Torniamo a casa e Tina ci indica la camera degli ospiti; mi cambio rapidamente, indosso il pigiama e mi dirigo al bagno dove c’è già Nicla; di fronte ai miei orsetti, Tina scoppia a ridere e fa dei versi fanciulleschi.
“Nicla, la signora dei mutandoni ride del pigiama che hai scelto perché ti piacciono tanto gli orsetti disegnati.”
Le urlo da dietro la porta chiusa.
Mi risponde allo stesso modo.
“Ma dentro c’è il tuo sesso meraviglioso, quello che fa urlare le donne che lo assaggiano? … Allora lascia che rida: con quello dentro, è splendido anche il pigiamino con gli orsetti e non vedo l’ora di cavartelo per possederti tutto.”
Tina si rende conto della gaffe e, alla fine, sbotta una volta per tutte.
“Io faccio stupidaggini, che nascondo sotto stupidaggini più grosse da nascondere sotto stupidaggini disumane; poi emergono tutte come la cacca quando si scioglie la neve: lo ha detto Nicla; e tu adesso le perdoni tutto; a me non riesci a perdonare niente. Ma sei sicuro di avermi amato o sei stato lì a controllare ogni mio gesto per condannarmi?”
Istintivamente, l’abbraccio, la stringo forte a me e sento il pene rizzarsi contro il suo pube; le accarezzo il volto e sento che sta piangendo; raccolgo le lacrime con la lingua e poi gliela infilo in bocca, fin dove è possibile; comincio a pomiciare come se fosse la ragazzina del primo appuntamento; fa scivolare la mano nel pigiama, mi prende il sesso e lo accarezza delicatamente.
“Fammi fare l’amore con te, ancora una volta; fai finta che io sia tutta nuova e che tu ti innamori di me adesso come quella sera in pizzeria. Adesso veramente ti chiedo di amami e di dirmi qualche bugia ancora per una notte.”
“Mi spiace, non so dire bugie. Ti amo, nonostante tutto; ma non posso dire bugie.”
Sembra voglia entrare dentro di me, tanto mi stringe; e finalmente sento il suo amore, nei baci, nelle mani che mi accarezzano il corpo, nei capezzoli che si rizzano contro il petto quasi a forare la vestaglia e il pigiama, nella vulva che, sotto gli abiti, cerca il contatto col membro così separato e lontano: la conosco bene e posso registrare il suo piccolo orgasmo e la colata che certamente ne deriva; sento e so che in questo momento mi ama davvero.
“Lo sento che mi ami e il tuo amore carica il mio; non vorrei, perché ogni stilla d’amore per te è sottratta a quello che voglio dare a Nicla; ma so che anche lei ti ama e che così l’amore non si divide ma si moltiplica. La nostra storia è stata molto intensa ma, se ci pensi, anche tanto breve: come già ci siamo detti tante volte in questa breve intensa storia, innamoriamoci per questa sera; domani decideremo che fare della nostra vita; per il momento ti amo davvero come se fosse la prima volta.”
Nicla è uscita dal bagno e ci trova così abbarbicati; ci abbraccia tutti e due e ci bacia alternativamente sulle guance; fermo la bocca sulla mia e sciolgo dall’abbraccio una mano per prendere la sua vita e stringerla a noi, con passione infinta; Tina si stacca di colpo e va nel bagno; entro con lei, come sempre abbiamo fatto lì, per mesi, e mi metto a orinare in piedi, a fianco a lei che si strucca al lavandino; il tempo sembra essersi fermato e saldato all’improvviso con una delle tante mattine in cui occupavamo insieme il bagno e facevamo l’amore, lei piegata sul water ed io che la prendevo da dietro: inevitabile il groppone, al’idea che ci stiamo proprio dicendo addio in maniera definitiva.
“Una storia meravigliosa non dovrebbe finire così; forse sarebbe meglio persino scannarsi o almeno offendersi a vicenda.”
Nicla mi viene a strappar via prima che decidiamo di copulare in bagno, mi trascina sul letto di sua madre e mi spoglia completamente; si libera anche lei del pigiama e si sistema su di me, a 69, per succhiarmi il membro e darmi la vulva da leccare.
Uscendo dal bagno, Tina sale decisa in ginocchio sul letto, solleva la figlia dal batacchio e cerca di farla sedere sulla mia faccia; ma Nicla non vuole cedere il membro e invita Tina a spostarsi lei sul mio viso, per potersi venire ad impalare di vulva sul membro: provo disagio di fronte a queste manovre che danno l’idea della solita gara di bravura tra madre e figlia, piuttosto che di una seduta di sesso o d’amore; le ruoto di colpo e le faccio cadere ambedue sul letto; decido per una soluzione che mi piace molto e spingo la figlia a poggiarsi su sua madre, a 69, col sedere più in alto possibile: mentre si succhiano con voluttà vicendevolmente, mi pongo alle spalle di Nicla e le infilo di colpo il membro nel retto facendola sobbalzare: la reazione accentua il piacere di Tina che le morde quasi con ferocia la vulva; poi quasi rabbiosamente, sfila il membro dal retto, ribalta la situazione ed offre al mio sesso il suo, di sedere: la impalo senza esitazione.
Si va avanti così, per un paio d’ore, cercando tutte le soluzioni possibili del rapporto a tre; e mi rendo sempre più conto della mia difficile posizione tra due donne in gara: mi viene in mente un epigramma latino per il quale un’amante giovane strappava al suo uomo i capelli bianchi ed un’amante vecchia quelli neri, lasciandolo alla fine pelato; il mio membro è appunto alla mercé di due Arpie che pretendono ciascuna il suo piacere; col risultato che scappo in camera degli ospiti e mi metto a dormire respingendo tutti i tentativi di Nicla che vuole ad ogni costo farmi eiaculare ancora.
