Anche ad Ellicot City, come in tutti i posti del mondo, fiorivano le leggende urbane nate per lo più da dicerie popolari che assumevano il valore di verità storiche: in quel caso, la più diffusa era quella che riguardava un edificio posto sulla collina che sovrastava la città, imponente nella sua struttura classica, assai suggestivo per la posizione e curato nell’arredamento; per la gente del posto era la ‘casa degli spiriti’ e Laura, sorella di Anna, si impegnò molto ad approfondire il tema finché arrivò al fondamento della leggenda urbana: pare che a metà Ottocento, in quella casa abitasse la signora Gabriella … seconda moglie di un noto avvocato di Baltimora, noto per la sua estrema gelosia e per una capacità sottilissima di vendicarsi delle offese; la donna, madre di 5 cinque figli, di cui solo uno maschio, eludendo la stretta sorveglianza del marito, pare che si fosse perdutamente innamorata del suo unico figlio e che, travolta dalla passione, avesse commesso con lui incesto; venutone a conoscenza, il marito fece ammazzare il figlio mascherando il delitto come incidente e costrinse la moglie, messa a corrente della sua spietata vendetta, a vivere in quella casa fino alla morte, venti anni dopo; da allora, per la casa pare si aggirasse lo spirito della ‘signora’, un bel fantasma dagli abiti di velo bianco, e talvolta anche quello del suo carnefice, ovviamente vestito di nero.
Laura accolse il racconto con molte riserve: non aveva alcuna disposizione verso i racconti del sovrannaturale e le interessava molto, invece, il prezzo stracciato a cui si era arrivati a proporre per la casa da cui tutti si tenevano lontani; sfruttando alcuni risparmi che aveva messo insieme, decise di acquistare l’edificio e di andarvi ad abitare: trasferì in soffitta solo i quadri appesi in corridoio, i ritratti dei coniugi protagonisti della leggenda urbana, e vi si sistemò col figlio Samuele, di ventiquattro anni, e col marito Robert di venti anni più anziano di lei ed ormai al di là del bene e del male, per quello che riguardava l’attività sessuale; in compenso, era molto bravo negli affari e guidava con determinazione il ristorante che avevano preso in gestione le due sorelle e i due cognati, insieme; Laura, che non aveva nemmeno un pallida idea dei rapporti incestuosi di Anna coi figli, avvertì sua sorella della scelta e del prossimo trasloco: nonostante i borbottii di protesta del marito, in quattro e quattr’otto si trasferirono, nella sorpresa generale della gente, e per i primi tempi non ebbero motivo di ricredersi su quella che consideravano solo una fantasia popolare cresciuta come verità.
Laura però soffriva molto di ‘solitudine affettiva’, visto che il marito non voleva e non poteva darle niente di quel che la sua età, la sua natura calda e la lunghissima astinenza l‘avevano portato a desiderare; per di più, vivendo praticamente tra ristorante e casa in collina, non aveva molte occasioni per dare sfogo al suo desiderio di comunicare con qualcuno ed era costretta a subire la tacita gelosia di suo marito che, senza darlo a vedere, la controllava assai da vicino; quando ne parlò con la sorella Anna, in uno dei rari momento di confidenza tra sorelle, si sentì dare un suggerimento che le apparve strano, ma su cui rifletté poi a lungo: ‘perché cerchi fuori quello che potresti trovare anche dentro casa?’; la sua attenzione si spostò sul figlio Samuel che, a ventiquattro anni, si era fatto ormai un uomo solidamente piantato, forte, bello e, a giudicare dal rigonfiamento nei pantaloni, anche assai ben dotato, che non guastava; l’idea di concupirlo si fece strada nella sua mente e presto divenne un pensiero continuo, quasi ossessivo.
Si ritrovava molto spesso a masturbarsi pensando di fare sesso con Samuel, specialmente la sera, fino a notte tarda, quando Robert le ronfava serafico accanto, nel letto; lei invece si sentiva presa dalle Erinni e desiderava ad ogni costo sentirsi violentata dal sesso enorme di suo figlio che aveva anche spiato qualche volta, per rendersi conto che effettivamente era molto ben dotato e si masturbava spesso, soprattutto in bagno dove sua madre aveva preso a spiarlo dal buco della serratura ogni volta che aveva sentore che stesse andando a sfogarsi; quel che non sapeva (e non poteva ancora sapere) era che suo figlio si masturbava proprio pensando a lei, anzi usando il suo intimo recuperato dalla cesta dei panni sporchi, per favorire la sua eccitazione e l’orgasmo che era sempre copioso, violento e soprattutto ampiamente goduto; la volta che Laura scoprì che uno slip usato che aveva deposto nella cesta vuota non c’era più, fu presa da un sospetto: ritrovò l’indumento, l’indomani mattina, nelle lenzuola del letto di suo figlio: ed era totalmente impregnato di un liquido viscoso che, al sapore, era decisamente sperma; intuì allora che, forse, la sua passione inconfessabile era parallela a quella di suo figlio per lei e ipotizzò che il suo desiderio potesse prendere corpo.
