Ore 19.55. Mancano solo cinque minuti e poi finalmente potrò godermi il meritato riposo.

Già penso a un weekend di relax con mio marito in qualche agriturismo fuori città: la gioielleria dove lavoro come commessa rimarrà chiusa eccezionalmente per due giorni.

Comincio a spegnere le luci del negozio e preparo la borsetta. Manca ormai qualche minuto alla chiusura.

Un distinto giovanotto bussa alla porta. Accidenti!
‘Il cliente prima di tutto’: suole ripetermi il principale quando mi capita qualche cliente un po’ più difficile.

Adesso mi toccherà ritardare la chiusura, se poi sono così fortunata da trovare l’indeciso sarò costretta ad tornare a casa col solito ritardo.

‘Il cliente prima di tutto’ ripeto tra me e me premendo il pulsante di apertura della porta. Peccato che sarò io e non il principale a tornare a casa tardi! Uffa!

Il giovanotto chiude la porta dietro di lui e si avvicina al bancone. Ha l’aspetto curato, gli occhi scuri, uno sguardo intenso, a tratti magnetico. Spero la sua gentilezza sia proporzionale alla bellezza.

‘In cosa posso esserle utile’ ‘ gli dico facendo il solito sorriso di circostanza.

Lui mi guarda dritto negli occhi con un’espressione molto seria: ‘Metti le mani in vista sul bancone, lentamente. Se provi a muovere un solo dito, a dare l’allarme o a gridare, stasera ci rimetti le penne!’

Le sue parole mi gelano, un brivido di paura sale su per la mia schiena. Ha appena finito di poggiare sul bancone una pistola. Faccio un lungo sospiro, tento di mantenere la calma. Poi muovo lentamente le mani e le lascio cadere sul bancone. Comincio a tremare dalla paura.

La sua voce si è addolcita un po’: ‘Bene. Adesso indicami dove stanno i pulsanti per abbassare la serranda e la centralina delle telecamere a circuito chiuso’

‘Di’dietro le mie sp..spalle’: balbetto terrorizzata.

Lui si sposta lentamente, passa dietro al bancone e infine raggiunge il piccolo armadietto che si trova dietro di me.
Lo sento armeggiare, potrei reagire, ma ho troppa paura che finisca male. Passano pochi istanti e vedo scendere davanti ai miei occhi la serranda del negozio.

Adesso siamo chiusi dentro: sono in balia di un pazzo armato di pistola da cui non potrò fuggire. Sento che sta per cominciare un lungo incubo da cui forse non ne uscirò viva. Chiudo gli occhi e trattengo il respiro per recuperare un po di sangue freddo: in fondo il ragazzo vuole solo un po’ di gioielli ‘ penso ‘ siamo coperti dall’assicurazione per cui mi basterà accontentarlo e presto sarà tutto finito.

Un forte ‘crac’ mi riporta alla realtà: il giovanotto ha appena messo fuori uso le telecamere a circuito chiuso. Di male in peggio: se non ne uscirò viva nessuno saprà mai cosa è successo da questo momento in poi.

Il ragazzo si gira verso di me e da dietro mi sussurra: ‘Brava, vedo che sai essere docile”

Quelle parole, quel tono’tutto mi suona strano, colgo un lieve doppio senso che mi fa pensare al peggio. Provo a non pensarci, faccio finta di nulla e continuo a rimanere immobile mentre sento il cuore che mi sta per esplodere dalla paura.

Ad un tratto sento il suo corpo aderire al mio da dietro. Quello che prima era un terribile pensiero forse diventerà un’atroce realtà.

‘Sai che sei davvero bella” ‘ mi sussurra ad un’orecchio facendomi rabbrividire ‘ ”il tuo capo dovrebbe pagarti bene solo per il fascino del tuo visino”

Nella confusione del momento le sue parole sembrano quasi senza senso. La mia mente è in preda alla confusione, terrorizzata all’idea di essere nelle mani di uno sconosciuto, armato di pistola e senza via di fuga.