Le nove del sabato mattina non sono l’ideale per un appuntamento di lavoro; ma Brambilla ha fissato e mi tocca esserci, con Nicla, come lui aveva chiesto; ci apre una ragazza molto carina e ben ‘attrezzata’ che ci avverte che dovremo aspettare un poco perché il titolare sta definendo alcuni particolari; ci guida in un salottino e ci fa accomodare su un divano: si viene a sedere in mezzo a noi e fa in modo che la minigonna si sollevi al limite del perizoma che indossa; ironizzo.
“Sei il comitato di accoglienza?”
“Se volete approfittare, sono a vostra disposizione.”
Nicla è un po’ stordita dall’improntitudine; io meravigliato della volgarità del mio padrone: sarei anche sul punto di incazzarmi, se non fosse che Nicla, con una delle sue imprevedibili decisioni, ha già infilato la mano tra le cosce della ragazza e la sta masturbando con grande gusto di ambedue; Flora, la ragazza che ci ha accolto, mi apre la patta, insinua la mano e mi afferra il sesso che, naturalmente, risponde con una bellissima erezione; mi viene ancora da ironizzare.
“Non è il modo peggiore di cominciare la giornata!”
Nicla mi costringe ad alzarmi, fa stendere carponi la ragazza sul divano e prende a leccarle vulva ed ano: con un certo entusiasmo mi comunica che è strettissima, quasi verginale; mi sposto dall’altro capo e consento a Flora di prendere il membro in bocca e dare il via ad una succosa fellatio; quando la ragazza dà segno di aver raggiunto un potente orgasmo, soffocato solo dal membro ficcato in gola, Nicla con mosse decise la fa alzare, si scoscia sul divano, appoggiandosi in punta di seduta con le spalle alla testiera, e fa abbassare la ragazza a succhiarle la vulva.
Mentre ammiro la lingua saettare tra grandi labbra e vagina, le vado alle spalle e tasto la vulva stretta di cui mi ha parlato Nicla: devo convenire che è ancora abbastanza giovanile, la percorro con le dita fino al clitoride, mi chino un momento a leccare con gusto l’insieme, dalle grandi labbra fino al coccige e, quando mi rendo conto che la lubrificazione è alta, appoggio il membro alla vulva e spingo dentro; prima mi assicuro che sia protetta, poi comincio a pompare e sento che gode moltissimo: per essere una professionista ingaggiata per certi ‘servizietti’, dimostra una passione quasi eccezionale e, per i miei gusti, la lussuria che manifesta è il migliore stimolante: le scarico in vulva una tempesta di seme, mentre Nicla a sua volta urla come una bestia ferita mentre esplode.
Quando ci riprendiamo e ci ricomponiamo, Nicla fa a Flora la domanda che le urge da un po’.
“Fai la segretaria o sei una escort?”
“Sono impiegata come segretaria, ma il padrone sa che amo molto il sesso (qualcuno mi ritiene ninfomane e forse lo sono, in parte almeno); e quindi applico sul lavoro il mio piacere e faccio qualche ‘lavoretto extra’ per accontentare il padrone ma anche per divertirmi un poco, come è successo oggi con voi. In certi ambienti sono conosciuta come la regina dell’ingoio; ma è gloria locale, ben diversa da quello che gira in ambienti grossi come Milano.”
“Beh, in questo sono un poco più informata: sono stata per mesi la regina dell’ingoio a Milano.”
“Lo sapevo; ti conoscevo già; anche per questo mi ha dato ancora più gusto farlo con te e con il tuo compagno.”
Mi scappa di intervenire.
“Ma, di amore, nemmeno ne parli? Non dico provarlo; ma almeno parlarne … “
“Scherzi? Io sono fidanzata ed amo il mio ragazzo più di mia madre; ma i campi sono distinti: l’amore per noi, il sesso per gli altri.”
“Lo trovo un po’ macchinoso, ma ti credo e spero che lui sia concorde con te.”
“Lo è, credimi; il nostro amore è tanto più solido quanto più sono troia … “
“Contenti voi … Auguri.”
Chiudiamo il discorso giusto in tempo per ricevere il padrone di casa, accompagnato dal notaio che conosco.
Bastano poche firme e una lunga tiritera di enunciazioni per definire tutto: cedo al Brambilla il 20 per cento delle azioni in mio possesso; in cambio ricevo l’atto di proprietà della fabbrica e delle attinenze; il protocollo annesso nomina Nicla amministratore delegato e plenipotenziario con la clausola che sono valide tutte le operazioni a doppia firma e, per certi aspetti, quelle firmate da me: in caso di iniziative unilaterali di lei, l’operazione si annulla e il patrimonio investito passa su un mio conto separato; chiedo a Nicla se si rende conto di quello che sottoscrive e mi assicura che fa tutto in grande amore, senza problemi; le chiarisco che molte clausole possono risultare pericolose se viene meno il principio della fiducia e della lealtà; mi risponde che quella non verrà mai meno; le credo e firmo con lei; mentre stiamo lavorando, si affaccia alla porta dell’ufficio un impiegato che conosco, per averlo avuto come collaboratore nella ricerca; si rivolge direttamene a me.
“Giusto te: hai sentito che smantellano il gruppo di ricerca?
Guardo meravigliato il Brambilla che mi conferma con un cenno della testa; il notaio ci saluta e va via; entra subito dopo il legale della fabbrica milanese con un faldone; mi fa cenno che tutto è in ordine.
“Senti, Nicola, il gruppo c’è? E’ ancora disponibile a lavorare con me? Vuole fare grandi cose?”
“Carlo: chiedi e vedrai cosa sappiamo fare.”
“Bene; visto che Brambilla non ha più bisogno di voi, vi assumo io come gruppo di ricerca, ma non posso lavorare con voi: sono il padrone, purtroppo; anzi la padrona è lei, la mia compagna, ma io devo per forza dirigere. Ve la sentite di inventare un laboratorio di ricerca dove adesso c’è il nulla?”
