Anna sapeva però che avrebbe dovuto necessariamente affrontare il fatto che l’aveva vista copulare col figlio minore; per tutta la giornata, Arthur non fece parola con lei e si comportò con molta regolarità; solo, di tanto in tanto, approfittava di qualsiasi occasione per una carezza, un bacetto, un gesto d’amore; lei era un po’ frastornata: si aspettava un dialogo aspro e franco; si trovava oggetto di amorose attenzioni che forse dichiaravano solo che ambedue i figli avevano capito fino in fondo le sue difficoltà di rapporto col marito; a sera, però verso le dieci, quando di solito lui andava via perché si occupava solo o prevalentemente della parte amministrativa, stranamente chiese a suo padre se Anna dovesse stare fino a notte o se andava via con lui; William ebbe un attimo di incertezza perché di solito andavano via insieme alla fine della serata (a notte fonda, praticamente): pensando però che avrebbe potuto essere stata Anna a richiederlo per un suo improvviso malessere, gli disse di portarla via tanto Alex una volta tanto poteva lavorare di più; Arthur portò alla madre la borsa e la invitò ad uscire, sottobraccio a lui; Anna era sempre più sorpresa e, appena fuori dalla portata degli altri, chiese.
“Hai visto tutto, vero?”
“Certo; vi ho anche tenuto cordone per impedire che altri potessero vedere: non te ne sei resa conto?”
“Cosa devo pensare?”
“Solo che tuo marito è così tonto che meriterebbe le corna vere: visto che invece hai fatto sesso, per così dire, in famiglia, non vedo proprio cosa dovrei pensare se non essere felice per aver visto personalmente come godevate.”
“Con Alex non ho fatto sesso: è stato l’amore che è tracimato dal materno al fisico!”
“Vuoi dire che ami tanto mio fratello da essere stata spinta a fare l’amore con lui? E io chi sono, il figlio della serva?”
“ Ma che diavolo dici? Io vi amo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutto il mio corpo!!!!”
“A lui però lo hai dimostrato: ho visto con quanto trasporto gli hai dato il meglio del tuo corpo!!!!!!”
“Ma cosa dici? Io darei anche a te, senza nessuna esitazione, tutto quello che una femmina, non una mamma bada: una femmina, ti può dare; anzi ti darei molto di più, anche quello che nessuna ti potrà mai dare!”
“Anche adesso?”
“Sono le dieci; tuo padre non rientra prima delle due: tu cosa riesci, normalmente, a fare con una donna in quattro ore?”
“Posso chiederti come si è comportato Alex?”
“In quattro ore, mi ha posseduto, con orgasmo, cinque volte; per il resto del tempo il suo sesso non si è staccato mai dal mio corpo: ti basta come risposta?”
“Cosa gli hai concesso?”
“Sei geloso?”
“Un poco, si”
“Gli ho concesso tutto quello che si può concedere; gli ho chiesto di non penetrarmi analmente, ma mi sono impegnata a farmi sverginare il didietro da lui, quando potremo.”
“Non hai mai dato il sedere?”
“Si, qualche volta a tuo padre; ma non c’è confronto tra la dotazione di tuo fratello e quella di tuo padre; se Alex mi rompe lo sfintere, poi sarà evidente; tuo padre è passato quasi indenne.”
“Ho visto che mio fratello ha un arnese bello grosso: quindi, se lo concedi adesso a me, lui poi non se ne accorgerà quando ti sventrerà.”
“Ti prego di non essere volgare e stupido: questo giochino valeva quando eravate piccoli: ‘a chi vuoi più bene, mamma’? Se veramente stai dicendo che vuoi fare l’amore con me, perché veramente mi ami e non per gareggiare con tuo fratello, sappi ch ti amo quanto e forse più di quanto amo lui; se mi vuoi, se il tuo attaccamento è diventato davvero passione, facciamo tutto l’amore che vuoi e non stiamo a guardare i calibri. Io ti amo, come figlio e come uomo; se anche tu te la senti, andiamo subito a fare l’amore e lascia perdere le fisime.”