Una delle sue mani si infila tra le mie gambe spingendo sulla stoffa del mio vestito. Quel gesto improvviso mi fa sobbalzare. Ho gli occhi sbarrati e le mie mani oramai tremano visibilmente.

‘La pr’prego’si pr’prenda quello ch’che vuole’e m’mi lasci and’andare vi’via’ ‘ balbetto mentre sento scendere sulla mia fronte una goccia di sudore.

‘Ma certo che prenderò tutto quello che voglio’ ‘ mi sussurra. Poi si interrompe bruscamente e fa risalire la mano fino al mio sedere facendomi sobbalzare ancora una volta.

‘Anzitutto prenderò la perla del negozio” ‘ riprende ‘ ”poi vedrò se in girò c’è qualcosa che valga almeno un decimo della tua bellezza’

Sono troppo agitata per poter apprezzare questo suo ultimo complimento. L’ossessione di venire violentata per poi essere uccisa mi tormenta al punto da non riuscire a capire più nulla. Un forte ronzio comincia a infastidire le mie orecchie, mentre i battiti del mio cuore sembrano essere così pesanti e decisi da scuotere tutto il mio corpo.

La sua mano scende nuovamente tra le mie gambe per afferrare il bordo del vestito, poi si intrufola sotto la stoffa. Il contatto con la sua pelle mi provoca un ennesimo sobbalzo. Le sue dita cominciano a scorrere sulla mia pelle, mi carezza l’interno coscia risalendo pian piano fino alla mia intimità. La sua mano si blocca a contatto con la stoffa delle mie mutandine.

Oddio! E’ proprio intenzionato ad abusare di me!
Le lacrime cominciano a scorrere sulle mie guance. Piango in silenzio, resto immobile di fronte all’orrore della realtà.

‘La pr’prego, mi lasci andare’non mi faccia questo” ‘ la mia voce è interrotta dai miei singhiozzi

Il ragazzo dietro di me sembra desistere per un attimo. La sua mano ferma tra le mie cosce non accenna a muoversi. Poi il rumore della zip dei pantaloni mi fa perdere ogni speranza.

La sua mano comincia a massaggiare il mio sesso attraverso la stoffa. Provo disgusto ad essere trattata come un giocattolo, ad essere usata da questo delinquente, ma so che non posso sottrarmi da questa tortura. Chiudo gli occhi e cerco di trattenere il pianto. Stringo le mani a pugno, cerco di conficcare le unghie nella mia stessa carne per cercare di spostare l’attenzione da quella mano che mi sta frugando tra le cosce.

Per un attimo sembra che funzioni, ma la mia è un’illusione che dura poco: le dita della sua mano continuano ad insistere sulla mi fessura, scorrono in avanti e indietro provocandomi una crescente eccitazione. Sento che sto cominciandoa bagnarmi e a inzuppare la stoffa. Prego con tutta me stessa perchè il mio assalitore non se ne accorga. Provo una profonda vergogna per quello che mi sta accadendo, per come il mio corpo si sta arrendendo di fronte alle mani di questo porco.

Con l’altra mano mi spinge in avanti: adesso vuole che mi pieghi sul bancone. Non ho altra alternativa. Mi piego lentamente sulle mie braccia singhiozzando e piangendo in silenzio. Con la vista parzialmente annebbiata dalle lacrime vedo le mie mani imbrattare di sangue il bancone. Ho stretto i pugni a tal punto da ferirmi, ma non è bastato a distogliere la mia attenzione dal mio violentatore.