“Dicci dov’è e cominciamo anche lunedì.”
“Abbiamo accesso a un enorme contributo europeo per un laboratorio nuovo e grande; l’avvocato ha tutti gli incartamenti e sono certo che ce la farete. Parla con lui anche dei dettagli; poi mi farai sapere. Adesso lasciami godere il nuovo ruolo di padrone, il peggiore che mi potesse capitare.”
“Se da padrone ti comporterai come hai fatto da dirigente del gruppo, il successo è già tuo, non ti preoccupare. Grazie da parte dei ragazzi e auguri per la nuova avventura.”
“Ah, senti, conosco un bravo ricercatore attualmente sottoutilizzato; se ve lo aggrego, ti prendi cura tu di testarlo e di farmi sapere se va bene per il vostro lavoro?”
“E’ un amico tuo?”
“E’ più di un amico; ma tu non devi tenerne nessun conto: se va, va; se non va, lo mando ad altro reparto
“Digli di parlare con me. Ciao.”
Brambilla è stranito.
“Che diamine è questa storia del contributo europeo per la ricerca.”
“E’ una piccola sorpresa che mi sono tenuto per me; se apri il computer alla voce contributi trovi che il nostro progetto è risultato il terzo in Europa per l’originalità; quindi ci assegnano un grosso contributo (si parla di più di centomila euro) per realizzare un nuovo laboratorio, che naturalmente farà parte delle dotazione della fabbrica milanese; ci muoveremo in molte direzioni. Inoltre, c’è nell’aria una diffusione del nostro progetto a livello internazionale e questo significherebbe altri soldi che entrano per il progetto.”
“Sei proprio un gran figlio di troia …”
“Mia madre è morta a meno di cinquant’anni per gli stenti sopportati per farmi arrivare qui. Non mi va di sentirla etichettata.”
“Scusa; ho usato una frase gergale senza pensare che potesse dispiacerti. Voglio dire che averti come concorrente e forse come avversario mi fa pensare che sarà dura.”
“E se invece provassi a pensarmi come alleato? Io di te ho tanta stima e fiducia perché possiedi una qualità che in questo ambiente è rara: sei leale. E adesso vado via a godermi il risultato,
“Ciao; a presto; signora, auguri per il suo lavoro e mi saluti la sua mamma.”
Usciamo quasi cantando; Nicla è particolarmente felice ed eccitata per la grande novità che le si prospetta e non smette di sbaciucchiarmi e di ringraziarmi per quello che ho fatto per lei; le raccomando di non farsi condizionare da sua madre nelle decisioni da prendere perché del suo fiuto non mi fido, pur riconoscendole grande abilità e capacità di manovra; ma soprattutto perché la sua smania di gareggiare con la figlia non si placherà mai e potrebbe danneggiarci; mi sorride rassicurandomi che non succederà niente e in questa atmosfera di gioia torniamo a casa da Tina che naturalmente ci aspetta sulle spine curiosa di sapere che cosa è veramente successo.
Nicla si precipita a raccontarle tutto e si sofferma particolarmente, come è giusto, sulle enormi competenze che le sono state assegnate. Tina si affanna immediatamente a suggerirle cosa fare; ma la figlia le risponde che ha bisogno di pensare a tante cose; prendo il telefono e, sottovoce, chiedo a Nicla il numero di Francesco; mi guarda con aria interrogativa; ribadisco la richiesta; lo forma lei stessa; risponde al primo clic e riconosco la voce.
“Ciao, Francesco, sono Carlo; si sono qui con tua sorella e tua madre; ora Nicla vive con me e forse diventerà la mia compagna, se già non lo è. Con Tina è andato tutto male e ci siamo lasciati: nessun problema. Senti, non ti ho chiamato per fare gossip familiare. Come va con il lavoro? Ancora peggio?! Stammi a sentire: tu lunedì mattina vieni all’indirizzo che ti mando, porti il curriculum tuo e quello di tua moglie, chiedi di parlare col direttore … Si, appunto, chiedi di parlare con me o con l’Amministratore delegato. Se le cose vanno come penso, tu vieni a lavorare da noi subito e tua moglie quando avrà partorito … non dire stupidaggini: lo stipendio sarà quello previsto dai contratti, con un occhio di riguardo al figlio e fratello dei miei due amori … Perché ridi? Tina rimane il mio amore perduto, anche se adesso sono tutto di Nicla … Ma vai al diavolo. Ti voglio bene, lo sai.”
Nicla è scocciata.
“Avrei dovuto farlo io.”
“Se lavori perdendoti nel gossip familiare, sarò costretto spesso a prendere le redini; ricorda che il protocollo me lo consente.”
“Sei sempre il solito; sempre pronto a cogliere gli altri in fallo. Ti senti infallibile?”
“Nicla, perdonami ma devo ricordarti che i contratti non sono ancora registrati; non mi costringere a chiamare il notaio per fare qualche correzione … Temo proprio di avere sbagliato ad affidarti tanta responsabilità; non mi pare che sei in grado di gestire certe emozioni.“
“No, ti prego, non dirlo nemmeno per scherzo. Mi sono sentita stupida e insensibile quando ho visto che facevi tu quello che avrei dovuto sentire io come primo obbligo. Perdonami; da lunedì sarò impeccabile.”
“L’altra volta che me l’hai detto sono stato felice di averti dato ascolto. Anche adesso sono felice di sentirtelo dire.”
“Pace fatta, allora?”
“C’è stata una guerra? Io non ho combattuto.”
Decidiamo di andare a pranzo fuori e, visto il successo della mia iniziativa, mi tocca offrire un pranzo all’altezza; andiamo nel ristorante più elegante sul lago, dove Tina è nota per il suo gusto raffinato e ci servono pietanze da leccarsi i baffi; subito dopo, torniamo a casa e andiamo a riposare; le due cercano nuovi approcci ma io mi defilo e vado a sdraiarmi nella camera degli ospiti; madre e figlia si lanciano in una vorticosa seduta di sesso selvaggio che le porta in meno di un’ora a sentirsi distrutte; Nicla viene a sdraiarsi vicino e me e comincia con le moine che, come so, preludono a discorsi delicati.
