In qualche modo anche l’incontro con Enzo avvenne in questa logica: essere fidanzata con il giovane rampante, erede di una fortuna familiare invidiabile e protagonista di una scalata al successo, a soli venti anni, lo proponeva come una delle punte di diamante nel futuro dell’industria del territorio; anche quel fidanzamento sembrava catalogato fra le cose che Marina poteva e doveva avere, senza possibilità di discussione.
Per di più, sin dal primo momento le leggi del rapporto le dettò lei, che non consentiva a nessuno di mettere in discussione le sue scelte, le sue convinzioni, i suoi gusti, le sue preferenze: le norme, le leggi, gli obblighi, gli impegni erano vietati dal suo linguaggio che preferiva la volontà, il desiderio, la scelta, la determinazione; d’altronde, le poche volte che si era trovata a dover affrontare qualche piccolo problema (multe per guida in stato di ebbrezza, rumori molesti e simili ragazzate) era intervenuto il papà che aveva messo tutto a tacere per non doversi confrontare con i capricci della figlia.
Il ruolo fu poi preso da Enzo, il brillante fidanzato che veniva apprezzato soprattutto e forse solo quando interveniva con il suo potere per mettere a posto il disordine che il capriccio di Marina scatenava, dai danni all’auto tamponata, alla multa per sosta vietata, alla vetrina mandata in frantumi perché aveva scagliato dentro il posacenere che non le piaceva: Enzo insomma era il medico che guariva ogni problemino e creava una purulenza del carattere che rischiava di mettere tutti alle strette: Marina cresceva, anche nel rapporto con lui, nella certezza di aver trovato il valido sostituto di suo padre nel favorire e accontentare i suoi capricci.
Quando si fidanzarono, la madre la prese da parte e cercò di spiegarle che con il suo uomo non poteva permettersi, soprattutto, ‘certi’ capricci perché la fedeltà all’amato non era un optional come i gadget dell’auto ma una realtà connaturata al principio stesso dell’amore; Marina quasi se ne risentì: sapeva benissimo che cosa erano amore e fedeltà e, se aveva scelto Enzo come uomo della sua vita, sapeva perfettamente che gli doveva assoluta fedeltà e non avrebbe mai sopportato che chiunque, anche sua madre, si permettesse di mettere in dubbio la sua totale ed indiscussa dedizione al suo uomo; solo lei stessa, eventualmente, avrebbe potuto scherzare su quel tema, ma che a nessuno venisse in mente neanche di pensare che Marina non fosse fedelissima al fidanzato.
Quando Paola, la madre di Marina, comunicò questo discorso ad Enzo, lui si inorgoglì molto e fu felice di avere instillato sentimenti così nobili ed alti in un ragazza all’apparenza così fragile e ‘leggera’ come appariva Marina; in un empito di entusiasmo di cui neppure si rese conto, quella sera invitò la fidanzata a passeggiare con lui fuori dei percorsi abituali delle località marine e si spinse oltre il limite dei lidi attrezzati, in un punto in cui giacevano in secca le barche dei pescatori; da una di quelle che venivano usate per portare in gita al largo i turisti, prelevò una coperta e la stese sulla sabbia; vi si sedette e invitò Marina a fare altrettanto; fino a quel momento, il massimo che si erano concessi era stato un intenso bacio con la lingua che aveva sconvolto la ragazza, per molti aspetti rimasta ancorata ad una cultura arcaica e contadina; in quel momento, con profonda emozione, si resero conto entrambi che stavano per varcare una soglia decisiva.
