Compio oggi 63 anni, sono ormai alla vigilia della pensione dall’attività di avvocato e, nonostante la grande intelligenza che da tutti mi viene riconosciuta, commetto un errore di gravità inaudita, abbandonandomi al piacere puramente fisico con un amante occasionale, forse per la naturale debolezza di una donna che negli ultimi tempi ha sentito il bisogno di non chiudersi anzitempo in una vecchiaia senza prospettive.
Avrei potuto e dovuto senz’altro parlarne onestamente con mio marito, che, forse perché preso dal lavoro, negli ultimi tempi non si occupa abbastanza di me; ma forse la mia rabbia è anche contro di lui, perché per quasi mezzo secolo, da quando ci conosciamo, controlla la mia vita e ‘suggerisce’ le soluzioni migliori per me, ma in definitiva funzionali ai suoi progetti; la scelta di andare a cercare il diversivo fuori casa è stata quasi automatica e inevitabile.
Un’altra attenuante alla mia colpa è l’invidia che ho verso mia sorella minore che ha avuto il coraggio di tradire il marito; ma certamente non lo merita Romolo che ancora l’altro ieri mi faceva passare ore incantevoli a letto facendo l’amore, a sessantacinque anni, con l’entusiasmo di un giovincello e con la cura di un amante esperto.
Ma anche da questo nasce la mia rabbia; per quarant’anni, a letto, mio marito è stato capace della stessa eleganza, del bon ton, della cortesia con la quale combatteva anche le sue battaglie sul lavoro; senza aggressività, senza violenze, senza perdere il suo aplomb era in grado di vincere appalti, accaparrarsi commesse, insomma ha fatto soldi a palate senza mai doversi sporcare in azioni o attività meno che lecite.
Questo ha consentito a me di fare la mia carriera senza problemi e alle nostre figlie di trovarsi una giusta collocazione in un mondo del lavoro non facile come la moda.
Nell’amore, è esattamente la stessa persona elegante, raffinata; predilige i lunghi e delicati preliminari, evitando accuratamente qualunque gesto di violenza o di forzatura, neppure quando mi violava un foro per la prima volta, sin da quando, quarantacinque anni fa, facemmo l’amore completamente, per la prima volta, a casa dei suoi che erano andati via per un week end.
Approfittando della libertà che mi consentiva la coincidente assenza di mio padre, riuscii a convincere mamma a farmi restare a dormire dalla mia amica Antonietta, perfetta complice a quel tempo, e decisi che quella sera avrei concesso al mio amato la temuta e desiderata ‘prova d’amore’ che tanto spazio occupava nei discorsi di noi ragazze.
Romolo mi accolse a casa sua e, da quando aprì la porta, sentii il cuore andarmi a mille, conscia di quello che stavamo per fare e del valore che assumeva nella nostra vita; più volte, prima di andare in camera, mi chiese tra un bacio intenso e una carezza lussuriosa, se avevo veramente deciso e se mi sentivo sicura; gli chiesi cosa significasse per lui quel momento così delicato; mi rispose che era solo la vera che mi metteva al dito, che sarebbe stato l’inizio di una vita comune che voleva serena e possibilmente agiati.
Mi abbandonai a lui e fui io a sollecitarlo verso la camera; a quel punto fu come se barriere cadessero e si aprisse davanti a noi un’autostrada di amore; facemmo le cose che già tante volte avevamo fatto; prima mi baciò a lungo, facendomi sentire il cuore palpitare, lo stomaco percorso dal volo di migliaia di farfalle, gli occhi chiusi assistere a fuochi d’artificio mai immaginati, il ventre in subbuglio perché la sua notevole mazza, pressata nel boxer, mi spingeva l’inguine fino a farlo liquefare di piacere.
Poi avviò la parte ‘nuova’ perché cominciò a spogliarmi con estrema cura e delicatezza; per ogni parte del corpo che si scopriva, erano baci lunghi e appassionati, umidi e sconvolgenti; andò avanti a lungo, prima percorrendomi tutto il viso con la bocca, poi scivolando verso il collo e giù sul seno appena scoperto perché mi aveva sfilato camicetta e reggiseno; quando prese la zip della gonna e la fece scivolare, ebbi un moto di vergogna; era la prima volta che mi spogliavo nuda davanti a un uomo.
Ma quello era il ‘mio’ uomo, il mio amore e non durò a lungo il riserbo, io stessa abbassai la gonna, la scalciai lontano e rimasi in mutandine; la sua perlustrazione con la bocca passò allo stomaco e al ventre; mi spinse delicatamente riversa sul bordo del letto, ancora con le scarpe e il reggicalze, e si abbassò a baciarmi l’inguine, da sopra gli indumenti; temetti che il cuore mi scoppiasse, gli presi la testa e lo baciai con tutto l’amore che mi esplodeva dentro.
Decisi di fermarlo e cominciai a spogliarlo io; gli aprii la camicia e mi fiondai a baciargli il petto con poco pelo biondo e morbido; mi sembrava di baciare un piumino per la cipria, quasi con gli stessi odori, ai quali si aggiungeva un sentore di maschio che mi andava direttamente al cervello; fu lui a fermarmi e a spogliarsi rapidamente restando in boxer, sotto il quale avvertivo la dolcezza di quel sesso che avevo tante volte assaggiato sul corpo, anche a pelle, tra le cosce e in bocca, talvolta; in quel momento lo sentii ‘mio’ quasi una protesi staccata dal mio corpo che volevo riprendermi.
Abbassai le mutande e me lo vidi in faccia come mai mi era capitato prima; mi spogliò rapidamente dei vestiti residui, mi spinse sul letto e si dispose sopra di me, avvolgendomi con la sua stazza; sentii tutti i muscoli del petto, del ventre, delle gambe fremere su di me mentre la sua mazza si gonfiava come mai era successo (o forse era solo un’impressione dettata dal momento?) e avvertii bruciante la voglia di sentire quella protesi del mio corpo rientrare nella sede che gli era connaturata, la mia vagina verginale.
Non usò nessuna violenza neanche quella volta; il suo ‘mostro’ entro lentamente e lui non smetteva di baciarmi, di leccarmi, di mordicchiarmi, di sussurrarmi che non mi avrebbe fatto molto male; quando ruppe l’imene, la breve e intensa fitta di dolore mi sorprese, anche se ne avevo parlato a lungo, ma il piacere mi sommerse immediatamente; forse per un momento persi il senso della realtà e caddi in un deliquio dolcissimo; mi risvegliai dopo un poco e lui era immobile sopra di me, dentro di me, e mi sussurrava il suo amore e me lo dimostrava con continui baci e carezze.
