La nostra vita sessuale scorreva assai tranquilla e ci scatenavamo in un’attività che poteva considerarsi soddisfacente in ogni momento della vita: dopo i grandi entusiasmi giovanili e le scopate senza limite che ci avevano visto protagonisti per lunghi anni, la nostra frenesia si era alquanto ridotta nel passare del tempo, ma aveva mantenuto una notevole densità e, per quel che mi riguardava almeno, una forte curiosità; negli ultimi tre o quattro anni, avevo manifestato spesso il desiderio di vedere mia moglie scopata da altri; di essere spettatore delle sue copule; o, nel caso, di godere del racconto minuzioso e particolareggiato soprattutto delle emozioni di lei; ma non avevo mai tentato di forzarla nella scelta: inizialmente, lei si era ribellata con forza alla stessa idea di tradirmi; ma un piccolo litigio che scattò due anni fa tra di noi, scatenò una sua improvvisa reazione che la spinse a lanciarsi nella prima esperienza di adulterio, con l’intento addirittura di offendermi o per lo meno di farmi un dispetto; quando registrò la mia immensa gioia di fronte alla sua rivelazione e la morbosità con cui la indussi a raccontarmi per filo e per segno tutta la copula anche nei particolari più intimi e scabrosi, si rese conto di quanto invece fosse reale il mio piacere di essere cornuto; decidemmo che potevamo anche farlo con metodo, per la gioia mia, che potevo soddisfare il desiderio di guardare lei che scopava con altri o almeno di ascoltare il suo racconto; ma anche per la gioia sua che, nell’impatto con un sesso tutto nuovo e profondamente diverso dal mio, aveva visto esplodere tutta la troiaggine fin lì soffocata.
Era successo infatti che, dopo una delle tante occasioni in cui avevo sollecitato che accettasse di scopare con un altro davanti a me che mi masturbavo, Silvia aveva deciso di darmi una brutta lezione: quella stessa mattina, sin da quando era al lavoro, mi cominciò a tempestare di telefonate e messaggini per parlarmi del suo collega giovane che da tempo cercava di scoparsela e che la tampinava in tutti i modi; in pratica, dalle comunicazioni che mi mandò, riuscii a seguire le loro schermaglie da quando uscirono dall’ufficio e lui la convinse ad andare insieme al centro commerciale, fino a quando lui la incantonò nei bagni del centro e la scopò in piedi, nella posizione classica per una sveltina.
Quando tornò a casa, con gli abiti alquanto gualciti e la figa ancora grondante dello sperma di lui, si lanciò in una pittoresca descrizione dell’avvenimento, con l’intenzione di nausearmi e farmi pentire di averlo chiesto; si trovò invece di fronte a me che sbavavo dal desiderio di sentire, di vedere, di toccare con mano se e come mi aveva fatto cornuto: mi disse che lui si era comportato quasi correttamente finché erano nei corridoi del centro; poi aveva espresso il desiderio di andare a darsi una rinfrescata e si erano diretti ai bagni; superata la porta comune, l’aveva guidata docilmente all’ala per le donne e l’aveva spinta in una delle cabine chiuse, la prima che trovò aperta con serratura funzionante; chiusa la porta alle spalle, l’aveva avvolta in un bacio cannibalesco, col quale sembrava volere divorare le sue labbra, le aveva infilato in gola una lingua lunghissima ed aveva cominciato a pomiciarla, accarezzandole i seni dopo aver aperto la camicetta, strusciandole sulla vulva il sesso ancora chiuso nei vestiti, palpandola in ogni dove e stimolandole una lussuria incontenibile.