“Ho bisogno di fare sesso … “
“Io non faccio sesso, soprattutto con te, lo sai. Cosa vuoi?”
“Mamma mi ha parlato di un privè che conosce; io voglio copulare con un maschio subalterno. Tu sei troppo per me, prepotente, forte, determinato, possessivo; io voglio un ragazzo che si lasci dominare, che mi faccia sentire padrona di me, di lui, del sesso … riesci a capirmi?”
“Forse ti capisco; ma capisco anche che sto sbagliando tutto, a stare con te.”
“Perché? Sono leale, ti avverto prima e ti chiedo di essere con me mentre lo faccio.”
“Insomma cosa proponi?”
“Andiamo al privè, io tu e mamma; io copulo con un uomo come piace a me; tu copuli come ti va con chi ti va; al ritorno, sarà tutto passato e tutto come prima.”
“Come prima? Ne dubito; … comunque, se è quello che vuoi, andiamo e fatti questa tua copula; … poi però, ne accetterai le inevitabili conseguenze … “
“Va bene, allora. D’accordo? Si va a cena al club, poi al privè.”
“Fiat voluntas vestra; sia fatta la vostra volontà.”
Vado in bagno e mi porto lo smartphone: chiamo il notaio; fortunatamente mi risponde; gli do incarico di cambiare tutti gli accordi, di cancellare il nome di Nicla da tutti i documenti e di affidare tutto a me; fa qualche piccola obiezione, poi mi dice che verrà lunedì mattina in fabbrica per farmi firmare i nuovi documenti.
Mi sento un poco in colpa, per il gesto a tradimento; ma ormai so che con Nicla non è possibile nessuna pacificazione, anche perché alle spalle c’è Tina (c’è il suo zampino, in questa storia del privè); all’imbrunire si preparano e sono vestite da autentiche troie, d’alto bordo, ma troie; sono quasi stomacato, ma entro nel ruolo del pappone e me le porto in giro quasi con orgoglio; il club è elegante, con una cucina interessante; dopo la cena, le due si lanciano in seducenti movenze sulla pista da ballo e sono immediatamente circondate da giovani allupati; Nicla mi avverte che ci sono due ragazzi e la moglie di uno di loro che ci stanno a “giocare” con noi; hanno già preso una camera multipla solo per noi; saremo tre femmine e tre maschi: io potrò svariare tra lei, sua madre e la moglie dell’altro; la seguo a testa bassa, quasi mogio, come se la cosa non mi riguardasse affatto ma mi sto rodendo nella nausea e sto meditando di maltrattarle di brutto, mettendo in atto tutta la mia esperienza e tutta la rabbia di cui sono capace.
Quando siamo in camera, vedo che le mie donne aggrediscono immediatamente i maschietti e dimostrano quello per cui sono là: Nicla sottomette anche visivamente il marito di Nina, che intanto si avvicina e cerca di spogliarmi, mentre Tina si sta già scopando l’altro ragazzo, che presenta un sesso molto interessante; ascolto Nicla che impone al suo maschietto posizioni, movimenti e pose: gli dà ordini come ad un pupazzetto e lo possiede con gusto; impongo a Nina di spogliarsi e le urlo di stare attenta a come si muove, se vuole che io goda di lei: è tendenzialmente masochista e si muove molto aggraziata; a metà spogliarello le ordino perentoriamente di spogliarmi; esegue devotamente e spesso la rimprovero anche per niente: ogni volta si accosta più servile e devota.
“Adesso succhiami il membro fino a soffocarti; poi ci penserò io a trattarti come si deve; l’hai già preso dietro? No? Allora ci penso io … non mi interessa se non c’è lubrificante, godrai di più mentre ti sfonderò.”
Ha lo sguardo timido di una gazzella e questo mi eccita tremendamente: le lecco le tette bellissime, piene, carnose, dolcissime; e le succhio i capezzoli, ritti e grossi come fragoloni; glieli tiro e li mordo fino a farla lacrimare; geme di dolore ma mi incita a stringere, a succhiare; il marito è spaventato, ma lei lo rimprovera accusandolo di non averla mai fatto godere con le tette mentre adesso sta colando come una fontana; anche Nicla non mi riconosce e si ferma impalata a guardarmi, dimenticandosi di umiliare il ragazzo che vuole dominare; solo Tina continua imperterrita a cercare di svuotare il ragazzo che non ne ha più.
Rovescio Nina sulla schiena e le sbatto violentemente il mio organo, di stazza più che notevole, nella vagina ricettiva e con un dito le martello il clitoride; urla come un animale al macello e, quando qualcuno cerca di rivolgerle la parola, lo respinge accusandolo di interrompere una goduria infinita; la meraviglia è dipinta sui volti di Nicla e di suo marito; le impongo di badare alla sua goduria e di lasciarmi in pace; ci aggiungo un ‘troia’ che fa male più a me che a lei; Nina continua a colare e a chiedermi di possederla dappertutto.
“Sta zitta, stupida!”
La apostrofo e le ficco il membro in gola: lo prende e se lo fa sprofondare nell’esofago, con conati di vomito e principi di soffocamento.
“Adesso mi dai il didietro!”
“Mi squarti, con quella mazza, sono vergine.”
“Non lo sarai più fra poco; il piacere supererà il dolore; poi, quell’imbecille imparerà a non concederti a un mostro come me!”
Si dispone carponi, le sollevo il sedere e la lecco profondamente, spingendole la lingua nel retto: geme e gode,versando umori vaginali a fiotti; li raccolgo e li uso per accarezzare l’ano e penetrarlo con le dita: cede amorevolmente e sembra in attesa di essere violentata; accosto la cappella al piccolo foro grinzoso, ancora verginale e delicato, e spingo con forza: urla e piange dal dolore; Nicla si alza e viene in soccorso.
