La domenica mattina, come avviene ormai da tanti anni, si dedica attivamente alla cucina per preparare il pranzo che, per tradizione, organizza a casa con i figli e con le loro compagne; Franco, il più grande, ha ormai trent’anni ed è il preferito (anche se ha sempre combattuto la sola idea di una qualche differenza), ha un buon lavoro nelle assicurazioni; la sua compagna, Nicla, di qualche anno più giovane, è una donna che le piace molto, determinata e sicura di sé, psicologa e assistente sociale sempre pronta alla battuta, chiara ed aperta, spesso fino alla brutalità; Osvaldo, il secondo, è il ritratto di suo padre, modesto in tutto, dall’abbigliamento al carattere, ma la sua compagna Maria non perde occasione per definirlo ‘acqua cheta’, quella che rovina i ponti; anche il loro padre, Nicola, cinquantacinque anni e suo marito da oltre trent’anni, apparentemente è un uomo molto modesto, impiegato in banca; ma se la realtà corrisponda all’immagine, non è dato di affermare, dal momento che ignora quasi tutti i doveri familiari e si perde più facilmente dietro le partite di calcetto, la maniacale ossessione per lo sport in tv e le partite a carte con gli amici, delle quali non sa e non vuole capire se siano vere o una scusa per portarlo molte sere lontano da casa.
Nei rapporti intimi è indefinibile; non è stato mai un grande amante; poiché non ha conosciuto molti maschi, oltre a lui, non sa neppure quale sia il suo livello di prestazione a letto né quale sia la definizione possibile del suo sesso; per qualche anno, agli inizi del matrimonio, fu anche abbastanza pressante nella richiesta di attività sessuale e non si è mai negata, anche quando ha fatto delle richieste che per la sua educazione risultavano oltre il limite della decenza; hanno fatto sesso orale ed ha ceduto alla richiesta del sesso anale, che lo intrigava molto: ma ha la convinzione che, da quando i figli erano ancora piccoli, sia andato a sfogare la sua libidine fuori casa, perché il lavoro domestico e quello a scuola (insegna da venticinque anni ed è titolare nel locale liceo, con molti apprezzamenti per la qualità dell’impegno) si stancava abbastanza e si concedeva spesso malvolentieri; poi il passare degli anni, le sempre maggiori responsabilità hanno ridotto l’attività sessuale alla ‘pratica’ del sabato sera quando, ambedue stanchi, ci accoppiamo quasi svogliatamente, lui eiacula in vagina e si gira a dormire.
In occasione del suo cinquantesimo compleanno, proprio quest’anno, Franco si è presentato al pranzo con un bel collier che recava, a mo’ di ciondolo, il suo nome, Elena, scritto in corsivo: le confessa che l’idea era stata di Nicla; e deve ammettere che si emoziona non poco, visto soprattutto che né suo fratello, né suo padre, invece, hanno avuto il buonsenso di regalarle nemmeno un bacio Perugina, che nella città in cui vivono sono diffusi come i moscerini in palude; né lui né Nicla riescono ancora a spiegarsi perché, dopo anni di ‘servitù’ alle leggi arcaiche, e non scritte, che impongono la subalternità e la fedeltà coniugale, non si sia ancora liberata di quella catena al piede e non abbia deciso di prendersi un po’ di quella libertà che, per Nicla, è sacrosanto dovere di ogni donna conquistarsi; e, per Franco, è invece una necessità per la sua bellezza, ancora notevole, a suo dire, e in grado di suscitare desideri ed istinti in qualunque maschio; lo guarda brutto, ma la sua compagna, ridendo, le dice che, parlando da esperta, può esprimere serenamente la diagnosi che Franco si tira dietro dall’infanzia un desiderio represso di incesto che lei spesso controlla proponendosi a letto come sua madre.
“Se non l’hai voluto capire, anche se di Edipo ne sai molto più di me, tuo figlio vorrebbe fare l’amore con te, anche se hai cinquant’anni; e farebbe carte false per realizzare il suo sogno di adolescente che si masturbava per te.”