Lei aveva ceduto immediatamente, assai più facilmente di come lei stessa si era sempre immaginata, ed aveva preso un piacere infinito dalla bocca che la perlustrava; dalle mani che le percorrevano le tette, le natiche, il ventre, la vulva; dal cazzo che si strusciava sul suo monte di venere scatenandole leggeri orgasmi; quando lui si spostò un poco per aprire la cerniera dei pantaloni, Silvia si trovò a decidere davvero se andare fino in fondo ed allungò la mano sulla patta, sentì la consistenza del cazzo attraverso la stoffa e, subito dopo, i venti centimetri di carne di quella mazza venivano avvolti dalla sua mano delicata che li coccolò con gioiosa partecipazione, dando il via ad una sega intensa con la quale muoveva avanti e indietro la pelle sul’asta, scoprendo una cappella che sentiva al tatto enorme, dolce, meravigliosa: cominciò a lacrimare dalla vagina umori d’orgasmo.
Lui le fece leggermente pressione sulle spalle e le indicò di accosciarsi; lei docilmente eseguì e si trovo di fronte ad una mazza che era assai più grossa di quella del marito: chiuse gli occhi, accostò la bocca e la fece penetrare lentamente fino in fondo alla gola; la fellazione non andò avanti per molto tempo, perché lui la bloccò per non sborrare immediatamente; lasciò che lei succhiasse ancora a lungo l’asta per tutta la sua lunghezza, la scopò un poco in bocca per farle sentire il piacere della copula orale e alla fine la fece staccare dal cazzo, la riportò in piedi, le fece sollevare una gamba sulla tazza del water e le infilò in vagina indice e medio della mano sinistra, mentre il pollice torturava il clitoride; Silvia urlò quasi, per l’orgasmo, e lui dovette baciarla in bocca, profondamente, per impedire che la sentissero da fuori; poi la fece girare, la mise a pecorina e le infilò di botto, a sorpresa, la mazza nella figa; lei riuscì solo a sentire il piacere montarle dalla figa fino a bruciarle il cervello; ebbe un orgasmo straordinario e non riuscì ad impedire che i suoi umori e la sborra che le scorreva dalla vagina inondassero le calze; preoccupata di questo aspetto, piuttosto che dell’adulterio in se, si spostò rapidamente e cercò di rassettarsi con fazzoletti umidificati che portava in borsa; rimediato alla meno peggio, se ne andò a casa.
Mentre raccontava queste cose, io la spogliavo delicatamente dei vestiti, accarezzandola dolcemente tra le cosce, sui seni, sulle natiche, baciando ogni centimetro della sua pelle: più lei si soffermava sulle emozioni che riceveva dal cazzo che fotteva la sua bocca, più io mi eccitavo e le strusciavo il mio sulla vulva eccitandola a sua volta: raggiunse un orgasmo mentre non l’avevo neppure penetrata; io invece, mi abbassai a leccarle la figa e sentii vivo il sapore dello sperma che ancora le colava dall’utero riempito poche ore prima dalla sborrata del suo collega; quando le infilai il cazzo in figa, in piedi, tenendole sollevata una gamba con la sinistra, non so chi dei due provò il piacere più vivo ed entusiasta: comunque, tutti e due esplodemmo in un orgasmo stravolgente: non ci fu neppure bisogno che parlassi per dimostrare che la sua scopata, così come me la stava raccontando, diventava uno stimolo irresistibile a me per arrivare al mio orgasmo ma anche a lei per partecipare del mio godimento e scatenare perfino il suo.
Sul racconto di quell’amplesso, che mia moglie riprese più volte, per mia richiesta o per sua autonoma decisione, per alcuni giorni scatenammo il piacere delle nostre scopate; e fu chiaro a tutti e due che sarebbe stato opportuno fare le cose con più metodo e più logica: ci iscrivemmo allora ad una chat per cuckold e con una attenta ricerca trovammo persone a modo con le quali lei avviò il suo processo di libera scopata e di adulterio autorizzato: la prima delle condizioni che Silvia pose, fu quella di avere garanzie assolute e totali sui partner, coi quali si rifiutava di usare preservativi e dai quali voleva farsi eiaculare in figa per non perdere il gusto determinante della sborra spruzzata in vagina; la pillola assunta regolarmente era la garanzia contro ipotesi di maternità indesiderate ed inopportune; l’altra condizione preliminare era che io non partecipassi mai ai suoi incontri con il bull del momento: stavo a casa aspettando che tornasse e mi raccontasse nei minimi particolari tutto quello che aveva fatto; di solito si tratteneva per tutta la notte in qualche bed and breakfast e tornava all’alba a casa, ben farcita di sperma dentro e fuori, ed io la ripulivo con cura ed amore.
