La sensualità delle donne orientali è leggendaria. Fra tutte spicca quella delle donne afgane. Donne bellissime e piene di inventiva. Spesso nonostante la stretta sorveglianza degli uomini di casa riescono a soddisfare le proprie voglie.
Alla loro maniera.
!920... all'incirca...
Shakila.
Lei adora le storie che il poeta Rumi ha scritto ottocento anni prima nella sua opera intitolata Masnavi. Qui veramente la sensualità è usata come metafora per insegnare a non seguire quello che fanno gli altri, ma lei recepisce solo il lato sensuale, legge e rilegge e si prende il piacere solitario toccandosi per ore. Diventa languida e pigra. Giace sul letto scomposta, legge... e mentre legge porta la mano fra le cosce, si tocca lievemente... vuole far durare il piacere a lungo, anche per tutto il pomeriggio.
Legge dal Masnavi la storia della vedova e dell'asino.
""Una donna aveva un asino al quale era molto affezionata. Lo portava con se ovunque andasse e quello obbediva sempre ai suoi ordini. L'asino veniva trattato bene e foraggiato come si deve. Poi d'un tratto l'animale iniziò a deperire senza spiegazione alcuna. Dimagriva e non aveva appetito. La donna una notte andò in stalla e vide la proprio domestica sul fieno sotto l'asino. La domestica era incontentabile e per tutta la notte usò il povero animale. Fino a spremere ogni goccia del suo seme, usando bocca e mani per poi offrirsi e farsi penetrare a fondo, urlando e gemendo dal piacere e dal dolore. Questo notte dopo notte. La padrona guardava eccitata e incuriosita, la meravigliava quel grosso palo di carne che spariva fra le gambe della ragazza. Ne immaginava il piacere violento e presa da libidine volle provare anche lei. Mandò la ragazza lontano per alcuni giorni e si recò nella stalla...
Venne ritrovata al ritorno della ragazza... morta... sotto l'asino. La ragazza si accorse che non aveva usato la sua precauzione, infatti lei inseriva la lunga verga in una zucca per limitarne la lunghezza quello che restava fuori bastava e avanzava..."
Shakila e' sola in casa a parte le serve. E' giovane e ha il sangue che bolle, il marito Bibi Bul Khan, fratello di suo padre, è lontano. Deve consegnare una mandria di cavalli afgani a Lahore.
Shakila non ama il marito. Lo odia. Gli è andata in sposa da bambina, appena avuto le prime avvisaglie che era diventata donna. Il marito, fratello di suo padre, è anziano. I suoi lombi sono fiaccati dall'età e dalla vita passata a dorso di cavallo. L'ha deflorata rubandole nel dolore la fanciullezza e poi l'ha trascurata. Ha allontanato da casa i figli avuti dalle mogli precedenti e anche le loro madri ripudiandole, questo per gelosia e per evitare dissidi.
Shakila è ora l'unica moglie.
Shakila è donna. Il racconto letto le ha acuito il desiderio che ora è vera e propria lussuria e freme di curiosità, la curiosità che è della femmina.
Vuole vedere... vuole sapere.
Si leva dal letto e così com'è si reca nella larga corte di casa. Sente il suo miele che le bagna le cosce. Ne sente il profumo. Sembra sappia di burro speziato. Raggiunge la larga porta delle stalle e entra. L'odore di stalla le prende i sensi. Sente l'afrore del sudore degli animali. Aspetta che i suoi occhi si abituino alla semioscurità e si inoltra nella stalla.
L'enorme androne è semivuoto. Larghi spazi non occupati. Alcuni cavalli si muovono al suo passaggio... innervositi. Lei indossa una larga tunica di seta cruda e basta. Sente la pesantezza del suo seno mentre cammina.
Ad un tratto le si para davanti un'ombra, lei ne prende quasi paura ma poi riconosce Zahir il vecchio stalliere. Un uomo alto, canuto e leggermente curvo. L'unico uomo consentito nella casa perché ormai vecchio.
La interpella con deferenza... chiamandola Sahiba.
Chiede cosa cerca nella stalla la sua padrona. Lei gli risponde, chiamandolo "buon Zahir", di farle vedere gli animali, gli asini. Zahir si meraviglia le chiede se vuole invece vedere i preziosi cavalli arabi del suo padrone, lo sposo di Shakila, le dice che sono l'immagine della bellezza e della forza. La giovane donna ribadisce decisa... vuole vedere gli asini e il vecchio le fa strada.
