Al risveglio ti trovo lì accanto, raccolta in posizione fetale, con le ginocchia tirate sullo stomaco e le braccia che quasi coprono il volto.
Davanti a me, la curva perfetta della schiena; e la ammiro a lungo, prima di osare toccarla.
I capelli sparsi sul cuscino disegnano una coda orgogliosa di pavone; li sposto in tutte le direzioni per ammirare i disegni che costruiscono.
Poi temo che ti svegli e mi rimproveri perché tocco i tuoi capelli morbidi come seta, perché non ti sei ancora fatta lo shampoo e non vuoi che si tocchino quando sono ‘sporchi’.
Poi carezzo la schiena, lungo tutto il profilo ‘a uovo’ come dicono nello sci: che libidine toccare ad una ad una le punte delle vertebre e sentirti viva sotto le dita; scendo a leccarle, una per una, fino al coccige; per arrivare al forellino, devo divaricare i glutei puntuti, morbidi e duri al tempo stesso, che adoro sentirmi premere sul ventre quando mi appoggio alla tua schiena per abbracciarti da dietro; arrivato al collo, ti sussurro con cattiveria.
“Amore, sono le otto e alle nove hai appuntamento per quelle foto!”
Scatti dal letto e ti precipiti in bagno; chiudi a chiave perché non entri e non ti faccia perdere tempo prezioso.
In questi momenti ti odio perché quel tempo non è mai perso, è tempo d’amore.
Preparo la colazione, mentre ti vesti con la tunichetta rosa che ti fa meravigliosa: sotto non metti niente.
“Prevedi già un dopolavoro?”
Ti chiedo provocatorio; la risposta è altrettanto sferzante.
“Abbiamo un po’ di scatti; dopo, non so: lui mi intriga e qualcosa può succedere. Ti mando un messaggino se succede.”
Mi sfiori la guancia con un bacio lieve e corri via come una farfalla.
Quanto ti amo; quanta rabbia mi fai!
Sto lavorando arriva il tuo messaggio.
“E’ successo. E’ stato bellissimo”
Rispondo con l’emoticon di un sorriso da guancia a guancia, ma, in un angolo, una parte di me ribolle di gelosia.
***
Non ci sei nel letto al tuo posto; mi alzo e mi dirigo al bagno, devo svuotare la vescica: riesco a malapena a scansare le tracce di vomito che hai lasciato su tutto il pavimento del corridoio e del bagno; devi avere bevuto da fare schifo, come fai di solito quando perdi il controllo; mi guardo intorno per capire dove sei finita e ti trovo riversa sul divano grande del salone, quello dove facilmente si può anche copulare: forse l’ultimo amplesso l’hai subito proprio lì; hai il vestitino rosa con cui eri uscita, sei stravaccata con le gambe oscenamente spalancate; lo sperma ti si è seccato sulla vulva e sulla pancia: sei ignobilmente spettacolare; mi è passata la voglia di tornare a dormire, anche se sono solo le sei: non vedo l’ora di andare via da questo posto dove ci sei anche tu.
Sapevo che sarebbe finita così, l’ho capito non appena, nel notiziario con grande enfasi, hanno dato la notizia che erano finite le riprese per il calendario nuovo e che tutto lo staff era andato a festeggiare; so come vanno a finire quelle serate e quanti maschi riesci a divorare quando sei super eccitata; mi sarei aspettato almeno un messaggino che mi dicesse che passavi la notte in un altro letto; ma la signora certe concessioni ai vassalli non le fa, per obbligo di nobiltà; lei non rende conto a nessuno dei ghiribizzi che le passano per la testa: perversa dentro e fuori; chi ci sta, ci sta; chi non ci sta, cambi strada e rinunci alla vulva meravigliosa che la padrona mette a disposizione di chiunque l’apprezza, tranne naturalmente il suo zerbino privato che non l’avrà né oggi né mai.
Nessun problema, l’hanno apprezzata in molti, a giudicare dallo sperma che ti copre il vestito e il corpo fino ai capelli: ma tu sai che ‘una lavata, un’asciugata e non è stata neppure usata’; peccato per lo stupido che ti crede quando dici che ti è caro.