Sostanzialmente, ebbe per un po’ solo 2 amanti fissi: io li conoscevo tutti e due personalmente e non passava giorno in cui non ci augurassimo il buongiorno; il primo, Armando, lo conobbe in chat e ne fu immediatamente colpita, oltre che per la consistenza del cazzo, che lui esibiva con giusto orgoglio - una nerchia di quasi venti centimetri della larghezza di una lattina, tutta vene e bitorzoli, che vibrava come scossa da elettricità, sopra due testicoli come grosse prugne contenuti in una sacca pelosa e ruvida -; anche e soprattutto per l’eleganza e il garbo dei modi che ne facevano un amante ambito e appetibile; fissarono di incontrarsi preliminarmente in un bar del centro, si piacquero a pelle e lui le propose di andare a rifugiarsi in un bed and breakfast poco fuori città, dove sapeva che si godeva di grande pace e serenità.
La loro prima scopata fu altamente emozionante per Silvia che, concretamente, per la prima volta in piena coscienza si concedeva un adulterio: quando lui la abbracciò e la baciò appassionatamente, sentì quasi sciogliersi il corpo in languore e lussuria, aprì la bocca e si lasciò penetrare dalla lingua di lui che la limonò abilmente fino a che dalla vulva sentì cadere una pioggia di umori di orgasmo che le inondarono il minuscolo perizoma e scesero lungo l’interno delle cosce fino a raggiungere le autoreggenti; per tutta risposta, afferrò il cazzo già duro come un palo, da sopra ai vestiti, e ne seguì con le dita il profilo per ammirarne la consistenza e il piacere della masturbazione; lui aprì la cerniera e lo tirò fuori; dopo averlo assaporato a mano piena, sempre lasciandosi succhiare la bocca nella bocca, scivolò verso il basso, si accosciò sui talloni e lo prese in bocca.
La prima emozione fu una sensazione di soffocamento: Silvia non aveva mai cercato di farsi entrare nella cavità orale una mazza cavallina come quella che aveva in mano e se la gustò con tutto, con gli occhi che la ammiravano, con la mano che la carezzava dolcemente seguendone il profilo e la consistenza, con la lingua che ne assaporava la delicata asprezza e la dolcezza implicita al precom che già compariva; infine, col palato e con la bocca tutta quando la mazza le ingombrò le labbra mentre affondava fino all’esofago e le provocava conati di vomito e blocchi di respirazione; ma lei si sentiva in paradiso con quella mazza in bocca, si martoriava un capezzolo per accentuare il senso di libidine ed infine si infilò una mano nella vagina e, mentre succhiava il cazzo con impegno, si masturbava alla grande raggiungendo un primo orgasmo; Armando si impedì l’eiaculazione, strappandola dolcemente dalla fellatio e stringendosi i testicoli con forza,fino al dolore che bloccò l’orgasmo.
Fece stendere Silvia sul letto e cominciò a spogliarla quasi con devozione; impiegò più di mezz’ora a ridurla nuda, supina davanti ai suoi occhi, col seno matronale appena appoggiato sui lati, il ventre piatto in piena evidenza e la vulva superba, completamente rasata, eccitata al limite; ancora procedette con voluta lentezza mentre le succhiava amorosamente prima i capezzoli ad uno d uno, poi l’ombelico ed infine il clitoride che tormentò con tocchi e carezze, prima di leccarlo intensamente e prenderlo in bocca per succhiarlo quasi come gli facesse un piccolo pompino; ma Silvia ormai smaniava dalla voglia di sentire quel cazzo nel suo ventre e quasi lo pregò di penetrarla, finalmente; lui lo fece con la stessa pacatezza che aveva messo in tutta la fase preliminare e fece in modo che lei avvertisse il cazzo che violava il canale vaginale centimetro per centimetro versando, ad ogni penetrazione successiva, fiotti di umori, di godimento, di passione; poi la montò con foga e metodo, rallentando i colpi e penetrando lentamente fino alla cervice, per poi scatenarsi in una breve cavalcata che mandava Silvia nel mondo dei sogni; quando arrivò all’orgasmo, lei stava già abbondantemente squirtando ed era fuori di sé per la lussuria, per l’emozione, per la gioia di godere tanto.