“Scusami, mamma: è vero, sto parlando per gelosia, senza riflettere; ti amo come mia madre ma ti desidero come donna, non puoi immaginare neppure lontanamente quanto; è una vita che la gelosia mi consuma, quando vedo gli sguardi degli altri uomini, a cominciare da quelli del ristorante, poggiarsi sul tuo corpo meraviglioso che io adoro: è difficile e forse anche inutile spiegarti che ho finito per odiare papà, quando mi sono accorto di come soffrivi perché ti trascurava e quanto avrei voluto prendere il suo posto per amarti fino a consumarmi dentro di te.”
“Arthur, come faccio, invece, a spiegarti io, che mi fai rinascere con queste dichiarazioni? Io ti amo, io ho bisogno di essere amata; io voglio possedere il tuo corpo che è nato da me e voglio che tu mi possieda come se ti riprendessi l’utero da cui sei stato generato. Andiamo a casa e facciamo l’amore; fammene fare tanto, fino a consumare me, con il tuo sesso. Ti voglio, adesso, ti voglio con tutta me stessa.”
Erano ancora in strada e lui si limitò a prenderla sottobraccio e ne approfittò immediatamente per palparle un seno: Anna vide il pantalone gonfiarsi; sentì i capezzoli che premevano contro il reggiseno e le facevano quasi male.
“Accarezzami un seno, infila una mano nel reggiseno, ho bisogno di sentire la tua pelle sulla mia libidine: mi stanno scoppiando i capezzoli.”
Il giovane la spinse in un angolo buio, le infilò una mano nella camicetta e prese a strofinarle un capezzolo; infilò l’altra sotto la gonna, tra le cosce, e le titillò la vulva; prese tra le dita immediatamente il clitoride e Anna dovette trattenere un urlo, tanto rapido ed immediato fu l’orgasmo che le procurò.
“Tesoro, ti giuro che mi stai facendo scoppiare; portami in casa e prendimi, subito; ho una voglia di te che non mi trattengo più; se stiamo ancora qui mi faccio possedere in piedi, davanti a questo negozio!”
Arrivarono a casa; chiusa la porta, Arthur la guidò dolcemente verso la camera grande, le tolse la giacca e le sbottonò la camicetta: Anna si affidava completamente a questo amore improvviso, imprevisto, sconvolgente; sbottonò la camicia anche a lui e passò voluttuosamente le mani sul petto villoso, sui muscoli tesi e forti, le fece scendere verso il pantalone e slacciò la cintura; lui intanto le aveva tolto camicetta e reggiseno e si era impossessato delle tette che pastrugnava ed impastava con grande libidine; poi si attaccò ad un capezzolo e cominciò a succhiarlo vigorosamente; lei venne aggredita letteralmente da brividi di emozione e godette allo spasimo, infilò una mano nel pantalone ancora chiuso e andò ad afferrare la verga; lui la favorì aprendo la lampo e abbassando l’indumento fino alle caviglie: Anna si trovò di fronte ad un fallo di media dimensione, poco più grande di quello di William ma certamente lontano dalla dimensione extra di quello di Alex; la masturbazione le riuscì agevole e dolcissima, abituata com’era a suo marito; ma lo accarezzava con grande voluttà e sentiva di amarlo profondamente, perché era ‘suo’, molto più di quello di suo marito.
Arthur fu molto più dolce di suo fratello: limonare con lui significava immergersi in una dimensione decisamente fuori della realtà, viaggiare in uno strano paradiso di dolcezza: Anna si spiegava ora perché suo figlio fosse noto come un amante pregevole e ricercato: abbandonarsi alle sue carezze significava entrare in una dimensione altra; si liberò in fretta dei vestiti: voleva sentirlo fino in fondo, perdersi nel suo mondo di piacere delicato e affascinante; si adattò immediatamente anche lei e continuò la sua lenta e succosa masturbazione cercando di stimolare tutte le vene, i rigonfiamenti, le pieghe del sesso; volle provarlo in bocca, perché sapeva per esperienza che lo poteva ingoiare tutto e dargli degli spasimi di orgasmo che non avrebbe dimenticato: lo spinse quasi a forza sul letto e lo liberò degli abiti, lo fece stendere e si fiondò sul’asta che svettava.
