Prima di uscire dall’ufficio, ricevetti la visita di Nicola che mi ragguagliò su tutto l’andamento delle nostre numerose imprese e si soffermò in particolare su quella che era di Renato: mi spiegò che, se guidata con determinazione e con polso, poteva essere una centrale di impulso per il resto; se condotta con indifferenza come avveniva in quel periodo, non era solo un peso morto ma un freno per tutto; lui era certo che, nonostante i gravi problemi, Renato fosse l’uomo giusto per quella direzione e che riattivarlo sarebbe stato solo un bene; gli chiesi quali fossero i gravi problemi ma non volle chiarire, anche perché gli avevo anticipato che avrei visto Renato e sua moglie la sera a casa mia; si compiacque per la scelta assai opportuna e mi spiegò che la sorpresa forse era nascosta in quella cena.
Andai a casa particolarmente incuriosito e, per strada, comprai dei fiori per Elena che era, si, la mia ex suocera, ma era anche e soprattutto una donna bellissima, più di sua figlia che era stupenda e aveva preso tanto da lei; ma soprattutto una donna di cui io ero stato sempre innamorato; se non fosse stata legata tanto a suo marito, forse avrei corteggiato lei e non sua figlia; ad ogni modo, misi da parte le mie personali considerazioni e mi preparai alla ‘sorpresa’ che ormai tutti aspettavano, anche Nicola; trovai i coniugi in cucina, con la tavola apparecchiata; lui si avvicinò e cercò di avviare un discorso, forse di scuse; lo pregai di dimenticare quello che era stato, perché volevo parlare con lui di futuro, non di passato; Elena sorrise sorniona; in cucina, era stata straordinaria, come sapevo; e ci beammo con le pietanze che aveva preparato per noi con grande abilità, ma anche e soprattutto con grande amore: dopo il dolce, Elena prese la bottiglia del cognac e ci fece trasferire nel salotto; ritenni che fosse mio dovere rompere il ghiaccio e aprire la strada.
“Senti, Renato; Nicola mi ha detto che hai un grande progetto per quella fabbrica che solo tu puoi dirigere utilmente: te la senti di riprendere il tuo posto e lavorare per noi, per me e per te che comunque mantieni i tuoi diritti sulla fabbrica?”
Mi fermò Elena.
“Enzo, prima devi sapere che la maledetta sera della litigata Renato stette molto male, ebbe un infarto assai duro e lo salvarono per un pelo: non morì ma porta segni forti di quella vicenda, della quale dobbiamo ringraziare Marina ma forse, più ancora, il nostro lassismo che non le ha fatto capire il senso del dovere e delle leggi, tant’è vero che ancora oggi si attacca ad un’idea favolistica dell’amore per imporre il suo libertinaggio … “
“Elena, per favore, è possibile evitare di pronunciare anche il nome di vostra figlia? Possiamo essere, stasera, solo noi tre?”
“Ed è di questo che voglio parlare con te; scusami se ti sembrerò brutale ma non amo i mezzi termini; Renato è uscito dall’ospedale molto debilitato: può fare il lavoro di direzione, ma solo se gli metti a fianco una persona di cui si fidi e che lo aiuti anche ad andare in bagno … “
“Ho sentito che hai parlato molto con Nicola: lui farebbe al tuo caso?”
“Mi stai chiedendo di tornare a dirigere la mia fabbrica con l’aiuto di Nicola? Si, si, si, anche gratis te lo faccio … “
“Il signor gratis è defunto e non ha lasciato eredi; avrai lo stipendio che compete ad un Direttore Generale … “
“Enzo, noi vorremmo, anzi no, noi vogliamo tornare a vivere qui, vicino a te, anche quando troverai una donna che ti ami e che sostituisca quell’imbecille. Ci fai stare nel nostro vecchio appartamento?”
“E tu ti prenderesti cura di me, meglio di quel che faceva la mia ex?”
