza.
“Ti eccita lo spettacolo, eh? Hai fatto presto a farmelo venire duro; sei bravo. Si vede che ce l’hai nel sangue questa vocazione!”
Io ormai ero proprio partito e non pensavo più a nulla; non ero neanche preoccupato del dolore che avrei potuto provare più tardi; lì in ginocchio, agguantai le cosce potenti e leccavo, succhiavo, titillavo con sempre più trasporto; ogni tanto la sua mano forte e decisa mi spingeva la testa fino a che il nerbo mi spezzava il respiro; anche questa volta speravo che mi eiaculasse in bocca, che mi riempisse col sapore del suo sperma, della sua mascolinità; ma rimasi deluso.
“Basta così, poi te lo do, lo sperma, sta tranquillo! Te ne do! te ne do; ma il primo orgasmo devo dartelo nel retto!”
Mi fece mettere davanti allo specchio in piedi ma chinato con le mani attaccate alle caviglie, con le gambe divaricate.
“Ti metto la crema, ma poca stavolta. Sta’ tranquillo e rilassati, hai visto che non ti fa male se stai rilassato.”
Nello specchio lo vidi spremere il tubetto sulle dita, vidi ma soprattutto sentii dal vivo che spalmava il gel fra le natiche, sull’ano; provavo una sensazione assai strana, nel sentire le dita scivolose che solcavano il mio sedere, entravano e uscivano dal retto, mentre lui, con un’espressione assorta, stava preparando il ‘giocattolo’ all’uso.
Mi guardavo chino, docile, in attesa; e mi rendevo conto che era proprio da stupidi farsi prevaricare in quel modo; ma intanto il desiderio di sentirmi penetrare aumentava ad ogni istante; poi lo vidi posizionarsi dietro di me, ungere il pene con la crema, appoggiare una mano sul mio fianco e usare l’altra per dirigere il suo arnese lucido e diritto; il glande entrò dolcemente; avvertii la spinta lenta e continua, mi rendevo conto che i muscoli cedevano e venivo invaso piano piano; le prime fitte mi fecero irrigidire; ma lui, fermandosi un po', disse con voce quasi seccata.
“Stai rilassato, ti dico! Lo vedi che ti fa male se non ti rilassi!”
Uno schiaffo leggero sulla natica accompagnò le parole; mi rammaricai con me stesso, quasi sentendomi colpevole per non aver ascoltato i suoi consigli; con un sospiro profondo cercai di rilassare al massimo gli sfinteri, vincendo la tentazione di espellere aria dal retto.
Appena lui sentì lo sfintere dilatarsi, riprese a spingere; le fitte si attenuarono e si scaricarono come vibrazioni sulle pareti dell’ano; quando arrivò in fondo, mi sentii tutto pieno e completamente dominato da quel membro grosso e duro; mi girai e mi vidi ancora una volta in quella posizione oscena e squallida.
Vidi il fallo che entrava e usciva lentamente dall’ano, i testicoli che andavano a posarsi sul perineo; sentii le mani che arpionavano i miei fianchi, le sue gambe muscolose che fremevano nello sforzo; i glutei che ad ogni spinta si contraevano pieni e rotondi mi ipnotizzavano, mi inebetivano.
Durante tutta la penetrazione, e direi durante tutta la serata, il mio sesso rimase inerte, ma sentivo profondi languori che partivano da lì, percorrevano il perineo ed entravano dentro, fino a mescolarsi con le sensazioni che provenivano dall’ano, dalla prostata, dalla vescica.
Temevo, in quel momento, che Antonio mi stesse rendendo femmina, mentalmente e fisicamente; e sapevo che comunque in quel modo il femminile che alberga in ogni individuo stava esaltandosi al massimo e stava occupando forse tutta la mia personalità; da quella esperienza sarei uscito con tendenze femminili molto marcate, non sapendo se bisessuale, come speravo, o compiutamente omosessuale, come temevo.