Poi cominciò la copula e fu un climax verso il sublime del piacere che si concluse con l’esplosione di un orgasmo contemporaneo che non avrei mai più ritrovato; avevamo scelto un momento in cui non fossi fertile e lasciai che eiaculasse dentro di me; mi raccolsi con le mani sulla vulva, mentre lui usciva, quasi a trattenermi ancora dentro il piacere che mi aveva dato; fui felicissima di averlo amato fino in fondo.
Per quarant’anni, Romolo ha fatto l’amore con me con quei caratteri di dolcezza e di dedizione che gli avevo conosciuto la prima volta; sono nate due figlie meravigliose, che ora ruotano intorno ai quaranta anni con due di differenza, e siamo stati insieme, collaboratori, amici, complici, amanti, fraterni; e non me ne sono mai pentita.
… Fino a una settimana fa, quando mia sorella Loredana mi racconta la sua ‘storia’ con Giordano, un uomo di oltre sessant’anni ma con una grande dotazione e un’entusiasmante capacità amatoria che l’ha portata al paradiso del godimento in una serie d’incontri consumati, alle spalle di suo marito, nella vecchia casa dei nostri genitori, disabitata ma non abbandonata.
Non so dire per quale perversa ragione, mi trovo a invidiare mia sorella che mi parla con entusiasmo di questa esperienza; contemporaneamente, mi torna alla mente che Romolo ormai da qualche mese non mi dedica più le attenzioni a cui sono abituata; per di più, le confessioni di mia sorella, che si fanno sempre più ardite e pruriginose, mi offrono il paesaggio di un amore assai diverso, in cui la forza, la potenza (ma non la violenza) di un sesso di misure mostruose sono capaci di stimolare punti intatti del sesso provocando piaceri diversi e inusitati che lei dichiara di sentire ancora recenti benché l’ultimo incontro risalga ad almeno un mese prima.
“Perché non ti regali un bell’amplesso, in occasione dei tuoi sessantatré anni?”
La domanda è solo una sfida, una provocazione a farmi recedere dalla mia condizione di donna appagata, soddisfatta, certa del suo amore e del suo futuro, per buttarmi in un’avventura che, lei ne è sicura, mi darebbe solo un senso nuovo dell’essere umana, di fare qualcosa per me stessa, non decisa da mio marito e proposta (o imposta) come la scelta migliore possibile.
La riflessione che Romolo sia anche un tantino autoritario e che, dietro il suo aplomb, si nasconda una determinazione che non lascia spazio a niente e a nessuno mi colpisce come una scudisciata e forse è la leva che mi spinge a decidere, in un momento, di prendermi per una volta nella nostra vita di coppia una libertà ‘vera’ dalla ‘tirannia bonaria’ di mio marito al quale, alla fine, devo tutto e che pretende sempre da me tutto.
Mia sorella dà la spinta finale e mi presenta Giordano, l’uomo di cui mi ha parlato e che dal primo momento riesce ad affascinarmi con la sua classe, la sua eleganza, i modi decisi e leali; lasciarmi affascinare e concupire è un momento e, per dare forza alla mia scelta, stabilisco che ‘consumerò’ il mio adulterio la mattina del mio compleanno; per la sera è prevista una cena di festeggiamento a casa, con Romolo, Orsola ed Eugenia, le nostre figlie; in quell’occasione mi toglierò la soddisfazione di annunciare il mio trionfo sul tiranno.
La mattina, preparata di tutto punto; dopo un rilassante soggiorno nella Jacuzzi di casa; dopo una depilazione radicale e totale; dopo perfino un lungo clistere (‘Non puoi mai sapere!’ mi ha avvertito Loredana; ed io da decenni sono avvezza al coito anale con Romolo); avendo scelto con cura intimo e vestiario, senza gioielli per avere il minore ingombro possibile, chiudo il telefonino per non essere disturbata, passo in macchina dalla casa di Giordano, lo prelevo e lo porto a casa dei miei genitori, alle falde delle montagne, avendo prima provveduto a prenderne la chiave.
Lui si presenta elegantissimo, coi fiori, e azzarda un lieve bacio definendomi meravigliosa dea dell’amore; immediatamente lo fermo e gli faccio presente che per me quella trasgressione è puro piacere, sesso e basta, senza nessuna valenza di affetto o di amore.
Non ha bisogno di altre sollecitazioni; appena abbiamo chiuso la porta alle nostre spalle, mi avvolge in un caldissimo abbraccio, uno di quelli dei quali avevo persino dimenticato la dolcezza e che mi fa immediatamente illanguidire; sento di colare dalla vagina come se scoprissi l’amore per la prima volta; intanto, comincia a spogliarmi con molto garbo ed eleganza; rispetto a mio marito, però, limita le carezze al seno, particolarmente ai capezzoli che ho grossi come fragole.
Mi fa provare un’infinita serie di brividi stringendoli tra le dita, leccandoli amorosamente e succhiandosi come se si allattasse; fremo in tutto il corpo e quasi urlo quando sento la sua mano infilarsi sotto la gonna, raggiungere il perizoma, spostarsi di lato e inserirmi un dito in vagina; il titillamento sapiente che fa del clitoride mi provoca continui piccoli orgasmi e, finalmente, sento di godere come avevo sperato che fosse in quella mia ‘avventura’.
Mi abbassa la gonna e la fa scivolare alle caviglie, la scalcio via e comincio a spogliare anche lui; quando lo denudo e mi appare davanti agli occhi la sua verga veramente imponente, non resisto alla tentazione di sedermi sul bordo del letto, di avvicinarlo davanti a me e di leccare dalla punta la sua mazza enorme.
La percorro su tutta la superficie, dal basso in alto, dai peli del pube alla punta; arrivata in cima, spalanco la bocca e mi sforzo di farla entrare; è una goduria continua sentire la consistenza serica della cappella sulle labbra, prima, e sulla lingua poi; continuo a leccarla sforzandomi quanto posso a manovrare nella bocca ingombra da un arnese tanto notevole per leccare la cappella e intanto farlo scivolare all’interno, verso la gola, finché un conato di vomito m’impedisce di prenderne oltre.
Comincia a copularmi in bocca come fosse in vagina e mi godo tutti i fremiti che la mazza mi provoca in gola; mi ferma di colpo, perché sta per eiaculare e, delicatamente, me la sfila dalla bocca; soffro come un bambino a cui viene tolto un dolce desiderato da tempo.