“Adesso devo dirti qualcosa che potrebbe turbarti: nel caso avvertimi subito ed io mi taccio … Dopo l’incidente, Renato non ha più facoltà sessuali, insomma è impotente totale; noi due sappiamo che questo potrebbe pesare anche sulla nostra vita perché io ho bisogno di sesso e di amore; l’amore spirituale continua a darmelo mio marito: ci amiamo troppo per pensare di cambiare qualcosa; io gli appartengo e gli apparterrò sempre; ma l’amore fisico, il sesso, devo cercarmelo da qualche altra parte. Non voglio diventare una troia e cercare chi mi sbatta dovunque sia possibile incontrarlo; neanche affittare dei bull che mi possiedano freddamente, tecnicamente, senza umanità mi pare una strada percorribile; con Renato abbiamo concordato che, se trovo un uomo che ci convinca tutti e due, io posso dare amore a lui, come sempre, e sesso all’altro, se si accontenta solo della passione e non vuole nessun coinvolgimento amoroso che potrebbe danneggiare tutti e tre …”
“Elena, mi stai chiedendo di diventare il tuo amante con la benedizione di tuo marito?”
“Si, ci siamo parlati a lungo; so che sei sempre stato innamorato di me; ed io se avessi dovuto tradire mio marito l’avrei fatto solo con te; per questo ti buttai in braccio a mia figlia: Te la senti di vivere questa situazione di transfert?”
“Due domande: una a te, Renato. Sei sicuro di volere che io ed Elena dormiamo insieme sapendo che lei ama te anche mentre copula con me? Se sei sicuro, io non nessun dubbio; a te, Elena: capisci che io amo ancora Marina e che anche io opererei il mio transfert da figlia a madre? Se sai anche questo e sei convinta, tu stasera dormi con me, ami Renato ed io non maledirò in eterno Marina, ma ti darò tutta la passione di cui sono capace ... Siamo d’accordo? Allora prendete possesso dell’appartamento a fianco: è vostro ma condivideremo tutto, e lo faremo per noi e non per il tramite di vostra figlia.”
La sera stessa dell’intesa, i coniugi si ‘accamparono’ nell’appartamento che per mesi era stata la loro abitazione e che sostanzialmente non aveva subito modifiche durante la loro assenza; addirittura, fu possibile recuperare da qualche cassetto poche cose essenziali, slip e reggiseno per lei, slip e calzini per lui, coi quali poterono tamponare le esigenze dell’immediato; inoltre, poiché il guardaroba di Marina era intatto ed ancora riccamente fornito e poiché la madre aveva misure assai vicine a quelle della figlia, poté anche fare conto su una possibilità di truccarsi e di cambiarsi; per Renato, alcuni miei abiti risultarono idonei; in pratica, dopo la cena, telefonarono alla madre di Renato per avvertire che dormivano fuori, e, dopo qualche minuto a chiacchierare in salotto soprattutto dei progetti di lavoro che ci univano, i due si ritirarono nel loro appartamento senza aspettare il trasloco vero e proprio; io mi infilai nel mio letto e mi misi a leggere; riuscii ad udire persino il fruscio che Elena fece mentre passava per la comunicazione interna ed apriva delicatamente la porta della mia camera da letto.
“Ti spiace se vengo a letto con te?”
“Non dico che ti aspettavo, perché lo riterrei scortese e intempestivo, ma se pensi che ci speravo, sei nel giusto; ho proprio una gran voglia di riscattare anni di tormenti con una serata bella; Renato dorme?”
“Si, la sera lui deve prendere una medicina che lo fa dormire da otto a dieci ore: normalmente, in dieci minuti ronfa che è un piacere. Io invece non reggo più dal desiderio di averti fra le braccia.”
Salì con le ginocchia sul letto, io spostai la coperta e lei mi abbracciò con tutto il corpo: la reazione del mio pene fu immediata e durissima: in un attimo si erse come un obelisco dal ventre e disegnò una strana vela con il pigiama che avevo indossato; Elena afferrò il bordo in vita e abbassò il pantalone portando alla luce il mio strumento d’amore.
“E’ la prima volta che vedo così da vicino il sesso di un uomo che non sia mio marito: sai che mi fa quasi paura … “
“Sbagli; sembra minaccioso; ma se lo tratti bene è capace di darti gioie che neppure ti immagini.”
“Voglio sentirle tutte!”
Ed abbassò la testa a leccare la cappella che si aprì come un ombrello a coprire l’asta che era ora di venti centimetri e più, gonfia di sangue, vibrante di voglia e di piacere; le appoggiai una mano sulla nuca e la spinsi leggermente ad ingoiare la mazza: leccando laboriosamente prima la cappella poi l’asta che a mano a mano le scivolava in bocca, fece in modo che l’arnese, per quanto grosso e certamente nuovo per lei, entrasse in bocca per una buona metà; muovendo ritmicamente la testa, cominciò a masturbarlo con le labbra ed io sentivo avvicinarsi troppo rapidamente l’orgasmo.