Abbracciò Marina da seduta ma subito dopo la spinse a sdraiarsi e si collocò su di lei; la ragazza cominciò a sentire la testa farsi leggera e le farfalline ballarle davanti agli occhi; quasi non si rese conto che lui le aveva aperto la camicetta e si era impossessato delle sue tette che stava accarezzando, stringendo voluttuosamente nelle mani e alla fine leccando voluttuosamente per andare ad impossessarsi con la bocca di un capezzolo che succhiava come un poppante; gli prese la nuca e costrinse la bocca a spostarsi sulla sua: lo baciò lussuriosamente, a lungo, e mentre baciava sentiva qualcosa di molto duro gonfiarsi fra le cosce, all’altezza della vulva, mentre un gorgoglio strano le partiva dal ventre e le arrivava in gola come uno strano rigurgito che era solo emozione che si scaricava; gemette un paio di volte e si rese conto che stava avendo un qualche fenomeno dalla vulva, quasi si stesse bagnando d’orina, ma non stava orinando; lui le appoggiò una mano proprio là, sul monte di venere e le sussurrò.
“Lasciati andare, non avere timore; è solo amore che scorre via dal tuo corpo per la via naturale!”
“Anche tu ti stai bagnando come me?”
“No, quando io mi bagnerò lo vedrai chiaramente!”
Subito dopo, lui le stava sfilando la gonna e il perizoma che era uno straccetto inutile; quando si adagiò fra le sue cosce, lei gli chiese se stava facendola sua; lui accennò di si con la testa e le promise che da quel momento sarebbero stati l’uno per l’altro senza nessuna interferenza; lei gli rispose ‘ti amo’ chiuse gli occhi e si abbandonò felice; avvertì nettamente, millimetro per millimetro, la penetrazione del sesso in vagina; registrò e fissò nella mente il momento in cui l’imene si ruppe con un leggero pizzicore; poi fu solo il piacere di sentirsi inondata da lui, di sentirsi posseduta, amata, di appartenergli finalmente; quando si riprese dall’incanto e sentì che lui, come lei, era allo stremo, che affannavano e che avevano bisogno di rilassasi, lo fece stendere accanto, lo accarezzò e lo baciò con amore, a lungo.
“Ora non mi potrai lasciare mai più, sei tutto per me, padre madre, amico del cuore, maestro, guida, sei tutto e devi garantirmi tutto, specialmente la felicità.”
“Bada che queste regole valgono per tutti e due; adesso anche tu mi devi dare tutto il tuo amore senza disperderne nemmeno una briciola; ora sei mia e solo mia, sappilo.”
Entrarono ambedue in una bolla di sapone e ci volle tutta la capacità di razionalizzazione di Paola per convincere Marina a farsi dare la pillola del giorno dopo, per evitare rogne dopo la prima copula, e a farsi prescrivere l’anticoncezionale per essere libera di amare il suo uomo: Marina si convinse e andò al consultorio per le due incombenze; da quel momento, per tutta l’estate la loro non fu che una lunghissima copula, nel corso della quale Enzo cercò di svelarle quasi tutto quello che conosceva del sesso, trovando però una persona indisposta a capire, testarda e legata a sue speciali convinzioni che non mollava, sicché non riuscì a convincerla ad andare oltre la canonica copula ‘alla missionaria’ accettando una qualche evoluzione o trasgressione.
Passarono così due anni di grande entusiasmo amoroso, nel corso dei quali i genitori e il fidanzato cercarono inutilmente di convincere Marina a dedicarsi con più amore allo studio e di laurearsi in legge; la ragazza preferiva i lunghi itinerari di shopping, le happy hours e le apericene che la vedevano sempre protagonista insieme al gruppo di ragazzi che frequentava da anni ormai e coi quali non era mai capitato niente di spiacevole; passati ancora due anni di ‘fare niente gaudente’, Enzo decise di mettere la testa a partito (andava ormai per i venticinque) e propose a Marina di sposarsi; lei ne avrebbe volentieri fatto a meno, perché allo stato poteva permettersi di dormire da Enzo, a casa dei genitori o alla Casa dello studente senza dover rendere conto a nessuno; sapeva invece che il matrimonio comportava qualche obbligo come lo stare in casa col marito quando gli altri andavano a birre e questo non rientrava tra i suoi desideri; Enzo però le pose l’alternativa e, visto che i genitori premevano perché si sposasse, accettò.