Armando la possedette per quasi tutta la notte, i tutti i modi e in tutti i fori, praticabili e non; le fece provare il cazzo in vagina, fino ai colpi più dolorosi contro la cervice dell’utero, nel culo che le spanò definitivamente, facendo penetrare la sua mazza nel retto fino a che scivolava avanti e indietro, dentro e fuori senza nessuno sforzo e senza nessun sentore per lei; le fece succhiare la nerchia fino a farle dolere le mandibole, se la fece leccare a lungo dappertutto, dai testicoli alla cappella, e in tutte le direzioni, in ogni movimento; la scopò tra le tette nella classica spagnola, la prese alla missionaria, a pecorina, a quattro zampe, in piedi, piegata sul lavandino, bagnandosi sotto la doccia; insomma, scoparono come non dovesse esserci un domani; ed in effetti l’accordo iniziale prevedeva un solo incontro; ma Silvia si sentì tanto coinvolta che immediatamente gli propose di incontrarsi ancora e, da allora fino quasi ad oggi, si sono incontrati regolarmente ogni due settimane scopando ogni volta con la stessa foga, con la stessa enfasi, con lo stesso entusiasmo di chi lo fa per l’ultima volta.
Come aveva deciso pregiudizialmente, Silvia respinse l’ipotesi di ricorrere a preservativi e lo fece sborrare ogni volta nel vivo della sua carne, nell’utero quando le veniva in figa, nell’intestino, quando sborrava nel culo e in bocca, quando lo faceva godere spompinandolo: in quel caso non rinunciava ad un golosissimo ingoio;l’ultima sborrata la fece scaricare in vagina, non si lavò dopo la scopata e tornò a casa con la figa farcita dello sperma di lui che io raccolsi con le dita e con la lingua, quando la masturbai, appena arrivò, e poi le leccai saporosamente la figa quando fummo sotto la doccia dove la scopai a mia volta e ci pisciammo addosso reciprocamente con grande goduria: Silvia scherzò sul mio cazzo che a quel punto le faceva il solletico, ma, essendo lei una che amava moltissimo anche masturbarsi e godere per titillamento del punto G, lo usava proprio per quella funzione che alla fine lo rendeva prezioso e valido come i cazzi più maestosi; naturalmente l’affermazione non poteva che farmi piacere e rese ancora interessante e, in qualche modo, eccitante il racconto della sua scopata che, per quasi una settimana, fu al centro dei nostri dialoghi e favorì le mie infinite masturbazione oltre a sostenere le grandi scopate che facevo con lei, che non mi aveva affatto soppiantato ma solo integrato.
L’altro suo amante fisso apparteneva al giro di persone che in alcune occasioni frequentavamo, per una grigliata, per una cena, per una serata o per una qualsiasi occasione utile per stare in amicizia e divertirsi insieme; Andrea era considerato da tutte le donne del gruppo un gran tombeur de femmes capace di prestazioni ultraspeciali per qualità e per durata nel tempo; Silvia non l’aveva mai preso troppo sul serio perché provava istintivo disagio con certe persone; quando però le si aprì l’orizzonte nuovo dei rapporti sessuali cuckold, Andrea assunse un alone di grande interesse e lei fece in modo che, alla prima occasione, una cena a casa di amici comuni, lui cadesse come preda ingenua nella sua trappola: dopo qualche sculettamento attraente come calamita, qualche strusciamento allusivo, Andrea era lì a sbavare dietro al suo seno, al suo culo meraviglioso, alla sua figura eccitante e ineludibile; lei lo tenne per qualche tempo sulla griglia poi, al primo ballo lento in cui lui la invitò, gli si strusciò addosso con tanta lussuria che alla fine lui dovette fare sforzi enormi per trattenersi dall’eiaculare in piedi nel vestito.