“Elena, se vuoi che godiamo bene tutti e due, non insistere: mi fai eiaculare, così; ed io voglio prenderti prima almeno come prescrive il buon senso e la prassi.”
“Giusto, scusami, mi sono lasciata prendere dall’entusiasmo; mi vieni sopra?”
Si stese supina, mi ruotò verso di lei e mi collocò sul suo corpo, badando a fare sì che gli arti coincidessero per avere un’unione intensa e totale; sollevò la vestaglia da notte fin sulla vita, afferrò il membro e lo appoggiò tra le cosce, con la cappella quasi già in vagina; mi abbracciò, mi girò le gambe intorno alla vita e si spinse verso il mio ventre lasciando che il mio sesso avanzasse verso la cervice riempiendo il canale vaginale; la guardai negli occhi con grande passione e sembrò che lo sguardo fosse la spia dell’avanzamento del sesso in vagina fino all’utero: ci dicevamo con gli occhi il piacere che ci trasmetteva quella penetrazione lenta e decisa; ad un tratto vidi che chiudeva gli occhi e li stringeva come a fermare un’idea: ‘lo so, sono Renato, adesso’ le sussurrai; e lei in risposta ‘ed io posso essere Marina?’; sapevamo tutti e due che era così, che ciascuno stava dedicando la sua passione all’amore vero della vita, quello che non poteva avere per motivi particolari.
Cominciai a cavalcarla con foga, con passione, con desiderio; e sentivo che il piacere montava a tutti e due da tutto il corpo, non solo dai sessi compenetrati che si scambiavano umori e voglia, ma dai muscoli del corpo che si adattavano all’altro, dalla pelle che prendeva calore dall’altra, dal pensiero stesso dell’amore che ci esaltava e portava all’apice il godimento; non mi restò quasi il tempo di avvertirla che stava arrivando il mio orgasmo, perché fu lei a dirmi che stava per esplodere con un grido che era il gemello del mio, ‘Amore’; mi appoggiai sul suo corpo ed Elena mi accarezzò la schiena, strinse il mio petto sul suo seno, agitò lievemente il pube per prendersi fino agli ultimi fremiti del piacere che ci aveva procurato quel primo meraviglioso incontro.
Non fu che l’avvio; la notte passò quasi tutta tra coccole ed amplessi; la penetrai dappertutto e lei mi chiese ogni volta di più: non era fanatica del sesso, Elena; ma sentiva profondamente la comunione che quel rapporto esprimeva e ci dava modo di manifestare: per questo passò interi minuti a tenere la cappella in bocca, senza fare il benché minimo movimento per eccitare la mazza, ma solo, quasi, per sentire che quel sesso era suo, che poteva averlo se lo desiderava e che non le sarebbe venuto mai meno; per lo stesso motivo, amava tenere il sesso dentro la vagina, anche senza copulare, barzotto il minimo per non uscire, e non si stancava di sussurrare ‘mio, mio’, quasi avesse timore che da un momento all’altro posso vederselo sottrarre.
Era quasi l’alba, ormai, quando riuscimmo a prendere sonno e sapevamo che non ci sarebbe stata sveglia che ci potesse destare dal sonno pacificatore; io potevo andare in ufficio quando volevo e lei non aveva necessità di uscire di casa; sicché, fu Renato che si svegliò quando Nicola bussò alla porta come tutti i giorni; serrò più opportunamente la porta della camera dove io ed Elena dormivamo sbracati scompostamente sul letto disfatto, aprì all’amico, andarono in cucina per preparare il caffè, Renato spiegò che io ed Elena ieri sera avevamo un po’ bevuto e fatto tardi a chiacchierare, sicché non ci saremmo svegliati presto; ne approfittò per avviare con lui il discorso che più gli stava a cuore, la gestione della fabbrica in tandem tra di loro e la necessità di avviare presto un progetto di ripresa dell’attività per rimediare ad una stasi troppo pericolosa.