Cerco le chiavi della macchina ma non le trovo: forse ti sei fatta accompagnare e le hai lasciate dov’era la festa: già … dov’era la festa? Non lo riveleresti neppure sotto tortura, a me almeno; io chiamo Elvira che è sempre disponibile; infatti mi dice che passa a prendermi e, se voglio, abbiamo anche una mezz’oretta per noi, se sto molto male perché tu, come al solito, mi hai umiliato; le dico che, sì, ho bisogno di una spalla asciutta, di un’amica vera e forse di una vagina stretta e sincera per scaricare la mia rabbia: ha tutto e non mi nega niente; quando arriva, la porto direttamente nella camera degli ospiti, dove mi hai relegato, al posto che tu non hai mai voluto occupare; e la faccio impazzire d‘amore: le piace moltissimo sentirsi amata, coccolata, leccata, adorata, mordicchiata, titillata fino a sbrodolare continuamente; saranno almeno dieci gli orgasmi leggeri e consecutivi che le strappo in meno di mezz’ora, dai capezzoli dolci come fragole mature, dal clitoride ritto come un piccolo pene, dall’ano stretto e restio che convinco con dolcezza ad ammorbidirsi e ad aprirsi prima di penetrarla nel retto fino alla radice della mazza; quando la penetro in vagina, sospira come se avesse raggiunto una meta e mi sussurra dolcezze sconce che da te non ho mai udito; godiamo insieme ed è l’orgasmo più bello della mia vita.
Per lavarci delle tracce della copula, dobbiamo rifugiarci nel bagno di servizio perché quello principale è impraticabile; ma ce la facciamo; poi cominciamo a rivestirci; passiamo in cucina e preparo il caffè, riscaldo i cornetti al microonde; mentre li stiamo consumando, emergi come uno zombie dal divano dove dormivi e ci guardi allucinata; non ti degniamo neppure di uno sguardo e continuiamo a fare colazione scambiandoci baci ed effusioni; ti siedi inferocita, ti servi del caffè e prendi anche tu un cornetto.
“Sei offeso? … Sei geloso? … Sei nervoso?”
“Sto bene, sono rilassato, ho fatto tanto amore e mi sento in paradiso … “
“Mi dispiace di non averti avvertito e di essermi lasciata prendere la mano … “
Indico le macchie di sperma secco.
“Molto più che la mano, direi … “
“Va bene; mica vuoi metterti a fare anche il geloso per qualche copula … “
“No; ma le fogne preferisco evitarle, specialmente quando la mattina puzzano tanto; quando ti sarai rimessa in sesto, prova a mandarmi un messaggio; forse troverò il tempo di risponderti … se non avrò altro di più impegnativo a trattenermi … sai come è imprevedibile Elvira … “
*****
Non sono riuscito a riprendere sonno, dopo che all’alba le prime luci entrate in casa mi hanno svegliato; entro nella tua camera e, come prevedevo, ti trovo sdraiata ad occupare tutto il letto doppio, completamente nuda, a braccia e gambe allargate, quasi a significare che tutto lo spazio è tuo; mi muovo cautamente con il vassoio con cuccuma, zuccheriera e tazze già riempite, lo appoggio sulla poltrona ai piedi del letto, mi accosto al tuo viso e ti sussurro il più dolcemente possibile.
“Gioia, amore sono le nove; è domenica e credo che tu non abbia impegni di lavoro; ma intendi fare qualcosa o preferisci stare a poltrire a letto?”
Ti agiti un poco, scuoti la testa con la massa meravigliosa dei capelli che fanno corona, farfugli frasi senza senso, ancora addormentata, poi sembri realizzare e cinguetti.
“E’ pronto il caffè?”
“Sì, amore, prontissimo già nella tazza: zucchero, dolcificante o niente?”
“Dolcificante: ho bisogno di dolcezza oggi, e almeno me ne prendo dal caffè … “
“Vuoi dire che non ti do abbastanza dolcezza?”
“No, caro, non voglio dire questo; solo che una domenica deve essere un poco più dolce.”
Ti porgo il caffè e lo sorseggi con deliziose smorfie; cerco di accarezzarti il viso, ma mi blocchi.
“Fermo, sono orribile, sicuramente; finché non sono pronta, ti prego di non toccarmi in nessun modo!”
Sei quasi insopportabile, quando fai così; ma so bene che prima che tu esca dal bagno dopo la doccia, i lavacri intimi e almeno una prima stesura di trucco leggero, non ti si può guardare senza urtare la tua suscettibilità; più tardi, a tavola, mentre seduti consumiamo la colazione, ti chiedo cosa hai in progetto di fare per oggi.
“Andiamo al mare!”
E’ una sortita inaspettata: ci siamo stati già due domeniche consecutive e so già che si tratterà solo di andarti a sdraiare in spiaggia, al solito lido, con i soliti giovinastri a farti corona e a trattarmi da pezza da piedi: è quello che facciamo ormai da anni e non c’è individuo di quel lido che non conosca a menadito la tua vulva in ogni piccolo segmento, il tuo sedere meraviglioso e i tuoi capezzoli superbi; ma è proprio del tuo carattere andare in un posto che sai frequentato da maschi allupati per esibirti in tutto lo splendore della tua bellezza e porgerla alla vista dei corteggiatori, naturalmente senza concedere niente altro che sguardi allupati, imbarazzanti per me, eccitantissimi per te; decido che ti lascerò sulla tua sdraio dove ti esibirai in una sceneggiata che conosco fin troppo bene ed andrò a cercare qualche derelitta abbandonata dal suo maschio, catturato dalla vista della tua passera; già negli anni passati mi era capitato di ‘beccare’ bene, specialmente l’anno scorso, con una mogliettina fresca che tradì il marito nella cabina che avevano affittato perché, nell’ora che lei passò con me, anzi sotto di me, lui stupido si perse incantato dietro le tue movenze sinuose e magnetiche.