Sento le sue mani scivolare nuovamente sulle cosce per tirarmi su il vestito. Poi le sue dita agganciano l’elastico delle mutandine. Le sento scivolare verso il basso, in pochi istanti l’ultima barriera che proteggeva il mio sesso è caduta sulle mie caviglie. Adesso ha libero accesso alla mia intimità.
Mi accorgo che non è un tipo frettoloso. Vuole godersi ogni istante di questo incubo dal quale io invece vorrei uscire al più presto. Le sue dita non si poggiano subito sulla mia fessura, no. Il giovanotto torna a poggiare la sua mano sulla coscia e comincia un leggero movimento circolare con le dita. Le sue mani risalgono pian piano verso la mia fessura. Il suo tocco mi eccita e mi fa provare una profonda vergogna al tempo stesso.

Alla fine sento il suo tocco sulla mia vulva. Emetto un gemito strozzato mentre sento che il mio violentatore mugola soddisfatto.

‘Vedo che la signora non è indifferente alle mie mani’: mi dice soddisfatto

Le sue parole suonano come dei ceffoni sulla mia faccia trasformando la paura in rabbia.

‘Brutto porco bastardo! Lasciami andare, figlio di puttana!’: sono le parole che ringhio istintivamente

Il click che prepara la pistola allo sparo e il freddo del ferro della canna sulla mia nuca gelano ogni mio movimento e ogni mio pensiero.

‘Non un’altra parola, puttana! Se ci tieni alla tua pellaccia, non un’altra parola! Fino ad ora sono stato anche troppo gentile con te, mia signora commessa e principessina del cazzo! Non costringermi a usare la violenza. Il tuo bel visino da troia potrebbe rimanere accidentalmente sfregiato dal coltellino che porto in tasca’.

Appena terminata la frase lo sento togliere la mano dalle cosce e pochi istanti dopo il rumore della lama che taglia la stoffa riecheggia la stanza. Il giovanotto ha tirato fuori il coltello e ha ridotto in brandelli il mio vestito. Poi la lama del suo coltello si è insinuata tra la mia pelle e la stoffa che da dietro chiude il reggiseno. In pochi istanti anche il reggipetto è andato in brandelli.

Poi un colpo sordo e improvviso. Con un brusco movimento ha conficcato la lama sulla parte di legno del bancone, proprio a pochi centimetri dal mio viso. Vedo ancora la lama che oscilla davanti ai miei occhi. E’ un palese avvertimento: mi conviene abbandonare ogni tentativo di resistenza se voglio sperare di uscire illesa da qui.

La sua mano torna nuovamente tra le mie cosce, le sue dita decise spingono sulla mia vulva penetrando lentamente nella mia fessura. Mi massaggia con i polpastrelli. Il mio sesso è già abbondantemente bagnato e i miei succhi imbrattano in pochi secondi le sue dita. Qualche istante più tardi raggiunge il mio clitoride. Il suo tocco mi fa sussultare. Un’improvvisa vampata avvolge il mio corpo. Mi lascio sfuggire un gemito. La confusione causata dal piacere che mi sta dando e il disgusto di essere usata come un oggetto continuano a farsi la guerra nella mia mente. Vorrei tentare almeno una resistenza passiva, vorrei svenire per non assistere all’oltraggio che questo maniaco sta portando avanti sul mio corpo inerme. Mi ritrovo invece a godere delle sue intime carezze che risvegliano la femmina che c’è in me.

‘Adesso cominciamo a ragionare, troietta!’ ‘ mi dice con disprezzo ‘ ‘Vedo che preferisci il tono autoritario piuttosto che quello gentile’bastava dirlo prima! Hehehehe’

Mi mordo le labbra mentre i suoi polpastrelli continuano imperterriti a torturare il mio clitoride gonfio e sensibile. Una carezza più decisa delle altre è la goccia che fa traboccare il vaso: mi abbandono in un profondo gemito di piacere. Chiudo gli occhi e provo a pensare a qualcos’altro, cerco la fuga almeno con la mente. Ma è tutto inutile.