Il momento della giornata in cui amava moltissimo masturbarsi, era il pomeriggio inoltrato quando suo marito e suo figlio erano già al ristorante, intenti a preparare per la sera; lei si godeva in solitudine il grande letto in cui dormiva col marito: si sdraiava tutta spalancata, braccia e cosce, al centro del letto; sollevava la gonna (o abbassava i pantaloni, a seconda dell’abbigliamento del giorno); entrava nelle mutande, di lato o abbassandole del tutto; si infilava due dita in vagina e lasciava partire la fantasia: il sogno ricorrente era quello di Samuel che entrava; la sorprendeva in quell’atteggiamento lascivo; le montava addosso immediatamente; la penetrava quasi con violenza fino a farle dolere l’utero per la grossezza inusitata del pene; poi eiaculava in lei con gusto; subito dopo, si profondeva in carezze e coccole capaci di stordirla e di mandarla nel paradiso di allah a ricevere tutti gli eroi caduti, per riempirli d’amore.
In quei momenti staccava la spina dalla realtà e si lanciava in un mondo tutto suo, rosa d’amore e di piacere, dove perdersi coi suoi sogni di sesso soddisfatto, di vita recuperata, di amore riempito fino all’orlo: non era raro che in questi momenti strane visioni le apparissero, evocate dal suo stesso desiderio; la più frequente e nitida era, naturalmente, quella del fallo di Samuel, ritto in tutta la sua potenza e desideroso di essere abilmente manipolato, carezzato con amore e portato all’orgasmo con molto amore; nelle sue fantasticherie, lo accoglieva sempre con la massima delicatezza, a due mani, data la dimensione extra, ma con un appetito sessuale da spaventare un mandrillo; spesso lo accostava alla bocca e quasi sentiva la consistenza di seta della cappella che giocava con le labbra e con la lingua; a sua volta, passava la lingua sulla cappella tutta, si soffermava sul frenulo che faceva esaltare di eccitazione e sul meato urinario dove lo riteneva più sensibile: nei suoi vaneggiamenti, almeno un paio di volte sentì lo spruzzo dello sperma sparato più volte contro il palato e persino contro l’ugola.
Quel pomeriggio Laura si sentiva particolarmente eccitata e non appena appoggiò la mano sul pube, prima ancora di infilare un dito, sentì scoppiarsi in testa colori e suoni mai percepiti, segno che la sua libidine era alle stelle e che quella sarebbe stata la più bella masturbazione di tutta la vita; si passò la mano voluttuosamente sul monte di venere e vibrò ad ogni piccola fitta di piacere che le procurava la carezza, sfregò per un momento il clitoride e credette di impazzire dal piacere: immediatamente le apparve il sesso di Samuel in tutto il suo splendore e lei non perse tempo, spalancò le cosce e quasi se lo sentì fisicamente penetrare in vagina; ma improvvisamente si rese conto che era solo la sua immaginazione e si raffreddò di colpo, invasa da un desiderio ora irrefrenabile di sesso: si ricordò di qualcosa che aveva sentito in una conversazione tra donne, andò in cucina prelevò il cetriolo più grosso che trovò in frigo, lo scaldò a lungo tra le mani, lo lavò a lungo, tornò a letto e se lo infilò lentamente e quasi dolorosamente nella vagina rorida di umori; si possedette a lungo con quello, ogni volta rinviando l’orgasmo per prolungare il piacere.