Arrivati in spiaggia, tutto sembra svilupparsi sulla falsariga prevista: la banda dei bavosi è lì ad aspettare che tu offra lo spettacolo affascinante della tua vulva rorida di orgasmi che ti sei procurata masturbandoti in macchina, mentre io stavo ben attento alla guida e alla strada; la grande novità è costituita dalla bella mogliettina che l’anno scorso ero riuscito a possedere e che stavolta si presenta con tanto di carrozzino ed un batuffolo rosa di carne che è il suo bambino nato da alcune settimane; mentre tu dai il via alla tua esibizione di vulva, seni e fondoschiena; e mentre la banda dei bavosi, maritino in testa, si accalca per conquistare il posto privilegiato per osservare da vicino le intime pieghe dell’ano, io vado diretto da Corinna, così si chiama la mammina, e mi complimento vivamente con lei per il bellissimo bambino: è un maschio, mi avverte subito; ed ha deciso di chiamarlo Enzo; chiedo se in mio onore, sorride enigmatica e non so come interpretare il sorriso; ma il naso adunco e le orecchie a sventola mi danno già qualche sospetto: i tempi ci sarebbero e non usammo precauzioni.
Mi chiede se sono disposto a darle il bicchiere in cui sto bevendo perché le serve per un controllo; esco subito allo scoperto.
“Corinna, se l’obiettivo è un esame del DNA perché pensi che io possa essere il padre naturale di tuo figlio, andiamo senza esitazioni al laboratorio dove vuoi fare le analisi e togliamoci ogni dubbio scientificamente; ma cerchiamo di chiarire prima. Pensi che il padre possa essere io? Se il test ti da ragione, che succede tra me e te, che succede tra te e tuo marito?”
“Calmati, Enzo; innanzitutto, i tempi coincidono; devo averlo concepito ad agosto dell’anno scorso esattamene quando ho fatto l’amore con te, e con tantissima gioia, devo dire, al di là di tutto; coincidono anche certi tratti somatici e già te ne sei accorto; quel mese non feci sesso con mio marito perché quell’imbecille mi fece andare fuori dai gangheri con l’ammirazione per la vagina della tua compagna; infine, il DNA mi servirà nel caso di contestazioni che mi obblighino a cacciare via dalla mia vita mio marito che si rivela una continua nullità, un Peter Pan che si rifiuta di crescere.”
“Corinna, se il figlio è mio, resta solo tra me e te e solo se tu me lo chiedessi mi assumerei tutte le responsabilità; quindi adesso andiamo direttamente al laboratorio a fare le analisi; per quanto riguarda l’amore da cui è nato, dimmi una sola parola e torniamo a fare la stessa sciocchezza, con lo stesso entusiasmo, con la stessa gioia ma solo con un preservativo in più per evitare un’altra conseguenza indesiderata.”
Mentre tu continui ad esibire la tua meravigliosa vagina, da tutte le posizioni possibili, alla masnada di arrapati che non perde un centimetro della possibilità di guardarti fin dentro le profondità dell’utero, ti vengo incontro con la mammina e il carrozzino e ti comunico con aria serafica che mi diletto con una passeggiata travestito da papà con la meravigliosa mogliettina lungo il corso principale della città; ci guardi con aria annoiata e ci auguri buona passerella con la famiglia; poi, ridendo, ti rivolgi agli altri dichiarando che una bella donna cederebbe a quel ricatto biologico solo quando fosse definitivamente decaduta: menti spudoratamente ed io, che conosco il tuo intimo desiderio di maternità represso in nome della professione che non ti consente di perdere un millimetro della linea perfetta che hai, ti lancio un bacio sulla punta delle dita; mi mandi al diavolo con un gesto anche volgare; uno dei corteggiatori a quel punto ti chiede cosa sono io per te; e tu, sprezzantemente, dichiari, che sono un amico sfigato che si fa zerbino a te per avere un minimo di credibilità umana: credo che dieci scudisciate sulla pubblica piazza mi avrebbero lacerato meno la pelle esterna di quanto quella frase mi riga l’anima; Corinna mi prende una mano appoggiandola sulla sua al manubrio del carrozzino e andiamo in centro.