Nicola gli chiese se erano tornati a stare nell’appartamento vicino e se avesse bisogno di trasportare di nuovo cose dal paesello dei genitori in città; Renato gli disse che ne avrebbero parlato in fabbrica e avrebbero trovato un furgone per far spostare le poche cose nel vecchio / nuovo appartamento; intanto, sollecitava che cominciassero a lavorare; Nicola era felice della novità, anche se non riusciva a spiegarsi cosa sarebbe stato quando io mi fossi svegliato e non lo avessi trovato; ma Renato sembrava sicuro di se e lo trascinava con il suo entusiasmo verso il nuovo lavoro; Elena si svegliò prima di me, che le dieci erano passate da un po’, preparò il caffè e me lo portò a letto svegliandomi con l’aroma.
“Ciao, dolcissima; come stai?”
“Io semplicemente da dio; e tu?”
“Sono felice, di avervi di nuovo con me, di averti come amante nel mio letto e come amica in casa; per la prima volta da tanti anni sono veramente felice.
“Beh, tieni presente che anche io ho attraversato una tempesta non facile; ma da adesso voglio solo stare bene con te e con Renato.”
“Riuscirai un giorno a dirmi cosa ha combinato tua figlia e dove è finita?”
“Non vorrei parlarne molto; ti ho già detto dell’enormità che commise la sera che tu partisti e che mi costrinse a cacciarla via dalla nostra casa e dalla nostra vita; fortunatamente per lei, trovò ospitalità presso un ragazzo con cui era stata, credo il primo con cui ti tradì; adesso vive con lui ma è ancora più infelice di quanto temeva. Lei ti aveva accusato di essere presuntuoso e possessivo, troppo individuo alfa; e mi aveva confessato che tutti i suoi guai, tutte le sue stupidaggini erano cominciate da questa considerazione: si era messa in testa di piegarti ed obbligarti ad accettare un suo capriccio solo per amore: visto che non ce l’aveva fatta, aveva cominciato a caricare stupidaggini su stupidaggini, sempre inseguendo testardamente l’idea che ti saresti arreso e l’avresti perdonata solo per amore. In base a queste idee, aveva scelto di fare sesso con un imbecille individuo omega, il più debole e cretino e possibile, per trovare soddisfazione ad umiliarlo; si è accorta che si vergogna di se stessa quando infierisce sull’imbecille e darebbe la vita per essere picchiata da te: hai capito bene, vorrebbe che tu la picchiassi per potersi lamentare della tua violenza. E’ fuori di sé; addirittura dopo aver abortito ha fatto fare l’esame del DNA al feto ed ha scoperto che era figlio tuo, al cento per cento.”
“Cristo, ha ucciso mio figlio?!?!”
“Enzo, ti prego, non essere talebano; non ha ucciso nessuno: un aborto è assassinio solo in certi ambienti iperreligiosi; ha solo abortito, non ha ucciso e non ha voluto uccidere nessuno.”
“Ma ti rendi conto che se avesse fatto l’esame prima, io non le avrei consentito di abortire?!?!”
“Si; e, quello che è peggio, se ne rende conto anche lei. Adesso vive accanto ad un’ameba che le fa quasi schifo e per questo ancora di più lo maltratta; sogna di tornare con te, sa che non ce la farà mai e si abbrutisce come non puoi immaginare. Per favore, mi vuoi risparmiare questa pena? Soffro già abbastanza senza parlarne a te … “
“Ha ucciso mio figlio …. Maledetta … ha ucciso il mio amore … ha distrutto la nostra vita … “
“Enzo, ti prego NO NO NO NO non devi lasciarti prendere da pensieri negativi; non puoi arrivare a vendicarti ammazzandola; è mia figlia; se mi vuoi un po’ di bene, cancella questa ossessione.”
“Hai ragione, Elena, certe idee di morte devo abbandonarle; ma ti assicuro che sto tanto, tanto, troppo male … ”
“Posso in qualche modo aiutarti a stare meglio?”
“Sei qui; già questo mi fa stare meglio.”
“Grazie a dio; ci sarò sempre, ti starò vicino e ti amerò anche, per quello che ci possiamo consentire. Non ti propongo di farlo con me, il figlio, perché io sarei a rischio e forse non sono neppure in grado di farlo; ma vedrai che prima o poi troverai una donna da amare e dalla quale avere un figlio. Per me sarà un giorno brutto, perché dovrò rinunciare a te; ma per te sarà il momento della libertà e della famiglia, perché un figlio è famiglia, anche quando è una figlia difficile come la mia e con tutti i problemi che mi da.”
