“Non riesco a fermarmi; devo parlarti, devi sapere che cosa provo per te, che voglia che ho di fare l’amore con te; no, non pensare che voglio solo scoparti: forse anche quello, ma dopo semmai; prima voglio amarti tutta, dalla cima dei capelli alle unghie dei piedi; perché sei bellissima, da adorare; e non si può risolvere tutto con una semplice copula; voglio arrivarci alla tua figa, ma con un giusto percorso di amore, di carezze, di libidine, di sogno, di lussuria; da tempo non desidero che questo e non avevo il coraggio di dirtelo: avevo paura di turbare un’amicizia, molto bella e preziosa per me; avevo paura di offenderti con il mio appetito sessuale mentre tu, chissà, forse chiedi solo amicizia e amore puro; ma sei anche così sensuale con quel corpo statuario che non mi stanco di ammirare da ogni angolazione, in ogni atteggiamento, in ogni particolare; ed io non ce l’ho proprio fatta a resistere: te lo dovevo dire, che impazzisco d’amore per te.”
Non so perché tu non mi abbia spinto via a calci: sono arrivato all’improvviso a casa tua, ho scampanellato a lungo senza sosta, e quando mi hai aperto, t’ho quasi aggredita con un profluvio di parole d’amore anche senza senso; poi son rimasto sbalordito quando ho visto che mi accogli con una vestaglia di seta, trasparente, sotto la quale intravedo un perizoma minimo e un reggiseno che segna, anziché coprire, il suo seno matronale, meraviglioso; appena entrato in casa tua,ti avvolgo in un abbraccio caldo, intenso, protettivo, per farti sentire che sono con te, che ti sono vicino, che ci sono io a proteggerti; ti bacio sulle labbra, con tutto l’amore di cui sono capace: sento che ricambi il mio bacio e lasci che io penetri con la lingua nella tua bocca e cerchi nella cavità orale i punti di lussuria più immediati, più delicati, sento che saliviamo tanto, tutti e due, e che ci scambiamo umori, sapori, odori, voglia, desiderio, amore.
Mi accompagni delicatamente sul divano che domina la parete lunga del salone e mi costringi a sedermi accanto a te, incurante che la vestaglia si apra e metta nudo il tuo corpo, offrendomi lo spettacolo immenso delle tue cosce statuarie, fino all’inguine, e del ventre piatto; ma addirittura mi curo poco di queste meraviglie, perché resto estasiato di fronte al tuo volto, una bellezza limpida, quasi rinascimentale, un ritratto perfetto della scuola dei più grandi pittori del Cinquecento; e voglio baciarlo tutto, quel viso.
Lo faccio immediatamente prendendolo tra le mani con delicatezza estrema, quasi fosse fatto di leggero cristallo e comincio a baciarlo dai capelli sulla fronte, passando con le labbra su ogni ciocca, accarezzando con la lingua la radice e scivolando verso le sopracciglia; passo poi a baciare i tuoi occhi con un’intensità che nessuno ti ha mai fatto provare: cerco di farti sentire il mio amore scivolarti tra le ciglia e colpirti fino al cuore; percorro con le labbra e con la lingua gli zigomi affilati e ti bacio su tutte le gote, prima di arrivare alle orecchie per prendere in bocca i lobi e succhiarli come strani capezzoli; ti infilo la punta della lingua nelle orecchie e ti strappo chiari spasimi di desiderio: lo so che sei molto sensibile dentro l’orecchio e che ami sentirti sussurrare dolcezze mentre ti bacio; lo faccio e intanto godo ad arruffarti i capelli, ad avvolgermeli tra le dita per sentirne la meravigliosa, soffice sericità, la sensazione lussuriosa di carezzare un tessuto delicato a copertura della tua parte più intima.
Cerchi di frenarmi e di dire qualche cosa; ma ti accorgi che sono fuori di me dalla passione e ti limiti a baciarmi anche tu, costringendomi a prendermi la tua lingua in bocca e a succhiartela come ti facessi un pompino sulla lingua; fai scivolare le mani sul mio pantalone, abbassi la cerniera e ti insinui nello slip: in un attimo il mio manganello e ritto e durissimo nelle tue mani; mi masturbi con leggerezza ed eleganza, mentre io continuo a perdermi sul tuo viso, sulla tua bocca; ti bacio il collo, la gola e scivolo delicatamente verso il seno: te lo scopro lentamente, facendo scivolare gli abiti lungo il corpo; voglio vederle tutte davanti ai miei occhi, sode prepotenti carnose, le tue mammelle matronali e voglio incantarmi davanti al miracolo dei tuoi capezzoli aggressivi, guerrieri armati contro il mondo, che sfidano le leggi di gravità e chiedono di essere domati da una bocca appassionata e vogliosa; la mia lo è e non desidera che stringersi intorno a quelle punte di carne, dure come di lancia, e assorbirle dentro la bocca e succhiarle fino a che non esca da lì la vita che mi rianima e mi fa tornare giovane, ardente, appassionato: voglio attaccarmi ai tuoi capezzoli per sentire la tua vita e la mia fluire insieme, il tuo orgasmo e il mio montare con la stessa irruenza.