I risultati delle analisi sono promessi per il giovedì successivo, Corinna assicura che sarebbe passata a ritirarle ed io a mio volta mi impegno a tornare al lido per conoscerli; a quel punto, non ce la sentiamo di tornare sulla spiaggia; Corinna mi avverte che hanno preso in affitto due stanze lì vicino e, considerato che suo marito non tornerà prima di pranzo, mi dice che possiamo fare l’amore nella sua camera, nel suo letto; la cosa per un attimo mi suona un poco blasfema; ma alla fine considero che forse è la madre di mio figlio, quella donna; farci l’amore è naturale se non giusto.
Andiamo a casa sua e rimango colpito dal gusto con cui è curata, pur essendo un alloggio provvisorio, solo per poche settimane estive; impegna più di mezz’ora a pulire, allattare e preparare il bambino; quando ha finito, sotto il mio sguardo curioso e appassionato, quasi da innamorato, si rivolge a me e mi abbraccia: mi torna in mente l’occasione dell’anno prima, quella in cui forse le diedi il bambino; la stringo con amore, stavolta, e la bacio dolcemente, non alla ricerca della passione e della libidine, ma con l’ansia di una empatia determinante che nasce dalla possibilità molto reale di qualcosa di comune; nelle due ore successive, la subisso non tanto di penetrazioni né di esibizione di sesso forte, quanto di dolcezze e di amore, di coccole e di frasi sussurrate; ci amiamo come fossimo due anime gemelle che si scoprono; quando si rende conto che è rischioso rimanere ancora nudi sul letto, sesso nel sesso, mi sollecita a separarci e ad andare via; le chiedo se ci saremmo rivisti.
“Intanto, se giovedì vieni a conoscere l’esito delle analisi ne sarò felice; se potremo, parleremo anche degli effetti conseguenti; se in futuro vorrai cercarmi, i miei dati li hai, io ho i tuoi e niente ci impedirà di incontrarci; ti dico serenamente che spero che mio marito rinsavisca e faccia scelte intelligenti, perché gli sono legata e la storia con te non mi allontana da lui più di altre cose; se dovesse andare male, il figlio nostro sarebbe un bel problema che però risolveremo; io mi fido di te e della tua affidabilità, nonostante la donna a cui ti accompagni, che è stupenda ma che non mi piace.”
La saluto con un bacio, sulla porta, prima che apra per mandarmi via; torno direttamente al lido e trovo che il manipolo si è ridotto e che sembri ormai stanca di esibirti in pubblico; ti invito a riprendere la via di casa; mentre torniamo indietro, mi chiedi come sia stata l’esperienza di padre, chiaramente ironizzando; io con estrema convinzione rispondo.
“Straordinaria, dolcissima, da ripetere forse all’infinito!”
Non mi degni di uno sguardo, per cui mi sento in dovere di aggiungere.
“Forse in alternativa allo stupido zerbino è decisamente più qualificante.”
Non proferisci verbo, per ribattere
***
Anche stamane non hai impegni di lavoro e tocca a me preparare caffè e colazione; ti trovo sdraiata sul letto che ti accarezzi lussuriosamente il corpo, soffermandoti più volentieri sui seni che percorri a lungo, titillando i capezzoli finché ti diventano chiodi di acciaio; mi fermo a guardarti cercando di intuire cosa succede ma non mi riesce di capire niente; ti sposti e ti sistemi di traverso sul letto, con le gambe aperte verso la finestra che, stranamente, è spalancata anche se sono certo di averla lasciata chiusa solo pochi minuti fa, quando sono andato in cucina per preparare il caffè.
Osservo meravigliato i tuoi movimenti che simulano posizioni yoga, ma mi danno la sensazione che siano una sorta di quadri in successione per presentare al meglio, e da tutte le angolazioni, le curve splendide del tuo corpo perfetto: addirittura, ti poni con le mani in alto a pagoda, seduta sui talloni ed esponi ampiamente la vulva e i seni ritti al massimo per le mani sollevate; poi cambi posizione e ti accovacci carponi, col sedere rivolto alla finestra e ti infili una mano fra le cosce, a simulare una masturbazione; sto quasi per chiederti se ti prepari ad un amplesso, cosa assolutamente prevedibile con te, quando mi sussurri a fior di labbra.
“E’ ancora lì? … quel tipo dalla finestra del palazzo di fronte con il binocolo che sta guardando dall’inizio … “
Mi sposto in un angolo più riparato, prendo anch’io il binocolo e mi accorgo che effettivamente, dalla finestra corrispondente alla nostra, nel palazzo di fronte, un tale sta guardando con la massima attenzione; osservando meglio, noto il movimento di una mano che chiaramente sta menando un membro in una masturbazione saporitissima, a giudicare della smorfie che fa; finche lo vedo respirare con forza, tremare un poco e rilassarsi come se si svuotasse; poi posa il binocolo e scompare; comunico immediatamente.
“Puoi anche rilassarti, si è masturbato, ha goduto e si è ritirato.”