Li manda affettuosamente al diavolo; ma, da quando ne hanno parlato, la domenica fissata per il pranzo di famiglia (due volte al mese) si accorge lei stessa che ci tiene a ‘mettersi in tiro’ senza esagerare (un trucco leggero, qualche abito più elegante e qualche carezza al momento giusto) per fargli sentire che apprezza molto quella sua passione, anche se non la sfiora neppure l’idea di una trasgressione ai suoi principi; Nicola non si accorge mai di niente e non può sapere che, il sabato sera, dopo il ‘rito’ della copula, corre in bagno a lavarsi e in realtà si va a masturbare con estrema goduria, ricordando qualcosa che non ha mai confessato a nessuno, cioè che quando a Franco poppante dava il seno da succhiare, molto spesso, involontariamente, le scoppiavano orgasmi incontrollati e che, da ragazzo, lui amava molto strusciare sul suo corpo il sesso che negli anni cresceva e lei lo avevo spesso favorito, finché non lo allontanò per non andare oltre i limiti; sentire dalla sua stessa compagna che ancora la desidera come amante la sconvolge non poco; poi torna in sé, ma impara e presentarsi a lui come l’amante che desidera.
Certi discorsi se li permette solo Nicla che, anche per coerenza professionale, ama molto scandagliare il carattere della gente, prime fra tutti le persone care; ed ha già previsto che prima o poi uno scossone la porterà ad altri ragionamenti e che ancora sono possibili trasformazioni radicali, visto che, secondo lei, è molto giovane, al di qua della menopausa e inconsciamente predisposta ad un grande innamoramento; quando lo ‘sentenzia’, scherzosamente le chiede come reagirebbe se l’amore materno per Franco tracimasse in desiderio fisico; risponde con eleganza.
“Lo spero proprio; Franco sa, ed è d’accordo con me, che a quel punto avrei lo stesso diritto a innamorarmi; e chissà che non mi innamorerei proprio di te; di tuo marito, neanche a pensarlo; è fuori dal mio target; ma se trovi un uomo da amare sul serio, stai attenta ai cicloni che potremmo scatenare io e te.”
Sembra solo una battuta; ma la vita deciderà diversamente.
Non ha mai amato frequentare i locali istituzionalmente ricercati per ‘esserci’ nella vita sociale della città, primi fra tutti i bar del centro dove si incontra tutto il meglio, dai potenti dell’economia a quelli della politica, dai giovani rampanti alle signore desiderose di farsi ammirare in pubblico; ma la cattura molto, nelle ore di intervallo nelle lezioni, rifugiarsi in un piccolo bar vicino alla scuola, dove qualche volta fanno irruzione frotte di studenti o gruppi di insegnanti; in quel locale preferisce sedersi ad un tavolo appartato, consumare lentamente una bibita e, al tempo stesso, raccogliere le idee che, recentemente, riguardano sempre più vivacemente il suo amore per Franco e per Nicla, con terrore, perché non pensa a lui come a suo figlio né a lei come alla sua compagna, ma solo come a persone da amare fino in fondo.
Questa mattina, mentre ancora insegue le sue domande senza risposta, una donna sconosciuta, che vede spesso seduta ad un tavolo da sola, le si avvicina e, senza nessun motivo, le chiede se accetta di condividere i pensieri vaganti; la guarda sorpresa e non trova una risposta; lei si siede al suo tavolo e prosegue imperterrita.
“Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno; non ci conosciamo ma ti vedo spesso seduta da sola a bere ed ho pensato che con te potrei aprirmi, senza il pericolo di dire qualcosa, che possa uscire da questo tavolo; ho l’impressione che tu possa capirmi, non so perché, forse per un atavico senso di fiducia … Io mi chiamo Elvira, ho quarant’anni e sono una troia … “
“Io mi chiamo Elena, ne ho cinquanta, di anni, e insegno italiano al Liceo qui vicino … “
“Ecco perché!!!!!!!!!! Sono troppo vecchia per averti avuto come insegnante ma ho sentito i tuoi studenti parlare con entusiasmo di te: forse da questo sono stata spinta a parlarti. Ti va se mi libero un poco delle mie rogne? Poi potrai dimenticare, anzi dovrai dimenticare, perché hai problemi tuoi; ma io per una volta voglio avere una spalla asciutta … “
“Hai saputo, forse, che parlo spesso con i miei ragazzi dei loro problemi; a vent’anni ne hanno a iosa e per loro sono sempre vitali e definitivi; mi fa anche piacere sentire una donna matura (bada che ho solo dieci anni più di te, in fondo) e le sue ragioni per avercela con la vita; con due figli sui trent’anni coi quali parlo spesso, ho una visione abbastanza chiara di certe situazioni; con una quarantenne forse è diverso, ma per questo sei ancora più intrigante.”