Mi apri la camicia e metti a nudo il mio petto: anche tu ti attacchi ai miei capezzoli e sento nella testa scoppiarmi fuochi multicolori che mi stordiscono, mentre tu mi succhi l’anima; ti prendo il viso e lo accarezzo a due mani, ti amo e te lo trasmetto con quel gesto; poi ti accarezzo i capelli, me li faccio scivolare sul petto per provare un solletico lussurioso che mi manda fuori di testa; se potessi, ti scoperei anche nei capelli; sei tutta da amare, sei tutta da godere, amore mio.
Scivolo giù lungo il tuo corpo, destinazione inguine perché voglio baciarti il ventre, asciutto come quello di una bambina, senza una sbavatura, senza un grammo di eccesso; adorarti per la perfezione della tua linea e odiarti per la forza che hai di tenerti in forma smagliante, quella forza che non riesco mai a trovare; tu nemmeno sai quanta invidia suscita questa tua capacità di tenerti perfettamente in forma: credo che la maggior parte delle donne ti odia perché non arriva ad ottenere risultati nemmeno vicini ai tuoi; e per molti maschi devi essere una che non copula per non danneggiare la linea; ma tu, ti lascerai amare e farai l’amore con me, o la paura di perdere un attimo la linea ti frenerà e ti impedirà di lasciarti andare? Non credo che ti fermerai; sei molto calda, forse assai più di quanto riesco ad immaginare: per questo, io sto qui a tormentarmi e tu, chissà, stai decidendo di amare qualcun altro, visto che l’amico di sempre non si decide.
La risposta me la stai dando già nei fatti perché non ti basta più tenere in mano la mia mazza e masturbarla con la massima eleganza, con tanta efficienza, con tutto l’amore del mondo: adesso hai accostato il viso e vedo la tua bocca avvicinarsi straordinariamente al mio sesso: resto in apnea aspettando il calore della bocca intorno alla cappella e, quando arriva, per poco non lancio un urlo da cavernicolo; ma io ti amo e, anzi, mi torturo proprio per questo; una volta ho sentito dire proprio da te a una tua amica che, se non si ha il coraggio di osare, si può sbagliare molto; avevo deciso che sarei venuto a casa tua e ti avrei chiesto di fare l’amore con me, stasera; l’ho fatto perché lo devo anche a te, oltre che a me stesso; io amo il tuo corpo, non posso fare a meno di amarlo, e non solo idealmente, io lo amo fisicamente come qualcosa di meraviglioso che voglio toccare, assaggiare, leccare, avere per me; e non è solo il ventre a stupire per come è meraviglioso: i tuoi fianchi sono la quintessenza della perfezione; la natura li ha disegnati con un compasso eterno, il cerchio è perfetto, le natiche giocano a ruotare per catturare la libidine di tutti i maschi del mondo; i glutei urlano di afferrarli e sentire tra le dita la dolce compostezza delle carni morbide e sode, da palpeggiare, da mordicchiare, da leccare a lungo, da saziarsene in tutti i modi.
La tua vulva è un miracolo di eternità: ti ho visto una volta, forse l’unica della tua vita, che sei stata costretta od orinare al’aria aperta; eravamo in campagna ed evidentemente non reggevi più, ti sei appartata dietro una siepe ed io, per puro caso, mi sono trovato dietro la stessa siepe, dall’altra parte, per la stessa funzione, più clandestina che riservata; e l’ho vista, la fessura verginale della vulva e dell’ano, in prosecuzione: non potevo credere, che una donna di quasi cinquant’anni (perdonami, ma conosco la tua età) potesse avere una fessura così stretta, quasi da verginella che non ha mai preso dentro neppure un grissino o un dito grosso; eppure, la tua vulva era proprio così: due labbra serrate come a tenuta stagna che lasciavano sfuggire il fiotto dell’urina solo per un piccolo spiraglio e, più indietro, le grinze rosate dell’ano che sembra serrato ermeticamente; eppure so, perché me lo hai lasciato capire, che hai fatto l’amore in tutti i buchi; mi ha preso il terrore, in quel momento, di non essere degno di una vagina così preziosa, di un culo così delicato: anche per questo, forse, sto qui a rimuginare se proporti di fare l’amore.