Sorridendo mefistofelicamente, scendi dal letto e ti avvii al bagno; ti seguo e cerco di avviare un discorso che mi preme.
“Senti, ma fra le condizioni della nostra convivenza, è previsto anche qualche incontro amoroso, qualche amplesso, insomma? E’ un anno ormai che viviamo insieme, ti esibisci volentieri molto spesso e dovunque, mi ecciti continuamente ma non mi dai mai l’occasione per fare l’amore … “
“Per ora non mi sembra opportuno; tra qualche tempo, vedremo … “
“Ma, intanto, io che faccio?”
“Se ti va, fai quello che ti riesce meglio: masturbati. Se proprio non ti va, cerca qualcuna che te la dia; io non ho voglia di fare l’amore con te, per ora.”
Inutile obiettare: quando decide, Gioia non dà spazio a niente e a nessuno; quello che però lei non sa è che quel signor guardone è l’uomo che vive (non so se da marito, da fidanzato, da convivente, da amante o dio sa cosa) con una mia collega di ufficio e che, quasi paradossalmente, stamane sono d’accordo con lei, di passare a prenderla per andare insieme al lavoro; mi preparo in fretta, faccio velocemente colazione, ti bacio sulla guancia ed esco; vado direttamente al palazzo di fronte, suono e lei mi dice al citofono che ha l’entrata un’ora dopo, per motivi tecnici; le dico che anche io posso tardare di un’ora l’ingresso, mi invita a salire; quando apre la porta, mi trovo di fronte alla bella ragazza che conosco e che so che è corteggiata da tutti i colleghi d’ufficio; il dato notevole è che mi si presenta in camicia da notte di pizzo nero, dalle cui trasparenze si vede netto il minuscolo perizoma che non le copre ma le sottolinea una vulva straordinaria ed un reggiseno ridotto a strisce di stoffa che segnalano, senza che abbiano bisogno di essere sostenute, due tette carnose, saporite, con due capezzoli piccoli, quasi solo disegnati, che mi risultano ancora più magnetici; mi fermo incantato; lei è costretta scherzosamente a chiudermi la bocca che era rimasta aperta.
“Capisci come è strana la vita? Il mio uomo fino a due minuti fa stava incantato davanti alla finestra a masturbarsi golosamente per la tua compagna che si esibisce solo per lui; adesso tu sei qui incantato ad ammirare me in vestaglia … “
“Ammirarti? Solo questo mi proponi?”
“La tua ragazza lo fa per lui … “
“Sì, ma la mia ragazza per principio non cede a proposte di sesso, neanche a me che le sono affezionato … “
“Non te la da?! E tu non ti ribelli?”
“Perché? Per distruggere un sogno che mi esalta? Si diverte a farsi guardare? Bene; prima o poi si deciderà a lasciarsi amare, non credi?”
“Prima o poi?! Per me, certe cose si fanno prima possibile, altrimenti il desiderio scema … “
La abbraccio e lei si lascia andare, anzi mi mette le mani al collo e si stringe a me con l’inguine piantato contro il mio, dove il fratellino si è già eretto in tutta la sua possanza e le picchia violentemente contro il monte di venere.
“E tu lasci soffrire un fratellino così orgoglioso solo per il capriccio della tua ragazza?”
“Con lei … Ma con te è tutto un altro discorso!”
Mi guida nella camera da letto dove ancora ci sono i segni di due corpi che hanno dormito ma non vedo tracce di attività amorose; le chiedo scherzosamente se anche lei ci sta facendo le ragnatele; ribatte che per questo mi ha invitato su, per fare felici due persone che soffrono per la stessa pena imposta da una sola; le ho fatto scivolare la vestaglia dalle spalle ed ora è davanti a me, in slip e reggiseno, bella come un sogno; la bacio voluttuosamente sulle spalle, sul collo, sul viso, sulla bocca; poi scivolo sul seno e agguanto i capezzoli delicati, rosei, quasi solo segnati sulle aureole brune; sotto la sollecitazione della mia lingua, si alzano quel tanto che mi consente di mordicchiarli e di succhiarli; sento che gode molto, si abbandona languida al piacere e infila la mano tra noi per prendere il sesso e cominciare a masturbarlo delicatamente; con manovre acrobatiche, mi sfilo i vestiti e la spingo sul letto.
Conquisto finalmente la sua vulva fresca, quasi verginale, stretta, dolce e umida; lecco intorno alle grandi labbra e scivolo su quelle piccole che si aprono come i petali di un fiore offrendomi l’accesso al clitoride, piccolo, nascosto, tutto da ricercare per arrivare a succhiarlo come una caramella strappandole orgasmi sempre più intensi finché, con un autentico urlo di piacere, gode; si muove e si agita come in preda a convulsioni e mi stringe la testa sulla vulva chiedendomi di leccarla a lungo, con forza, di farla ancora godere e di succhiare il suo orgasmo; non mi faccio pregare e la porto all’esaltazione.