La sua voce mi riporta alla cruda realtà. Nel tentativo di accentuare la vergogna mi sussurra: ‘Bene, bene’vedo che dietro quell’aria austera da signora di nasconde una lurida vacca vogliosa. Mi piace vedere la tua austerità sciogliersi come neve al sole al tocco della mia mano. Non oso immaginare in cosa ti trasformerai al tocco del mio cazzone voglioso’

Ancora una volta le sue parole suonano come dei potenti ceffoni. Sono troppo debole per reagire. Qualsiasi tentativo di ribellione verrà punito severamente. Non posso scappare da questo mostro che continua a masturbarmi facendomi sentire tremendamente sporca e colpevole.

Improvvisamente toglie la mano dal mio sesso, armeggia dietro di me. Sono troppo confusa per capire cosa stia combinando. Poi un improvviso calore colpisce il mio sesso. Il porco ha deciso di assaporare con la bocca il sapore del mio sesso. Sento la sua lingua frugare nella mia intimità, sfiorare il mio clitoride per poi leccare con avidità gli abbondanti succhi della mia vulva. Il suoi attacchi audaci e sfrontati minano la mia lucidità, cerco di respingere il piacere ma con il passare del tempo, vittima dei suoi perversi massaggi intimi, delle sue avide leccate, mi scopro sempre più vogliosa. Gemo con forza.

Appena finito di leccarmi il mio violentatore si tira nuovamente su. Sento che è arrivato il momento: una leggera pressione sulle grandi labbra mi fa intuire che ha poggiato il suo glande all’ingresso della mia fessura. L’ennesimo disperato tentativo mi fa urlare: ‘Noooooooo, pietaaaaa! Fermati! Lasciami andareeeeeaaaaaaaaaaahhhh’

Vengo sopraffatta da un piacere impetuoso che annulla ogni mia resistenza. Sento il suo membro farsi strada dentro di me, immagino il suo glande paonazzo che viene minuziosamente lubrificato dai miei succhi e massaggiato dalle pareti della mia vagina, sento le mie grandi labbra accogliere e accarezzare delicatamente la pelle del suo sesso. Alla fine di un tempo che mi sembra infinito sento il suo bacino che aderisce alla pelle del mio sedere e i suoi testicoli toccare le mie cosce. E’ fatta. E’ dentro di me. Il mio sesso completamente violato da un maiale bastardo. Io, donna di sani principi morali, umiliata fin dentro l’anima da un malvivente, l’ennesima vittima di un porco bastardo stupratore.

Mentre questo pensiero attraversa la mia mente, lui comincia a muoversi penetrandomi con movimenti lenti ma decisi. Mi arrendo al piacere. Il piacere che provo spinge la mia mente al ricordo del giorno del mio matrimonio, a mio marito che mi porta in braccio in camera da letto, alla mia prima notte d’amore da sposata. Mi ritorna in mente l’immagine di lui che mi fa inginocchiare ai piedi del letto, che mi fa distendere il busto sulle lenzuola impregnate dell’odore dei nostri sessi. Ricordo mio marito che mi prende e mi fa sua per l’ennesima volta, che mi scopa con gli stessi movimenti lenti e decisi di questo sconosciuto. Momenti ormai lontani…ho quasi dimenticato quando è stata l’ultima volta in cui mio marito mi ha posseduta come si deve facendomi raggiungere l’orgasmo.

Ondate di piacere sempre più intenso mi riportano alla realtà, il godimento che provo mi svuota la mente da ogni altro pensiero. I suoi movimenti lenti e precisi si sono trasformati in un qualcosa di più ritmato. Mi sta possedendo con l’ardore di un giovane amante. Le sue mani decise hanno afferrato i miei fianchi mentre il suo pube sbatte con decisione sulle mie natiche. Non ho più scampo da questa spirale di piacere.
I miei gemiti assecondano il ritmo dell’uomo che con una furia ormai animalesca mi schiaffa dentro le viscere la sua verga carnosa.