Cominciò a succhiarlo metodicamente dalla punta, leccando, suggendo, mordicchiando: ogni volta che la sua iniziativa partiva, il giovane aveva dei brividi di piacere intenso e faceva sentire che godeva, moltissimo, e che era felice di starsene in bocca a quella donna che amava e che adesso non era più sua madre ma una femmina meravigliosa che faceva l’amore come un angelo: non riusciva assolutamente a capire come e perché suo padre avesse raffreddato l’interesse per una bocca così calda, accogliente, sapiente; per due capezzoli che era una gioia palpare, sfregare, titillare e soprattutto succhiare come un poppante; per un sedere disegnato da un architetto divino che aveva raggiunto nelle sue curve il sublime; quando riuscì a farla montare sopra, con la vulva sulla sua bocca, non poté fare a meno di eccitarsi di fronte al boschetto che era adorabile, grufolò con amore tra le grandi e le piccole labbra e, conquistato il clitoride, fermò la fellazione e si dedicò al bottoncino: gli urli che le strappava mentre le succhiava la vulva e le titillava il clitoride vennero frenati solo dal fatto che Anna aveva ancora il sesso profondamente piantato nella bocca, fino all’ugola: aveva solo fermato la manovra di leccare asta e cappella mentre le stavano in bocca.
Lei cominciò a temere che quei ritmi di Arthur potessero creare problemi, se fossero andati oltre l’ora di ritorno del’altro figlio e del marito; interruppe di colpo sia la fellatio che il cunnilinguo e chiese perentoriamente al giovane di penetrarla, perché voleva sentirlo dentro di sé; il figlio capì che il tempo era tiranno e si spostò per andare a collocarsi fra le ginocchia di Anna; lei lo fermò ancora una volta e gli chiese quasi a bruciapelo.
“Riesci a recuperare rapidamente?”
“Perché, Anna?”
“Non hai detto che vuoi la mia ‘quasi verginità’ anale? Se eiaculi nella vagina, credi di riuscire a riprenderti e violarmi l’ano prima che i due tornino dal lavoro?”
“Anna, tu pensa ai tuoi ritmi, visto che non sei una giovincella; io mi occupo dei miei. Ti assicuro che mi prenderò tutto di te, stasera; e puoi anche star certa che non penso di rubare niente a nessuno, né a mio padre che non merita una femmina come te né a mio fratello che avrà comunque il piacere di spaccarti, ma solo dopo che io avrò deliziato il tuo meraviglioso lato b con tutta la mia gioia, la mia allegria, il piacere che so e voglio darti. Ce la faremo; ti farò felice, vedrai.”
“Tesoro mio, felice lo sono già; ho già intravisto fette di paradiso; sto meravigliosamente con te e aspetto solo di sentirti dentro di me.”
Quando Arthur cominciò a fare sul serio, Anna si trovò a scoprire un modo di fare l’amore che neppure avrebbe mai potuto immaginare: lo sentì distendersi sul suo corpo come la glassa che ricopre una torta; a mano a mano che lui faceva aderire il corpo al suo, avvertiva uno sciogliersi dentro che la faceva compenetrare totalmente in lui, sentiva quasi di appartenergli, di essere insieme una sola cosa; quando lui accostò il pene alla vagina, sentì che grondava desiderio da ogni fibra del sesso, avvertiva con dolcezza l’avanzare lento, delizioso di lui nel suo corpo: non era una penetrazione, ma forse addirittura una compenetrazione dei corpi che la faceva sentire al tempo stesso padrona di quel giovane uomo che si immedesimava in lei e, a sua volta, s’accorgeva di essere dominata da una passione insana che mai avrebbe sospettato; quando poi si mosse a copulare, lo fece con una leggerezza che disarmava; si sentì quasi obbligata a sussurrargli.
“Ti prego, fammi sentire che mi possiedi; amami con tutta la passione che ti suggerisce il cuore.”
Lui cominciò a muoversi con forza, ma sempre con la stessa dolce eleganza; Anna avvertiva gli orgasmi che le scoppiavano dentro e la facevano impazzire, in attesa di quello finale, nel quale tutto il suo desiderio sarebbe esploso in un solo colpo; quando avvertì che quel momento si avvicinava, glielo disse in un sussurro e Arthur iniziò un balletto finale fino all’eiaculazione che accompagnò con sussurri d’amore che la colpirono al cuore ed urlò tutta la sua felicità per l’orgasmo che le stava scoppiando nel corpo, in tutto il corpo, dal cervello alla vagina; le sembrò davvero di vedere un paradiso indescrivibile in cui si perdevano tutti i problemi del reale e restava solo un’infinita dolcezza; non poté impedirsi di sussurrargli ancora.