“Troia, fatti gli affari tuoi e vatti a far sbattere da quel mollusco; a questa meravigliosa femmina ci penso io.”
“Che vuoi, lasciami penetrare nel retto come aspettavo da tempo. Sfondami, arriva allo stomaco, riempimi; voglio sentirti tutto nel ventre!”
Non mi faccio pregare e spingo in profondità; Nicla sembra voler prendere i suoi abiti e andarsene; la fermo per un braccio e la sbatto violentemente sul letto.
“Te l’avevo detto che ci sarebbero state inevitabili conseguenze; l’hai voluto e adesso stai qui e assisti fino alla fine alla mia esibizione da maschio dominatore; hai già svuotato il poveraccio? Appallottalo e mettilo nel cestino; ma da qui non te ne vai finché io non avrò finito con questa signora. Capito?”
Abbassa la testa, sconfitta, e si sdraia sul letto; io comincio a cavalcare Nina, mentre le accarezzo con dolcezza la testa.
“Ti fa ancora male?”
“No, non più; ora è solo piacere; fammi godere, fammi godere tanto, ti voglio, ti voglio per sempre, voglio essere la tua vagina, il tuo retto, la tua donna. Stuprami ancora!”
Sento l’orgasmo che mi monta dentro; avverto che sto per arrivare.
“Aspettami, fammi godere ancora, sento che il retto vuole esplodere; aspetta che vengo di sedere, poi sbattimi dentro tutto il tuo seme.”
Le passo una mano sul pube e prendo a titillare il clitoride mentre la violento nel retto; sento che il suo fremito cresce fino al parossismo, si agita e trema come tarantolata poi esplode in un orgasmo anale che non vuole finire mai, mentre il mio le si scarica nell’intestino accentuando il suo orgasmo, il suo piacere, la sua goduria; crollo sulla sua schiena e la rovescio su un lato con me addosso, per non pesarle; Nicla è impietrita, lì a fianco; il marito in un angolo, piange in silenzio di fronte alla disfatta del retto di suo moglie che lui aveva sempre rispettato.
Quando ci siamo ripresi, lei avverte che deve scaricare almeno la vescica ed espellere lo sperma dal retto.
“Conosci la pioggia dorata?”
“Vagamente … “
“Vieni che te la insegno.”
Ho visto in un angolo una piattaforma da doccia con la doccia annessa; ci porto Nina che si tiene un dito sull’ano per non spargere sperma in giro; arrivati sul piatto della doccia, le infilo il membro barzotto in vagina e le chiedo di orinare in piedi; non ce la fa; spingo la mia vescica ed un primo spruzzo parte; quando tocca l’utero, comincia a scaricarsi anche lei e sento piovere sulle cosce orina e sperma che cade dalla vagina e dal retto; lei geme sul mio orecchio mentre mi abbraccia quasi con amore.
“E’ meraviglioso; non so spiegarti la sensazione; sento una lunga, infinita eiaculazione tua con un’altrettanto lunga, infinita colata mia. E’ stupendo copulare con te. Lasciami un tuo numero; voglio sentirti spesso dentro di me, il mio retto può essere solo tuo, ora!”
L’accarezzo con dolcezza e non rispondo; faccio scorrere l’acqua per levare il grosso e ci asciughiamo con tovaglioli di carta messi a lato; la bacio dolcemente sulla bocca, con amore, stavolta, e la ringrazio dell’immenso piacere che mi ha dato.
“Non ti lascio il mio numero, perché non avrebbe senso; domani torno a Milano; non tornerò forse mai più a Lugano; il ricordo ti dovrà bastare per rendere questa serata unica. Impara ad amare, per favore. Il sesso non basta da solo. Addio!”
Sta piangendo mentre mi allontano con le troie che adesso si sentono meno orgogliose ed arroganti e camminano quasi a capo chino al mio fianco; Nicla ad un tratto mi chiede perché mai con una sconosciuta ho praticato qualcosa che con lo loro non avevo mai tentato, orinare in vagina e farmi orinare sul membro.
“Io non sarò bravo come voi a fare sesso perché io so fare prevalentemente o solamente l’amore; ma se una sconosciuta mi offre il sedere vergine e se lo fa rompere senza battere ciglio, almeno un motivo per ricordare questa pazza serata glielo devo offrire; un passaggio di pioggia dorata mi è sembrato un giusto omaggio alla sua bellezza.”
“Ma ti rendi conto che adesso il suo matrimonio va in pezzi?”
“Se permetti, il matrimonio va in pezzi perché quell’imbecille ha portato una moglie col sedere intatto in un privè e l’ha ceduta ad uno sconosciuto che ha il bastone più grosso di lui e lo sa usare meglio. Quel matrimonio è andato in pezzi perché due donne hanno costretto suo malgrado un poveraccio ad assistere alle evoluzioni vendicative della sua compagna che non esita a farsi sbattere da uno sconosciuto e si offende perché il suo compagno decide di fare sul serio e copula con tutti i crismi. Quel matrimonio è andato in crisi per la supponenza e la presunzione di tre persone che hanno creduto di poter giocare con i sentimenti e la sensibilità degli altri ed hanno solo dato vita ad un episodio della loro lotta quotidiana per essere più bravi, più fighi, più forti. Chi sbaglia paga; ha pagato lui, per ora, avete pagato e continuerete a pagare voi, perché è vero che quel matrimonio è finito, ma i nostri rapporti non stanno mica tanto bene.”
Torniamo a casa, vado in camera degli ospiti e suggerisco a Nicla di dormire con sua madre: mi guarda con lo sguardo umido delle bestioline che ti fanno le moine per essere accarezzate; mi giro e crollo sul letto, nella mia rabbia per essermi piegato al livello più basso e volgare del sesso.
