Questa volta devi fare proprio penitenza. Eh, ho vinto io…
Me lo avevi promesso: “Va bene, se vinci tu, faccio tutto quello che vuoi”, lo hai detto un po’ restia, ma anche eccitata all’idea di quello che ne poteva venire fuori.
Adesso devo incassare il mio premio.
Ecco, questa è la mia richiesta: per un’ora starai bendata e legata alla spalliera del letto, e ti farai fare tutto quello che voglio senza ribellarti…
“No, dai”…dici senza troppa convinzione…
Eh, sì Paola, questa è la penitenza e questo deve essere il giusto riconoscimento della mia vittoria.
Sorridi, non mi sembri così dispiaciuta all’idea che io abbia vinto, anche se devi fingere un po’ di scocciatura; va bene me ne sto approfittando, e se tu avessi saputo che questa era la penitenza non avresti fatto quella scommessa…certo Paola…ci credo…
Ma tant’è.
Va bene, iniziamo subito.
Mi avvicino, e ti bacio con passione, per farti capire che quello che succederà non sarà poi così negativo.
Poi tiro fuori quella mascherina per il sonno notturno che mi sono procurato qualche giorno fa.
Indossala. Da adesso devi fidarti di me e seguirmi.
Alla fine ti rassegni alla giusta penitenza.
Ti sfilo la maglietta, e resti in reggiseno.
Ti prendo per mano, e ti porto alla camera da letto; ti guido nei movimenti, perché tu non vada a colpire inavvertitamente mobili o altri oggetti.
Ti faccio sdraiare e ti tolgo le scarpe, quasi come a una bambina: ma non sto facendo pensieri “da bambina” su di te…
Non riesco a trattenermi e ti bacio i piedi, mentre tu ti sdrai. Mi soffermo su questa parte che so essere per te tanto sensibile e portatrice di piacevolezze. Ti rilassi. La mia ora è iniziata.
Porti una gonna corta, che lascia scoperte le gambe. Io dai piedi risalgo lungo la caviglia, la gamba, il ginocchio, la coscia: ti bacio, lascio che la lingua tracci un sottile percorso umido, a memoria del piacere dato e preso. Arrivo quasi all’altezza del pube, ne sento l’inebriante afrore. Mi getto sull’altro piede e ripercorro lo stesso percorso a salire.
Tu sei sempre bendata, non capisci le mie intenzioni, ma le assecondi.
Ti bacio, e ti lecco con leggerezza. Arrivo alla coscia.
Ma questa volta vado oltre. Lascio che la mia lingua arrivi al perizoma. Tu emetti un sommesso gemito e un sospiro.
Lascio che la lingua si soffermi sul quel pezzettino di tessuto, a ripercorrere le fattezze di quello che copre. Ne ripercorro i tratti, sempre con la lingua, da cima a fondo; lascio che la lingua si insinui, stuzzicando il tuo piacere. Sento che il perizoma inizia a trasmettere dell’umidità, il nettare divino.
La lingua si insinua furtivamente sotto il tessuto, ma solo per dare qualche fugace assaggio, e provocare in te le prime ondate di piacere.
Ti agiti e ti dimeni.
Devi rimanere ferma. Va bene? Sono io che decido quello che voglio fare, e tu devi assecondare: è questo l’accordo.
Recupero i nastri: è giunta l’ora di bloccare le braccia alla spalliera. Lascio il gioco del nastro sufficiente ampio perché non ti faccia male, non vorrei mai.
Poi torno a dedicarmi alle mie scoperte.
Adesso voglio dedicarmi al seno.
La lingua continua a percorrere le fattezze del tuo corpo, sto risalendo dal torace. La lascio scalare le tue rotondità per arrivare alla cima, e soffermarsi con circospezione all’altezza dei capezzoli. Ne respiro l’aroma. Lascio che anche qui il tessuto del reggiseno si inumidisca della mia saliva, che odore e umidità si sovrappongano. Ma ne voglio saggiare anche il gusto, e quindi lascio che la lingua si infili sotto il tessuto per carpirne qualche traccia.
Dopo che tutti e due i capezzoli si sono concessi al piacere delicato di questo trattamento ti dico di alzare il busto. Afferro il gancetto, e sfilo il reggiseno, lasciando che le tue tette si liberino nel loro naturale splendore.