Io non sono un iperdotato: la mia mazza si muove nei limiti di una persona normale, 16 o 18 centimetri secondo l’eccitazione del momento; ma sono bravo a fare sesso, mi piace molto godere del rapporto il più a lungo possibile, amo i preliminari al punto che qualche volta riesco a fare a meno delle conclusioni dentro; e sono certo che saprei come trattare con delicatezza, ma con determinazione, con forza, quella tua figa eternamente verginale; so come titillarla e carezzarla e stuzzicarla con la cappella del mio membro, prima di arrivare a infilartelo dentro con forza, facendo dilatare il canale vaginale che probabilmente sta lì proprio in attesa di essere forzato e penetrato.
Io sono capace di passare ore a leccarti la figa, in tutti gli elementi che la compongono: io so che farei esplodere di piacere le grandi labbra, accarezzandole prima con le dita poi con la lingua e stimolandole all’orgasmo succhiandole con foga bambinesca; so che riuscirei a costringere le piccole labbra ad aprire il bocciolo in cui si chiudono per lasciare che la punta della mia lingua si insinui a titillarle finché al momento di un piccolo orgasmo si aprono del tutto e mi fanno arrivare a prendere fra le labbra il clitoride, il tuo cazzetto segreto che devo prendere in bocca e non lasciare finché non ti avrò svuotato del piacere che ti sostiene, finché non sarai solo sesso e solo mia; tutto il monte di venere voglio percorrere con labbra lingua e denti fino a che reggi e il tuo desiderio è ancora acceso e vivo.
Voglio leccarti tutto il culo, coprirtelo completamente di saliva, dalle natiche protese all’ano nascosto nel quale voglio entrare profondamente con la punta della lingua, per rubarti i sapori più intimi e vergognosi; anche quello voglio di te: il sapore dell’intimo che non si rivela a nessuno; quando ti vidi orinare nel campo, desiderai con tutto il cuore poter mettere sotto le tue cosce se non il viso per accogliere in bocca il tuo umore (non sapevo se lo avresti mai fatto) ma almeno le mani a coppa e raccogliere i liquidi corporali espulsi dalla vagina; ecco, prima di scopare, vorrei assaporare di te tutto, dalla saliva al sudore, dall’orina alle scorie dell’intestino; voglio impossessarmi dell’odore vivo del tuo corpo, quello dell’epidermide stanca a sudata, quello delle scorie di cui ti liberi, quello dell’amore che mi fai esplodere in bocca mentre ti succhio amorosamente la vulva.
Tutto questo vorrei dal tuo corpo; e mi piacerebbe anche che tu ti impossessassi di me come vuoi, come preferisci, come ti fa piacere; certamente ti scoperò in bocca: mi piace troppo, per rinunciare proprio con te che amo alla follia; e mi farà ancora più piacere se sarai tu a prendertelo e a usarlo per il tuo piacere con la bocca, con le mani, con tutto quello che sai fare e che so bene che è tantissimo; mi piace molto anche guardare; e, con te, sarebbe meraviglioso vederti impegnata ad eccitarmi con la bocca facendoti penetrare fino in gola dalla mia mazza, senza esagerare ma sfruttando al massimo i limiti del piacere.
E’ il momento di fare l’amore, però, e ti porto in braccio, come una vergine sposa all’imeneo, fin sopra il tuo letto, grande, forse proprio per farci tante capriole d’amore; ti distendo supina, delicatamente, e comincio a carezzarti dalle punte dei piedi; procedo lentamente, gustandomi millimetro per millimetro il piacere della tua pelle; reagisci, a volte, e cerchi di farmi spostare, di accelerare il movimento e di passare subito più oltre; ma ho voglia di sentirti tutta, dalle radici alla testa, e non mi lascio spingere molto oltre: semplicemente accelero i passaggi sulle gambe lisce come seta, depilate con cura quasi maniacale fino a renderle più lisce del sederino di un neonato; quando supero le ginocchia, ti impongo io di lasciarmi fare e comincio a leccare l’interno delle cosce; devo forzarti a divaricare le ginocchia per avere più facile accesso all’interno e mi faccio girare le gambe intorno al collo per arrivare decisamente alla vulva con la bocca: i brividi che ti procurano i passaggi della mia lingua sulle piccole labbra e sul clitoride posso misurarli dal numero e dall’intensità delle contrazioni del tuo ventre e dai gemiti che non riesci a controllare: non sono certo che siano orgasmi; sarebbero toppo numerosi e frequenti, eventualmente; te lo chiedo; mi rassicuri che è solo piacere: gli orgasmi li sentirò, nettamente; cogli l’opportunità per dirmi che sei felice e che mi ami in quel momento; per me è tutto.