La mattina della domenica di solito è fatta per poltrire; ed io lo faccio molto volentieri, stiracchiandomi nel letto vuoto; poi capisco che è ora di alzarsi, vado in bagno e mi ristoro con una lunga doccia fredda; faccio tutte le funzioni che per un anno ho fatto in quel bagno e, ancora con il pigiama e le pantofole, vado giù, verso la cucina, per fare colazione; madre e figlia sono sedute al tavolo e fanno colazione in silenzio; Nicla lo rompe.
“Sai ancora fare tanto sesso, se vuoi.”
“Ti ricordi il discorso con Flora ieri mattina? Dov’è l’amore?”
Interviene Tina.
“Uffa, hai proprio rotto tu e l’amore.”
“Mi avete nauseato col vostro bisogno di sesso e di confronto. Io stamane torno a Milano; tu che fai?”
“Io vengo domani con mamma.”
“Attenta alle sorprese; se il privè non vi è bastato, domani ve ne accorgerete.”
“Che vuoi dire?”
“Nulla, così per avvisare; attente alle sorprese.”
Lunedì mattina, alle otto, sono al mio posto, in fabbrica; dopo dieci minuti la segretaria mi avverte che una persona chiede di me: è Francesco; dico di farlo entrare e dopo poco sono davanti a me lui e sua moglie col pancione; li faccio accomodare; avverto Francesco che le novità non gli sono favorevoli; gli chiedo se ha già lasciato il posto di lavoro; fa una faccia multicolore e sembra chiedermi che succede.
“Senti, amico carissimo, purtroppo tua sorella e tua madre hanno rivelato ancora la loro vera immutabile natura di troie ambiziose; in altre parole, l’idillio tra me e Nicla è già concluso; si è rivelata inaffidabile, sleale e succuba della madre che non ammette concorrenza. Io resto sempre convinto che voi potete lavorare con me; però avere rapporti familiari con una pessima concorrenza, crea problemi.”
Risponde la moglie che io neppure conosco ma che mi ispira fiducia.
“Carlo, io non ti conosco e conosco poco anche mia suocera e mia cognata; però conosco Francesco e so che è la lealtà in persona. Se te la senti di rischiare con uno che ti è stato e che ti è amico, Nicla, Tina e Francesco sono uniti da un vincolo di sangue ma non sono la stessa cosa.”
“Francesco, tu sei esperto di ricerca o mi sbaglio? … E mi risulta che conosci Nicola … è vero? … Allora va al reparto ricerca, parla con lui e organizzati; da oggi cominci a lavorare con lui; per tua moglie dobbiamo aspettare che nasca il bambino per cercare l’incarico che le si confà. Possiamo rimanere intesi così?”
“Va bene; ti prego, credimi, ho già dovuto fare questa scelta dolorosa; voglio bene a mamma e a Nicla; ma voglio bene soprattutto a mia moglie e alla prospettiva che rappresenta. Sarò l’amico di sempre, oltre che il dipendente di cui puoi fidarti.”
Proprio in quel momento si ode un certo trambusto all’ingresso: una guardia di vigilanza mi avverte che due signore fanno storie per entrare e risultano indesiderate; gli dico di farle scortare al mio ufficio e di non usare i guanti bianchi.
“Carlo, per favore, cerca di usare tutta la tua pazienza e di aggiungerne ancora: considerale malate di onnipotenza.”
Entrano le signore con scorta; Francesco e sua moglie escono e non le salutano, né ricevono segni di amicizia dalle due; in quello stesso momento entra il notaio, si siede e con voce molto professionale esordisce.
“Signora, mi duole avvertirla che i patti sottoscritti sabato sono stati invalidati, sicché Lei non è più nell’organigramma dell’Azienda.”
“Notaio, mi dia le carte da firmare e chiudiamo questa vicenda assurda.”
Faccio segno ai vigilanti che le accompagnano fuori; quando il notaio esce, le due chiedono di rientrare e le faccio passare.
“Insomma, perché mi hai trattata così?”
“A voi piacciono le sfide, io cerco l’amore.”
Tina scoppia a ridere clamorosamente.
“L’amore, l’amore, ma chi è che si innamora oggi? Gli illusi e i falliti come te. Chi vuoi che si innamori di te?”
“Io, per esempio!”
A parlare è stata la mia impeccabile segretaria; resto di sasso io per primo.
“Rachele, ma che dici, tu innamorata di me?”
“Se è vietato, scrivilo su un cartello dietro la testa perché mi risulta che ci sono tante donne che ti adorano che potresti avere un harem.”
“Ma che dici? Innamorata? Infatuata, ti crederei; entusiasta, è possibile; ma innamorarsi è un verbo assai impegnativo!”
“Come pendere dalle tue labbra qualunque cosa tu dica? Come guardarti negli occhi sperando di leggerci quel lampo che ti dia il senso di non esserti estranea? Come cercare il più piccolo contatto con la tua pelle per sentire una briciola del tuo calore? Come starti a fianco adorandoti e sapere che la tua compagna non è proprio un modello di buonsenso e non sbatterla via a calci e saltarti addosso? Io lo so cosa significa; lo provo, l’amore, e tu puoi vietarmi tutto ma non questo. Adesso, se lo ritieni, licenziami.”
“Due cose: tu sei fidanzata; come vivi questa doppiezza? Se mi ami, saresti poi disposta a fare l’amore con me? Se ti invito a cena e al dopocena, come reagisci?”
“In ordine: il mio fidanzato sa che sono innamorata di te; accetta la situazione perché gli ho promesso che prima di lasciarlo gli parlerò a cuore aperto. Voglio fare l’amore? Dimmi di si e lo facciamo qui, sulla tua scrivania, per terra, davanti a queste signore; io non scherzo con l’amore. Vuoi portarmi a cena e farmi fare l’amore: se non scegli un posto dove i miei abiti ti farebbero sfigurare, vengo anche subito e non solo a cena ma anche all’inferno.”