Mi spinge sul letto e mi sposta verso il centro, si abbassa sul mio ventre e mi lecca accuratamente, dall’ombelico in giù, finché arriva alla vulva ed entra decisamente in vagina con una lingua larga, spessa, che mi procura godurie più di un sesso; urlo più volte orgasmi mai provati e godo infinitamente; infila nella vagina due dita, artiglia col resto della mano il clitoride e lo tormenta; le mie urla si fanno più alte e frequenti; sto godendo come non mai; si solleva dal mio ventre e scivola sul mio corpo, mi sento letteralmente invasa da lui e mi rannicchio ricavando piacere in ogni fibra.
Sento che manovra con le mani tra i nostri corpi e appoggia delicatamente la cappella enorme all’imbocco della vagina; comincia a spingere con forza e continuità e avverto che la mazza m’invade il canale vaginale; mi sento come squarciare ed ho la sensazione di essere sverginata per la seconda volta; ormai non faccio che urlare orgasmi e, a ogni penetrazione successiva, il piacere si moltiplica; quando la punta urta la cervice dell’utero, avverto un dolore leggero che il piacere intenso sommerge.
Comincia la sua prima copula e mi sento veramente penetrare fino al cuore, aprire fino al cervello e inondare tutta dal piacere; mi chiede se può godere dentro, lo rassicuro e mi scarica nel sesso una fiumana di sperma; a ogni spruzzo del suo membro, la mia vagina risponde con un orgasmo spaziale; alla fine si adagia per un attimo su di me, lascia che il membro si riduca e mi scivola a fianco.
Corro in bagno a lavarmi, mentre lui ronfa delicatamente; quando torno sul letto, mi chiede di camminare lentamente quasi godendosi la visione del mio copro nudo che deve apparire bellissimo; mi stendo al suo fianco, ma poco dopo mi monta a cavalcioni e appoggia la verga alla mia bocca; apro le labbra, lo lascio entrare e comincio a succhiare con intensità; stranamente, per la sua età (avrà preso una pillolina blu?), recupera in tempi rapidi e il fallo diventa grosso come al solito; me lo spalma sul viso, scende sulle tette e mi accarezza con quello i capezzoli.
Poi lo poggia tra i seni, li prende tra le mani e li stringe intorno all’asta, avviando una spagnola meravigliosa; poiché la punta arriva alle labbra, il percorso termina nella mia bocca e unisco la fellatio alla spagnola; prima di avere un nuovo orgasmo, mi ferma e mi fa girare carponi sul letto, viene dietro di me e comincia a leccare con la sua lingua meravigliosa dal coccige al clitoride, attraversando tutto l’ano e il perineo; ogni tanto, infila la lingua nell’ano e mi fa godere.
Si solleva sulle ginocchia, appoggia il sesso alla vulva e spinge la mazza profondamente nella vagina; ancora una volta mi sento aprire in due e il godimento raggiunge l’apice; copula per qualche minuto ascoltando le mie urla di piacere; poi esce, si allontana per un attimo, va ai vestiti e torna con una boccettina; capisco che ha preso del lubrificante e che sta per penetrarmi analmente; la dimensione dell’asta mi suggerirebbe di fermarlo e di impedirglielo ma la libidine ha ormai rotto l’argine e mi apro le natiche per favorirlo.
Fa scivolare del liquido fresco, ne infila una parte nel canale rettale inserendo uno, poi due poi tre dita; quando si rende conto che la via è praticabile, accosta la cappella all’ano e spinge con violenza, senza il garbo a cui Romolo mi ha abituata in questi casi; la mazza sprofonda nel retto travolgendo tutto e mi spacca; urlo perché effettivamente mi accorgo che qualcosa si sta rompendo sul percorso, non so se lo sfintere o qualche tratto di canale; ma la libidine manda indietro anche questo dolore.
Quando sento il ventre picchiare sulle natiche e i testicoli sbattere sulla vulva, capisco che mi ha penetrato fino in fondo e mi lascio andare a un orgasmo anale poche volte provato.
Mi monta così, selvaggiamente, non so per quanto tempo; poi si ferma e si adagia, per riprendere subito dopo in bocca, nella vagina, nell’ano, dovunque; mi sento sbattuta e violentata da tutte le parti; solo per un attimo, in una fase di resipiscenza, mi viene da riflettere che la prepotenza che attribuisco a Romolo, e che con quel gesto intendo punire, è assai meno grave di questa violenza brutale, umiliante e che, soprattutto, mi trova complice convinta; ma per tutta la mattinata non faccio che adeguarmi alle sue richieste e mi faccio montare in ogni modo, in tutte le aperture, con tutto il godimento che pretende per se e che mi procura.
Quando mi accorgo che è ormai troppo tardi anche per pensare di imbastire un pranzo a casa, decido che ne ho abbastanza e gli comunico che la giostra è finita; mi chiede se e quando prevedo di rivederlo; lo avverto con chiarezza che è stato un errore da fare una sola volta; già temo per quello che potrà succedere; l’idea stessa di diventare un’adultera abituale mi ripugna, perché amo mio marito ed ho fatto sesso solo per prendermi una piccola rivincita; mi obietta che conosce bene mio marito, che ne conosce l’aplomb e la forza che senz’altro gli consentirà di perdonare e di dimenticare; mi ringrazia e ci salutiamo con una carezza leggera.
Lo riaccompagno a casa, mi precipito alla mia e mi ficco sotto la doccia quasi sperando di lavare l’errore commesso con l’acqua corrente; quando mi tocco l’ano che ancora sanguina un poco, e infilo le dita in vagina, mi rendo conto che dovrò tenere Romolo a stecchetto per un po’, se non voglio che scopra quanto sono slabbrata; solo dopo che sono uscita dal bagno in accappatoio, quasi asciutta, riaccendo il telefonino e scopro che mi hanno chiamato innumerevoli volte sia mio marito che le mie figlie.
Non ho ancora la freddezza per parlare con Romolo e chiamo mia figlia per chiederle dov’è; si è incontrata con la sorella e sono al ristorante sotto casa, per mettere qualcosa nello stomaco, visto che avevano trovato la porta chiusa; le avverto che entro dieci minuti sarò da loro, che intanto ordinassero e lo facessero anche per me a loro gusto; mi rivesto un po’ più ‘professionale’ e scendo in piazza; le trovo al ristorante che sono già sedute.
La nostra prima figlia, Orsola, che ormai ha una sua vita autonoma in un’altra città, mi avverte che ha chiamato più volte suo padre e che forse, involontariamente, è stata lei a metterlo in allarme; se ha fatto scattare i meccanismi d’indagine dell’azienda, è anche possibile che sappia dove sono stata e che cosa ho fatto; mi chiede come mai non ho risposto alle chiamate; m’invento che, senza accorgermene, ho lasciato il telefonino spento per tutta la mattinata.