Anche se cominciavano a farmi male le gambe per lo sforzo di tenere la posizione, mai lo avrei fermato; resistevo e speravo addirittura non si fermasse mai, tanta era la goduria che la penetrazione mi procurava; ad accentuarla, c’era lo spettacolo allo specchio che mi rimandava l’immagine quasi di una doppia vicenda, quella che vivevo direttamente e quella che ammiravo riflessa e che mi dava una formidabile eccitazione mentale; il movimento diventava sempre più frenetico, con lui che ormai pompava e spingeva con forza, io che gemevo e cercavo di restare in posizione nonostante le sue spinte mi sbilanciassero; lui mi fissava nello specchio, mi dava pacche sulle natiche ed esclamava.
“Ecco! Sento che ti piace proprio; ti piace che ti monto, lo sento!”
E frasi del genere; poi eiaculò!
I colpi diventarono più lenti e profondi, grugnì, spinse il suo uccello fino in fondo, più che poteva, come se volesse farlo uscire dalla mia bocca, oppure volesse far entrare anche i testicoli; poi si fermò e io percepii le vene del fallo che pulsavano dentro il mio retto; si appoggiava sui miei lombi per non cadere, le gambe gli tremavano; io mi sentivo appagato, come se avessi avuto io cento orgasmi; sospirando, estrasse il pene ed esclamò.
“Caz**o che copula!”
Mi fece distendere a pancia in su sul tappeto, si inginocchiò di lato rispetto al mio viso in modo che lo specchio riflettesse per intero la scena; con una mano mi sollevò la testa e con l’altra indirizzò il pene ancora barzotto alla mia bocca.
“Pulisci bene!”
Disse; aprii la bocca timoroso di avvertire fosse il repellente sapore e il fastidioso odore di quel membro appena uscito dal mio retto; non colsi nessun odore particolarmente disgustoso e il sapore era prevalentemente quello dello sperma; succhiai e leccai con dedizione; divenne duro di nuovo.
C’è una cosa che devo dire riguardo alla sua resistenza; non ho mai incontrato nessun altro che, come lui riuscisse ad avere 2, 3 o 4 orgasmi consecutivi; in una sera poteva averne anche 5 o 6; a volte non usciva neanche dall’ano, restava lì dentro e il batacchio si induriva subito dopo l’eiaculazione; non aveva nessun calo di libidine dopo l’orgasmo.
Divenne duro quasi subito, si spostò più indietro e con una mano mi prese le caviglie e, tenendole insieme, le alzò quasi sopra la mia testa; il mio bacino si alzò; poggiò il pene sull’ano, spinse di nuovo; entrando, trovò la strada bagnata di sperma e, credo, dal poco lubrificante rimasto; solo un po' di bruciore mi ricordava che era stato già percorso a lungo; il fallo entrò tutto con una certa facilità e la nuova posizione mi diede sensazioni nuove; il glande entrava in contatto più diretto con la prostata e, scorrendo, la massaggiava più intensamente.
Si portò le mie caviglie sulle spalle; la sua faccia era sopra la mia; mi sentivo inerme e completamente offerto quando mi divaricò le gambe!
Il suo viso era vicino, aveva gli occhi ancora più piccoli, lucidi, con una espressione da maiale; aveva un sorriso accennato che gli rendeva la faccia ebete e depravata; non riuscivo a sostenere lo sguardo; tenevo gli occhi chiusi; solo ogni tanto li socchiudevo giusto per intravederlo sopra di me; mi dava dei colpi profondi e il movimento mi faceva sollevare ritmicamente il bacino; mi sembrava che fosse il suo fallo a sollevarmi; allo specchio, lo spettacolo era ancora più osceno; due maschi in copula, uno che possedeva l’altro con foga animalesca, e l’altro completamente succube.
Arrivò il momento in cui eiaculò di nuovo dentro di me e in quel momento il calore dello sperma o le contrazioni del glande sulle pareti della prostata mi diedero la sensazione di un piacere più profondo e liquido, come se dalla prostata un fluido scorresse dentro il pene, come se si stessero sciogliendo i miei attributi; mi piaceva sentirlo immobile dentro di me che pulsava forte, col suo peso sopra di me e il suo ansimare affannoso.