All’improvviso, la vide; la ‘dama bianca’ era proprio lì, davanti a lei, corpo vivo e non fantasma come dicevano e sembrava che le parlasse: ‘continua’ sembrava dire ‘non ti arrendere, non farti dominare dagli altri, amati’ e Laura picchiava duro sulla vagina martoriata, spingeva l’ortaggio fino ad urtare con violenza la testa dell’utero, procurandosi dolore che si trasformava in nuova eccitazione; vide la dama che si toccava il ventre in un gesto casto, da sopra i veli, ma profondamente allusivo, in quella situazione in cui lei si avvicinava ad un orgasmo iperstellare; credette quasi di poterle parlare come a persona viva e le chiese se doveva concupire suo figlio Samuel; la dama sembrò fare spallucce come a dire ‘io l’ho fatto e le conseguenze non mi fanno pentire’: sicuramente era il suo subconscio che le dettava le risposte, ma Laura ne fu felice, immaginò di nuovo il sesso di suo figlio ed esplose in un orgasmo mai avuto uguale.
Quella sera fu particolarmente vivace e allegra, Laura, mentre lavorava con gli altri al ristorante: a tutti dispensava sorrisi, facezie, coccole, dolcezze; ma era soprattutto a Samuel che non smetteva di riservare carezze spesso anche ardite che avevano l’effetto di eccitare il ragazzo come una droga, al punto che il pantalone si gonfiava vistosamente, segno di un’eccitazione irrefrenabile; Laura lo vide allontanarsi verso la zona dei servizi, intuì che andava a masturbarsi e la sua decisione scattò in un attimo; lo seguì da vicino, entrarono insieme nell’antibagno e lei gli chiese a bruciapelo.
“Sam, amore di mamma, stai andando a masturbarti?”
Lui abbassò lo sguardo, arrossì e fece segno di si con la testa.
“Amore, non ti piacerebbe se fossi io a fartelo? Io ne sarei felice!”
L’aveva detto, finalmente; e non era più possibile tirarsi indietro.
“Sarei io che toccherei il cielo con un dito!”
Non ci fu bisogno di dire altro: lo guidò nel bagno delle donne, scelse una cabina e vi si rifugiarono; Laura impiegò un niente ad aprire il pantalone e a tirare fuori l’uccello del suo ‘bambino’, un mostro da oltre venti centimetri che due mani quasi non contenevano.
“Che meraviglia hai qui, amore; quanto lo vorrei sentire dappertutto!”
“Mamma, vuoi dire che tu … che io … che lo faresti con me?”
“Intendi l’amore? Chiaro che lo farei, anche qui, anche adesso, se ci fossero il tempo e l’agio; ma per ora posso e voglio solo sentirti godere nelle mie mani; poi vedremo … “
Mentre cominciava la masturbazione, che le dava più piacere di quanto lei ne dava a lui, Laura si sbottonò la camicetta e suo figlio colse l’invito: infilò la mano e si impossessò di una tetta meravigliosa, carnosa, sensuale, ancora ben eretta e dura; carezzò lievemente l’aureola e si attaccò al capezzolo sfregandolo fra le dita: lei si sentì colpire come da frustate di piacere in tutto il corpo ed ebbe rapidi e dolci orgasmi; accentuò il movimento della mano che masturbava e sperò che eiaculasse presto, prima che qualcuna avesse bisogno del bagno e creasse situazioni improponibili; anche Samuel si rendeva conto della situazione e le chiese timidamente se lei ce la faceva a venire rapidamente; Laura lo rassicurò e lui si lasciò andare ad un orgasmo che non aveva mai vissuto; mentre si ricomponevano, lui con aria ansiosa le chiese se era riuscita a godere; sua madre gli consigliò di non toccarle la vulva se non voleva farsi allagare dal suo orgasmo; risero insieme, con amore; si scambiarono un leggero bacio sulle labbra e tornarono in sala; sul percorso di rientro, lei ebbe modo di sussurrargli che aspettava con gioia il momento di fare l’amore con il suo bel giovanotto.
Proprio quella sera, ironia della sorte, mentre a fine giornata stavano seduti a prendere fiato tutti insieme, suo padre ebbe la pessima idea di chiedere a Samuel se avesse una ragazza; lui disse di no e, quando gli chiesero come facesse per i suoi bisogni, suo zio, perversamente, accennò alla masturbazione col movimento della mano; suo cugino minore, Alex, lo guardò con complicità e gli fece cenno con la mano di ignorarli; ma Samuel ebbe la prontezza di ribattere.
“Quando farò l’amore, sarà con la donna migliore del mondo, con la più bella, con quella che è degna di essere amata al di sopra di ogni cosa!”
Arthur, il cugino maggiore, gli batté la mano sulla spalla e si congratulò.
“Hai detto benissimo: è una cosa assai importante ed è giusto che tu faccia l’esperienza con una donna che meriti il tuo amore, non con la prima che capita.”