Divento frenetico e mi sbizzarrisco a leccare e succhiare tutto quello che mi passa davanti, cosce e retro cosce, vulva, ano, natiche, ventre; ti lecco e dappertutto lascio una patina di saliva che segnala il mio entusiasmo per il sapore della tua pelle; godi almeno tre volte e me ne accorgo sul serio, quando ti sento agitarti come tarantolata ed urlare a piena gola il tuo piacere: osservo con gioia che la fessura della vulva si è aperta, rilassata dal primo orgasmo, ed ora freme dalla voglia di essere accarezzata, leccata, penetrata; mi esalto a sentirla aprire sotto la lingua e implorare quasi la penetrazione: quando la punta scivola verso il canale vaginale, diretta all’utero, sento la tensione tirare tutti i tessuti del ventre in attesa; infilo con forza la lingua e sfioro l’utero che reagisce risucchiandola dentro e piangendo umori di orgasmo.
“Adesso devi entrarmi dentro e farmi godere; poi riprenderai a godere del mio amore; ora ti voglio sentire, e con forza!”
Mi sposto strisciando come un verme sul tuo corpo e ne approfitto per assaggiare tutti gli spigoli e tutte le morbidezze, tutte le ossa che quasi mi pungono e le morbide membra che mi accarezzano, dal ventre al seno; mi distendo su di te, ti divarico le gambe facendo leva con le mie tra le tue e appoggio all’imbocco della vagina la cappella che freme: ti chiedo se vuoi che mi proteggo; mi dici che tu non hai problemi e che, se sono sicuro di me, posso procedere liberamente; mi fa piacere non dover ricorrere al preservativo per tutelarci e cerco di lasciare che il sesso, gonfiandosi, entri da solo in vagina.
“Adesso mi devi prendere con forza, quasi con violenza; ho bisogno di sentirti maschio, adesso!”
La richiesta è perentoria e non poso fare altro che sollevarmi un poco sulle ginocchia, tirarmi le tue gambe intorno alla vita e spingere con forza finché la cappella cozza contro la cervice dell’utero e ti ritiri un attimo per la violenza dell’impatto; mi avvolgi le gambe dietro la schiena e ti spingi verso il mio inguine finché non c’è più niente da far penetrare.
“Amore, sono tutto dentro.”
“Lo so, ma mi piace sentire il clitoride costretto tra il tuo e il mio osso pelvico; godo molto di più.”
Nel dirlo, ti muovi sotto di me in maniera che gli ossi si sfreghino tra di loro travolgendo il clitoride che risulta pressato; mi godo la copula e lascio che tu arrivi ad un orgasmo squassante; sento che mi scarichi sul ventre i tuoi umori in uno squirt che non immaginavo; lascio che ti goda il piacere, mentre cerco di controllare le mie reazioni e di evitare l’orgasmo; quando ti sei rilassata, mi stacco e manovro per farti girare bocconi sul letto, ti sollevo i fianchi e mi abbasso a leccarti, da dietro, figa e culo fortemente rilassati, quasi liquidi, dopo l’orgasmo raggiunto.
“Mi piace moltissimo scopare a pecorina; amo sentire le natiche, specialmente quelle compatte, quasi puntute, come le tue, che mi si piantano nel ventre e sembrano volermi bucare; ti va che ti prendo da dietro?”