Uscì da me, sospirò, andò in bagno, sentii che orinava e poi lo scrosciare del bidet; quando ritornò tranquillo e beato, mi porse delle salviette perché potessi asciugare i fluidi che potevano essere usciti; c’erano solo delle untuosità, niente di sporco, e fui contento; mi infastidiva l’idea di sporcare.
“Come va il culetto?”
Chiese con affettuosa ironia.
“Bene, ma adesso sento che mi brucia!”
Sussurrai; arrossivo ancora quando mi faceva domande dirette.
“E’ normale; non sei ancora abituato a prenderlo. Ma col tempo te lo allargherò e poi non avrai problemi!”
Tacqui; dopo qualche minuto, disse.
“Vabbè, per stasera non ti penetro più. Ti do la sborra in bocca; so che lo vuoi tanto.
Io ero ancora disteso supino e lui si pose a cavalcioni sopra di me con il pene, non ancora del tutto eretto, sopra la mia bocca.
“Dai, fammi vedere quanto ti piace succhiare!”
Lo strusciava sulle mie labbra semiaperte; lo sbatteva leggermene sul viso; diventava duro; alzai il capo e accolsi finalmente il membro; con una mano lui mi teneva sollevata la nuca per aiutarmi nei movimenti; giocava con la mia bocca, estraeva e affondava, spingeva e si fermava, mi guardava quando aprivo la bocca e allungavo la lingua verso il glande che con malizia teneva lontano qualche centimetro; il gioco si protrasse a lungo e io ero inebriato.
“Mm Sei proprio bravo … mi fai eiaculare!”
Disse alla fine ansimando …
Tenendomi la nuca ferma, prese il pene con l’altra mano, alternò con lieve movimento la presa.
“Apri la bocca e non perderne neanche una goccia!”
Disse roco e ansante; poggiò il glande sulla lingua protesa, lo fece scorrere e il getto proruppe fortissimo direttamente in gola; dallo specchio lo vidi sgorgare e sparire fra le mie labbra spalancate; espulse un secondo getto ancora abbastanza forte e poi un terzo meno violento ed abbondante …
Non pensavo che ne avesse ancora così tanto dopo aver goduto due volte nel mio sedere; avevo la bocca invasa dal seme caldo e abbastanza liquido; mugolava.
“Mmmm … Aspetta prima di bere, ti voglio vedere con la bocca piena.”
Strizzò il pene fino a far uscire l’ultima goccia, mi guardò soddisfatto.
“Adesso goditela tutta!”
Stavo riflettendo che quella era la prima eiaculazione che ingoiavo, nella mia vita; il sapore era dolce, ingoiai istintivamente; solo dopo percepii un leggero pizzicore in gola e un lieve retrogusto amarognolo.
“Sei contento eh? Stasera è stato meglio dell’altra volta.”
Io annuii; tentai di giustificarmi.
“E’ ancora tutto strano per me.”
Cercava di rincuorarmi e alleviare il senso di vergogna che mi stava assalendo; rincarò.
“Le prime volte è normale, ma non ti devi preoccupare. Ci sono quelli che gli piace metterlo e quelli che gli piace prenderlo. Non c’è niente da vergognarsi, sono cose naturali. L’ho capito da quando ancora stavamo chattando che tu sei uno di quelli a cui piace prenderlo, perché hai la parte femminile di te dominante. Tu ancora non lo sapevi, ma io lo avevo capito. Non c’è niente di male, sei fatto così.”
Io mi sentivo sempre più pieno di dubbi, rimorsi e vergogna, e paura di avere imboccato una strada da cui non sarei tornato, quella della omosessualità totale e definitiva; mi rivestii; lui, in accappatoio, mi accompagnò alla porta, mi salutò e mi diede un buffetto sul didietro.
“Ci sentiamo, ciao!”
“Sì ciao”
Me ne tornai a casa, rassegnato e pensieroso.
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