Poi l’orgasmo, inatteso, prorompente, violento. Perdo il lume della ragione: dietro di me non c’è un usurpatore ma un focoso amante che finalmente mi chiava a dovere. L’istinto mi porta ad incitarlo a sbattermi con maggior vigore. Ho ormai perso ogni ritegno, ogni controllo.

Lo provoco con le parole sperando di avere di più: ‘Scopami! Sbatti la tua troia! Ahhhhh’.più forte’ancora di più! Fammi sentire dentro il tuo cazzone’riempimi tutta’più forte ancora’di più! Ohhhh’.ahhhhh’.Dai frocetto!’.ahhhh’.sii’..E’ tutto qui quello che sai fare?’.Sfondami come si deve, fammi godere’

Mi libero in un secondo orgasmo che trovo più intenso del precedente.
Il mio stallone non accenna a placare la sua furia, continua a pomparmi imperterrito, con una ferocia inaudita. Mi spinge in breve tempo all’apice del piacere per la terza volta.
Sento i muscoli della mia vagina contrarsi al ritmo forsennato del mio scopatore. Delle leggere fitte di dolore all’addome mi fanno rendere conto di quanto siano arrugginiti i miei muscoli, di quanto tempo sia passato dall’ultima volta in cui sono stata presa con così tanto ardore.

Godo ancora una volta, assaporo quel piacere immenso che fino ad oggi era solo un dolce ricordo di gioventù. Sento il mio stupratore gemere mentre un caldo tempore invade le mie viscere.

Oddio!

‘Noooooooooo, non dentrooooooo’ ‘ gli urlo in un attimo di lucidità, sapendo che ormai è troppo tardi. Il porco bastardo sta scaricando dentro il mio ventre fertile il suo seme. Non prendo alcuna precauzione e potrei rimanere incinta!

‘Noooooooooo’ ‘ è il mio ultimo vano e disperato tentativo di fermarlo. Un no privo di fiato che forse avrò sentito solo io.

Lo sento grugnire soddisfatto. I miei no sono un incitamento a pompare le ultime gocce del suo piacere più in fondo possibile, dentro al mio utero.
Un ultimo orgasmo invade il mio corpo, grido con tutto il fiato che ho dentro.

Poi il buio.

Quando riapro gli occhi mi ritrovo su un letto d’ospedale. Mio marito è li accanto a me che aspetta che riprenda conoscenza. Mi sta tenendo la mano ed ha il volto provato.

Prima che io possa aprire bocca la mia mente ritorna indietro a quegli ultimi istanti in negozio. Sono ancora viva, è questo che conta, forse.

La voce preoccupata di mio marito interrompe ogni mio ulteriore pensiero: ‘Come ti senti?’

‘Uhmpffff’potrebbe andare meglio’ ‘ rispondo con un fil di voce.

‘Il dottore ti ha sedata. Quando ti hanno ritrovata nel negozio eri in preda a forti convulsioni”

‘Si…un ragazzo…gli ho aperto…poi…dov’è? Che fine ha fatto?’ ‘ sussurro confusa

‘Lo hanno preso. Era riuscito a scappare, ma non ha avuto il tempo di arrivare in fondo alla strada. E’ stato preso a calci dalla gente e se non fosse stato per l’intervento della polizia l’avrebbero ammazzato come un cane. Tutto finito, amore.’

…continua Queste le immagini di quanto è accaduto tanto tempo fa: ricordo il processo, l’accusa di rapina a mano armata, violenza carnale e tentato omicidio. Gli avvocati usarono le ferite che mi ero procurata alle mani e il coltello conficcato sul bancone per sostenere che il delinquente aveva tentato di tagliarmi i polsi per lasciarmi morire dissanguata. Non mi fu chiesto di testimoniare, le poche immagini delle telecamere a circuito chiuso, lo stato in cui ero stata ritrovata e la refurtiva nelle tasche del malvivente erano state prove sufficienti a convincere tutti della sua colpevolezza.