“Come sei dolce, tesoro mio; che meraviglia essere amata da te; ti amo alla follia, ti voglio sempre dentro di me!”
Lui si limitò a scivolare giù dal suo corpo e Anna si girò a carezzargli il petto muscoloso, il ventre morbido e carezzevole, evitando di toccare il sesso barzotto che cercava di riprendersi dal godimento finale che lo aveva comunque svuotato; Arthur a sua volta cominciò a baciare tutto il corpo della donna amata e la accarezzò con le labbra delicate tutta, dalla radice dei capelli alle dita dei piedi; lei allora si accostò al sesso che riposava e riprese a leccarlo tutto assaporando i suoi stessi umori che vi erano rimasti impigliati insieme a tracce di sperma che vi stazionavano: sentì che riprendeva vigore e, dopo qualche minuto di dolce carezza, si ritrovò di nuovo l’asta rigida tra le labbra: la fece penetrare nella bocca e la succhiò a lungo.
“Ti va se provo il tuo desideratissimo lato B?
“Tesoro, voglio tutto quello che vuoi; fai tutto quello che ti piace e fammi provare ancora le gioie del paradiso del sesso: non sai quanta gioia mi hai dato.”
Lui si allontanò per andare in bagno; tornò con un tubetto di vaselina e lei lo guardò con amore: l’idea di sentirsi violata dietro, di nuovo, ma questa volta da un uomo che amava profondamente da madre ma ancor più, adesso, da donna, la faceva impazzire; pensò che voleva vedere, materialmente, questa nuova penetrazione e gli chiese se si poteva fare; Arthur la rassicurò, la fece spostare sul bordo del letto, col sedere al limite, le sollevò le gambe fino a farle arrivare sulla testa e lei si trovò scosciata davanti a lui, completamente aperta: vide che si abbassava; per qualche minuto, minuziosamente, dolcemente, delicatamente, lui le leccò il buchetto finché lei stessa si rese conto che era disponibile a qualunque penetrazione, anche violenta; poi il giovane le spalmò sull’ano la vaselina e con un dito ne infilò anche nel canale rettale: lei guardava ammirata la dolce premura di lui e sentiva sciogliersi tutte le membra; lui si alzò di nuovo in piedi, le prese le gambe, accostò la cappella all’ano e le sorrise pieno di dolcezza; spinse con continuità e tenerezza; lei sentì l’asta entrare progressivamente, solo con un impercettibile fastidio che accettava con amore: intanto, lo guardava negli occhi come faceva lui e sentiva di amarlo alla follia; quando sentì l’osso pubico picchiare sulla vulva capì che l’aveva penetrata fino in fondo, senza quasi farle sentire il nuovo ingombro; lui le sussurrò più volte, a fior di labbra, un ‘ti amo’ dolcissimo e cominciò a cavalcarla; godette come una matta mentre sentiva il membro scivolare nel suo retto e si sentì piena, invasa fino allo stomaco dall’amore del giovane; quando lui le esplose dentro il suo piacere, anche lei avvertì un orgasmo tutto nuovo, che partiva dall’ano e non dalla vagina; forse urlò d’amore ma neppure se ne rese conto; lui si abbassò a baciarla e lei sollevò con sforzo la testa per ricambiare il gesto affettuoso.
Poi lui, lentamente e con tutta l’attenzione possibile, si ritirò fino ad uscire e le tamponò l’ano con una salvietta che aveva preso nel bagno; Anna poggiò i piedi a terra e si precipitò a scaricare nel water lo sperma che conservava abbondante nell’utero e nell’intestino; si lavò soprattutto per rinfrescare le parti violentate da un amore sicuramente delicato e dolce ma comunque robusto e forte; quando tornò ad abbracciarlo sul letto, stettero lunghi minuti a baciarsi i silenzio, con passione infinita.
“Adesso sei veramente tutta mia, non solo la mia mamma adorata ma anche il mio amore infinito e la mia donna. Non sai quanto ti amo!”