Il ruolo di moglie non le si confaceva affatto; e sin dai primi momenti si registrarono gli screzi che presto degenerarono in liti furibonde: Marina non voleva neppure prendere in considerazione l’idea di essere a casa quando suo marito tornava dal lavoro e di doversi occupare di cose come preparare la cena, incombenza a cui aveva sempre provveduto sua madre e alla quale voleva delegare una cameriera, senza neanche farsi sfiorare dall’idea di rinunciare ad un’happy hour per rispettare i ruoli di famiglia; passava interi pomeriggi a bighellonare da un bar all’altro e a farsi corteggiare (solo platonicamente, giurava) dai ragazzi che le ronzavano intorno come mosche sul miele; Enzo sopportò a lungo questo stato di cose finché una frase di troppo, scappata ad uno dei ragazzi e riportata a lui da pettegolezzi del bar, lo fece scattare; una sera Marina, tornando da uno dei soliti giri viziosi per bar, lo trovò seduto in cucina che aspettava proprio lei; era livido in volto ed aveva un’aria feroce; il suo guardaspalle ed amico fedele Nicola stava al suo lato in atteggiamento severo.
“Cosa ha detto il tuo amico? Che mi fa vedere come si fa godere una donna? Dice che riceverò un filmato da cui risulta che ti fa godere alla follia col suo attrezzo enorme?”
“Io non ho fatto sesso né con lui né con nessun altro, tranne te. Tu sei l’unico uomo per me e non concedo niente a nessuno.”
“Perché dovrei crederti?”
“Perché devi credermi!”
“Tu non meriti fiducia!”
“E allora meglio che me ne vado.”
Enzo telefonò alla suocera e le chiese di venire a riprendersi quell’imbecille di sua figlia perché gli aveva rotto i cosiddetti e non la sopportava più; un’oretta dopo, mentre stavano seduti in cucina in un minaccioso silenzio cercando di dare ordine ai pensieri ed alle azioni conseguenti, scoppiò la bomba: un video postato in internet presentava il giovane amico, presunto amante, frustato a sangue che implorava pietà, dichiarava di avere inventato una calunnia contro Enzo e sua moglie e si dichiarava pentito; Marina sbatté il telefonino sotto gli occhi del marito e gli fece vedere il video.
“Vedi che è come dicevo io … Non ho fatto sesso con nessuno.”
“Ma tu non riesci proprio a vedere che gli è stato dimostrato che non è un vero uomo, e che tu sei una donna senza personalità, che fai massacrare un imbecille perché sei stupida!”
“Che dici? Io avrei fatto massacrare Antonio?”
“Perché lo avrebbero torturato?”
“Perché ti aveva offeso.”
“E perché mi aveva offeso?”
“Perché è un imbecille e ha voluto inventarsi una storia sul nulla.”
“Non sul nulla, su qualcosa che avevi fatto credere ….”
“Avere fatto credere non è la verità; lui doveva stare zitto; non lo ha fatto e ha pagato.”
“Quindi, tu saresti del tutto innocente e non ti rendi conto che frasi e gesti sbagliati da te hanno portato al massacro di un individuo e alla rovina della famiglia?”
“Che dici, quale massacro? Quale rovina?”
Intervenne Nicola.
“Marina, guarda che Antonio è in ospedale con prognosi riservata; se gli va bene, resterà sfregiato su tutto il corpo e dovrebbe fare terapie di riabilitazione che non potrà pagarsi perché suo padre è stato degradato da dirigente a operaio.”
“Chi lo ha degradato? Io non ho niente a che vedere né con l’imbecillità di uno che si inventa le cose né con la violenza di uno che si vendica in questo modo. Non ho fatto niente e non ho niente da rimproverarmi!”