“E’ vero, spesso dimentico che Marina è comunque tua figlia e devi difenderla ad ogni costo perché sei anche una buona madre.”
“Vuoi affrontare la giornata di lavoro o preferisci crogiolarti nel dolore e nella compassione?”
“Stupida! Per questo anche ti voglio un bene dell’anima. Di cosa hai bisogno oggi?”
“In primo luogo, del permesso di usare quella carta di credito per fare le spese necessarie per casa; poi vorrei sapere come fare per farmi arrivare dal paesello le poche cose che ci sono; poi dovrei sapere i vostri tempi per fare bene il mio mestiere di massaia.”
“Primo, lasciami dire che ti amo quando fai così: parlerò a Renato e gli chiederò l’autorizzazione a dirti il mio amore in pubblico, senza toccare il suo amore vero; puoi liberamente usare quella carta di credito dell’azienda perché è la mia personale e non è soggetta né a verifica né a controllo. Ho visto che non avete cellulare, tu e tuo marito; comprali e fai caricare i contratti su quella carta; così saremo in condizione di comunicare, almeno; compra tutto quello che ti serve, non solo per la casa ma anche per te e per il nostro amore … “
“Pensi di avere bisogno di preservativi?”
“No, dolcissima signora; però se a lei facesse comodo qualche vibratore per sopperire … “
“Si vede che lei non conosce il drago nelle mutande del mio amore: spaventerebbe chiunque … “
“Vado a farmi la doccia o riprendiamo da stanotte? … “
“Fila in doccia: non ti accompagno per evitare tentazioni; quando avremo tempo, allora vedrai i giochini in bagno! … “
Da quella mattina cominciò uno strano menage familiare che vedeva Elena impegnata ad occuparsi di due amati, il marito a cui era profondamente legata e del quale si occupava con premura da infermiera oltre che con affetto di moglie; e l’amante, io, al quale si doveva dedicare, in effetti, solo nei momenti in cui si incontravano per amarsi, vale a dire ogni sera dopo cena: nonostante fosse oltre i cinquanta, Elena aveva energia da vendere e tutte le sere che dio mandava in terra era pronta e disponibile anche ad un solo cenno, per mettere a letto Renato e fiondarsi poi nella mia camera da letto dove non si stancava di amarmi in genere fino all’alba; per mia parte, scoprii all’improvviso una enorme voglia di passione, di sesso, anche ardito, di trasgressione, di diversità: il fatto era che Elena si rivelava ogni volta aperta a qualunque proposta, anche quelle che io ritenevo oscene; ed ogni volta mi trovavo a vedere la mia curiosità quasi infantile soddisfatta da lei che concedeva tutto quel che poteva.
Per due anni le cose filarono lisce come l’olio: l’accoppiata Renato - Nicola diede alla fabbrica che dirigevano un impulso che la portò ai massimi livelli nazionali; le mie aziende progredirono fino a darmi una ricchezza che io stesso consideravo spropositata; il nostro ruolo in città divenne di tale prestigio che tutti cercavano la nostra amicizia; in casa, poi, c’era un tale equilibrio di energie che alla fine tutti vivevano con gioia la loro realtà in sintonia con gli altri: Renato si abbarbicava all’amore di sua moglie come ad una sorgente di vita imprescindibile; Elena si divideva equilibratamente tra la casa, l’assistenza al marito e la mia camera da letto; Nicola era l’amico indispensabile ed onnipresente che aiutava, assisteva, consigliava, eseguiva compiti anche sgradevoli: insomma, si stava veramente bene ed era possibile superare anche piccoli screzi che potevano sorgere se, per esempio, Nicola si accorgeva di desiderare Elena e, non avendo capito bene quali fossero i rapporti in famiglia, non sapeva se dovesse preoccuparsi più di non offendere Renato o di non pestare i piedi a me; oppure quando a me capitava di voler parlare con Elena di un’idea pazza e di non avere il coraggio di esporla perché coinvolgeva tutti, come quella di andare con lei, una sera, in un privè (del quale ero anche il maggiore azionista) per sperimentare una sessualità diversa.