“Quindi sei sposata, madre e forse nonna … Beh, questo ti manca, ma prima o poi … Io invece sono stata così stupida che a vent’anni persi la testa per un uomo sposato e da allora non riesco a fare a meno di lui, anche se non ha niente che possa affascinarmi: ormai, l’abitudine e un senso di pigrizia mi portano a tenermelo anche se è chiaro che non lascerà mai la moglie che secondo lui è una nullità casereccia … ma intanto non riesce a farne a meno … “
“Vent’anni sono tanti: deve essere per forza un uomo di grande fascino … “
“Macché! Un uomo mediocre, un impiegato di banca senza neanche ambizioni che ha solo un interesse vero: fare sesso con me, in tutti i modi, in qualunque momento, a qualsiasi costo … “
“Allora deve essere un grande amante … “
“Neppure! Ho incontrato uomini che mi hanno fatto impazzire quando andavamo a letto, molto più dotati, molti più affascinanti … Lui è un modesto individuo con tanto desiderio nei miei confronti … “
“Perdonami, ma devo dirtelo: se è così ‘ordinario’, perché continui a tenere in piedi la storia con lui?”
“Tuo marito è un uomo particolarmente affascinante, per te almeno?”
“No, direi che corrisponde al quadro che hai fatto tu … “
“Perché ci stai insieme?”
“Io l’ho sposato, sono legata a certe convinzioni e non penso affatto di lasciarlo, a questa età … “
“Non è una questione di età, è un fatto di pigrizia: né io né tu, in fondo, ce la sentiamo di affrontare l’ignoto, ci crogioliamo nella quotidianità e facciamo finta di non vedere oltre le elementari necessità soddisfatte. A questo punto, sono certa che anche tuo marito, come il mio amante, è uno sportivo da poltrona, che si inventa occasioni di lavoro e necessità improbabili per scomparire di casa; il mio amante si rifugia dietro gli obblighi familiari per scaricarmi; tuo marito probabilmente si inventa il calcetto o la partita con gli amici per scappare via da te e rifugiarsi tra le braccia di una come me o di qualcuna anche più giovane di me: a occhio e croce, deve avere l’età del mio Nicola, cinquantacinque più o meno … “
“Non so se te ne rendi conto, ma stai facendo il ritratto di mio marito e mi stai mettendo in crisi; il tuo amante potrebbe essere addirittura lui!”
“Perdonami, ma non lo escluderei; forse sono cattiva, ma in questo momento mi sento quasi sollevata, all’idea che se mi fossi sposata sarei esattamente nella condizione di adesso.”
“Ma che cosa ti entusiasma, allora, del rapporto con quest’uomo?”
“Forse qualche ‘rituale’ a cui negli anni mi sono abituata … ”
“Per esempio? .. “
“La domenica pomeriggio, per esempio.”
Sollecitata, Elvira racconta che il suo amante sa con esattezza che, a lei, non fa assolutamente piacere passare da sola la domenica, giorno in cui non lavora e le piacerebbe ‘fare qualcosa’ possibilmente insieme; lui però è legato all’abitudine familiare del ‘pranzo con i figli’; sua moglie passa la mattinata a sfaccendare in cucina per preparare a figli e nuore il pranzo più bello, più ricco, più amorevole di cui è capace (ed è anche brava, a suo dire); quando sono a tavola, lei sembra sciogliersi per i suoi ‘amati’ ed è tutta svenevolezze ed amore per i figli che non smettono di riempirla di coccole; lui invece sta a tavola col pensiero all’amante sola, ingurgita in fretta il cibo e si precipita, letteralmente, da lei, con la sua vecchia auto che solo lui si ostina a considerare bellissima e che invece è solo un modello vecchio e superato: ingrifato come un mandrillo, si fionda da lei che, come da accordi, lo aspetta con la sola vestaglia legata da una cintura che un nodo ferma e, sotto, completamente nuda, fresca di doccia ansiosa di copulare.