“Non abbiamo tempo; dobbiamo essere al lavoro e mi devo vestire; prendimi subito, amami fino a morire, ti voglio dentro!”
La sposto meglio sul letto, le vado addosso: mentre la bacio intensamente, il mio sesso, poggiato all’imbocco della vagina, comincia a penetrarla tra i suoi gemiti, la mia goduria e il piacere che ci travolge; sono finalmente in lei e la bacio con voluttà su tutto il viso, fin dentro le orecchie, sul collo e sui seni; poi comincia la cavalcata e la sento urlare senza interruzione mentre avverto il piacere invadermi il corpo; l’orgasmo ci sorprende all’improvviso e crollo senza energie su di lei; si riprende rapidamente e si fionda nel bagno, invitandomi a seguirla; facciamo insieme la doccia ma mi prega di non stuzzicarla perché vorrebbe ancora tanto ma tanto amore, ma non possiamo; riusciamo, dio sa come, a rivestirci e ad essere in ufficio giusto in tempo per l’orario previsto e per il resto della giornata ci ignoriamo bellamente.
Alla chiusura dell’ufficio, lei trova il suo uomo che l’aspetta, si precipita ad abbracciarlo e vanno via insieme; io vengo allo studio dove tu hai delle pose e ti trovo che hai ancora solo pochi minuti di lavoro; poi esci con me, mi prendi sottobraccio muovendoti come a passo di danza, facendo ruotare la minigonna che ti arriva poco sotto i glutei, mi guidi all’auto e mi chiedi di portarti in un centro commerciale dove devi vedere dei prodotti; conosco la mia Gioia e so che adesso vuole esibire il suo corpo meraviglioso non più all’obiettivo di una macchina fotografica o del fotografo che ci sta dietro, e che è diventato perfino poco attento alle bellezze che gli passano davanti; ma a spettatori sconosciuti e improvvisati nei quali provocherà un mezzo infarto con la sua minigonna sotto la quale, come ho già constatato, non indossa intimo.
Capisco che il tuo obiettivo è passeggiare per i corridoi sculettando ed esibendo il corpo meraviglioso, facendo scivolare, ‘per caso’, una bretella del top in modo che un capezzolo birichino sbuchi all’improvviso dall’indumento e catturi l’attenzione dei maschi e la rabbia delle mogli che li accompagnano; oppure, facendo un giravolta più ardita in maniera che la gonna si sollevi e metta in vista i glutei piccoli e delicati, ma tanto morbidi e appetitosi; forse deciderai di provarti delle scarpe, ma solo se il commesso è giovane e prestante, per farlo abbassare a modellare la scarpa e lanciare contemporaneamente occhiate di fuoco sulla vulva nuda in piena vista.
Sono quasi annoiato di scene che conosco a memoria, ma neppure io mi stancherei mai di guardare il tuo corpo, specialmente quando particolari importanti vengono proposti in condizione anomala e quindi più eccitante, erotica e quasi pornografica, ma sempre un filino al di qua della volgarità: sei fatta così e, se non riesci a stimolare la libidine dei maschi, ti senti quasi inutile: non mi va di farti sentire inutile e percorro con te quello che non capirò mai se per me è un Calvario o una passeggiata nel sublime.
Finalmente riesco a convincerti a tornare a casa per cenare; mentre siamo seduti a centellinare un cognac, a fine cena, mi chiedi finalmente della mia giornata, che nella tua economia non ha nessun valore; mi limito a borbottare un ‘tutto bene’ che significa tutto e niente; poi la domanda piccante, se sono riuscito finalmente a trovare qualcuna che me la da; ti dico che sì, ho fatto l’amore con una donna bellissima, assai più vicina di quello che tu credi: come ero certo, non mi dai nessun credito e commenti ‘balle’; posso solo concludere.
“Se lo dici tu … deve essere necessariamente vero!”
***
Ormai è la fine: o, almeno, ci siamo molto vicini; se non arrivo ad arrendermi e ad accettare che sono un ‘cornuto contento’, anzi, peggio ancora, un cuckold rassegnato ad essere il servitore sciocco al servizio della tua strana libidine di esibizionista; se insomma non mi arrendo al ruolo di paggetto che segue come un’ombra la ‘sua’ divina lasciandole totale libertà di mostrarsi in pubblico senza veli, oscenamente esposta per scatenare gli istinti più bassi dei maschietti che incrocia; se non accetto di stare solo a guardare e favorire la tua smania di farti ammirare; insomma se non mi arrendo, posso solo andarmene: con te, non c’è scampo.