“Questa è una carta di credito dell’azienda: vatti a comprare il più bel vestito nell’atelier qui a lato, non guardare i cartellini e compra tutto quello che può fare della tua enorme bellezza una meraviglia della natura; compra anche un abito da sera per me che non ce l’ho; prenota da “Maxim” e stasera sarai la mia regina.”
“Posso prenderti sul serio?”
“Rachele, questa frase l’ho detta molte volte nella mia vita; ma è la verità, credimi; questa sera e fino a domani mattina io sarò totalmente, profondamente, convintamente innamorato di te; anzi, diciamo che il mio amore crescerà in proporzione col tuo; domani mattina tu sarai la segretaria e io il principale, ma avremo nel cuore e nel ricordo una serata da re e regina.”
“Dove possiamo cambiarci?”
“Nel mio appartamento a lato. Vai.”
Mentre Rachele esce, entra Francesco che ha incontrato Nicola; accarezza il viso impassibile della madre e le fa “ciao”; poi si rivolge a me e mi comunica che con Nicola sono d’accordo che valuteranno insieme il progetto assai importante; ancora mi ringraziano, cerca di parlare con la sorella che vede piangere in silenzio; lei rifiuta.
“Siamo al convegno dei falliti: la segretaria innamorata, il fratellino fallito, che altro ci riserva il grande condottiero?”
“Mamma, ti prego, non essere ancora più stupida e volgare di come ti sei fatta riconoscere.”
“Lascia dire, Nicla; la sconfitta fa male a tua madre più delle mazzate; e tu ti stai avviando sulla sua strada; se non ti fermi, sei già fallita. Ti rendi almeno conto che adesso devi fare una scelta che per te è molto pesante?”
“Che scelta?”
“Dove andrai adesso? A Lugano, dove tua madre ti tiranneggia volentieri? A casa mia dove ho dato appuntamento ad una ragazza innamorata come io desidero? Sotto i ponti? Su un marciapiede? Hai perso; se non accetti la sconfitta, perdi ancora. Fammi sapere dove vai, perché devo fare anch’io le mie scelte.”
“Sei innamorato di Rachele?”
“Sono stato chiaro come sempre, come con Tina, come con te: stasera la amerò con tutta l’anima; se dovessi rimanerci impigliato, non mi pentirò e la scelgo come compagna; se mi basterà una notte (una noche mas, ricordate?) domani sarò lo stesso di oggi di sempre.”
“Tu cosa desideri?”
“Innamorarmi di una che non mi pugnali alle spalle, al primo desiderio di copulare.”
“E se lo avessi fatto per registrare la tua gelosia, senza scuoterti?”
“Saresti stata al solito incapace di leggere le persone: quando ti ho detto che dissentivo dalla tua scelta, parlavo per gelosia, oltre che per buonsenso; tu hai voluto leggere a modo tuo e non hai visto neppure la gelosia nascosta nella rabbia con cui martoriavo quella povera ragazza che in quel momento rappresentava te, anzi voi due, perché facevo a lei il male che voi due meritate. Adesso, per favore, mi dici cosa vuoi fare o dobbiamo sempre pendere dai tuoi dubbi e dalle tue incertezze?“
”Nessun dubbio, nessuna incertezza: sei il mio compagno e non ho bisogno di essere capitana d’industria per vivere il tuo amore; ti amo, anche se non te lo so dire; merito esattamente il male che hai fatto a Nina. Io sono alla canna del gas: chiedimi di elemosinare una carezza; calpestami: non cacciarmi via; non ho nessuno a cui appoggiarmi; voglio stare con te finché mi reggi.”
“E tua mamma?”
“Sei maledettamente severo e realista; finché ero una pedina nel suo gioco di potere, mi coccolava e mi aizzava contro di te, fino al club privè; adesso già prende le distanze pronta a scaricarmi; non mi accetterebbe più, ora, in casa sua.”
Quasi evocata, rientra Tina che si era allontanata; e fa cenno alla figlia che deve andare.
“Nicla, quando siamo andati su a Lugano, tu dovevi firmare con Brambilla un contratto da segretaria che io rifiutavo perché ti vedevo più in alto di Rachele; oggi posso proporti un contratto da segretaria perché vorrei garantirti un lavoro anche nel caso che dovessi cedere l’attività come fece tua madre; accetteresti una poltrona come quella di Rachele, al servizio di un capo, subalterna ad un maschio arrogante e maschilista o cercheresti un altro privè per rifarti?”
”Mi offri un lavoro?”
Tina è sul punto di esplodere; tira per un braccio la figlia e l’avverte che va via, si augura di rivederla presto; intanto rientra Rachele che mi fa segno che tutto è a posto.
“Carlo, perché giri il coltello nella piaga del privè?”
“Primo, perché è la ferita più recente e ancora sanguina; secondo, perché è nata dalla tua dichiarazione che non sopporti la mia personalità che hai definito maschilista; terzo, perché è uno dei tanti suggerimenti pericolosi di tua madre; quarto, perché sono stato più sporco e volgare di voi; quinto, perché mi sono abbassato a gareggiare con due troie. Quanti motivi vuoi per convincerti che mi hai ferito a sangue e che la ferita non si rimargina, che per quello che è successo ho bisogno di respirare tanto amore, adesso; e non so neppure se sia giusto che io coinvolga una brava ragazza in questa stupida diatriba. Scusami, Rachele, se parlo così brutalmente; ma forse è un bene che tu sappia prima tutta la verità.”