Io avevo osservato con profondo godimento tutta la scena della meravigliosa seduzione che lei aveva messo in atto e mi limitai ad accennare di si con la testa quando Silvia mi disse che avrebbe concluso la serata con Andrea al bed and breakfast dove già si incontrava con Armando; la salutai facendole appuntamento all’indomani mattina e me ne andai con la nostra macchina, in maniera che lei dovesse per forza farsi accompagnare da Andrea e portarselo in albergo come aveva determinato; il racconto di quella nottata fu per me motivo delle più belle seghe della mia vita, oltre al fatto che anche Silvia se ne trovò tanto presa che per moltissimi giorni ancora non fece che, in ogni momento libero, prendermi da parte, portarmi a letto e ripercorrere con me la scopata eccitandosi da morire e facendomi imbizzarrire come un cavallo finché la prendevo con tutta la violenza di cui ero capace e la scopavo alla morte.
Mi disse che Andrea non doveva invidiare niente al cazzo di Armando, perché il suo effettivamente era di classe superiore, per lunghezza, per grossezza, per articolazione in vari livelli che le producevano sempre nuovi sfregamenti e nuove emozioni quando penetrava in vagina o nel culo, addirittura in capacità di indurirsi fino ad essere di autentico acciaio capace di penetrare il culo più stretto, la figa più vergine, la bocca più restia; tenerlo in mano le aveva procurato emozioni mirabili di goduria, di libidine, di lussuria; prenderlo in bocca era stata un’autentica lotta tra lei e il cazzo, per farne entrare fino in gola quanto era umanamente possibile, sfidando se stessa a far arrivare sulle labbra i peli del pube, mentre il cazzo affondava nella gola; si era sentita aprire dalla vagina alla testa quando quella mazza spettacolare si era infilata, all’inizio garbatamene poi sempre con maggiore determinazione, nel canale vaginale arrivando a riempirlo tutto, a stimolarlo per l’intero percorso fino a sbattere contro la cervice dell’utero dove si era arrestato e dove, alla fine, aveva scaricato la più saporosa, lunga, densa e meravigliosa sborrata che lei ricordasse; si era sentita lacerare tutta, per tutta la schiena fino alla testa, quando quella barra d‘acciaio aveva forzato un ano già aduso a battaglie con i cazzi e a vincerle tute, assorbendoli dentro fino in fondo: più volte aveva dovuto invitarlo a fermarsi un attimo perché la mazza le sommuoveva il ventre, occupando troppa parte del retto, finché l’aveva del tutto dominato e aveva sentito i coglioni sbattere sulla figa mentre la mazza sfondava ancora un poco l’intestino.
La scopò, come lei voleva, per tutta la notte, fino al mattino, e glielo fece assaggiare dappertutto, tra le tette, sul viso, sul ventre, tra le braccia, tra le cosce insomma su tutta la pelle praticabile e sborrò almeno quattro o cinque volte, nella notte di scopate: due volte sicuramente in figa, una all’inizio e una al momento di salutarsi per lasciarla andare a casa con la figa farcita del suo seme, ma non ricordava se aveva sborrato una terza volta in figa, a metà nottata; due volte aveva goduto nel culo, nel corso della notte e tutte e due volte con sommo piacere e con abbondante sperma; una volta lo aveva sentito in bocca, perché ricordava con gioia il sapore dello sperma che poi aveva ingoiato; una volta tra le tette, ma era stato un giro tormentato, di passaggi vari tra tette, culo, figa e bocca.