Lei prima mi fa osservare che il mio telefonino ha un sistema GPS che mette Romolo in condizione, se lo vuole, di sapere dove sono in ogni momento; poi mi fa osservare che ho due occhiaie terribili, proprie di chi è reduce da una lunga seduta di sesso; infine mi dice papale papale che a loro devo dire la verità, se non voglio peggiorare una situazione che appare già di pericolo.
Non me la sento di continuare a fingere con due donne esperte e in grado di cogliere le sfumature e confesso tutto, dal disagio di essermi sentita dominata e posseduta dal loro padre al fastidio di essere stata trascurata per mesi, all’incontro con Loredana (“Buona, quella!” è il commento di Eugenia; e vale poco ricordarle che è mia sorella) fino alla decisione, questa mattina, di celebrare il mio compleanno concedendomi una mattinata di sesso puro (niente amore, per carità; solo sesso) solo per il gusto di sbattere in faccia, stasera, al loro padre che una volta tanto mi sono presa una piccola rivincita; la faccia scettica delle mie figlie mi dice chiaro che ho commesso un grave errore e che ho messo a rischio la nostra convivenza e l’integrità della famiglia.
“Ragazze, non state a giudicare; forse è stata una stupidaggine; ma l’ho fatta, me la sono goduta e adesso, se è necessario, ne pagherò le conseguenze; ma non sono affatto pentita né me ne vergogno; ho fatto sesso, non ho toccato l’amore che mi lega a mio marito; se non vuole accettare, fiat; ci separeremo e avremo vite diverse. Adesso non statemi a fare la predica prima che salga in cattedra il tiranno e reciti tutta la sua orazione.”
Rivolto a Eugenia, chiedo.
“Perché hai sbattuto Vittorio fuori dalla tua vita?”
“Mi aveva tradito, aveva fatto l’amore con Miriam ed io con lui non volevo averci più rapporti; ogni volta che ci provavo, mi veniva in mente l’altra! Ma tu hai mai pensato alla differenza tra sesso e amore? Vittorio aveva fatto l’amore con Miriam, ci aveva messo passione, sentimento, volontà, dedizione, tutte cose che aveva sottratto a me. Tu invece mi pare che hai fatto tutto per una ripicca bambinesca, oltre che per la suggestione di quella troia di tua sorella che cornifica il marito perché ne ha ottimi motivi.
Perché non hai parlato con papà; perché, prima di arrivare a un gesto così estremo, non hai usato il buonsenso? In quarant’anni non avete mai sgarrato, siete stati fedelissimi; ora tu per una ripicca metti in discussione una realtà che ci tocca molto da vicino; se trascorrete insieme la vecchiaia, abbiamo sempre un faro a cui riferirci; se sfasciate la vostra unità, a quali scelte ci costringete?”
“Senti, Eugenia, non sono in grado di razionalizzare né di spiegare col buonsenso; sono proprio le armi che ho voluto contrastare; tuo padre con la calma, col decoro, col buonsenso ha sempre ‘proposto’ le scelte opportune e giuste; una volta tanto ho voluto far prevalere l’istinto, la rabbia, la violenza.
Secondo te, che ragioni come tuo padre, ho commesso un errore imperdonabile; e hai perdonato a te che il matrimonio lo hai sfasciato con motivazioni logiche che sembrano esattamente quelle con cui tuo padre mi domina; è contro questa presunzione di perfezione che sono stata imperfetta. Stasera glielo confesso e lui alla fine deciderà che vuole fare della sua e della mia vecchiaia. Se non ti sta bene, non venire da noi stasera.”
Interviene Orsola, che il casino, se ci sarà, l’ha innescato.
“Mamma, non inalberarti stupidamente; cerca di ragionare, adesso che hai sfogato il tuo desiderio d’istinto e di violenza; non li accetto, non li condivido ma li rispetto e tu sei e resti comunque la nostra mamma adorata; Eugenia sta solo, ora, sfogando la sua rabbia contro di te, il suo amore deluso per te; stasera, davanti a papà, saremo un muro.
Se non sa e apprende da te, saremo con te a sostenere le tue tesi; se ha già saputo perché gli ho messo la pulce nell’orecchio, sentiremo quel che dice e risponderemo a tono. Adesso, non litigate, mangiamo e festeggiamo questo benedetto (o maledetto) compleanno; qui ci sono i nostri regali per te; quello di papà so che lo troverai nell’armadio dei vestiti e già soffro a pensare come sarà surreale il momento che lo troverai.”
A innescare il meccanismo di complicazione, è proprio Orsola senza volerlo, quando telefona in ufficio a suo padre per chiedergli dove mi trovi io perché lei dalla mattina cerca di mettersi in contatto senza riuscirci; lui, preoccupato, attiva la sorveglianza dello stabilimento che, attraverso il GPS del telefonino, gli indica esattamente la posizione dell’apparecchio, la vecchia casa dei miei genitori, in montagna, chiusa ma non abbandonata.
Subodorando un caso di adulterio, telefona a un suo amico investigatore privato (notissimo per la sua estrema discrezione) e, dopo un paio d’ore, quello gli riferisce che sono lì con un maschio di una settantina d’anni, ben messo, che, dopo una breve indagine, risulta essere stato l’amante anche di Loredana, la mia sorella minore più giovane di me di cinque anni; in pratica, l’abilissimo Graziano si è passato in successione le due sorelle.
Gli fa presente anche che è un suo concorrente nelle gare d’appalto e che finora lui si è comportato lealmente; gli consiglia di lasciare da parte il bon ton, visto che l’altro non ne ha dimostrato, e di picchiare duro a ogni occasione.
Non passa una buona giornata, il povero Romolo, attanagliato dalla rabbia repressa, che gli suggerisce pessimi pensieri di vendetta e di rottura immediata; dalla coscienza che forse è più prudente e saggio cancellare subito, in nome di quarant’anni di vita comune, un brutto episodio che spera occasionale e dettato forse da una crisi da menopausa; come spesso gli hanno ricordato, sa che ‘il debole si vendica, il forte perdona e il saggio dimentica’.
Lui sa di essere abbastanza forte da perdonare un errore che si lava sotto la doccia, se non viene caricato di significati eccessivi; sua moglie ha commesso un errore, ma può risultare veniale se si guarda il contesto; non sa se avrà la saggezza, e la pazienza, di dimenticare; ma non vuole vendicarsi di niente e di nessuno; anche per questo, previdentemente, l’unico che sa è il suo amico investigatore che notoriamente non rivela una sillaba mai e a nessuno.