“Posso interferire in questioni che non sono mie? … Grazie per la brava ragazza, ma solo se non significa scema: io ho scelto di innamorarmi: niente di nuovo sotto il sole; vedo che anche Nicla si è innamorata ad un certo punto e, prima di lei, anche sua madre. Loro, tutte e due, hanno tradito la tua fiducia e hanno fatto discorsi e gesti assurdi. Io da sempre condivido segreti che non devono uscire; ma non ho avuto, non ho e non avrò mai una frase o un gesto assurdi; sono leale con chiunque mi frequenti, da amico, da collega o, perché no, da amante: ho già avvertito il mio fidanzato che stasera sarò la tua regina; non mi va che una malalingua glielo riporti; se vuole lasciarmi per questo, addio; se mi consente questo margine di autonomia, lo amo anche di più. Se mi innamorassi di te sul serio, il primo a saperlo saresti tu. Se però accetto che tu sia il mio fidanzato, il mio compagno, il mio amante, io non farò mai niente che sia contro di te, solo per ingelosirti o perché mi piace farti soffrire. Il mio abito da regina è pronto; anche il tuo abito da principe. Vuoi ancora recitare questa sera?”
“L’unica verità che posso testimoniare è che questa sera non reciterà un bel niente: sarà innamorato di te, profondamente. Se scavando dentro di te troverà una stessa profondità, ti diventerà indispensabile per vivere e, se non ti controlli, arriverai a odiarlo come me. Storia di un amore vissuto.”
“Io lo amo da almeno un mese in maniera dolce, tenera, infantile; stasera voglio vivere la favola della ragazzina che diventa regina; poi voglio sentire la sua mascolinità penetrarmi dappertutto e mi domanderò se voglio piegarmi a lui fino ad adorarlo; se voglio essergli a fianco ricordando un bel momento ed aggrapparmi alla mia vita per sopravvivere o se voglio essere spettatrice distaccata di un grande trionfo. Questo lo deciderò dopo che lo avrò sentito dentro di me; ma una cosa è certa: non combatterò né contro lui che mi sventra né contro il mio corpo che si fa sventrare. Lo accetterò come il respiro che mi tiene in vita, come le mestruazioni che mi fanno femmina, senza guerre e senza corazze. Storia di un amore che voglio inventarmi da questo momento.”
“Bella, questa dialettica tra due donne che si spartiscono le spoglie del mio orgoglio maschilista; però, cara Nicla, ammetterai che è assai più bella, significativa e intrigante della lotta tra due arpie che si contendono la mazza non per amore ma per essere più brava.”
“E’ stato anche questo che ha ucciso il nostro, diciamo, idillio?
“Ho visto male? Non ho capito l’amore che vi animava? Forse ho sbagliato io a valutare la vostra sensibilità?”
“No, tu sei sempre maledettamente chiaro e preciso. E’ vero: io e mamma ci siamo battute a chi sapeva soddisfarti meglio; e, per scegliere il meglio, abbiamo optato per il peggio. Credi che riusciremmo a fare l’amore in tre, io tu e Rachele?”
“Perché lo chiedi?”
“Perché non credo che stasera la porterai in uno squallido hotel: non è da te; hai troppo vivo il senso del sentimento e il rispetto della sensibilità per esporre una ragazza alla gogna della reception; ma io ho bisogno di un letto e ho deciso che occuperò proprio quel letto dove voi farete l’amore, che tu mi voglia o no. Ci sarò anch’io?”
“Hai finito di attaccare il carro davanti ai buoi? Io stasera farò l’amore con Rachele ma con modi e forme che non so immaginare; non avrò bisogno di imboscarmi. E adesso dimmi solo se accetti un contratto da segretaria: ti ho posto la domanda prima che tua madre andasse via; tu, come al solito, hai distolto l’attenzione su Rachele, arrivi a chiedermi se dividerai con lei il mio letto e il mio amore e non mi dici se vuoi condividere la sua scrivania in questo ufficio. Allora, che decidi?”
“O questo o la morte civile? Io non sono Rachele, non so tenere un segreto, non so amare in silenzio, non so rispettare gerarchie: cosa credi che potrei fare se non danni?”
“La tua autostima, evidentemente, è ai livelli più bassi, oggi. Vuoi che ne riparliamo un altro giorno? Io mi metto a lavorare, fino a stasera. Rachele, con te ci vediamo a casa per farci belli per la cena e il dopocena.”
La giornata è piena e frenetica, ma alla fine si riesce a dare un assetto a tutto; all’imbrunire, decido di smettere e di dedicarmi a me stesso: la scoperta di Rachele innamorata mi ha sconvolto; ma me ne rendo conto solo alla fine, quando, deposti gli oneri del lavoro, la mente si dedica alla serata e mi chiedo quanto voglio rischiare in questa nuova storia, mentre ancora cerco di valutare le macerie di quella appena finita.
Arrivano insieme (e dovevo aspettarmelo) e Rachele è stata già dal parrucchiere che effettivamente le ha sistemato meravigliosamente i capelli: è più che bellissima, è da infarto; la fermo per un momento e mi ci pongo di fronte; non c’è bisogno di parole: mi passa le braccia intorno alla vita, si appoggia a me e abbandona la testa sulla mia spalla; con un dito le sollevo il viso e mi immergo nei suoi occhi azzurri così profondi; guardo con amore la sua bocca carnosa e mi abbasso a baciarla: apre le labbra e mi si offre con intensa emozione: sento gli uccelli cinguettare, le farfalle ballarmi nello stomaco e le stelle esplodermi davanti agli occhi; è un bacio unico, casto addirittura, che non ricordo di avere scambiato se non sulla spiaggia, anni fa, con la prima fidanzatina; ci svegliamo dall’incanto e ci sorprendiamo abbracciati.
“Se vuoi, saltiamo la cena; sento di amarti troppo per perdere ancora tempo.”
“No, piccola: ti ho promesso che sarai regina e tu non puoi scappare: adesso ti fai ancora più che bellissima, devi far girare la testa anche ai sassi, sarai la mia regina ed io sarò orgoglioso di te; e non pensare di nasconderti prima che la favola cominci.”
(continua)
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