Quando è entrato, non si prende nemmeno il tempo di salutarla, immediatamente tira fuori il sesso duro come il cemento e glielo affida tra le mani perché cominci a masturbarlo, mentre si spoglia; in un attimo, è nudo e si precipita a portarla sul letto; si sdraia supino con la mazza ritta e lei sa che deve succhiarlo fino a sentire male alle mandibole: in realtà, le piace sentire sulle labbra, e poi contro il palato, la cappella che adora leccare e succhiare a lungo; ormai fanno sesso da tanto tempo che lei conosce ogni particolare della sua libidine che scatena volentieri, andando a stuzzicare i punti erogeni, il meato urinario, dove infila la lingua fino a fargli male, il frenulo, che sollecita finché lo sente vibrare di piacere, poi la cappella tutta, intorno alla quale fa girare la lingua come a saggiarla in ogni punto; intanto, si infila una mano fra le cosce e si masturba fino ad un orgasmo enorme.
Lui si distende estatico e lascia che lei gli pratichi una fellatio dolcissima, lunghissima, frenando ogni volta l’orgasmo che si affaccia impellente; poi, quando si sente completamente sazio della lingua, la stende supina e affonda la testa fra le cosce, alla ricerca del clitoride; Elvira ammette che in quello lui la fa impazzire; le lecca delicatamente le grandi labbra fino a che la fa godere, poi passa alle piccole e la entusiasma coi ghirigori che disegna sul fiore, all’inizio chiuso: non avendo mai partorito (neppure un aborto spontaneo) lei ha l’organo stretto come una vergine e lui sembra ogni volta deflorarla, quando con la lingua forza le piccole labbra perché si aprano e facciano apparire il clitoride piccolo, seminascosto, da cercare con la lingua per poterlo poi prendere tra le labbra e succhiare come una caramella; il clitoride così sollecitato le dà brividi ogni volta nuovi, entusiasmanti; e lei non si stanca di godere, di raggiungere orgasmi a ripetizione fino all’esplosione finale.
E’ una copula straordinaria, confida Elvira; e lei se la gode tutta, intensamente; quando la vede rilassata abbastanza, lui si decide a montarle addosso e lei aspetta che il sesso la penetri in vagina con la passione che ci sa mettere e con l’abilità che lui dimostra a copulare lentamente, facendole sentire la penetrazione centimetro per centimetro, orgasmo per orgasmo; quando poi inizia la cavalcata, lei si perde nel piacere immenso che le dà lo strusciamento della verga nel canale vaginale e si annulla nel piacere che monta irresistibile fino a che lui, avvertendola, le esplode nell’utero una enorme eiaculazione, scatenando il suo orgasmo liberatorio accompagnato dall’emissione di un fiume di umori che va ad inondare non solo il suo ventre e quello di lui ma spesso allaga anche il lenzuolo; di solito, la copula va avanti fino a sera tardi, quando lui deve rientrare a casa dalla moglie che, probabilmente, è andata già a letto senza pretesa di rapporti sessuali che hanno già esaurito la sera precedente col ‘rito del sabato’: breve penetrazione, piccola cavalcata, eiaculazione ed immediato assopimento; quando lui le racconta questo, Elvira non può fare a meno di ridere della moglie così limitata.