Quando prende la via di casa, ha ormai quasi completamente maturato la convinzione che deve cambiare atteggiamento con me e che il meglio sarebbe, se non proprio dimenticare (che non farebbe male) quanto meno riprendere da dove ci siamo interrotti, vale a dire dall’amore che sente comunque intatto anche nei momenti di peggiore indignazione.
Spera che, nella cucina di casa, a cena con le figlie per il mio compleanno, ‘i panni sporchi si possano lavare in famiglia’ e ridurre tutto a una stupida sbandata di cui si devono però almeno esaminare le motivazioni, perché lui non ritiene di avere fatto cose che potessero spingermi a quel gesto estremo; ma forse tende a perdonarsi e qualcosa gli è sfuggito.
Entra in casa evidentemente col cuore in tumulto; coi gesti abituali della nostra quotidianità, appende nell’ingresso il soprabito e la giacca; cambia le scarpe con le babbucce da casa, in perfetto stile marito piccolo borghese, e si dirige alla cucina; noi tre siamo sedute al tavolo, con davanti le tazze fumanti del te; ci guarda con amore, anche se sembra che voglia fulminarci con lo sguardo.
“Romolo, prima di metterci a cenare, devo liberarmi di un peso dallo stomaco … “
“Parli dell’adulterio che hai commesso stamane?”
“Vedo che sai già tutto … “
“Non ti ha spiegato Orsola che è stata la sua premura a scoprire il tuo altarino?"
“Sì, abbiamo spiegato tutto e ho anche capito quale enorme imbecillità ho commesso. Hai bisogno solo di questa mia confessione o c’è altro di cui intendi discutere?”
“Quarant’anni di convivenza, di fronte all’imbecillità di un giorno, pesano troppo per essere cancellati in un colpo e con un gesto; ma il tuo rigore anche giuridico ti dovrebbe suggerire che uno sporco tradimento pesa infinitamente, lascia ferite che non si rimarginano. Io forse sto soprattutto ripensando interamente la fiducia che avevo riposto in te e non so se troverò dentro di me la voglia ancora di rimanerti vicino; non riesco a non amarti, ma è la capacità di convivere con te che sta venendo meno.”
E’ Eugenia a parlare, la secondogenita, la mia dolcissima pupilla, quella alla quale non ha mai saputo dire no.
“Papà, ricordi che mi suggeristi pazienza quando ero in rotta con Vittorio e rischiavo il divorzio? Se non ricordo male, parlasti del diverso atteggiamento di un debole, di un forte e di un saggio. Che cosa suggeriresti tu a un uomo che, nonostante i suoi sessantacinque anni, anch’io amerei con tutto il cuore?”
“L’ha chiesto anche tua madre al suo amante o lui si è limitato a toccare il cielo con un dito quando ha avuto anche la sorella maggiore?”
“Ah!!!!! Credi che sia un professionista?”
“Lei che ti ha raccontato?”
“Papà, non attaccare il carro davanti ai buoi; non mi ha detto niente e per me non conta quello che può dire; con lei non ho la disinvoltura, la franchezza, se vuoi l’affetto o l’amore che ho con te; è risaputo che le figlie femmine sono sempre innamorate dei padri, specialmente se sono belli e tonici come il mio; io farei qualunque cosa per te e con te, lo sai bene; con mamma non ho mai legato molto; ma qui è di te che sto parlando, non di lei né di voi. Te la senti di ricominciare a sessantacinque anni?”
“Eugenia, sii precisa; ricominciare con un’altra, vuoi dire; perché, qualunque cosa sarà, con tua madre, dopo questa frattura, non c’è più continuità, sarebbe comunque un ricominciare, sia che quell’uomo sia un professionista sia che sia un conoscente casuale che evidentemente è ben dotato ed è bravo a letto se riesce a coinvolgere due sorelle; un uomo che arrivi a fare sesso con te, prima, e con Orsola, poi, forse lo dovrei solo ammirare se non lo odiassi perché siete le mie figlie e tu sei la mia luce.
Per tua madre e sua sorella, vale la stessa cosa; ma a te e a Orsola per tutta la vita contesterei di esservi lasciate prendere la mano senza capire con chi avevate a che fare. Inevitabilmente, vale per tua madre; l’unica attenuante che posso immaginare è l’invidia che lei ha avuto verso la sorella minore che ha avuto la spudoratezza (lei forse la chiama coraggio) di tradire il marito; se suo cognato lo avesse anche meritato, non lo so; ma ugualmente non capisco in che cosa lo avrei meritato io.”
“Proprio non riesci ad accettare l’idea di un salto nel buio, di una scelta uterina, di una ribellione alla tua tirannia? Anche adesso, lo stai dimostrando e sbandierando, il tuo potere assoluto e indiscusso; lei ha fatto sesso e tu sei già qui a giudicare; tu sei forte, sei potente; lei ha cercato di colpire la tua potenza; non c’è riuscita.
E’ vero che poteva parlartene prima; ma riesci a pensare almeno per un momento che, con enorme soddisfazione, poteva parlartene dopo, stasera, per regalarsi, per il suo compleanno, una rivincita sul tuo strapotere; invece, purtroppo per lei, lo strapotere ha funzionato a rovescio e il ‘regalo’ lo hai fatto tu, comunicando che già sai tutto e riducendo lei al rango di sporca fedifraga.
Non ti basta, per soddisfare il tuo bisogno di essere sempre e comunque il vincitore, il maschio alfa, quello che emerge su tutto … come gli ‘str..zi’ nell’acqua, se mi permetti? Fin qui è mamma alla sbarra; e non ha attenuanti; se insisti a stravincere, a umiliarla e a farle del male, ti assicuro che alla sbarra ci vai tu; e non ti perdono, niente!”
“Tu mi dicesti che non te la sentivi di dormire accanto all’uomo che ti aveva tradito; e come credi che mi sentirei io, se provassi a fare l’amore con tua madre, da oggi in poi? O credi che certi sentimenti valgano solo per te?”
“Ancora scommetti che vincerai? La tua Lucia ci ha messo solo sesso, quello che da te non riceveva più come se lo aspettava, com’era abituata; perché l’amore ve lo siete dato quarant’anni fa quando l’hai sverginata; e mamma ci ha raccontato quanto amore c’è stato tra voi, da quel momento e fino ad oggi, fino a questa mattina, anche se ti attacchi a un episodio per negare l’evidenza.