Sei mia, e fai quello che dico io, te lo ricordo. E’ inutile che mi chiedi che cosa voglio fare, perché non ti è dato saperlo: sono queste le regole.
Mi allontano per qualche istante, per andare nell’altra stanza. Ritorno immediatamente.
Voglio un sottofondo musicale, e faccio partire la musica.
Paola sei mia: dillo, dimmi che sei mia e che vuoi esserlo…
Si sono tua Marco, sono tutta tua.
Improvvisamente hai un sussulto. Non ti aspettavi questa fresca sensazione addosso. Sul capezzolo. Anzi sui capezzoli. Prima quello destro, poi quello sinistro. Un qualcosa di cremoso e fresco che li copre.
Poi capisci, dall’odore: è yogurt.
Con le dita lo spalmo a ricoprirteli completamente…
Non lo vuoi assaggiare? Non c’è problema.
Dopo il leggero disagio iniziale, ti lasci andare alla sensazione di quella frescura.
Subito dopo senti la mia lingua e la mia bocca che se ne impossessano. Mmmmm…mi piace.
Ma direi che anche a te piace, anche se un po’ ti fa anche il solletico.
Toccandoti le tette con le mani, con estrema delicatezza (non posso dimenticarmi di essere delicato su questa parte del tuo corpo), succhio tutto il sapore dello yogurt: ho scelto il sapore più neutrale, quello bianco, perché voglio che si senta anche un po’ il tuo sapore.
Poi un po’ di questa delizia la passo anche a te, lasciando che la mia lingua passi sulle tue labbra.
No, non devi protestare né dire quello che devo fare: sei mia e per un’ora faccio quello che dico io. Tu devi solo lasciarti andare, capito?
Senti la mia mano che scende e ti abbassa il perizoma, lasciando su la gonna.
Assecondi il movimento e te lo fai togliere completamente.
Apri le gambe. Il mio dito torna sul tuo sesso, disegnandone le forme. Sei bagnata…mmmmm.
Non riesco a resistere e un po’ di quel fluido lo porto alla mia bocca: quanto mi piace. Sono goloso.
Poi, dopo una leggera esitazione, il dito ritorna a te. Ma questa volta porta con se un po’ di yogurt, con cui ricopre le sue fattezze.
Neanche il tempo di protestare, che mi getto ad assaggiarti tutta.
E dai, basta commentare, lasciami mangiare in pace.
La mia lingua si butta avidamente sulla tua figa ricoperta di yogurt. Ma che bontà. Non me la lasci mai mangiare, adesso me ne devo fare una scorpacciata.
Cerchi di ribellarti, ma dopo una iniziale resistenza ti arrendi a questa inondazione di piacere.
Ci metto su ancora un po’ di yogurt, ma lascio poi che la lingua goda completamente dei tuoi sapori.
La lascio salire in su verso il clitoride, lo voglio stuzzicare con la lingua e con la bocca: lo stimolo, la lingua lo solletica e lo massaggia muovendosi a ritmo. Dai tuoi gemiti direi che la cosa ti piace.
Allora lascio che la lingua, che sa ancora di yogurt, ma soprattutto di te, scenda fino ad incontrare la tua apertura: si introduce prima poco sotto la superficie, poi sempre più a fondo.
Tu assecondi i movimenti, muovendoti con il bacino.
Voglio il tuo cazzo, Marco. Lo voglio….
Paola, avrai tutto ciò che vuoi, ma adesso sono io a decidere quando e come…
Mi allontano da te, imbevuto di umori e piaceri.
Aspetta.
Sparisco, con tuo disappunto, ancora per qualche secondo.
Riappaio, armeggio un attimo, e poi senti una rotonda sensazione di fresco: che cosa è?
Devi indovinare mi dispiace.
Senti due piccole rotondità, che si muovono in simbiosi sul tuo corpo.
Sono delle ciliegie.
Brava Paola, hai indovinato quasi subito.
Le senti muoversi lungo il tuo corpo, quasi a sfiorarlo, guidate dalla mia mano.
Passano come un soffio sul tuo viso: si soffermano leggere sulle tue labbra. Le porto poi alla mia bocca, per imbeverle della mia saliva. Te lo dico. Le riporto sulle tue labbra perché tu possa cogliere il mio sapore.
Le lascio scorrere sul tuo corpo, sulle spalle, sul seno, sulla pancia.
Le faccio girovagare sul tuo pube, così che prendano anche parte di quell’aroma.