Non le risposero; non ce n’era bisogno, chiaramente; ma lei non mi preoccupava di quel problema: per lei l’unica cosa importante era far sapere che è non aveva usato la vagina per tradire suo marito e che non accettava di sottostare alle sue pretese: doveva lasciarla libera di agire e fidarsi di lei, perché se diceva che era fedele era vero e quello che dicevano in giro non la toccava; era inferocita e aspettava solo che sua madre la raggiungesse per andarsene con lei; nella sua ottusa imbecillità, ancora era convinta che avrebbe piegato il marito ai suoi dictat; la delusione prese corpo appena sua madre si sedette in cucina ed Enzo si rivolse a lei come il prete dall’altare.
“Paola, sarà bene che insegniate a questa ragazzina capricciosa, testarda e cretina che cosa è il diritto, quali norme impone e perché si devono rispettare. Lei ha deciso di andarsene da questa casa: lo farà come ci è entrata, solo con i miseri abiti che indossa, i più poveri; il resto rimane proprietà della casa e non le spetta; non ha reddito, non ha possessi, non ha amici e può chiedere ospitalità solo a voi. Se l’accogliete in casa vostra, io domani rilevo tutte le quote della vostra azienda e incasso tutti i vostri debiti; sarete sul lastrico e costretti all’elemosina; se le negate la vostra casa, potrà andare solo su un marciapiede a battere, se ne sarà capace, e farò di tutto per rovinarla e farla finire in galera.”
Paola non gli rispose, digitò alcuni tasti sul telefonino e si sentì, dall’altra parte, la voce del marito; lei gli spiegò la situazione per sommi capi e Crescenzo disse che, per l’imbecille presuntuosa, la porta di casa sua sarebbe rimasta chiusa; che non poteva e non voleva fallire per la tenace stupidità capricciosa di una bambina cresciuta male; chiese scusa ad Enzo per aver diseducato una figlia stupida e ottusa e lo pregò di non confondere loro due con un’ochetta che si era rivelata incapace di qualunque senso logico; Nicola prese il telefonino e comunicò con qualcuno.
Marina non sopportava più la situazione, sopraffatta dalla logica degli altri; decise di uscire da quella gabbia di individui che vedeva solo come prepotenti aggressori; il marito le impedì di prendere anche la sua borsa, perché, disse, non c’era niente che le appartenesse legittimamente; aprì la porta di casa ed uscì in strada; un’auto si avvicinò, due uomini a volto coperto la afferrarono e la sbatterono sul sedile posteriore, la legarono, la incappucciarono e partirono per una destinazione sconosciuta; i tre rimasti in casa si guardarono a lungo come inebetiti; Paola specialmente non riusciva a capacitarsi che sua figlia fosse così ostinatamente stupida e guardava terrorizzata suo genero; anche Enzo sembrava interdetto: mai avrebbe pensato che sua moglie fosse così assurda da uscire senza nessuna certezza, neanche i soldi per l’autobus; Nicola sembrava imperturbabile.
“Nicola, che sta succedendo?”
“Niente, capo; succede che per qualche mese farai a meno di tua moglie che sarà sottoposta ad un regime di dominio assoluto; se in questi mesi abbassa la cresta, capisce che cos’è una norma e impara a rispettarla, torna a casa ripulita; se non capisce, farà la fine del suo amico Antonio; se non dovesse bastare, andrà a battere su un marciapiede; se hai una ipotesi diversa, fammela sapere.”
Paola era naturalmente preoccupata, da madre.
“Ma sei in grado di controllare la situazione, Nicola?”