Mamma ha avuto una giornata di sesso perché aveva una scommessa da fare e da vincere, con se stessa, una scommessa che voleva vincere, anche se c’erano moltissime probabilità di uscirne con le ossa rotte, com’è puntualmente accaduto. Quante scommesse hai fatte tu? Quante ne avete fatte insieme? Inutile chiedertelo; sei tanto abituato a vincere che non te ne accorgi.”
“Che diavolo stai dicendo? Di che scommesse vai blaterando?”
“Non è una scommessa vinta, il tuo ruolo d’imprenditore? Non è stata una scommessa vinta, la carriera di mamma? Non sono scommesse quotidiane quelle che vinci ogni volta che ti accaparri una commessa? Non siamo scommesse vinte io e Orsola, il lavoro che svolgiamo, il ruolo che abbiamo? Chi ha vinto queste scommesse? Mamma? Noi figlie? O tu, l’onnipotente, l’indefettibile, il migliore?
Papà, io ti voglio bene, un bene dell’anima; io ti amo, più di qualunque Lucia del mondo; e ti amo gratis, non venirmi a contare le storie che racconti, sulle mogli che fanno meretricio familiare; ma sono disposta anche a massacrarti o a farmi massacrare per avere la soddisfazione, una sola volta nella vita, di dimostrarti che sono stata più forte, che ho vinto una scommessa che tu non potevi vincere.”
“Eugenia, non ti capisco; cosa cerchi di dirmi?”
“Tu non capisci solo quello che non torna nei conti che tu hai fatto. Te lo immagini quale sarebbe stato lo stato d’animo della tua Lucia innamoratissima, di tua moglie, per quarant’anni e più, fedelissima a te, ai tuoi principi, ai tuoi poteri; te lo immagini che cosa avrebbe potuto provare se, tornando a casa per festeggiare il suo compleanno con noi tre, avesse potuto sbatterti in faccia che, una volta tanto, ti aveva sconfitto, che tu avevi perso finalmente, che ti aveva tradito con tutto il cuore per darti una lezione di umiltà?
Riesci a capire come se l’era sognato quel momento, non in un ristorante di lusso, espressione del potere che hanno i tuoi soldi, ma nella vostra casa, nella vostra famiglia, dove dirti che ti aveva tradito determinatamente per insegnarti a occuparti di lei, di voi, del vostro amore, prima che delle tue vittorie, dei soldi che non possono alleviare la tua vecchiaia come fa lei col suo amore, del tuo strapotere che schiaccia tutti quelli che tentano di opporsi?
Questa illusione aveva coltivato la mia meravigliosa e stupida mamma. Ed io ti giuro che se mi dovesse capitare non sarei ingenua come lei; io sono figlia a te, non sono disposta a perdere e non faccio prigionieri; cercherei tutti i percorsi, tutti i cavilli, tutte le vie, per farti male. Lo sto facendo adesso, caro il mio amatissimo papà; se non riesco a riportarti da mamma, a fartela amare di nuovo come l’hai sempre amata.
Se perdo questa scommessa, ti odierò fino alla fine dei tuoi giorni e non mi riappacificherò mai più con te. Non puoi mandare da me i killer e gli spioni che entrano nel mio privato, che mi riprendono anche quando sto facendo sesso fuori del matrimonio; non ti consentirò di esercitare sulle persone anche questo potere di controllo che hai sempre esercitato. Mamma ha giocato e ha perso; ha scommesso ed è stata dominata dai tuoi soldi, dalla tua organizzazione, dal tuo potere assoluto.
Io le voglio molto più bene che a te, adesso. Vedi, sono partita dicendo che tu eri il mio mito, il mio amore, perfino il mio riferimento sessuale; ora ti dico che se non ritiri le tue accuse assurde alla MIA mamma, io sono capace di rinnegare il tuo cognome e assumere quello di mamma, perché è con lei che mi sento solidale, non con la tua tirannia.
Ora puoi anche tornare single, se lo desideri, e trovarti le amanti che vuoi. Io starò con mia madre, tua moglie, con mia sorella, tua figlia. Capito, paparino mio?”
L’unica certezza che abbiamo, in questo momento, è che la figlia abbia radiografato suo padre con impietosa chiarezza; abbia scavato nei suoi errori e glieli abbia sbattuti in faccia; sappiamo che non è tutto esattamente vero quello che ha detto, ma siamo certi che la maggior parte delle accuse corrispondono ad assoluta verità.
Tutto (o quasi tutto) quello che era convinto di avere fatto per il nostro bene, per la crescita complessiva della famiglia, appare chiaramente come la soddisfazione del suo ego smisurato; effettivamente, non ha mai perso occasione per confrontarsi anche, e forse soprattutto, con me per arrivare infine a imporre (ma lui diceva proporre, per sentirsi meno in colpa) il suo punto di vista come l’unico possibile.
Se davvero, come ha suggerito Eugenia, il mio gesto è stato solo una ‘provocazione al tiranno’ per farlo uscire allo scoperto e costringerlo a tener conto di me anche come donna, allora veramente deve ripensare tutto il suo atteggiamento; alla nostra età e con la nostra storia alle spalle, effettivamente, una mezza giornata di sesso (come avrò fatto io, che non sono una ragazzina, a reggerlo? Non lo so!) è la condizione ideale che suggerisce il proverbio popolare, ‘una lavata, un’asciugata e non pare neanche usata’.
Io sono già tornata tutta sua (forse è vero che lo sono sempre stata, anche mentre ero a letto con uno sconosciuto), e forse sto soffrendo più del lecito, non tanto per quello che ho fatto, ma per il fallimento del mio progetto.
Non riesco più a tenermi; scoppio in singhiozzi e cerco di abbracciarlo in vita.
“Perdonami; sono stata una stupida!”
“Per favore, Lucia, non usiamo paroloni a sproposito; hai sentito che Eugenia faceva riferimento a quell’aforisma che conosci; io credo di essere abbastanza forte da avere già perdonato; non so se ho ancora la saggezza di dimenticare; ma certamente non voglio e non cerco vendetta, non su di te, almeno, dopo la conferenza della psicologa e avvocato difensore Eugenia; e non sarà neppure una vendetta ma un legittimo cambio di atteggiamento quello che farò con il tuo ‘amico’ Giordano che non ha avuto nessun rispetto per un avversario leale e ha tradito la sua fiducia facendo sesso con te.