Dopo aver assistito in silenzio alla condanna di quell’uomo ero tornata a casa per una lunga convalescenza fatta di sedativi e psicologi. Da quel giorno non ero più riuscita a fare l’amore con mio marito, il solo pensiero di un rapporto carnale mi faceva provare ribrezzo. Ben presto mio marito si era reso conto che mi aveva persa per sempre. Malgrado fosse stato sempre un marito attento e fedele si era accorto che la mia mente lo rifiutava.

Con il passare dei giorni la confusione e la depressione avevano cominciato ad abbandonare la mia mente riportando la mia esistenza sempre più vicina a una vita normale.

Dopo quell’ultimo orgasmo il mio corpo sembrava essersi definitivamente assopito. Se inizialmente avevo provato repulsione per il sesso opposto e in particolare per mio marito, adesso invece rimanevo indifferente anche di fronte agli uomini più belli e affascinanti. Trattavo tutti con estremo distacco.

Avevo voluto riprendere a lavorare nella stessa gioielleria sebbene lo psicologo mi avesse sconsigliato di ritornare sul luogo ove avevo subito quel profondo e doloroso trauma. La vita sembrava scorrere normale. Giorno dopo giorno riacquistavo la serenità che sembrava avessi perduto per sempre.

Poi una sera, rimasta sola a chiudere il negozio, proprio nel momento in cui spengo le prime luci del negozio il flash indietro nel tempo. Guardando il bancone rivivo la scena di me seminuda piegata sul bancone, del mio assalitore che mi prende da dietro. Sento i gemiti di me stessa e mi eccito. Dopo tanto tempo sento delle piccole contrazioni al ventre. La mia mano scende meccanicamente tra le gambe alla ricerca del mio sesso. Le parole volgari e violente che quell’uomo ha riservato a me riecheggiano nella mia mente e mi fanno bagnare. Mi poggio alla parete mentre le mie dita cominciano a massaggiare freneticamente il mio sesso. Chiudo gli occhi mi lascio assalire dal ricordo degli orgasmi di quella sera. Gemo di piacere. Sento le gambe mancarmi. Mi accovaccio lentamente sul pavimento mentre le mie dita tormentano il clitoride eccitato. Vengo. Mi lascio trascinare in un orgasmo fantastico mentre nella mia mente continuano a ripetersi le immagini di quell’uomo che mi prende in modo animalesco, che mi urla quanto sono troia.

Riprendo fiato lentamente. Mi rendo conto che non riuscirò mai a cancellare il piacere provato durante quei momenti. E mentre il mio matrimonio è ormai andato in frantumi, scopro una parte di me che continua a desiderare quel maschio deciso e violento che mi ha fatto sentire una femmina calda e vogliosa dopo tanto tempo.

Dopo quella sera le immagini di quell’amplesso mi si ripropongono in modo sempre più ossessivo, costringendomi a rifugiarmi in qualche stanza per masturbarmi furiosamente. Dopo alcuni giorni la masturbazione e il conseguente orgasmo cominciano a non soddisfarmi più. La voglia di essere posseduta con la stessa violenza della sera della rapina, il desiderio di tornare ad essere la preda quell’uomo diventa un’ossessione.

E così eccomi qui, nella sala di attesa del carcere ove lui è rinchiuso in attesa di poter parlare con lui. Non so come sia riuscita ad ottenere la possibilità di rivedere il mio carnefice.
Sono confusa. Non ho la più pallida idea di come comportarmi. Continuo a chiedermi se quello che sto facendo sia la cosa giusta, combattuta tra la voglia di rivedere il suo viso e quella di scappare

Non so se il carcere lo possa aver cambiato, se si è pentito per quello che mi ha fatto, se nel momento in cui lo vedrò proverà a chiedermi perdono. Mi chiedo se si è trasformato in una pecora mansueta, se desidera ancora rendermi una femmina sottomessa e appagata o peggio, voglia vendicarsi.