La frase zittì tutti, ma Laura sentì il petto gonfiarsi d’amore e la vagina contrarsi in uno spasmo di piacere; solo sua sorella Anna credette di intuire qualcosa ma non proferì verbo.
Il pomeriggio seguente, quasi rispettando un calendario di impegni, Laura si distese sul letto, sollevò la gonna, abbassò lo slip e cominciò a toccarsi con gioia: aveva ancora nelle mani la sensazione del manganello di Samuel che le scorreva nella masturbazione ed era felice; le apparve la dama (o credette di vederla), le sorrise e le accennò un largo si con la testa; Laura capì il messaggio e accelerò la manipolazione sul clitoride: esplose con un urlo in un orgasmo sovrumano, invocando il suo Sam nel delirio dell’orgasmo; la dama accennò ad un saluto con la mano e sparì.
Venne finalmente il giorno atteso a lungo: Robert dovette incaricarsi di certi rifornimenti, dovette andare via per due giorni (notte compresa) e affidò sua moglie al figlio: ‘raccomanda le pecore al lupo!’ gongolò tra se Laura; ma stette zitta e atteggiò il viso a mestizia, per essere in linea con l’idea della moglie lasciata sola dal marito; era giorno di chiusura, per il ristorante; non dovettero neppure preoccuparsi di andare al lavoro e si precipitarono in camera frenetici come ragazzi al primo appuntamento: e lo erano; per molti versi: per la prima volta avevano la possibilità di dichiarare, di dimostrarsi e di rendere concreto il loro amore: questo non poteva che renderli euforici.
Laura accolse Samuele in un abbraccio che non ricordava di avere mai dato a nessuno; mentre lo stringeva a se e ne palpava tutto il corpo, ansiosa di goderne ogni parte, ogni muscolo, ogni fibra, trovò il modo di sussurrargli.
“Sam, in questi momenti ti prego di non chiamarmi mai mamma: mi sentirei troppo in colpa ed in peccato; quando facciamo l’amore, per te voglio essere semplicemente Laura.”
“Non è vero: tu non sei solo Laura; sei anche il mio unico, grande, immenso amore, quella dalla quale voglio prendere ed alla quale voglio dare tutto l’amore del mondo.”
In risposta lei lo baciò sulla bocca con una passione da lui mai sentita; quando lei spinse le labbra con la lingua, le aprì e si lasciò penetrare nella bocca, in cui lei espresse il desiderio di anni di repressione, di una voglia tenuta segreta a lungo, di un desiderio smodato che trovava sfogo in questo giovane amante che l’adorava; giocò con lui a succhiare la lingua come un pene e lo invitò a gesti a fare altrettanto: copularono con le lingue fin quasi allo sfinimento, mentre lei sentiva l’asta crescerle tra le gambe e andare a sollecitarle la vulva; infilò la mano tra i due corpi ed adattò tra le cosce il membro vibrante per farsi stimolare il clitoride; in un angolo, vide (o credette d vedere) la dama bianca che con una mano tra le cosce, da sopra ai veli, si masturbava con gusto alzando gli occhi al cielo per la goduria.
Si dedicò poi a Samuel e cominciò a spogliarlo, a partire dalla camicia per portare alla luce il petto forte, segnato da una tartaruga frutto di vita all’aperto, di esercizio fisico, di lavoro quotidiano e non di esercizi in palestra; baciò devotamente ogni tratto del corpo forte e amatissimo, lo carezzò in ogni punto; lo riempì di piccoli baci, eccitantissimi, dalla radice dei capelli attraverso tutto il viso che conosceva a menadito, che amava alla follia, finché giunse sulla bocca e se ne impossessò di nuovo scatenando ancora la sua libidine nel leccarlo in tutta la cavità, per scivolare poi fuori, sul viso, fin sulle scapole e sulla gola; scese verso il petto e succhiò a lungo i capezzoli facendolo rabbrividire: sentiva il membro fra le cosce fremere e gonfiarsi all’infinito mentre lo baciava con tutto l’amore di una donna appassionata e desiderosa di provare piacere.