Elena ha chiaro che l’amante di Elvira è suo marito: dentro di sé, è feroce, perché si sente presa in giro, da venti anni, da Nicola adultero e cafone; per confermare i suoi dubbi, chiede ad Elvira se incontra l’amante, periodicamente, solo la domenica; lei le confessa che un altro incontro fisso è quello del giovedì, quando lui si inventa una partita a calcetto, con la complicità degli amici, e va a passare con lei tutta la serata; mentre la moglie si incanta davanti al televisore a guardare pallosissimi documentari di storia, loro copulano come scimmie; poi lui, doverosamente, lascia lei al colmo dell’irritazione e torna nell’alveo della famiglia; Elena riesce a stento a trattenere la voglia di sbatterle in faccia che è il suo inetto marito a procurarle tanta passione e tanta libidine, mentre a lei riserva il ‘rito del sabato sera’; ma trova il buonsenso per capire che il vero colpevole è lui e che la ragazza è solo vittima di se stessa e di un errore di gioventù; si lasciano con la promessa di rivedersi; Elvira confessa che parlare con lei è stato quasi terapeutico, che ora si sente sollevata e quasi perdonata da una confessione fatta ad una sconosciuta; Elena sa, dentro di sé, che ha già deciso che deve cambiare tutto, nella sua vita, perché, come ha suggerito Nicla, non è affatto tardi; prima di separarsi, però, è Elena ad avere un’ultima domanda per la strana ‘amica’.
“Facciamo un’ipotesi surreale: io alla tua età avevo un figlio di venti anni, che adoravo da bambino come il nuovo Gesù; immaginiamo che adesso io senta di amarlo, non solo come madre, ma come donna, fisicamente; immaginiamo che anche lui mi adorasse allora e che mi desideri ancora oggi con la stessa intensità; cosa faresti, al mio posto? Decideresti che lui è il tuo amore, cercheresti di concupirlo anche a danno di sua moglie?”
“Cara amica (permettimi di considerarti amica; io ti sento e mi sento amica), l’amore non può conoscere nessun limite; se mi rendessi conto di volere come uomo nel letto, oltre che nella vita, mio padre, mio fratello mio nonno, mio figlio se lo avessi, io seguirei il cuore e andrei dove la vulva mi spinge; un uomo che ti ama è un’autentica rarità, non va sciupata; sua moglie, se è abbastanza intelligente da capire che un amore materno può sfociare anche in desiderio fisico di possesso, non solo non fa storie, ma forse si unisce a loro in un amore trino che è il sublime dell’amore fisico; una donna del tuo valore non può avere un figlio ottuso e non può avere una nuora stupida; se è di te che stai parlando, posso solo suggerirti di amare chi merita e, quando ami, dai tutto, anche quello che opinione comune e leggi morali proibiscono.”
“Non è di me che parlo; ma conosco una persona che è proprio in quella condizione che descrivi: forse farei bene a suggerirle di amare come le detta il cuore, è vero. Ciao.”
“Ciao, profia; grazie di tutto.”
Ha la testa vuota, la professoressa, quando torna in classe per una lezione che non riesce a seguire: rimedia invitando la classe ad una esercitazione di cui non si cura, presa com’è dai suoi dubbi; sa per certo che deve trovare la via per allontanarsi da Nicola, che adesso le fa persino schifo; ma sa anche che è lo stato d’animo di un momento difficile; è convinta che deve anche allontanarsi da Franco, se non vuole entrare in una spirale ben più pericolosa dell’adulterio di suo marito; ha voglia di scappare in qualche modo ma non sa da che parte cominciare; coi figli sistemati fuori casa, col marito inutile dal quale può staccarsi senza dolore in ogni momento, l’unico grande interrogativo è trovare una ragione di vita fuori dalla nicchia che s’è scavata in città anche con quel lavoro che svolge con dedizione ed amore vero; ecco, quello è l’amore che cerca altrove, l’insegnamento; ma non può certo il lavoro lenire il desiderio, che adesso si è fatto acuto, di dare amore e totale dedizione ad un uomo, fosse anche suo figlio; e quello, ancor più feroce, che le sta adesso sorgendo, di dare sfogo ad un desiderio sessuale che la chiacchierata con Elvira le ha scatenato.
Una prima soluzione le viene subito, quando va in presidenza; le comunicano una circolare con la quale gli insegnanti di una certa esperienza e, a giudizio dei dirigenti, capaci di svolgere il ruolo, saranno incaricati, dall’anno prossimo, di dirigere una scuola dove ce n’è bisogno; nel suo caso, la sede proposta è Arezzo; il preside ha parole di meritato elogio per spiegare che l’ha immediatamente proposta per l’incarico; Elena è lusingata ma gli chiede un po’ di tempo per pensarci, visto che si tratta di passare dall’insegnamento alla direzione, funzione più amministrativa che didattica, e da un Liceo ad una scuola media, dove lei ha insegnato solo qualche anno agli inizi della carriera; il preside le obietta subito che sa riconoscere in lei la capacità direttiva e che, nel nuovo ruolo, potrebbe senza dubbio proporsi di sostituire occasionalmente insegnanti assenti; anche se si tratta di studenti della media, lui sa che ‘l’insegnamento per lei è un talento, una passione, non una professione’ e saprà farsi valere; in ogni caso, aspetterà un giorno prima di inviare la risposta.