Lo scatto della serratura mi riporta alla realtà: una guardia mi attende per scortarmi nella stanza dove incontrerò quell’uomo che ormai non so più come definire. Dopo aver percorso un dedalo di corridoi e aver superato una serie infinita di cancelli entro in una stanza dalle pareti bianche. Un neon illumina la scrivania con due sedie. Di fronte a me un’altra porta chiusa.

La guardia mi chiede ancora una volta se voglio davvero rimanere da sola con lui. Le mie parole lo rassicurano: ‘so quello che sto facendo’.

Menzogna, atroce menzogna! Il mio cuore sta battendo all’impazzata, nella mia mente regna la confusione. La paura di rivederlo, di quello che potrebbe accadere, il desiderio di farmi sottomettere ancora una volta è solo una infinitesima parte delle sensazioni che provo.

La porta dietro di me si chiude. Mi siedo su una delle sedie, poggio le braccia sulla scrivania, stringo le mani e chiudo gli occhi. Sento la porta di fronte a me che si apre, apro gli occhi e finalmente vedo comparire dopo tanto quell’uomo che era stato capace di sconvolgere la mia vita.

Mentre la guardia chiude la porta alle sue spalle lo vedo avvicinarsi alla scrivania. Si siede e comincia a fissarmi.

‘Ciao” è l’unica parola che riesce ad uscire dalla mia bocca.

Lui distoglie lo sguardo per un’istante, sgignazza e poi torna a fissarmi.
‘Ciao? Dopo tutto quello che è successo sai dire solo ciao?’

‘Io”: e quello che riesco a balbettare prima di venire interrotta dalla sua voce.

‘Cosa vuoi ancora da me? Non ti è bastato farmi ingabbiare? Vorresti distruggermi con il rimorso venendomi a visitare periodicamente? COSA VUOI?’ ‘ la rabbia nella sua voce mi terrorizza.

‘Ecco io’.’ ‘ questa volta sono io che non riesco ad andare avanti.

Lui resta a fissarmi in attesa di una mia frase di senso compiuto. Poi mi sussurra: ‘Tu cosa?’
‘Fammi capire, bella signora, sei qui per chiedermi scusa per le menzogne sul tentato omicicio? Sei qui per raccontarmi che non hai testimoniato per paura che si venisse a sapere che la santarellina violentata era invece una troia infoiata e vogliosa?’

Eccole li, le sue parole taglienti, quegli schiaffi che ora come allora ritornano a percuotemi.
Non reagisco. Non ne sono più capace. Resto in silenzio mentre sento il ventre contrarsi. Stringo un po’ le cosce e mi rendo conto che una sottile eccitazione sta cominciando a invadere il mio corpo. Ho paura di essere tradita dal mio stesso sguardo. Provo a distogliere gli occhi dal suo viso.

‘Ahhhhh’adesso capisco’ ‘ mi dice improvvisamente. Poi con una mano mi afferra il mento costringendomi a guardarlo ancora una volta. ‘ ‘Sei tornata per dirmi che ti è piaciuto.’

Sbarro gli occhi per la paura, mentre il mio ventre si contrae ancora una volta. Eccitazione e paura, una miscela indescrivibile che mi blocca su quella sedia rendendomi inerme di fronte a lui. Provo ad abbassare lo sguardo e a fuggire con la mente.

‘Guardami in faccia quando ti parlo!’E adesso apri quella boccuccia da puttana e dimmi una volta per tutte perchè sei qui.’ ‘ mi dice con tono autoritario.

Non mi rendo più conto di quello che faccio: mentre la mia mente è ancora in preda alla confusione sento il mio corpo si muoversi come un automa. Mi alzo lentamente, lascio cadere a terra la borsetta e mi muovo verso un lato del tavolo. Poggio i polsi sul tavolo e piego lentamente il busto in avanti riprendendo la stessa posizione di quella sera.