Quando a casa mi raccontò lo sviluppo della serata in cuor mio mi incazzai un poco per aver promesso a Silvia che non avrei mai cercato di assistere o di partecipare alle sue scopate; se ascoltare mi procurava tanta eccitazione, tanta voglia, tanto amore alla fine, cosa sarebbe successo si mi avesse consentito di stare a guardare in silenzio, anche da un buco in una parete? l’ipotesi mi tormentava parecchio e mi misi in giro a parlare con amici per arrivare a trovare qualcosa che mi consentisse di ‘esserci senza esserci’; la soluzione me la fornì il garzone di un negozio che vendeva e curava apparati elettronici: parlando di sistemi di sicurezza elogiò delle microcamere che, piantate su un televisore confuse nella struttura stessa dell’apparecchio, rimandavano a un ricevitore distante immagini nitidissime e consentivano di girare filmati anche di ore salvabili su memorie esterne, chiavette o apparecchi per la registrazione; ne comprai uno e, conoscendo il numero della camera riservata per Silvia quando andava a scopare con i suoi amanti, fissi o occasionali che fossero, accordatomi col cameriere del piano, montai la webcam sul televisore in maniera che si potesse notare solo il verde del led acceso a cui nessuno però faceva caso e che segnalava il funzionamento della registrazione; nella camera a fianco attrezzai l’apparecchio per le ricezione che chiusi a chiave in un cassetto; mi accordai perché, quando Silvia prenotava la camera, riservassero a me quella a fianco; tornai a casa fibrillando per l’ansia della novità.
Mia moglie si era con estrema rigorosità organizzata per avere una scopata garantita ogni settimana, il sabato sera, per essere libera il giorno dopo, festivo; poiché incontrava i suoi amanti ogni quindici giorni, era in grado di evitare che coincidessero: un sabato incontrava Armando e quello successivo Andrea, scatenandosi con ambedue oltre ogni limite possibile fino alla domenica mattina successiva; quando tornava a casa, dopo i ‘nostri rituali’ di leccata e di lavaggio con pissing annesso, si faceva scopare anche da me con grande voglia e con immenso amore; qualche volta, però, la settimana le sembrava troppo lunga, specialmente quando particolari condizioni di enfasi, di gioia o, dall’altro lato, di noia, di tristezza, la portavano a sentire il bisogno di un cazzo che la risollevasse; li andava allora a cercare in luoghi particolari che si era costruita nel tempo.
Uno era quasi naturalmente la palestra che frequentava non molto assiduamente ma dove aveva avuto occasione di trovare qualche sveltina interessante con ragazzi ben dotati sia per il tono muscolare che per quello sessuale; nel caso di una crisi, prenotava al ‘suo’ bed and breakfast la solita camera, prelevava il ragazzo preferito in palestra e se lo portava a scopare nella sua garconniere privata; un altro dei luoghi privilegiati era un bar del centro, punto di riferimento per ragazzi molto interessanti, quasi tutti intorno ai vent’anni (quindi in linea con l’età di nostro figlio Marco) che erano sempre pronti a scapicollare anche a casa del diavolo se si trattava di andarci con una ‘tardona’ (o ‘Milf’ come era di moda indicarle, che significava al’incirca ‘madre che mi scoperei’) e passarci una notte intera a fare tutto quello che nel sesso era lecito ed anche illecito.
Il primo a capitare nella mia “trappola della webcam” fu il ragazzo palestrato che Silvia andò a recuperare dopo che ebbe prenotato la camera per la notte; immediatamente, mi mossi per andare al bed and breakfast ed arrivarci prima di lei. Mi sistemai nella camera che il ragazzo mi aveva riservato, presi dal cassetto il registratore e lo avviai; mi apparve immediatamente la camera, al momento completamente vuota, e ne approfittai per esercitarmi un poco con il telecomando per attivare il movimento e lo zoom; non mi ci volle molto, per prendere dimestichezza; e alla fine mi muovevo agevolmente in tutta la sala; li vidi entrare, già abbarbicati come due tralci d’edera e con le mani di lui che già pescavano sotto la gonna tra le cosce di lei che lo guardava quasi in trance e sembrava colare umori di orgasmo da tutto, dalla bocca semiaperta quasi fosse in debito d’ossigeno, dalle tette che pulsavano contro la camicetta e sembravano voler rompere la stoffa per spingere in fuori i capezzoli duri come sassi: addirittura, dalle cosce sembrava veder colare umori liquidi, ma era solo un’impressione; non era impressione invece il gesto di lui che, ritirando la mano dalla figa di lei, prima la annusò, poi la passò a lei che la leccò golosamente.