Per tutta risposta lui accese il portatile e si connetté in web con una località misteriosa, un seminterrato buio e sporco dove poco dopo arrivò Marina, ancora chiusa in un sacco e incappucciata, e fu appesa per le braccia al soffitto ma coi piedi che toccavano il pavimento; si sentiva che urlava come una gallina; imprecava in tutti i modi, minacciava l’intervento di suo marito, di suo padre e prometteva a tutti torture e dannazioni infernali; si agitava molto e sbraitava; qualcuno le sfilò il sacco e la denudò; le urla diventarono quasi feroci e riempirono il locale; la lasciarono sola e si sentirono i catenacci che venivano chiusi; di colpo, lei cominciò a piangere e ad implorare la mamma e suo marito di aiutarla.
“Capo, Paola, ce la fate a reggere finché non si piega? Io l’ho vista come unica via alla redenzione e l’ho progettata; se a voi fa troppo male, la faccio liberare immediatamente e decidete voi che farne.”
“Per me se ne può anche andare per sempre, mi sento totalmente disamorato e deluso dalla stupidità di una bambina che si rifiuta di crescere.”
“Ma Marina è mia figlia, comunque; io sono ormai allo stremo, dopo mio marito che per l’intervento è diventato impotente e mia figlia che si rivela un’oca giuliva, non so proprio cosa la vita mi possa riservare: Nicola, mi garantisci che non si farà troppo male e che c’è la speranza che rinsavisca?”
“Paola, mi dispiace tanto per te, vorrei aiutarti in qualche modo; stai certa che mi occuperò di lei ogni giorno, ogni momento; non soffrirà più di quanto sia necessario, questo te lo giuro; ma non vedo altre vie per insegnarle il senso delle gerarchie: deve essere sottomessa da qualcuno che neppure conosce, per capire il rispetto del prossimo; per tuo marito, credo che sia una sofferenza enorme, adesso, per te: so che eri molto calda e vedo che sei ancora nel pieno del tuo vigore: come farai?”
“Ho parlato con Crescenzo; siamo d’accordo che se trovo da sostituirlo nelle sole funzioni sessuali che lui non può realizzare, lui non ne fa un problema, a patto di essere sempre il mio grande amore: insomma, l’amore a lui, il sesso a un altro; sta veramente male; ora, con questa maledetta storia di Marina, sta certamente peggio; se mi dovesse sapere insoddisfatta e depressa sarebbe il crollo; è chiaro che avrei bisogno di un’alternativa seria, non di occasioni casuali; dovrebbe essere una situazione limpida, aperta e chiara, assolutamente non offensiva per tutti.”
“Se ti dicessi che mi sei sempre piaciuta e che da sempre sogno di fare l’amore con te?”
“In questo momento, con la tensione che ho addosso, con quello che tu rappresenti per me, ti getterei le braccia al collo!”
“Ragazzi, non fatevi scrupoli: lì c’è una camera da letto vuota e semi-inutilizzata; o, se preferite, la camera degli ospiti è sempre praticabile; io farò finta di non sentirvi.”
Paola sembrava prendere una decisione difficile; telefonò a suo marito e, con poche frasi, gli illustrò la situazione, sia per Marina che per se stessa e Nicola; lui le lasciò carta bianca per decidere, se veniva preservato l’amore di sua moglie per lui: era veramente stanco e debilitato; lei allora prese Nicola per un braccio e se lo portò in camera da letto, chiudendo la porta; aveva appena chiuso, che gli si aggrappò al collo, appoggiò la testa sulla spalla e cominciò a singhiozzare senza interruzione; Nicola le accarezzò la testa, la strinse a se e cercò di non farle sentire il vigore del sesso che gli stava montando tra le gambe, nonostante la situazione delicata; ma fu la stessa Paola a cercare il contatto e, mentre le lacrime le scioglievano il mascara e le rovinavano il trucco, sentì i capezzoli farsi durissimi contro il torace veramente forte di lui e la vulva fibrillare quando incontrò la mazza dura e tesa che le titillava il clitoride; lo baciò con una passione smodata e si strusciò su di lui fin quasi all’orgasmo.