Samuele dimostrò subito di cogliere le indicazioni e di farle sue: iniziò lui a spogliare Laura; le sfilò senza problemi la camicetta e armeggiò un poco col gancio del reggiseno; quando cadde, si vide esplodere sul viso due mammelle meravigliose, carnose, abbondanti ma ancora erette come fusi; le prese una per mano e le manipolò a lungo, accarezzando, strizzando fino a far male talvolta, impastando, pastrugnando, preso da una libidine irresistibile; guidato da lei abbassò la testa a leccarle, a succhiarle, prima sulla parte carnosa poi sull’aureola e infine sul capezzolo che, sollecitato da Laura, succhiò a lungo; passato all’altra tetta, fece lo stesso e la sentì molte volte fremere e godere: ormai il suo sesso avvertiva il calore della sua vulva eccitata attraverso lo slip e la gonna di lei e il pantalone suo: sentiva che dal pube di lei partiva un calore d’amore che esplodeva in lui come libidine pura; desiderò possederla immediatamente; ma lei voleva goderselo, questo amore nuovo, imprevisto, forse anche proibito ma tanto, tanto intenso.
Infatti, seduta sul bordo del letto, abbassò i pantaloni fino alla caviglia: lui li scalciò via; poi prese i boxer per l’elastico e li abbassò lentamente, quasi celebrasse un rito sacro: il fallo emerse con difficoltà, finché non balzò all’esterno e le batté quasi sul viso; sfilò di colpo le mutande e afferrò l’asta con le due mani: l’aveva già masturbato e sapeva bene quale emozione potesse darle; ma si sorprese, quando appoggiò la lingua sulla punta della cappella, raccolse la goccia di precum e sentì il sapore di suo figlio: le parve quasi di andare fuori di testa e, istintivamente quasi, aprì la bocca e fece affondare fino all’ugola; Samuel era troppo eccitato per resistere e le scaricò in gola, all’improvviso, un primo violento orgasmo, denso, ricco, saporito; Laura ingoiò tutto devotamente, perché stava riprendendosi in bocca quello che aveva prodotto dall’utero, si stava riprendendo il figlio che era una sua protesi fuori di sé; quando sentì che l’asta perdeva vigore perché si andava svuotando, allentò la presa delle labbra, lo lasciò sfilare e ingoiò tutto quello che aveva in bocca; lui si chinò e la baciò intensamente, con profondo amore.
Lei si abbandonò distesa sul letto e lasciò che lui le sfilasse dai piedi la gonna e lo slip, portando alla luce la sua vulva che Samuel si fermò ad ammirare incantato; istintivamente, si abbassò a baciare delicatamente il monte di venere; Laura gli prese con forza la testa e la guidò alla vulva, lasciando che lui capisse da solo che doveva leccare le grandi labbra e farle provare brividi di piacere; poi guidò ancora un poco la testa e si fece leccare accuratamente le piccole labbra; ‘usa anche le mani’ gli suggerì in un soffio e Samuel capì che doveva, contemporaneamente, leccare e titillare, succhiare ed entrare con le dita, aprire e mordicchiare; quando cominciò a succhiare il clitoride, lei gli bloccò la testa e la tenne ferma finché lui, deliziandola, la fece godere fino in fondo.
A quel punto, Laura non ne poteva più.
“Voglio che mi penetri fino in fondo; ti voglio dentro di me!”
Samuel non sapeva da dove cominciare; lei lo capì e lo guidò amorosamente: si stese aperta al centro del letto, sollevò le ginocchia e si aprì a lui completamente scosciata, lo invitò a inginocchiarsi fra le cosce, prese il sesso e lo guidò alla vagina: un colpo e lui fu dentro, troppo violentemente; un urlo e lui si bloccò; Laura lo carezzò sulla testa e lo guidò a muoversi lentamente, gli passò le gambe intorno al corpo, aderendo tutta a lui, e con piccoli movimenti gli indicò come cavalcarla; Samuel capì immediatamente e, quasi per istinto, copulò con voglia, con passione, con amore, con dedizione; quando sentì che stava per avere un orgasmo, si fermò un attimo e chiese con lo sguardo cosa fare; ‘vai fino in fondo’ suggerì lei e i due esplosero in un orgasmo che li lasciò senza fiato, senza forze, completamente svuotati nell’amore; Laura ebbe la sensazione che, dall’angolo, la dama bianca applaudisse apertamente e visibilmente felice.
Da quel momento, tra i due fu un tripudio di sesso e d’amore: Laura, che aveva sentito parlare della penetrazione anale ma non l’aveva mai praticata col marito (unico uomo della sua vita, prima di Samuel), chiese a suo figlio di prendersi quella verginità che gli spettava, non come figlio ma come primo ed unico vero grande amore della sua vita; usarono tutte le cure e tutte le precauzioni, stettero attenti ad ogni passaggio; ma, alla fine, nonostante la mole del sesso di lui, la violazione ci fu: Laura ebbe qualche attimo di dolore vero, ma accettò tutto con l’amore che quella storia meritava; Samuel si sentiva quasi colpevole di avere inferto alla sua amatissima mamma, al suo grande amore, un dolore fisico imprevisto; ma si sentì compensato dalla passione, dall’affetto, dalla gioia con cui ambedue vivevano quel momento così particolare, così entusiasmante come la perdita della verginità residua che lei dava al suo grande amore.