A casa, da sola, Elena riflette a lungo sulla proposta che adesso la alletta: non ne parlerà a suo marito, perché neanche ne vale la pena; ma ha bisogno di sentire una voce interessata; telefona a Franco sperando di parlare a Nicla; risponde lui che lei non c’è; gli dice che ha bisogno di parlarle; lui si offre di andare da lei per parlare, se è necessario; gli risponde fuori dai denti che incontrarla, da sola a casa, è pericoloso, ora che sanno; lui si schernisce e ribadisce che ha resistito per anni e che sa di non avere problemi; lei gli spiega l’ipotesi di trasferimento e suo figlio non ha esitazioni.
“Mamma, vai dove ti porta la tua intelligenza; capisco che sei stufa di tuo marito e forse hai anche qualche elemento in più per non sopportarlo; ma sono anche convinto che l’amore per il tuo lavoro va al di sopra di tutto; tranne il mio inutile padre, non sei indispensabile a nessuno, qui a Perugia; se ti organizzi, trasferirti totalmente o a mezzadria non è un problema; se riusciamo a vederci ogni due domeniche, sai che mi fai felice; se ti devo vedere poche volte all’anno, sono contento lo stesso; se vuoi confrontarti con Nicla, la rintraccio e te la mando; tu devi essere felice; a Perugia, ad Arezzo o in capo al mondo non conta; è importante che ti realizzi, per amor nostro ma anche e soprattutto per amore di te stessa e della tua vita.”
“Grazie, amore, perché ormai so che sei l’amore mio, anche se non arriverò mai dove Nicla vuole portarci; ho bisogno di voi, ho bisogno di te anche senza arrivare ad eccessi. Ciao, dolcissimo amore mio.”
“Ciao, Elena: non voglio più chiamarti mamma; per me adesso sei solo Elena, il mio grande amore. Se vuoi, veniamo a parlare, solo a parlare, questa sera; ma io non ho dubbi: devi accettare questa sfida, vincerla e cambiare la tua vita. Ciao.”
“Va bene, venite a cena, così possiamo parlare meglio. Ciao, piccolo.”
Nicola rientra all’ora di cena; subito dopo, arrivano Franco e Nicla; per combattere le ansie degli interrogativi, si è dedicata alla cucina e si è fatta bella per Franco, il suo amore segreto; Nicla sorride beffarda, l’abbraccia con forza e le fa sentire non solo il seno ma anche il pube duro; la sposta ridendo e facendo finta di rimproverarla.
“Allora te ne vai ad Arezzo a fare la dirigente? Lasci l’insegnamento? Strano, non l’avrei mai creduto, per una come te che è insegnante anche quando va in bagno. Però è una promozione che meriti, che non puoi e non devi rifiutare.”
“Arezzo? Dirigente? … Che diamine significa?”
Nicola cade dalle nuvole e si vede chiaro che è spaventato.
“Stamane è arrivata una circolare: mi promuovono Preside di una scuola media ad Arezzo … “
“E tu rifiuta; non puoi lasciarmi qui da solo! … “
Nicla diventa feroce.
“Imbecille, ma che stai blaterando? Dovrebbe rinunciare a una carriera, alla sua vita per un puttaniere incallito e incapace? Elena, non dare retta a questo stupido; per favore, dimentica la tua educazione e pensa alla tua vita!”
“Ma tu sai che non so cuocere un uovo, non so lavare una camicia … “
“E allora?! Franco, guai a te se prendi esempio per una sola cosa da tuo padre: ti pianto su due piedi. Elena, ma ti rendi conto che lui vuole la moglie solo perché gli prepari il pranzo e gli rammendi i calzini. Ti do un consiglio professionale che è un ordine. V A T T E N E, esci da questa casa e non ci tornare mai più, se è necessario!”