Lo spunto arrivò inaspettatamente proprio da Nicola quando mi chiese per l’appunto cosa pensassi di fare delle azioni di quella struttura che cominciava ad essere al centro di appetiti di varia natura, sia degli imprenditori che ne vedevano i possibili enormi sviluppi, sia dei puritani che avrebbero voluto combatterla come luogo di perdizione; la sua opinione era che le ipotesi di crescita fossero più chiare, specialmente se si trasformava decisamente in una Spa capace di offrire molti servizi oltre a quelli sessuali per i quali era predisposta; gli dissi che bisognerebbe prendere visione diretta del problema, se si voleva dare una risposta convinta; Elena che assisteva al dialogo osservò.
“Normalmente certi compiti li affidi ai tecnici; non è per caso che ti punge vaghezza di fare l’esperienza del privè e cerchi la scusa buona per farla con una valida giustificazione ufficiale?”
“E se anche così fosse? Tu ci verresti con me?”
“Of course, direbbe un americano; chiaro che si; il problema è se sei disposto a correre i rischi impliciti.”
“Io si; e tu?”
“Io non devo controllare la mia gelosia; tu piuttosto … “
“Decidiamo quando andiamo e chi va?”
“Tu puoi andare anche da solo, come single; puoi andarci con Nicola, come due single o come coppia di fatto, decidete voi; con me, se vuoi fingere di essere una coppia più o meno regolare; con me e con Nicola per avere una visione più chiara; solo Renato è fuori discussione … “
“Come mai sei così esperta? Hai fatto pratica?”
“Senti, allocco: le cose si apprendono anche per sentito dire e conosco molte persone che frequentano sia le Spa che i privè: smettila di gingillarti con le parole e decidi.”
“Va bene per sabato: mi preoccupo io delle prenotazioni; andremo io e te in coppia e Nicola da single.”
Quando la sera venne nel mio letto, sulla scia dei discorsi sulla visita al privè, Elena mi chiese cosa fosse successo nello scambio di coppia che avevamo realizzato con gli amici Eleonora e Riccardo; la domanda un poco mi sorprese, perché non sapevo che Marina le avesse parlato di quella esperienza; serenamente le dissi che avevamo avviato benissimo la cosa; poi mia moglie e il marito di lei, per un qualche motivo, non avevano trovato l’intesa, avevano mandato a monte il progetto e questo era stato elemento scatenante per la rottura dei due matrimoni; Elena formò un numero sul suo cellulare e a chi rispose si limitò a dire.
“Troia, sei stata tu a rompere l’equilibrio perché prima hai voluto lo scambio di coppia e poi Riccardo non ti andava più bene, non Enzo che ha rovinato tutto perché si è innamorato di Eleonora; quale è la verità? … Ah, povera imbecille, non ti andava di obbedire ed ora ti fa schifo l’ameba?!?! Meglio che non ti dico quel che penso di te: ormai è chiaro a tutti quanto sei sporca e stupida!”
Aveva parlato con sua figlia, che le aveva proposto la sua versione dei fatti, dicendo che l’avevo umiliata innamorandomi di Eleonora ed imponendole lo scambio con Riccardo che a lei non piaceva; aggiunse poi che, a suo avviso, il grave problema di sua figlia era il rapporto con l’autorità: aveva cercato di ribellasi al dominio economico e sociale del marito, senza fare niente per rendersi autonoma almeno col lavoro; lo aveva fatto nella maniera più infantile inventandosi che lui doveva coccolarla se la amava come diceva; aveva cercato la trasgressione come novità di vita; quando si era accorta di non essere convinta, aveva inventato di aver obbedito a un dictat del marito: per vendetta, lo aveva tradito; quando lui era andato via, si era scatenata in discoteca e, alla fine, si era scelto un compagno debole e senza personalità che adesso giudicava un’ameba da cui non poteva allontanarsi perché comunque non era economicamente autonoma; la pregai di evitare tante tristezze e la invitai a fare l’amore, cosa che ci riusciva meravigliosamente, anche due anni dopo, al punto che ancora non mi preoccupavo di cercarmi una compagna che sostituisse Marina, pur sapendo che i tempi erano maturi per costruirmi una famiglia ‘ortodossa’.