“Sei tu che neppure immagini che gioia sia stata per me sentirmi completamente tua: una cosa è amare un figlio per avere vissuto con lui tutta la vita; un’altra è concedere ad un uomo tutto l’amore, tutta la passione di cui posso essere capace come donna; io l’ho fatto, in piena coscienza, con tutta la libidine del mondo; non me ne pento e sono pronta a ripetere con te queste ore di piacere puro, ogni volta che potremo, ogni volta che vorremo, finché tu mi vorrai.”
Si era fatto comunque tardi e i tempi stringevano: Anna non avrebbe mai smesso di amare quel viso amato, quel corpo desiderato con tutte le fibre; ma dovette rassegnarsi a dirgli di andare nella loro camera, per evitare che William li sorprendesse in pieno amplesso: gli espose anche i suoi dubbi sulle reazioni del padre e Arthur convenne che forse qualcosa ci poteva essere nell’atteggiamento vagamente cuckold di suo padre: l’odore di sesso che sicuramente sarebbe rimasto a lungo sul corpo; la dolcezza dei tratti che sembravano essersi distesi dopo l’amore certamente erano visibili a chiunque e forse, chissà, il marito leggeva in quella vicenda un modo per riavvicinarsi alla moglie; lasciarono cadere l’argomento e lui andò nella sua stanza, dopo avere raccolto gli abiti sparsi in giro per la camera; Anna raccolse le sue cose, si rimise a letto e, come le era già capitato con Alex, si tenne a lungo le mani strette sulla vulva quasi ad impedire che tutto il piacere scivolasse via, ora che lui non c’era.
Quando, dopo le due e mezza, rientrarono il casa William e suo figlio, ambedue si trovarono in un’atmosfera strana, quasi rarefatta, dove odori, atteggiamenti, disposizione delle cose suggerivano, chissà perché, che qualcosa era avvenuto; Alex, che aveva vissuto quella situazione, colse immediatamente che anche suo fratello aveva fatto l’amore con la loro madre: era riconosciuto come tombeur de femmes e grande amatore, niente di strano quindi se fosse riuscito a concupire una donna nel pieno della maturità, insoddisfatta della sua vita e soprattutto del marito, e le avesse fatto vivere qualche ora di pura delizia: non sentiva gelosia, forse solo complicità e sperava proprio che lui capisse quando lo vide sornione e gli chiese a bruciapelo se avesse fatto l’amore con la loro madre; Arthur, che sapeva benissimo dell’esperienza fatta dal fratello gli obiettò che a lui nessuno aveva detto niente anche se l’aveva visto coi suoi occhi possedere la loro madre a pecorina nel bagno; finirono in risata e qualcosa cominciò a farsi largo nella mente più aperta e sbilanciata di Arthur.
“Che diresti se ti proponessi, una volta, di farlo insieme?”
Alex sbarrò gli occhi.
“Insieme? Intendi contemporaneamente? Mah … si può?”
“Certo che si può: immaginati che tu la possiedi in vagina, a pecorina e, dall’altro lato, lei mi succhia l’uccello. Quanto credi che farebbe felice nostra madre sentirsi posseduta contemporaneamente da noi due? Quanto credi che potremmo godere guardandoci fare l’amore con la stessa donna, e non una qualsiasi ma nostra madre, senza stupide gelosie o gare a chi fa meglio?”
“Credi che lei accetterebbe di vivere una storia così estrema?”
“Alex, lo sai che di donne me ne intendo, specialmente di quelle che sono apertamente e quasi sempre ingiustamente trascurate nella loro vita coniugale?”
“Cosa vuoi dire?”
“Che io sono certo che mamma è tornata a splendere da quando si è convinta a fare l’amore, prima con te e poi con me: papà l’aveva esasperata, la faceva sentire vecchia, relegata ad un ruolo di operaia nel ristorante; se le proponiamo di darle piacere, gioia di vita e amore contemporaneamente, calda e focosa com’è, sono sicuro che ci accoglie con tutta se stessa.”
“Io ci sto e sono certo che un lunedì sera, se vado via con lei e tu sei già a casa, abbiamo margine per fare sentire a mamma tutto l’amore immenso che abbiamo per lei, di iniettarglielo nel corpo attraverso il sesso e portarla per un poco in paradiso.”
“Sono perfettamente d’accordo: la avvisiamo prima o le facciamo una sorpresa e ci presentiamo da lei insieme, pronti ad amarla?”