Il gesto di arcuare i fianchi verso di me è la risposta migliore; mi piego di nuovo a leccare e ti passo la lingua su figa perineo e ano, strappandoti gemiti di piacere e godendo come un matto a sentire sulla lingua i sapori di sesso che avevo intuito e che distinguo nettamente; infilo la punta della lingua prima nell’ano poi, spostandomi un poco, nella vagina, succhiando il clitoride: sembra che tu stia singhiozzando docilmente, ma è solo goduria; mi sollevo col busto, arretro con le spalle, punto la cappella alla vagina e spingo, penetro come affondassi un coltello caldo nel burro, ma sento che la penetrazione è lenta, partecipata e sentita da te come l’avverto io, momento per momento; quando sono in fondo, afferri i testicoli tra le cosce e li stringi delicatamente; mi provocheresti un rapido orgasmo, se non avessi deciso di resistere al massimo prima di chiudere la serata; ti monto delicatamente a colpi lenti e lunghi, facendoti sentire l’asta per tutta la lunghezza; sento che godi molto.
“La prossima volta ti lasci cavalcare da me, è meraviglioso sentirti così; ma se ti cavalco io è ancora più bello!”
“Perché aspettare? Facciamolo subito!”
Mi stacco, mi sdraio supino a fianco a te, ti sollevo per le anche e ti porto a sedere su di me.
“Aspetta un momento!”
Mi fai; e ti sento scivolare sul corpo verso e gambe finché il suo seno matronale cattura tra le mammelle il mio cazzo ritto e lo stringi tra le due bocce provocandomi brividi straordinari di piacere; ti muovi con dolcezza ed eleganza ed io sento i vapori dell’orgasmo montarmi alla testa e ubriacarmi da non capire niente: riesco a sforzarmi per non eiaculare tra le tue tette, ti prendo il iso tra le mani e porto la tua bocca sulla mia: sei costretta a liberare l’arnese dalla morsa delle mammelle; ti bacio a lungo, appassionatamente; e tu ricambi con forza e con amore; poi ti sollevi ritta su di me, sposti il corpo indietro, afferri la mazza tra le cosce e la dirigi all’imbocco della vagina; con mosse lievemente acrobatiche, ti sollevi fino a posizionare la cappella all’imbocco, poi schianti di colpo e fai affondare la mazza, al massimo dell’erezione, nell’utero, che risente del colpo e ti fa urlare, di piacere ma anche di dolore; ti prendo di nuovo il viso e, con l’aria di rimproverarti l’intemperanza, ti guido a muoverti con delicatezza, a farti montare; ma hai deciso di cavalcarmi e ti lanci nel galoppo più sfrenato, del quale posso solo ammirare la bellezza dei seni che ballano compatti nel movimento, l’armonia dei fianchi torniti che favoriscono la copula, la mobilità del viso che assume tutte le smorfie d’amore, di goduria, di dolore, che il momento suggerisce per penetrazione intensa, per violenza di impatto, per piacere di possesso.
Vorrei ancora ritardare il mio orgasmo, ma mi rendo conto che un infarto potrebbe facilmente scattare se ancora mi frenassi dopo aver portato così al limite le cose; ti avviso che sto per eiaculare, mi preghi di trattenere ancora un attimo, esplodi in un orgasmo straordinario e mi inciti a godere con te, insieme; esplodo nell’eiaculazione più lunga, più ricca, più intensa, più tutto che avessi mai potuto immaginare e mi abbandono sotto di te, che ti stendi sopra e mi ti adagi addosso, quasi con amore; ti fermo perché non te ne vada e mi limito a sentire il cuore che batte sul mio, il sudore che mi gocciola, insieme agli umori tuoi e allo sperma mio che si allargano a chiazza sul lenzuolo; forse, per qualche attimo, dormiamo anche o almeno perdiamo il senso della realtà; quando ci riprendiamo, la domanda mi pare inevitabile.
“Ci vestiamo?”
“E perché? Non hai mica finito! Il mio ano non ha ricevuto la visita del tuo fratellino. Quanto ti serve per recuperare?”
“La tua mano e la tua bocca possono risuscitarlo all’istante; ma sei sicura di volerlo proprio adesso? Non vuoi rinviare?”
“Per caso, vuoi garantirti che ci sarà un’altra occasione? Sei sicuro che ti ho spremuto come voglio? Mi hai fatto penare mesi, in attesa che ti decidessi. Credi adesso che ti libererai così presto di me? Lo hai capito che se mi innamoro posso anche decidere che sei mio per sempre?”
“Quanto tempo ti serve per capire se sono l’uomo della tua vita?”
“Sciocco, adesso fammi fare ancora tanto amore, almeno quanto me ne hai fatto fare finora; prenditi il mio didietro che, ti assicuro, è il meglio e il più desiderato del mercato; per i prossimi appuntamenti e per il ‘senza fine’ eventuale, avremo modo di dialogare, a lungo.”
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