La conduce ad un angolo della stalla, ci sono alcuni asini.
Lei si meraviglia, sono piccoli... le arrivano appena sopra alla vita! Come fanno ad avere una virilità così accentuata? Così come quella del racconto del poeta? Si piega su di un ginocchio per esaminare meglio il ventre dell'animale. Il vecchio stalliere allora capisce e le dice che l'animale è a riposo che bisognerebbe eccitarlo per poter vedere la sua verga interamente distesa. Shakila chiede come fare per eccitarlo e il vecchio le dice di toccarlo proprio lì. Accarezzarlo... scoprirlo, fare come fosse la verga del signore marito suo.
La donna pensa che al marito non gli raddrizzerebbe neanche con l'intervento di mille Urì.
Zahir porta un cuscino e lei si mette in ginocchio e lo accarezza. Si sente liquefare. Lo sente crescere sotto la mano e presto diventa una cosa talmente spropositata che la punta tocca terra. Nero... grosso, non durissimo ma tenace al tatto. Lo accarezza...passando leggermente la mano sul membro. Bagnati la mano... le suggerisce il vecchio stalliere e lei sputa ripetutamente sulla mano e la rimette.
E' tanto bagnata Shakila che il vecchio Zahir sente il profumo della sua conchiglia e sente rinascere il vecchio virgulto ormai rinsecchito. Sente una erezione, la prima dopo anni di nullità. Si sente chiedere alla sua bella padrona se vuole provare, se vuole provare la grossa verga nera dell'animale e la donna con la voce rotta gli dice di si...
Vieni bella Sahiba le dice l'uomo... inginocchiati, chinati sotto l'asino, mettiti come per farti coprire dal tuo signore e marito. Porta allora un tappeto e degli altri cuscini. La donna appoggia la testa, si alza la tunica e mostra il suo sedere opulento allo sguardo pieno di ammirazione di Zahir. Mostra le natiche tonde e lisce come raso. La valle profonda fra loro e fra le cosce la sua conchiglia ornata di riccioli neri.
Si offre Shakila... Zahir le dice di aprire un po' le gambe, prende con la mano la lunga verga dell'asino e inizia a strofinarla... prima fra le natiche, aprendole e stimolando il garofano nero del suo ano. Poi lungo lo spacco... a lungo, forza e apre le grandi labbra e passa la punta della verga sul grosso clitoride. Bagna bene la punta della verga... e poi lentamente l'infila. A fondo. Fino a quanto entra. Poi prega la sua dolce signora di muoversi, di spingere verso la grossa asta di carne. Di spingere e di ritrarsi mentre lui tiene la verga con la mano. Poi quando lei prende il ritmo, l'assiste prendendola per i fianchi e aiutandola a farsi penetrare completamente. Shakila inizia a godere.
Mai ha goduto così.
Orgasmi ripetuti, sempre più forti e lunghi. Non si accorge di urlare. Non si accorge che viene riempita di seme caldo. Più volte. Gode e nulla altro. Quando più tardi... Zahir leva la grossa verga si sente svuotare, è esausta. L'uomo l'aiuta a rimettersi in piedi. Le mancano le gambe dal godimento. Le viene da pensare al racconto del poeta, non  è certo necessario mettere quella zucca sul grosso bastone di carne. Lei non ha sofferto di nulla.
Guarda con gli occhi languidi dal piacere Zahir, lo ringrazia e gli raccomanda di non fare parola con nessuno di quello che è successo nella stalla. Il vecchio la rassicura, le dice che può tornare quando vuole, ma che ha una preghiera da farle. Lei gli chiede cosa sia e lui si alza la tunica, abbassa il pantalone e mostra una verga rigida, paonazza. La prega di dargli pace... che sono anni che non gode, che sono anni che non gli si raddrizzava così.
La bella donna gli chiede se vuole entrare dove è entrato l'asino e lui le dice di no, vuole la porta del paradiso... il suo nero garofano e lei glielo concede, per concederlo in seguito anche al suo amante... l'asino.
Morale.
Eh si... dato che è una fiaba anche se per adulti ci deve essere una morale.
Il poeta ha sbagliato.
Non sa che una volta provocata la curiosità in una donna non c'e' avvertimento che la possa far desistere dal voler provare.
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