Già solo questi preliminari mi avevano fatto rizzare il cazzo al di là di ogni limite: lo tirai fuori, anzi mi spogliai completamente nudo, visto che ero solo, e cominciai a masturbarmi, mentre i due in videocamera si spogliavano e si stendevano sul letto; si mosse lei per prima e prese ad adorare un cazzo notevole, sui diciotto centimetri, leggermente curvo, dall’aria molto giovane; lei lo accarezzò amorevolmente per qualche minuto poi lo imboccò con decisione e diede inizio alla più saporita e lunga fellazione che lei avesse provato; era chiaro che per il ragazzo, se non era una novità assoluta, non era certo una cosa frequente: le sue smorfie segnalavano tutta la goduria e la libidine che lei riusciva strappargli dai testicoli, finché lui le urlò che stava per godere e Silvia dovette stringergli i testicoli fino a fargli male per evitare una troppo rapida conclusione.
Per non rischiare ancora, si stese supina sul letto, gli prese la testa e se la portò fra le cosce; la successiva mezz’ora fu una lunghissima leccata che il ragazzo, opportunamente guidato, fece su tutto il basso ventre di mia moglie, dedicandosi particolarmente alla vulva e al clitoride, che Silvia gli insegnò a leccare, mordicchiare succhiare e spompinare come un piccolo cazzo, all’ano, che perlustrò in tutte le pieghe infilando la lingua, sollecitato da lei, fino a farla entrare nel canale rettale, senza preoccuparsi se fosse o no pulito; completò passando a spatola, ripetutamente, su tutta la superficie dal monte di venere al coccige; dalla posizione in cui si trovava, prono dietro di lei accucciata gattoni, non capii se per iniziativa autonoma o per sollecitazione di lei, si sollevò un poco sulle ginocchia e infilò di colpo la mazza in vagina strappandole un leggero gemito, per un momento; cominciò a montarla con gusto ma, d un certo punto, Silvia lo fermò prima dell’orgasmo, lo fece rovesciare supino sul letto e andò lei ad impalarsi sul cazzo ritto verso il cielo; lo cavalcò per qualche minuto poi esplose in un lungo urlo di piacere, quasi disumano, qualcosa che comunque non avevo mai udito, e scaricò sul ventre di lui una pioggia di umori ed orina ma forse anche di sperma, perché lui urlando con altrettanta forza aveva raggiunto l’orgasmo e scaricato in lei uno tsunami di goduria.
A tutti e due servì quasi mezz’ora, per rilassarsi e ricaricarsi per l’assalto successivo; io mi scatenai nella mia sega personale fino a che sborrai con una violenza che non ricordavo.
La loro scopata durò tutta la notte; dopo la prima ora, quando ormai avevano percorso tutte le strade del sesso e si vedeva che accennavano anche a dormire, scaricai su memoria esterna il video, lo recuperai dal registratore e mi appisolai; credo di aver dormito profondamente; il resto me lo sarei guardato a casa, visto che il registratore aveva funzionato per la notte intera; mia moglie e il suo giovane amante occasionale non c’erano più in camera; entrai in silenzio, spensi la webcam, tornai nella ‘mia’ camera, chiusi a chiave il registratore, mi feci una rapida doccia rinfrescante e, rivestitomi, tornai a casa: mentre chiudevo la porta, squillò il cellulare: era mia moglie che mi chiedeva dove fossi; le dissi che ero a casa lei obiettò che dieci minuti prima lei era tornata e non m’aveva trovato, quindi era andata al lavoro e ci saremmo rivisti la sera; inventai che ero andato al bar per prendere un caffè e che avrei passato la giornata a riordinare le mie carte (i filmati delle sue scopate, naturalmente); le chiesi se ci fosse qualcosa che doveva dirmi; disse di no e staccai la comunicazione.
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Aggiunto: 4 anni fa
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Racconti Cuckold
«bel racconto»