“Io sarei per la sorpresa: ci ama tanto che ne proverà solo gioia.”
Detto, fatto; il lunedì sera Arthur era già a casa perché lavorava poco nel ristorante e si occupava dell’amministrazione; Alex denunciò un fantomatico forte mal di testa forse da cattiva digestione e si avviò, sottobraccio a sua madre, verso casa; lungo il cammino, la prese sottobraccio ma solo per far scivolare la mano sul seno; Anna lo fulminò con lo sguardo.
“Ricordati che a casa c’è tuo fratello; non puoi sperare di ripetere la serata che abbiamo vissuto.”
“Si; e tu non dimenticare che quando succederà mi devi la verginità del tuo lato B.”
“Non lo dimentico: comunque è una ‘quasi verginità’: non ti illudere di essere il primo in assoluto; tu forse addirittura mi farai male, con la tua mazza enorme; ma qualcosa già l’ho fatta!”
Erano arrivati a casa e Anna si diresse verso il bagno per prepararsi per la notte, Alex andò nella sua camera dove lo attendeva il fratello; quando lei uscì dal bagno e si diresse ala camera, era comunque spettacolarmente bella, nonostante la mancanza di trucco e l’aria vagamente trasandata; la sua camicia da notte era assolutamente decorativa perché lasciava vedere tutto il suo corpo statuario e cadeva in un attimo lasciandola nuda; salì sul letto, tentò di leggere qualche pagina da un libro che teneva lì da mesi, poi lo richiuse e si dedicò alle sue fantasticherie; se chiudeva gli occhi, si vedeva davanti i suoi figli nudi, belli come cherubini, coi sessi duri da impazzire;la sua mano corse alla vulva e cominciò ad accarezzarla con intenzione; chiuse gli occhi più forte e si abbandonò alla visione dei suoi giovani amanti nudi; un leggero rumore la costrinse ad aprire gli occhi e si li vide davvero lì davanti, in carne ed ossa ma soprattutto nudi e col sesso ben ritto.
“Ragazzi, che diavolo state facendo?”
Fu Alex a rispondere.
“Abbiamo deciso di chiudere il cerchio, Anna; se è vero - come è decisamente vero - che ci amiamo profondamente tutti e tre, senza veli e senza limiti, allora è giusto che almeno una volta siamo insieme tutti e tre ad amarci. Sei d’accordo?”
Si limitò a sfilare la camicia da notte, ad aprire le braccia ed invitarli da lei; Alex, come al solito più eccitato, si fiondò sulla vulva e cominciò a brucare nel vello scuro di sua madre, alla ricerca del clitoride perché voleva farla subito godere; Arthur si precipitò a baciarla e a dare il via ad una ‘battaglia delle lingue’ che risultò per Anna quasi letale: tra il piccolo che le procurava continui brividi succhiandole tutto l’apparato, dalle grandi labbra alle piccole fino al clitoride già molto duro, e il grande che la riempieva d’amore con un bacio appassionatissimo e, intanto, le manipolava le tette con sapienti tocchi alle mammelle, alle aureole e soprattutto ai capezzoli anch’essi duri per l’eccitazione, i suoi orgasmi si fecero incessanti e continui finché squirtò decisamente in bocca ad Alex che ingoiò devotamente emozioni, umori e tracce di urina; si fermarono perché la vedevano boccheggiare con lo sguardo felice perso nel vuoto; a quel punto, Arthur avanzò la sua proposta.
“So che avete deciso che in questa occasione Alex si prenderà la verginità del lato B; visto che la dimensione della sua mazza promette un’azione lunga e dolorosa ma anche meravigliosa, vi disturba se chiedo di entrare con voi nel rito, assistendo o collaborando se fosse necessario, per godermi questo momento che, come so benissimo, è unico e meraviglioso?”
Alex accettò con entusiasmo; Anna invece si ribellò.
“Avevo detto a questo ragazzino che mi sarei preparata prima, sono convinto che sporcheremo tutto … “
“Anna, amore nostro, non ti fasciare la testa: se non sei sicura della tua pulizia, nessun problema; al massimo, vi sporcherete o ci sporcheremo alquanto; poi basterà lavarci, ma non puoi rinunciare ad un momento meraviglioso, se lo desideri!”