Nicola avvertiva ancora qualche residuo di imbarazzo: Paola era comunque la suocera del suo capo, al quale era religiosamente devoto, dopo essere stato uomo di fiducia di suo padre; l’idea di diventare l’amante della donna e, in qualche modo, vincolarsi alla moglie di Enzo, lo spaventava; ma, in fondo, lui era ormai assai vicino ai cinquanta, Paola aveva lasciato alle spalle da un pezzo i quaranta, Crescenzo, suo marito, era fuori gioco ed aveva onestamente accettato che la moglie trovasse un amore fisico che compensasse la sua invalidità, a patto che restasse riservato a lui l’amore spirituale della moglie; quindi, ogni riserva mentale era solo ubbia da cancellare; non ebbe tempo nemmeno per riflettere, perché Paola aveva veramente bisogno di affidarsi a un uomo, a un maschio forse, e si poneva assai meno i problemi di rapporto con sua figlia, capricciosa testarda, presuntuosa e volgare; con suo genero, un bell’uomo sul quale avrebbe fatto anche qualche pensierino se non lo avesse saputo così fedele alla moglie supponente e legato quindi alla sorte che lei avrebbe deciso per tutti e due con il suo comportamento.
Per questo, lo rovesciò supino sul letto, gli si appiccicò addosso come una sanguisuga e andò a baciarlo sensualmente sulla bocca; Nicola non era un pivello ed aveva alle spalle una lunga esperienza amorosa con donne di tutti i tipi; eppure, quel bacio lo stordì, lo prese in testa come una mazzata a tradimento e gli fece vedere tutto rosso, poi tutto azzurro e poi tutto nero; sentì le farfalline agitarsi nello stomaco e provocarlo fino alla gola; sentì nella testa scoppiare fuochi d’artificio; fermandosi un attimo, si chiese cosa gli stese succedendo e si rese conto, tra il sogno e la realtà, che quella donna meravigliosa si stava spogliando per lui, su di lui, con lui; sentì tutti i gangli nervosi di tutto il corpo agitarsi e scattare come per una straordinaria prova ginnica e si sentì onnipotente; la sua mazza raggiunse una dimensione che non aveva mai visto e fu costretto a liberarsi di corsa di pantaloni e slip per lasciarla libera di espandersi nell’aria in tutta la sua potenza.
Paola guardò ammirata il bastone di carne che vide emergere dal corpo muscoloso: neanche in riproduzioni fotografiche o in film porno aveva visto mai una mazza così lunga, massiccia, nerboruta, bella da vedere con una cappella enorme su un’asta elegante; la toccò con la punta delle dita, quasi timorosa, poi la prese a mano piena e sentì il calore irradiarsi dal fallo e percorrerle il corpo fino a scatenarsi nell’utero: ebbe un violento orgasmo solo toccando; vide Nicola quasi altrettanto perplesso che guardava il suo attrezzo con la stessa faccia meravigliata, sorpreso di trovarsi così dotato.
“Non penso ch ci siano al mondo molti attrezzi come questo? Non è che mi farai male?”
“No, ti farò solo bene e sarai tu a decidere come e quanto prenderne; voglio amarti, non massacrarti; se non te la senti, risolviamo manualmente.”
“Sei pazzo? E’ il sesso più bello che una donna possa sognare e tu vuoi privarmene prima di farmelo assaggiare? Ma lo sapevi di essere così superdotato?”
“Amore … scusa, posso chiamarti amore quando siamo tete a tete? Lo so che l’amore è per tuo marito e lo accetto senza discussione; ma io posso amarti e, quando siamo soli, posso chiamarti anche amore se mi viene spontaneo? Non è sempre così imponente; non ho una piccola dotazione ma è la prima volta che si erge così prepotente; sono certo che sei tu ad ispirarmi tanta passione, tanta voglia, tanto amore.”