“Calmati, Nicla, lui è stato viziato. Senti, Nicola, io ho l’occasione per farmi valere; se tu preferisci rimanere l’impiegato che sei perché ti manca passione, io voglio crescere; mi offrono questa occasione e non la spreco per le tue uova o per le tue camicie; tra l’altro, so esattamente a chi e come potresti rivolgerti, per farti prendere a calci se glielo chiedi … “
“Di che parli?”
“Della tua amante preferita, quella che vai a sollazzare la domenica pomeriggio, scappando dal pranzo come un mandrillo allupato, o quando mi raccontate tu e i tuoi amici la balla della partita a calcetto o delle partite a carte. Io non mi sono ancora nauseata di te; sono ancora fedele perché me lo impone la mia coscienza, anche se so che a pochi passi da me c’è un maschio meraviglioso che bacerebbe la terra dove metto i piedi; però me ne vado ad Arezzo perché lì adesso ci sono la mia carriera e la mia vita. Una cosa prometto ai figli che amo e alle loro donne che mi sono molto care: non mancherò mai al pranzo domenicale, ogni due settimane, che non potrò organizzare io ma che ordinerò al ristorante; vi amo troppo per incontrarvi solo in poche occasioni all’anno; due volte al mese non sono tante, ma ce le faremo bastare per coltivare il nostro amore. Per quanto riguarda le tue uova, farai un accordo col ristorante sotto casa, per pranzo e per cena, a prezzo concordato; non sarà neanche dispendioso; per le camicie, sappi che le lavanderie lavano tutto, dai calzini ai tappeti; per la casa, puoi assumere una donna che due giorni alla settimana faccia le pulizie. Non morirai di fame o nello sporco; ed io avrò la mia vita, quella che mi hai sottratto e che voglio scoprire da ottobre prossimo.”
Dopo, cena, Franco e Nicla si accomiatano e vanno via; al momento di salutarsi, la abbracciano per augurarle buona fortuna e suo figlio la stringe con forza, fino a farle sentire tra le cosce il sesso eccitato, che la sorprende e la impressiona per la notevole dimensione; la compagna le sorride velatamente e le sussurra.
“Ti stai svegliando, finalmente; chissà se succederanno cose ancora più belle!”
La spinge fuori della porta con un’affettuosa sculacciata; suo marito, appena soli, si avvicina alle spalle e le prende i seni da dietro; si sottrae con dolcezza adducendo che ha sonno e va a letto tra mille pensieri che la torturano; lui prova di nuovo ad avvicinarsi; ma gli dice con voce assonnata che vuole dormire; il giorno seguente, appena a scuola, si reca dal Preside e gli comunica la disponibilità ad accettare l’incarico; quando la notizia si sparge, si leva un coro di voci contrastanti, tra quelli che la accusano di abbandonare un lavoro in cui crede e che svolge benissimo, e quelli che si congratulano per la promozione.
Alla chiusura dell’anno scolastico, in estate, decide di andare ad Arezzo, per prendere contatto col territorio e prepararsi a viverci almeno un anno; trova una casetta poco fuori città, in posizione apparentemente disagiata perché i negozi sono ad un chilometro almeno, non c’è una fermata di autobus e i primi vicini stanno a molte decine di metri: questo spiega anche il prezzo molto favorevole dell’affitto; ma Elena sta cercando in primo luogo una solitudine che sia anche operosa, che le consenta di leggere quanto non è riuscita negli anni più recenti; la prima cosa che spedirà (perché sarebbe difficile trasportarla) sono le collane di poesia che il lavoro e la famiglia le hanno fatto tenere ancora imballate per anni, in qualche caso; va poi a visitare la scuola che dirigerà da ottobre e si rende conto che è una struttura elegante, moderna e piacevole da vivere; incontra alcuni insegnanti e scopre una familiarità, uno spirito di amicizia, un desiderio di comunicare che la convincono definitivamente che la prospettiva che si apre è la migliore possibile; le assicurano che anche il comportamento degli alunni è per lo meno ammirevole e che si troverà benissimo; Elena si sente pronta a quel cambio e si prepara al nuovo sistema di vita.
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