“Maledetto tesoro mio (per evitare confusioni, tu sei il mio tesoro e lui il mio amore: non per differenziare, badate; solo per intenderci meglio), io voglio Alex nel mio corpo, nel mio intestino e non ho paura del suo fallo: lo voglio fino allo stomaco; mi da un po’ di fastidio l’idea di sporcare in giro; ma se siete convinti, allora possiedimi analmente e tu non guardare solo: ricordati che mentre mi violenta ho bisogno di essere amata, di essere baciata e forse di essere messa a tacere dal tuo fallo da succhiare; su, prendi quello che serve e godiamoci l’amore, tutto l’amore del mondo!”
Arthur andò nel bagno a prendere salviette e vaselina; Alex intanto l’aveva messa carponi al centro del letto; si era abbassato dietro di lei col viso contro le natiche ed aveva cominciato a leccare con gusto e con metodo: partiva dal monte di venere e attraversava tutta la vulva, dando colpetti di lingua al clitoride e succhiandolo con gusto; quando incontrava l’ingresso alla vagina, faceva sprofondare la sua lingua lunga e dolce provocando dolci brividi; attraversava il perineo e raggiungeva l’ano che leccava in ogni singola grinza: ‘sono diciassette’, disse scherzosamente, mentre infilava la lingua nell’ano sollecitando nuovi fremiti; ricominciava poi da capo e lei andava fuori di testa per le continue sollecitazioni del sesso tutto; quando tornò Arthur, quasi per fare una prova generale, si andò a sedere davanti a lei presentando alla bocca il sesso duro come un palo: lo ingoiò quasi tutto, d’un sol colpo, e mosse la testa a copulare in bocca; lui la fermò, si spostò dietro e infilò nell’ano un dito che lei sentì nettamente; lubrificò coi suoi umori le altre dita e ne infilò due, a saggiare la resistenza dello sfintere; girò in tondo per abituarla all’intrusione; quando le dita furono tre e si muovevano liberamente, invitò a spostarsi suo fratello, che continuava a leccare le grinze dell’ano; fece scorrere il gel dal tubo della vaselina e con le stesse dita la distribuì nel canale rettale: lei non sentì quasi il movimento della mano.
Si fece da parte e invitò Alex a violare il retto; il ragazzo quasi timidamente accostò l’enorme cappella all’ano e cominciò a spingere; Anna invitò suo fratello ad andare da lei per offrirle il fallo da succhiare; la spinta di Alex era continua e decisa: lei spingeva come per andare di corpo, per favorire la dilatazione, e sentiva il mostro che entrava lentamente e progressivamente; quasi morse il pene di Arthur che teneva in bocca, quando sentì lo sfintere forzato in maniera assolutamente innaturale e costretto a far passare una mazza dallo spessore inusitato; si fermarono tutti e due, forse su indicazione del maggiore; e lei ebbe tempo per rilassare i muscoli e adattarsi all’ingombro mai subìto; quando si sentì rilassata, spinse indietro il sedere per indicare di riprendere; Alex spinse e, di colpo, la mazza fu tutta nell’intestino, perché lo sfintere aveva ceduto: soffocò sul fallo del maggiore l’urlo disumano che le era sfuggito e fece cenno di fermarsi un attimo, poi li invitò a riprendere; mentre il piccolo pompava con energia e con enorme desiderio, lei si dedicò alla fellatio e strappò al grande gemiti continui di piacere; l’orgasmo colse tutti e tre pronti a goderne e gemettero ed urlarono insieme mentre lei avvertiva nella gola la sferzata del primo spruzzo di sperma di Arthur e nel retto il caldo intenso di quella di Alex: era al settimo cielo; era la prima volta che faceva sesso doppio e l’aveva fatto coi figli, coi suoi amori.
Fu la prima cosa che disse ai ragazzi quando, delicatamente e con garbo, Alex sfilò il suo mostro dal retto; Arthur si precipitò con le salviette a pulire l’ano e le natiche dalle tracce che erano rimaste della penetrazione molto, forse troppo profonda e il piccolo fece la stessa cosa col suo sesso, uscito molto sporco dall’intestino; tamponandosi il sedere per evitare perdite di sperma, Anna si precipitò nella doccia e si lavò tutta la parte bassa del corpo; Alex si sedette sul bidet e provvide alle sue pulizie; tornarono sul letto, lei sdraiata al centro e Arthur al suo fianco; il piccolo si andò a sdraiare dall’altra parte: dopo che si furono rilassati alquanto, si guardarono come incerti sul da fare.