Mio Dio! Sono impazzita! Che sto facendo?

Il mio non può essere un invito più esplicito. Lui si alza senza batter ciglio e si posiziona dietro di me. Le sue mani cominciano ad accarezzare il mio sedere, scendono verso l’orlo della gonna e la tirano su.

‘Mmmmm’vedo che sei già su di giri mio bel troione!’ ‘ mi dice con tono eccitato, mentre le sue mani sono già sulle mie mutandine ‘ ”fammi capire bene’ti sei pisciata addosso o la tua sorca vogliosa desidera essere riempita di carne’

Mugolo rapita dal suo tocco quasi magico e dalla violenza delle sue parole. Mi sento tornare indietro nel tempo e rivivere quella serata. Le sue dita afferrano l’elastico delle mutandine e le fanno scivolare giù per le mie gambe fino alle caviglie. Il mio respiro si è fatto pesante. Chiudo gli occhi pregustando il piacere che adesso le sue mani mi regaleranno.

Ma mi sbaglio. Questa volta ha deciso di andare subito al sodo e dopo aver abbassato un i pantaloni mi penetra con la stessa lentezza e decisione di allora. Sento il suo sesso che viola ancora una volta la mia carne. Sono in estasi. Godo e mugolo di piacere mentre comincia il suo lento andirivieni dentro di me.

‘Porca’non ho parole! Mi butti dentro con l’accusa di stupro, mi rovini per sempre la vita per poi tornare a piantarmi davanti la faccia la tua sorca sbrodolante!’ ‘ il suo tono volgare e autoritario mi eccita ancora di più.

I miei mugolii diventano gemiti strozzati.

Improvvisamente si blocca. ‘Che cazzo urli! Ti rendi conto di dove ci troviamo? Lo sai che se cominci ad urlare non uscirò mai più da qui?’

‘Uhmmmm’scusa, scusa, scusa” ‘ miagolo confusa

‘Scusa un cazzo!’ ‘ mi dice con tono arrogante. Poi esce da me, si piega per afferrare le mie mutandine strappandomele dalle caviglie. Poi allunga una mano fino al mio viso e me le ficca in bocca con forza.

‘Ecco qua’adesso che abbiamo messo il bavaglio al troione riprendiamo la monta!’ ‘ ancora una volta riprende a percuotermi con il suo tono autoritario, mentre il suo sesso torna a penetrarmi vigorosamente.

In breve tempo l’amplesso diventa furioso proprio come quella volta. Mi sento letteralmente spaccata, aperta in due da una forza brutale. Vorrei urlargli e incitarlo a fottermi con più forza, ma il mio amante sa bene cosa fare.

Le sue mani stringono i miei fianchi con forza. Chiudo gli occhi e mi abbandono al piacere immenso. Sento il tavolo cigolare al ritmo forsennato del mio amante, il suo bacino schiaffeggia con violenza il mio sedere. Dentro di me un vulcano pronto ad esplodere.

Poi l’apice del piacere, violento e sconvolgente.
I muscoli del mio sesso si contraggono in modo spasmodico attorno alla sua asta. Lo mungo con decisione.
La sua risposta non tarda ad arrivare.
Lo sento venire. Gode dentro di me, adesso come allora, pompando il suo seme dritto al mio utero. Il suo orgasmo mi trascina e mi spinge a godere ancora una volta.

Poi si piega lentamente su di me, sento il suo busto sopra il mio. Respiriamo affannosamente.

‘Non riesco più a fare a meno di te” ‘ gli confesso ormai esausta

‘Se stai dicendo sul serio allora vedi di parlare con un buon avvocato per farmi dare i domiciliari, ti sbatterò a dovere anche quattro volte al giorno’

L’epilogo lo lascio immaginare a voi.

Per fare quattro chiacchiere: evoman@libero.it
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