Non so per quali motivi reconditi, forse per dei traumi precedenti o per una qualche forma di patologia non riconosciuta, tu non riesci ad accettare un rapporto vincolante con una persona innamorata; puoi fare sesso con chiunque, se ti viene la voglia, se ti gira per il verso giusto; puoi scatenarti in esibizioni al limite dell’oscenità per il solo gusto di mettere in imbarazzo chi si ferma sbavando ad ammirare le tue evoluzioni, la mostra che fai volentieri di tutte le tue bellezze, anche quelle più recondite (e senza dubbio ne hai tantissime!); se non ottieni di costringere i tuoi ammiratori a masturbarsi con impeto di fronte alle tue forme ‘sparate in faccia’ con la massima disinvoltura, sembra quasi che tu non riesca a prendere coscienza della tua bellezza: hai bisogno degli sguardi esasperati e libidinosi di tutti i maschi intorno, per sentirti riconosciuta ed ammirata.
Il compito del tuo accompagnatore non può e non deve essere altro che quello di favorire i tuoi bassi istinti, di fare finta di coprirti solo per accentuare il desiderio in chi ti ammira; ed intanto farsi disprezzare dagli altri come il ‘cornuto felice’ che lascia la ‘sua’ donna libera di mostrare a chiunque le sue grazie nascoste, anche le più intime e private: lo fai dovunque e comunque sia possibile: nei siti porno dove li sfidi a masturbarsi mostrando le tue grazie in tutti i modi che sai che sono apprezzati, qualche volta anche accontentando le richieste che ti vengono rivolte; lungo la strada, dove la mancanza di intimo è il primo dato che i passanti acquisiscono ogni volta che i tuoi gonnellini svolazzano per scoprire una natica, la parte alta delle cosce fino all’inguine, il seno che sbuca da un vestito male abbottonato (ma mai per caso!); nei negozi dove ti trattieni con gusto ad ammirare tutto, dai vestiti alle borse, dalle scarpe alla bigiotteria, dovunque e sempre col solo scopo di assumere una posa che ti consenta di far ammirare la tua vulva rorida al commesso che perde ore a provarti scarpe e deve poi correre in bagno a masturbarsi; di bloccare i padri di famiglia col capezzolo che sfugge ‘per caso’ dalla top o con le natiche che svolazzano insieme alla gonna.
Sono stufo di essere ‘quel cuckold’ che non appartiene assolutamente alla mia personalità, anche se la passione per te sembra che abbia bruciato tutte le mie capacità di reagire: ho accettato di venire a vivere da te, credendo che ti saresti un poco calmata e mi avresti concesso almeno il ruolo che sogno, quello del compagno che condivide il quotidiano, l’affetto ed anche il letto nella completezza del significato; ma a questo punto mi rendo conto che hai soltanto ‘acquistato’ (nessuno sa dove, né come, né quando) uno schiavo destinato a fare sempre e solo la tua volontà, il tuo interesse, il tuo piacere, soprattutto; devo seguirti nelle tue evoluzioni, accompagnarti nelle tue follie, favorire le tue perversioni … e stare zitto e muto.
Sono stufo di reggere il cordone di questa pantomima ed ho quasi deciso di farla finita una volta per tutte: è vero che il coraggio mi manca, perché ho la presunzione (forse stupida) di credere che se riesco a farti aprire, a farti parlare apertamente e serenamente, come ad un amico, come ad un innamorato, come ad un compagno di vita; se riesco, forse, a farti spiegare perché sei così feroce nel calpestare i maschi sottolineandone gli istinti più bassi e perversi; se riesco a conquistare la tua fiducia totale, forse possiamo ancora vivere insieme, amarci come vorremmo e stare bene: non dico essere felici o formare una bella coppia, ma quanto meno riuscire a creare una situazione di stima e di rispetto reciproco che ci consentano una vita serena; ma queste speranze sono al lumicino ed ogni giorno mi trovo a registrare pretese sempre più avanzate, come se tu stessi sperimentando la mia resistenza, la mia pazienza e il limite oltre il quale c’è solo la rottura.
Stamattina, come sempre, devi uscire per il lavoro di modella, anche se non mi risulta che tu abbia delle scadenze vicine: so che nel tuo lavoro non esistono tempi ragionati e mi fido degli impegni che dichiari; d’altro canto, io ho il mio lavoro d’ufficio, bello regolato ad orologio (oggetto che avversi per istinto) e posso, alla fine della tua giornata, passare a prenderti; ma l’idea che, ancora una volta, per il tuo desiderio perverso di esibizionismo, mi trascinerai per supermercati e centri commerciali, solo per mostrare in giro nella maniera più spudorata possibile, a quanti più spettatori ti riesca di incantare, le tue bellezze intime e provocanti; quella via crucis oggi mi pesa più che in altri momenti.