Lui pagherà la sua scortesia con altre e ben più gravi scortesie; non è stato leale ed io non sarò più con lui; ma non posso dirti che dimentico o che dimenticherò presto; non credo di essere ancora arrivato a questo livello di saggezza. Adesso, per non rovinarti la festa, fatemi la cortesia di andare tutte e tre, a mie spese, al migliore ristorante (per me e per chi va a nome mio, c’è sempre un tavolo riservato).
Poi, se fate troppo tardi, fermatevi in un albergo, fatevi prenotare le camere dal ristorante; io non ce la faccio a festeggiare con voi; resto a casa e bevo qualcosa, mi guardo la tv e vado a letto. Sai già certamente che il mio regalo è da una settimana nel tuo armadio preferito; quando ne avrai voglia, lo prenderai coi miei auguri e, alla prima occasione, lo sfoggerai come segno del mio amore indefettibile; non perdete tempo e andate.”
“Papà, ma proprio non riesci a essere con noi? Il compleanno è un giorno importante e così tu lo rovini a mamma …”
“Eugenia, se qualcuno ha rovinato il compleanno, non sono stato io … Andate, per favore … “
Siamo già vestite per andare a cena fuori; ci vuole poco a rifinire l’abbigliamento e siamo pronte; Romolo sta telefonando a non so chi; usciamo ancora con mille esitazioni; mentre stiamo chiudendo il portone, una bellissima ragazza, che mi pare di conoscere, entra; sul momento, non ci faccio molto caso; subito dopo, quando quasi siamo in macchina, un ricordo mi fulmina.
“Ragazze, torniamo su … “
“Mamma, non ci sperare; papà ha deciso e non verrà … “
“Lo credo bene; la ragazza che è appena entrata è una escort dell’Agenzia ‘Madame Dorè’ che spesso vostro padre utilizza per i convegni; quella sta andando da lui; ho visto che telefonava, poco prima che scendessimo.“
“Mamma, ma stai dando fuori di testa? Dopo la tua ‘mattinata brava’, adesso t’inventi che lui ha chiamato una escort per rallegrargli la serata? Io non ce lo vedo papà commettere una tale vigliaccheria!”
“Eugenia, per favore; preferisco fare portare la cena a casa, come avevo previsto; ma devo verificare se tuo padre è l’uomo forte che ha dichiarato di essere o il debole che si vendica per mezzo di una ragazzina … “
“Mamma, io vengo su con te; ma sappi che ti disprezzo, in questo momento; stamani gli fai le corna e ora ti preoccupi che te le ricambi; quanto meno, mio padre sa che la vendetta è un piatto che si consuma freddo … “
Non le do retta; cieca di gelosia e di rabbia, mi precipito in casa, lo trovo che se ne sta in poltrona a leggere qualcosa mentre, come aveva dichiarato, sorseggia del cognac con la sua solita aria serafica; lo guardo con furore e gli chiedo a bruciapelo.
“Dov’è?”
“Dov’è chi?”
“La escort che ti sei fatto mandare da ‘Madame Dorè’! Non negare; l’ho vista coi miei occhi entrare nel palazzo … “
Mi guarda con un’aria basita; le figlie gli sono andate ai lati e sembrano suggerirgli di avere pazienza perché sono fuori di me; comincio a girare la casa come una pazza e a frugare in tutti gli angoli; niente, nessuna traccia di una ragazza; comincio a sentire piombarmi addosso una montagna di vergogna che mi fa quasi impazzire; Eugenia spiega a suo padre che ho creduto di vedere entrare una escort nel palazzo e mi sono convita che era stato lui a chiamarla al telefono, prima che uscissimo.
Lui assume la sua solita aria bonaria e serenamente spiega alla figlia che lo stress mi sta facendo sragionare; il senso di colpa per quello che ho fatto mi fa vedere pericoli che non esistono; spiega con calma a nostra figlia che non ha nessuna intenzione di vendicarsi, come ha dichiarato; nel caso, sa benissimo che la vendetta è un piatto da consumare freddo; se mai gli venisse voglia di rendere pan per focaccia, non lo farebbe certo quello stesso giorno.
M’invita alla calma e mi chiama vicino a lui; resto impalata, rigida, nella mia vergogna; Romolo fa un numero al telefonino, parla con qualcuno e gli ordina di portare a casa nostra una cena leggera ma da grande chef, solo un secondo, della frutta e una torta con una sola candelina, perché è da celebrare un compleanno e di una signora gli anni non si dicono.
“Ti prego, Romolo, ho bisogno di piangere, ma sulla tua spalla; lasciami piangere o scoppio, ti prego … “
Mi viene vicino, mi avvolge in un abbraccio delicato, mi fa poggiare la testa sulla spalla e mi accarezza delicatamente la nuca, e le spalle fino alle anche; sento che si eccita e che il suo sesso si rizza fra le mie cosce.
“Romolo, credimi, ti amo come ti ho sempre amato; anche mentre sprofondavo nella mia stupidità, anche quando mi facevo trattare da zerbino, non ho mai smesso di amarti; penso sempre a te, sei tu nella mia testa e nel mio cuore; credimi, io ti amo profondamente … “
“Lo so … lo so … Non c’è bisogno che lo ripeta; cerca di calmarti e recupera un poco di serenità; vieni, siediti a tavola che finalmente si festeggia davvero questo tuo compleanno!”
Mi siedo alla tavola di cucina e mi prendo la testa fra le mani; sono decisamente giù, senza forze, senza idee; bussano alla porta ed entrano due camerieri con una cesta da cui tirano fuori il necessario e, in pochi minuti, una tavola elegante, comprese le candele, è apparecchiata in cucina; Romolo licenzia i due e avverte che parlerà poi col titolare; se ne vanno ossequiosi e ci sediamo a tavola.
Consumiamo rapidamente la cena, in perfetto silenzio, come ci siamo abituati per anni; prima di affrontare la torta, Romolo va in camera e torna con un astuccio che contiene il suo regalo, un meraviglioso collier; scoppio ancora in singhiozzi acuti, quasi strazianti; Orsola mi viene vicino, mi accarezza il viso e m’invita anche lei a calmarmi; Eugenia fa a suo padre.
“Neanche un bacio per accompagnare il regalo? Al mio paese perde valore se non si da almeno un bacio forte alla festeggiata.”
“Senti, ragazzina viziata; hai fatto un discorso bellissimo sulle colpe, sulle responsabilità e su tutto il resto; adesso mi spieghi, secondo te, chi è che impone a chi? Sono ricco e potente; impongo la mia volontà mistificandola con la logica, col buonsenso, con tutto quello che vuoi. Ma mi sai dire chi è che mi detta i principi di vita, i modi di essere, di comportarmi, di vestirmi, di pensare addirittura? Io posso pagare una escort perché mi aiuti a ingannare mia moglie.