“Arthur, tu hai certamente più esperienza e fantasia di noi. Cosa ci proponi di fare?”
“Se abbiamo deciso di fare l’amore insieme, la prima cosa, la più semplice è di prenderti contemporaneamente: già l’abbiamo fatto in pratica, perché io ho goduto nella tua bocca e lui nel tuo retto; se te la senti, possiamo provare la doppia vagina - retto.”
Lei e il piccolo si guardarono e annuirono insieme, allora il grande invitò Alex a sdraiarsi al centro del letto, supino, con la mazza bella ritta; invitò Anna a montargli sopra, ‘a smorzacandela’ precisa; lei lo fece e sprofondò quasi nel ventre del ragazzo facendosi penetrare il sesso fino alla testa dell’utero: cominciò a godere immediatamente per le sollecitazioni di quel’asta che poco prima le deliziava l’ano ed ora le riempiva di piacere la vagina; Arthur la spinse con la testa fino a portarla a baciare Alex: in questo modo il sedere spinto in alto fu tutto esposto e l’ano, che recava ancora le tracce evidenti della violenza, si aprì invitante; Arthur accostò la cappella e penetrò lentamente nell’intestino: Anna si sentì esplodere nel ventre, nel cuore, nella testa, nell’amore tutti i fuochi d’artificio possibili, vide luci psichedeliche danzarle negli occhi e sentì le farfalle svolazzare per lo stomaco: la goduria era indicibile, gli orgasmi erano continui e più volte arrivò quello forte; i ragazzi si muovevano all’unisono, armonizzandosi istintivamente e copulando in vagina e nel retto con immensa goduria; Anna si sentiva piena di tutto, ma soprattutto dell’amore dei suoi figli che ora teneva catturati nel suo corpo, fisicamente; avrebbe voluto che la sensazione di amore assoluto non finisse mai; ma gli orgasmi contemporanei arrivarono a farli esplodere, urlare e godere come mai più avrebbero potuto nella vita e lei si sentì inondare dal loro seme.
Si abbandonarono spossati in un mucchio informe: Alex, per fortuna, era abbastanza forte da reggere il peso degli altri due abbandonati come corpi morti; poi Arthur, con molta attenzione, si sfilò dall’ano martoriato, Anna si alzò dal sesso barzotto e si stesero di nuovo sul letto tutti e tre.
“Ragazzi, non so voi, ma io ho la mia età e queste due tornate sono state veramente enormi; vi voglio; sono stata immensamente felice e voglio esserlo ancora, se è possibile per molto tempo. So che prima o poi troverete la donna per voi e ve ne andrete; ma fino a quel momento vorrei che vi sentiste completamente miei, che mi amaste come l’unica donna al mondo e, quando sarà possibile, che ci amiamo così, liberamente, serenamente, pacificamente, come un corpo solo in tre entità.”
Alex era sempre il più entusiasta.
“Anna, qualunque succeda, dovessi avere cento mogli e mille figli, io tornerò spesso dalla mia prima amante, io non smetterò di amarti perché mi sarò impegnato con altre: se tu mi accetterai, sarò il tuo amante segreto per tutta la vita.”
Anna lo baciò dolcemente sulla testa e non ebbe bisogno di parlare; Arthur fu più prudente.
“Potrà anche essere come temi tu; ma io sono abituato ai tradimenti abituali: tutti i mariti della città hanno corna mie; se però devo scegliere un’amante irrinunciabile, insostituibile, quella sei e resterai tu: sono stato uno stupido a non accorgermi prima che avevi bisogno di me, del mio amore, della mia passione come io desideravo al di sopra di ogni cosa te, il tuo corpo, il tuo amore, la tua passione; se è necessario, nascondimi nell’armadio; ma non chiedermi di lasciarti o di non amarti più.”
“Vi amo, figli miei; vi ho sempre amato come madre; da qualche settimana so di avere voglia anche vostro corpo, della vostra anima ma anche del vostro sesso. Spero che questa nostra favola bella non finisca mai!”
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