Il sabato successivo ci organizzammo per benino e praticamente Renato non ebbe problemi a restare da solo per poche ore, visto che uscimmo dopo cena quando lui era già sul punto di andare a letto; lungo il percorso, inevitabilmente, il discorso scivolò sugli incontri eventuali e sui possibili ‘incidenti’; Elena mi chiese se doveva attenersi a scrupolosi obblighi o se la trasgressione andava intesa in senso lato, in ogni direzione insomma; le chiarii che finché c’era razionalità, le cose scivolavano meravigliosamente: bastava fare scelte concordate per non incontrare difficoltà; brutalmente, mi chiese se mi avrebbe dato fastidio vederla fare sesso con Nicola, che era chiaramente innamorato lei e che lei guardava con molto interesse; ovviamente, le risposi che Nicola era la persona con cui più volentieri l’avrei vista fare non solo sesso ma anche l’amore, visto che il feeling tra loro era già notevole e poteva evolversi anche maggiormente; Nicola restava in quel silenzio che normalmente è consenso.
Alla reception ci accolsero con tutti gli onori e ci chiesero se avevamo precisi desideri; chiesi la camera privata dei vip e ci dirigemmo: era una sala ampia con al centro un grande letto, per almeno tre o quattro coppie, e molti finestrini sulle pareti intorno; alcuni bei ragazzi nudi se ne stavano alle pareti come manichini e tra loro spiccavano un paio dalla pelle assai scura e molto ben attrezzati; dissi a Nicola di spogliare Elena e lui lo fece con molto garbo: aveva solo una tunica che, sciolto un nodo, scivolò via facendo apparire nel suo splendore tutta la monumentale bellezza di un corpo giovane, tonico, ben tenuto e splendido dappertutto, dalle gambe lunghe e affusolate che sorreggevano fianchi scolpiti nel marmo con natiche morbide e consistenti che invitavano a palpare, al ventre piatto ed elegante, al seno prosperoso e decisamente ritto e superbo, al viso angelico con la corona dei capelli biondo cenere.
Suggerii a Nicola di distendersi supino sul letto e, quando fu sdraiato con il sesso enorme innalzato come un obelisco al centro del ventre, invitai Elena a montare su quell’asta e impalarsi in vagina: intuì le mie intenzioni e mi sussurrò ‘lubrifica, per favore’; le feci cenno di andare sicura; lei si calò su quella mazza con una lentezza persino esasperante: sentiva e ci faceva sentire i centimetri di carne che le occupavano la vagina, senza apparente sforzo ma con una libidine immensa; quando le grandi labbra picchiarono sulla peluria del pube di lui, la spinsi in avanti con le spalle, mi sistemai dietro, passai il gel sull’ano e sull’asta e la penetrai nel retto con molta lentezza e con immenso gusto: sentivo il sesso di Nicola fremere a mano a mano che il mio lo stimolava, sentivo gli umori scorrere dalla vagina incontrollati, vedevo il godimento sulle facce dei due e mi resi conto solo tardi che lei si stava abbassando, con evidente sforzo, fino a che la sua bocca afferrò quella di lui e si lanciarono in un bacio di una sensualità così spinta che godevo per loro tanto che l’eiaculazione mi esplose incontrollata e le riempì il canale rettale; ma lei quasi non se ne avvide e continuò a baciarlo con tanta passione che l’orgasmo esplose in contemporanea a tutti e due senza muoversi; mentre esplodevano insieme, sentii con chiarezza che Nicola le sussurrava ‘ti amo’ e lei che lo tacitava con rabbia per l’inopportunità della frase.
Mi sfilai lentamente dal suo ano e andai a sciacquarmi alla fontanella in angolo; mi rivestii e li avvertii che potevano anche fermarsi qualche tempo a dichiararsi il loro amore: non ero dispiaciuto, anzi ne ero felice e consideravo quell’amplesso il nostro saluto alla fine della storia; Elena si affrettò ad assicurarmi che non c’era niente di premeditato, che tutto si era evoluto di colpo in quella occasione; sorridendo con dolcezza le ribadii che faceva parte dei pericoli a cui avevamo accennato a casa e che ormai l’amore che Nicola provava per lei non poteva più essere soffocato: era un poco più anziano di lei, quel tanto che bastava a farne una bella coppia, era un uomo straordinario, era già affezionato a Renato; potevano facilmente formare una famiglia anomala, loro tre, e comunque non si perdeva la convivenza, perché Nicola poteva trasferirsi da loro e occuparsi del malato e dell’amata; io potevo essere certo di avere in casa, praticamente, persone che mi erano legate e alla fine, si trattava solo di cercarmi una madre per i figli che avessi voluto; li lasciai che si amavano e se lo dimostravano ed uscii nella sala comune.
(continua)
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