“Lo so che mi ami, come tu sai che io l’amore posso darlo solo a mio marito, che lo merita ampiamente; ma nessuno può proibirti di chiamarmi amore, se ne hai voglia; io qualche volta me lo lascerò scappare, perché non potrei fare sesso con te se non ti amassi almeno mentre ci accoppiamo; quindi, è tutto lecito, anche che tu mi massacri con questa bestia meravigliosa che mi darà tanto amore dappertutto.”
Nicola le montò addosso con mille cautele, quasi temesse di spezzarla come una statuina di cristallo; Paola, che era ben più forte di quel che lui pensava, se lo strinse addosso e con una mano guidò il mostro tra le cosce finché la punta toccò l’ingresso alla vagina; lo afferrò per le anche e se lo strinse addosso costringendo il fallo ad entrare fino all’utero; l’impatto fu forte e provò quasi dolore mentre la mazza riempieva abbondantemente il canale vaginale e lo percorreva con la sua enorme mole finché la punta urtò con violenza la cervice; Paola lanciò un urlo frenato poi cominciò a gemere sensualmente e Nicola dovette fare sforzi enormi per frenare l’orgasmo che montava; lei lo invitò con gli occhi e con le mani a montarla e lui cominciò l’andirivieni del mostro nel ventre della donna; lei sentiva centimetro per centimetro il sesso che avanzava nel suo corpo, lo percorreva, lo domava e se ne impossessava; poi accavallò le gambe sulla schiena di lui e si strinse con il pube al suo, fino a sentire i peli pungere il suo monte di venere; gli urlò di venirle dentro, di riempirla d’amore e Nicola si lasciò andare; il fiume di sperma che si riversò nell’utero fu irrefrenabile e, quando sfilarono la mazza dalla vagina, si disperse in gran parte sul lenzuolo.
“E’ stato meraviglioso; una copula così non la proverà mai più nessuno: sei immenso, sei un grandissimo amante, delicato, possente, dolce, intenso. E’ stato meraviglioso!”
“Paola, ti amo; voglio essere il tuo uomo, sempre. No, non voglio fare la guerra a tuo marito; ti amo anche per questa capacità che hai di affrontare razionalmente i momenti più emozionanti; voglio essere il tuo uomo di letto (e scusa se il gioco di prole è troppo facile); voglio darti tutto l’amore di cui sono capace e tutto il sesso di cui hai bisogno; voglio riempire la tua vita dove gli altri non possono ed anche rubarmi un poco di quello che gli altri potrebbero reclamare. Riesci ad essere mia con questi limiti?”
“Sei l’imbecille più amabile del mondo; non mi provocare più, per favore, ho il dovere di resistere ma se non mi aiuti, non ce la faccio; sono tua, totalmente, assolutamente, indissolubilmente tua, nemmeno mio marito può più avere il mio corpo; lo do solo a te. Hai sentito quell’imbecille di mia figlia? Solo per dedicare la vagina ad Enzo, pretende di dominarlo; io faccio lo stesso ragionamento, di base; il mio corpo da questo momento è tuo, puoi farmi quello che vuoi, se siamo unanimi; ed io voglio la prelazione (non l’esclusiva: non sei uno che rimane fedele!) voglio la precedenza su tutte le donne del mondo; voglio dedicarmi a te come all’uomo del mio piacere infinito, fisico e mentale; ma voglio che almeno in parte tu sia veramente mio. Ce la fai?”
“Io ti amo; è riassunto qui il mio impegno; sono il tuo uomo, solo tuo; non ho bisogno di altro sesso: il tuo è sufficiente a farmi andare in paradiso ed io ci voglio andare spesso, anche ogni giorno. Lo hai detto e lo ribadisco. Non turberemo nessuno, non offenderemo nessuno; ma sarai il mio amore e sarò il tuo compagno di letto. D’accordo?”
“D’accordo; ma adesso, sei pronto ad un nuovo assalto? Ti ho appena assaggiato e aspetto di sentirti …”
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Aggiunto: 4 anni fa
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