Poi le mangio.
E a me? Tranquilla Paola, tra poco avrai la tua parte.
Prendo altre due ciliegie, e percorro i tratti che prima avevo trascurato. E poi torno a mangiarmele.
E tu ricominci a protestare, dicendo che non vale.
Va bene hai ragione, anche tu hai diritto a mangiare.
Mi allontano un secondo. Continui a protestare. Tranquilla, adesso torno.
Senti che si avvicina qualcosa alla tua bocca. Capisci al volo cosa sta succedendo.
Dai Paola, è giunta l’ora che anche tu mangi…mangia dai…
Non te lo fai dire due volte. Ti libero dai nastri, ma tu non togliere la benda.
Va bene.
Con le mani libere afferri il mio cazzo e lo porti più comodamente alla tua bocca stringendomelo.
Inizi a leccarlo avidamente, facendolo tutto tuo con la tua saliva.
Il mio piacere è infinito. In tutto quello che abbiamo fatto fino ad ora lui è rimasto stretto nei boxer, e solo ora si può liberare nel piacere di questa inattesa libertà. Ma ancora più ha goduto ad essere subito catturato dalle tue mani e dalla tua bocca. Una prigionia ben accetta.
Me lo lecchi e me lo succhi per bene, con un’incredibile avidità. La tua lingua sale e scende. Si impossessa delle mie palle, le inumidisce tutte, le strizza e le stimola fino a farle inturgidire tutte. Poi torna su.
Io godo fino ad impazzire dal tuo trattamento, ma mi voglio trattenere.
Mi stacco. Mi abbasso. Lascio che il mio cazzo si avvicini alla tua figa, che continua ad essere umida e traboccante.
Lascio che la mia cappella si avvicini, si inumidisca, identifichi il percorso.
Poi si allontana.
E poi si riavvicina.
Questa volta entro più a fondo…
Oh si, Marco, dammi il tuo cazzo, esclami.
Si Paola, eccolo. Vuole te, solo te.
Siamo eccitatissimi, dopo la lunga fase preliminare il desiderio è al massimo.
Tu sei lubrificatissima, e l’ingresso è subito agevole e profondo. Con un colpo delicato e preciso lo lascio penetrare fino in fondo.
Tu emetti un gemito di piacere, e sento i muscoli che si contraggono, per farmi entrare sempre più a fondo.
Apri le gambe Paola, lasciami entrare di più.
Sì Marco, sì….
Inizio subito a spingere, spingere, sempre di più. Tu mi assecondi muovendo il bacino.
Ti tolgo la benda. Voglio vedere il tuo piacere. Voglio che tu veda il mio.
I colpi si susseguono. Sempre più profondi. Sempre più piacevoli.
Mi fai godere Paola. Mi fai impazzire.
Mi fermo, ancora non è giunto il momento.
Mettiti a quattro zampe, lo voglio fare a pecorina.
Ubbidisci. Ti tiri su e ti giri, offrendoti.
Mi avvicino, e ti penetro. Due colpi e giungo alla profondità.
Ti muovi accompagnando il mio movimento, così che i colpi si facciano sempre più profondi.
Gemi, e i sospiri sono sempre più profondi, i colpi più secchi, il piacere più profondo.
Paola, questo è il paradiso. Io mi perdo. Non resisto. Impazzisco.
Ti butto a pancia in giu’ sul letto, spingo, continuo a spingere fino in fondo con ritmo forsennato.
Ormai sono a un passo dal punto di non ritorno.
Te lo confesso.
Tu mi fai scostare, ti giri, mi guardi sorridendo e mi afferri.
Mi avvicino e in un attimo mi libero in un’inondazione di piacere.
Guardi compiaciuta l’effetto che mi hai suscitato.
Oh Paola, mi sembra di essere decollato, per atterrare su un pianeta di estasi.
Mi lascio crollare sul letto esausto…beh forse non l’ho consumata tutta l’ora, ma ti lascio libera dalla penitenza.
Mi lasci senza parole: mi dici che quanto prima vuoi farne un’altra di scommessa…
Paola, cosa farei senza di te…
«sei il triangolo che gonfia i miei bermuda!»
«Lupo ululà, castello ululì...»
«adoro Marty, specialmente nel film Frankestein jr. dove interpretava Igor e disse la mitica battuta sulla sua gobba. "Quale gobba?"»
«Mi é piaciuto molto Bravo.»