E’ vero che era una ragazza di ‘Madame Dorè’ ma è servita solo a far scattare la rabbia di tua madre; è entrata dal portone ed è uscita dal retro. Che cosa avrebbe fatto Lucia se avesse trovato qui la ragazza? Io non sono andato a casa dei suoi, in montagna, a sorprenderla con l’amante … va bene occasionale, una sola volta, d’accordo, comunque amante; … però non l’ho fatto perché so rispettare la privacy della gente.
Voi mi avete aspettato a casa armate di tutto punto per sbattermi in faccia le mie colpe, davanti ad una che una colpa la stava confessando; avete processato me e la colpevole era lei; vi ho sbattuto in faccia il mio potere perché è reale e concreto; posso ordinare una cena da re con una sola telefonata; ho giocato brutalmente al tradimento e tua madre ha fatto scattare una gelosia del tutto fuori luogo, qui e oggi.
Non hai bisogno di convincermi a perdonare, perché l’ho fatto assai prima di entrare in questa cucina; ma vuoi ad ogni costo che io faccia l’amore con Lucia, perché solo così sarebbe soddisfatto il tuo bisogno di figlia di difendere tua madre. Devo chiederti ancora perché non volesti più dormire con Vittorio? T’immagini cosa succederebbe se toccassi con mano come tua madre si è fatta trattare davanti e dietro?
Pretendi ancora che io sprofondi in un pozzo che sapevo stretto e avvezzo alle mie possibilità e lo trovi invece troppo largo? Non siete per caso voi che state scavando dentro la mia privacy e state cercando di obbligarmi a fare quello che voi avete in mente?
Se non l’hai capito, sono il più forte, so di esserlo e cerco di dosare le mie forze per non farle pesare sugli altri; voi, proprio perché non vi rendete conto della vostra forza, picchiate duro e fate male, tanto male; sono più dure le scudisciate che state dando a me, di quelle che tua madre ha subito da me, per tutti questi quaranta anni. Adesso, se volete, Lucia spegne la candelina, mangiamo la torta e andiamo a letto; domani avremo superato lo scoglio e ci imporremo di dimenticare; ma io ho bisogno di tempo, di molto tempo, per assorbire questa mazzata totalmente imprevedibile.
E ti prego di non provare più a forzarmi la mano; sappi che stasera useremo tutte le stanze disponibili, ma io non dormirò con mia moglie; né so se lo farò per i prossimi giorni, forse per settimane o mesi. E adesso, sul serio, chiudiamola qua o andiamo ciascun per la sua strada; ‘troppi galli a cantar non fece giorno’; e qui, di galletti arroganti e supponenti, ne vedo quattro, ciascuno con le sue convinzioni estreme e sempre pronti a coalizzarci contro quello che, al momento, sembra il più cattivo.
Lucia, per favore, accendi quella candelina, taglia la torta e che dio ci aiuti.”
Sto ancora piangendo e le lacrime mi velano la vista; dico a Orsola di fare lei e mi avvicino a mio marito.
“Romolo, hai perfettamente ragione, su ogni punto; te lo dico da avvocato, da persona di giudizio e da moglie innamorata; ho commesso in questa sola giornata più errori che in tutta la mia vita; ma una cosa non posso accettarla; ti prego, non giudicarla una mia imposizione, come davvero potrebbe apparire. Io da quarant’anni dormo in quel letto col mio uomo a fianco, non ce la faccio ad accettare di sentirmi cacciata.
Sarebbe come dire che si è rotto tutto; non ti chiedo di fare l’amore con me, non intendo neanche parlare di sesso; ma di calore sì, di quello che i nostri corpi si sono scambiati per tanti anni, degli odori a cui ci siamo abituati, dei rumori, dei silenzi, di tutto quello che ci ha fatto coppia unita e inossidabile; ho sbagliato stamattina e capisco che tu abbia bisogno di tempo per assorbire la cosa; ma non cacciarmi dalla nostra unità, non spezzare la continuità di una vita; dimmi solo che mi farai sentire la tua vicinanza anche stasera; ne ho bisogno.
Ecco, questo è forse il regalo che voglio da te; mantieni, nonostante tutto, le nostre abitudini; da domani parleremo di rinascita, di superamento; stasera tienimi con te, fammi sentire che mi ami come sempre, che sei ancora mio marito, il mio amore, la mia vita.”
“Papà, questo mi sembra ragionevole … “
“Eugenia, tu la devi smettere o comincerò a ripeterti come un mantra ‘ricordati Vittorio’; vuoi indurmi a questo?”
“Senti, ‘stron … g’ che significa forte ma nella mia intenzione anche ben altro; io di stron … g come Vittorio ne ho incontrato e ne incontro a carrettate; tu una donna come Lucia non la trovi più se non torni in questa casa e torni ad amare lei. Se ti va di fare lo gnorri, ci sto; sono brava come te, te l’ho detto; ma sappiamo tutti e due che si può fare l’amore, si può fare anche solo sesso in tanti di quei modi che diventa solo una scusa, la condizione di lei.
Avete le mani, avete le bocche, siete esperti e consumati; portala a letto con te, oppure mando mamma a dormire con Orsola, nel letto con te ci vengo io e ti obbligo a farmi la rassegna completa delle cose bellissime che, secondo mia madre (che è donna degna di fede) il suo uomo sa fare per portare una donna prima in paradiso e poi alla follia. Incesto o moglie? Devi scegliere. Perché in questo momento le leggi le detto io e, se mi vuoi bene, le rispetti.”
“Sai, piccola, non è mica cattiva l’idea di ripagare il tradimento di una moglie con un incesto con una figlia bellissima e amatissima; se fossi un poco più spudorato, non ti nego che una bella copula con te mi attizzerebbe molto; ma dovrei calpestare troppi principi, troppe convinzioni, troppi credi; e non so se poi non sarebbe l’inizio di un pericoloso burrone, perché io ti amo veramente e mi attiri anche fisicamente.
Però amo ancora, più di te, mia moglie, tua madre; e l’ipotesi che suggerisci di fare l’amore da ragazzini, prima che la sverginassi, forse mi può anche sedurre; forse hai indicato la terza via, quella della mediazione, se Lucia ci sta.”
“Ci sto!!!! Ci sto!!!! Adesso, qui, ora, immediatamente; solo l’idea che accetti di farmi fare un po’ d’amore mi eccita al punto da bagnarmi. Mi vuoi dare un bacio vero, d’amore, di quelli che solo tu mi sai dare?”
Come poteva dire di no?
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