Passarono a letto tutto il giorno e la notte, senza stancarsi di sesso, di passione, di amore; Laura non si meravigliava tanto di Samuel, un giovane torello di ventiquattro anni che per la prima volta conosceva i piaceri del sesso e vi si buttava a corpo morto; a meravigliare era invece decisamente la sua capacità di tenergli testa: per una donna di oltre cinquant’anni e in qualche modo ormai vicina alla menopausa, non particolarmente forte nel fisico, un tour de force come quello poteva presentare molti rischi o per lo, meno incidere sul fisico; ma alla fine si accorse che stava perfettamente, forse per l’entusiasmo che sin dal primo momento aveva messo in quella scelta; forse per il tempo lunghissimo nel quale suo marito l’aveva ridotta a continue masturbazioni lasciando intatto il desiderio e la passione; forse perché si era scoperta profondamente innamorata; soprattutto perché si era in qualche modo controllata riducendo di molto i suoi orgasmi, mentre quelli di Samuel non era riuscita più a contarli: durante tutto il tempo, aveva avuto sempre, continuamente, il suo sesso dentro o sopra il suo corpo, in un buco o sulla pelle; lei invece era esplosa quattro o cinque volte in orgasmi distruttivi, svuotanti; per lo più aveva cercato di godere meravigliosamente e tiepidamente; qualunque fosse stata la ragione, sapeva di stare bene e di essere felice
“Sam, amore mio, ti rendi conto che oggi tuo padre rientra e che il nostro bengodi deve finire? Sai che stasera dobbiamo lavorare al ristorante: come credi che faremo?”
“Laura, io per ora sono il tuo amante e spero di essere il tuo preferito; quando tornerà tuo marito, rientreremo nei ranghi ma cercherò comunque di averti quante volte sarà possibile: fino a quando saremo soli, voglio solo prendere e dare amore: se non ti va, dimmelo. Per quanto riguarda il lavoro, saremo acciaccati, ma non da buttare; al massimo, ci inventeremo che abbiamo mangiato tutti e due qualcosa di guasto, senza accorgercene, e che non siamo in forma per quello.”
“Senti, stupido amore mio; io ti voglio sempre: sono ventiquattrore che, fisicamente, materialmente, non ti stacchi dal mio corpo; ed io sono tutt’altro che stanca di sentirmi tua, di sentirti mio; bella trovata quella dell’indigestione: andrà bene anche per tuo padre quando si accorgerà che sono distrutta, ma lui non sa che è stato il nostro amore.”
Continuarono ad amarsi, più serenamente, per tutta la mattinata; dopo pranzo, al posto della solita masturbazione, Laura si concesse col suo giovane amante un amplesso distruttivo, di quelli che lasciano il segno su tutto il corpo, e lo amò come se fosse l’ultimo giorno della loro vita; nel tardo pomeriggio, entrando al ristorante, lessero sulle facce di tutti la meraviglia per la loro condizione; Laura confusamente balbettò che avevano preso qualcosa di scaduto dal frigo ed erano stati male; suo cognato non aveva nessun interesse a dubitare, ma sua sorella la guardò con aria di sfida: sorrideva, però, ironicamente; forse aveva capito tutto, ma a lei non interessava; Alex ed Arthur si avvicinarono al cugino e, con la scusa di consolarlo, gli fecero intendere che avevano capito e che erano complici e solidali; suo marito, che arrivò qualche ora dopo, si preoccupò che ora stessero bene e si lanciò a descrivere il materiale acquistato; tutto tornò lentamente alla normalità, anche quella dei due amanti che si dicevano il loro amore con gli sguardi, coi gesti, coi corpi tutti.
Qualche giorno dopo, Robert avvertì che in soffitta un evento assai strano aveva fatto cadere sui ritratti dei vecchi padroni un oggetto pesante che aveva sfondato le tele; poiché le cornici erano già rovinate, aveva chiamato gli addetti per farle portare alla discarica dove erano finiti.
Laura capì che la dama bianca se n’era andata, forse pacificata, col suo carnefice definitivamente sconfitto.
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