La tua amica Roberta mi ha rimproverato più volte, e neanche teneramente, di essere troppo schiavo dei tuoi capricci: addirittura, è convinta che questa mia arrendevolezza favorisce il tuo decadimento, perché, convinta di avere trovato lo stupido che ti accetta come sei, non fai niente per migliorarti; mi ha suggerito più volte di lasciarti e di cercarmi un altro porto: sono anche certo che, se solo glielo chiedessi, lei sarebbe felice di costruire con me non tanto una coppia ‘regolare’ ma quanto meno una ‘coppia di fatto’ che sia di garanzia a tutti e due, di avere qualcuno su cui fare affidamento; di me, sa che sono disponibile ad accettare un rapporto sereno e duraturo; lei, credo che senta il bisogno, alla sua età, di mettere un punto fermo alla sua vita, rinunciare forse a qualche ‘licenza’ giovanile per fermarsi a vivere serenamente, da piccola borghese; onestamente, credo che la cosa possa anche allettarmi.
Intanto, sbrigo il mio lavoro come tutti i giorni, dal primo mattino al tramonto; alla chiusura degli uffici, vengo come al solito agli studi di posa senza sapere che cosa la mia ‘principessa’ mi ha riservato per quella sera, se una cenetta intima da qualche parte (anche a casa, perché no) o uno dei tanti calvari in giro per uno shopping che è pura esibizione: manco a dirlo, è la seconda ipotesi a prevalere e mi trovo in men che non si dica su una scala mobile a fare finta di coprirti la gonna troppo corta che lascia vedere tutto a chi sale dietro di te, in realtà solo per rassicurarti che chi ti segue ha una visione nitida e completa delle tue natiche eleganti ed agili: la recita è così abituale da essere ormai stupida e stucchevole, ma tu ci metti il solito esasperato impegno per soddisfare il tuo egoistico bisogno di esibirti; continua la manfrina lungo i corridoi su cui affacciano mille vetrine davanti alle quali ti fermi puntualmente per piegarti in avanti e lasciare che il sedere si scopra completamente alla vista dei passanti, con gli occhi strabuzzati e le labbra sbavanti dei maschietti e la rabbia stizzosa delle signore; come in un copione ormai totalmente obsoleto, entri nei negozi e assumi tutti gli atteggiamenti e le pose perché i commessi, specialmente se giovani ed aitanti, ti osservino le grandi labbra fino al clitoride.
Roberta mi becca mentre cerco di nascondermi alla vista per non essere ancora una volta il ‘cornuto’ fesso e contento che lascia la sua compagna comportarsi da troia nel disprezzo di tutti; mi prende per un braccio e mi costringe a svegliarmi dal’incubo.
“Enzo, che diavolo ci fai qui?”
Poi ti vede, capisce e mi guarda con commiserazione.
“Non sei ancora stufo? Quando ti decidi ad andartene? Quella non la cambia nemmeno Satana quando andrà all’inferno!”
“Dove vuoi che vada, alla mia età, nelle mie condizioni …?”
“Ma di che diavolo parli? … Età? … Condizioni? … Sei matto? Sei ancora giovane e puoi ricominciare da zero; in fondo, cosa ti da Gioia? Per quello che ne so, nemmeno la vagina … E allora? …”
“Dove vado?”
“Senti, stupido, … semplicemente vieni a stare con me … porti via le poche cose da casa sua, ti trasferisci da me: se ti va, facciamo coppia in tutti i sensi; se non ti va, ti ospito tutto il tempo che ti serve finché trovi un’altra soluzione; come quando si era all’Università, condividiamo il mio appartamento da amici, senza pruriti né di sesso né di altro. Che problema vedi?”
“Hai la macchina?”
“Sì, giù in garage: perché?”
“Perché io sono a piedi; se mi dai un passaggio, andiamo a casa di Gioia, recupero le mie poche cose e vengo via con te …”
“Ti andrebbe bene adesso? … “
“Sì, senza attendere altro … “
“Andiamo!”
Non sto neanche a dirtelo: forse neppure mi sentiresti; e comunque, non te ne frega niente; usciamo insieme, andiamo alla macchina; Roberta passa da casa tua, apro con la chiave che mi hai ‘concesso’ di usare, raccolgo le pochissime cose che tenevo da te, ti lascio la chiave sul tavolo della cucina, esco e chiudo dietro le mie spalle la porta e, con lei, la storia che con te non c’è mai stata; Roberta mi chiede se voglio cenare da lei o andare a mangiare la pizza; la blocco davanti all’ascensore, la abbraccio e la bacio, per la prima volta dopo anni che la conosco; ricambia il bacio e ci mette tanta passione che la scopro innamorata.
“Ti va se cominciamo da qui ad essere una coppia quasi ‘normale’ o per lo meno decente?”
“Se mi prometti, qualche volta, di essere anche ‘indecente’ accetto con tutta l’anima.”
Forse stiamo cominciando una storia vera; e ne sono felice.
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Aggiunto: 4 anni fa
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Tradimenti