Il viaggio fino a Genova si rivelò immediatamente una sorta di pellegrinaggio del cuore ricco di fascino e di entusiasmo; andavo a trovare il mio unico vero grande amore nella sua realtà, in quella dimensione che stupidamente avevo rifiutato e che adesso mi si rivelava in tutta la sua magnetica bellezza; impiegò un tempo relativamente breve il treno ad alta velocità: partita subito dopo pranzo, nel tardo pomeriggio ero alla stazione, leggermente spaesata, come capita naturalmente a un provinciale nell’impatto con una metropoli nuova e tanto diversa, ma accolta dall’entusiasmo di colori, che forse leggevo solo io, del paesaggio intorno e, soprattutto, dalla presenza sulla banchina di arrivo di Isabella col carrozzino del bambino; l’abbraccio fu più caldo di qualunque altro avessi vissuto o sperato, da amante che aspetta l’amata con un’ansia indicibile ed una voglia che traspariva anche dagli abiti; mi sentii bagnare tra le cosce, di colpo, ed ebbi la sensazione che l’abbraccio di Isa fosse l’esplosione di un orgasmo simile; con una nonchalance che nemmeno mi sarei immaginata dieci minuti prima, scambiammo sulla bocca un vorace bacio d’amore che accentuammo limonando per alcuni minuti strusciandoci le vulve da sopra ai vestiti; ebbi la forza di sospirare.
“Portami a casa; ho voglia d’amore, ho voglia di te!”
“Amore, non sai come ti aspettavo, se mi tocchi tra le cosce, trovi un’alluvione.”
“Io invece ho solo paura che il perizoma non riuscirà a frenare il flusso e fra poco bagnerò anche i vestiti!”
Entrammo in macchina, sistemò il bambino e mi proibì di tenerlo in braccio, per la sicurezza stradale, anche se lo stavo divorando di baci e lui mi rispondeva con sorrisi e gesti d’affetto entusiasmanti; impiegò un poco ad uscire di città, perché abitavano fuori, in una zona residenziale nuova, meravigliosamente esposta sul mare e la loro villetta era disposta in posizione veramente molto felice; era elegante e sostanzialmente sobria, su un solo piano, arredata con gusto minimalistico che affascinava ed impressionava; mi sorpresi con gli occhi spalancati e la bocca aperta per la sorpresa.
“Hai visto come ci stai perfettamente in questo ambiente?”
Commentò a sorpresa Isabella; la guardai meravigliata.
“Come puoi dire che una persona sta meglio di un’altra in una casa? Anche tu sembri disegnata per stare qui.”
“Certo; me l’hanno già detto in molti; ti vedo adesso per la prima volta nella cornice di questa casa e sembra quasi che tu sia l’elemento che ci voleva per completare la bellezza!”
“Non dire altre stupide carinerie, fammi vedere il bagno e il letto, ho bisogno urgente di tutte e due!”
Mi accompagnò in bagno, mi aiutò a spogliarmi, mi assistette mentre mi sedevo sulla tazza ed orinavo, anzi mi infilò una mano sulla vulva mente lo facevo e mi masturbò così velocemente che non so più se espellevo solo urina o anche umori di orgasmo; intanto, mi baciava appassionatamente ed io ricambiavo; mi spogliò tutta nuda e mi guidò verso la camera, dominata da un letto enorme, bianco in tutte le strutture e nelle decorazioni; mi ci spinse sopra e si fiondò sopra di me.
“Amore mio, finalmente, tutta per me, senza neppure quel rompiscatole tra i piedi; voglio goderti tutta quanta, dai capelli alle unghie dei piedi!”
Intanto, mi tormentava i capezzoli ed io ero attraversata da continue scosse di piacere che partivano dai seni e si scaricavano nella vulva, mentre le reazioni mi bruciavano il cervello e mi mandavano fuori di testa; urlai ad ogni orgasmo e mi agitavo sul letto come tarantolata; Isa mi salì sopra, a 69, e mi afferrò coi denti il clitoride; ma adesso avevo anch’io la sua vulva davanti alla bocca e la divoravo tutta, la risucchiavo e la leccavo in ogni particolare, stimolavo i gangli più segreti e la feci godere infinite volte; in un attimo, eravamo due Erinni che si stavano possedendo quasi con ferocia, decise a godere e a far godere al massimo e lo gridavamo al mondo, che stavamo godendo, che provavamo un piacere infinito, che ci amavamo come nessun altro al mondo.
Non avevo mai pensato di poter provare un amore saffico così alto, così coinvolgente, così ricco di sensualità: scoprivo il piacere di possedere una donna e di farmi possedere, la gioia della delicatezza, della dolcezza anche quando Isa trasse da un cassetto nella testiera diversi giocattoli, di varia forma e dimensione, con meccanismi strani di vibrazione e di sollecitazione, che ci mettemmo ad usare sul sesso dell’altra, ricavando un piacere indicibile che non si sa se era derivato dai titillamenti all’altra o da quelli che stimolavano il nostro sesso: sentivo l’amore esplodere, materialmente, concretamente, fisicamente, in tutti i nostri abbracci, in tutte le espressioni del nostro desiderio di possedere e di essere possedute, nello stesso momento; crollammo insieme, disfatte, dopo una serie infinita di orgasmi, e per qualche tempo restammo immerse in questo languore di lussuria che ci consentiva, da un lato, di assorbire il grande piacere provato per due ore; e, dall’altro lato, di riposare per circa un’ora, imponendoci rigorosamente solo baci leggeri sul viso e carezze innocue sulle mani e sulle braccia; prima che Cristiano tornasse dall’ufficio, Isa mi avvertì.
“Stasera e finché starai qui, se ti va, sarai tu a dormire con lui e a farci tutto l’amore che ti va; io a fine settimana ho un controllo medico e mi hanno proibito di fare sesso perché devono fare non so che accertamenti; quindi la preda è tutta tua e puoi cucinartela come vuoi; io sono in castità forzata.”
Non capivo il discorso, ma neppure lei sapeva dirmi di più; pareva che ci fosse un’indagine sul suo stato fisico, che quell’analisi fosse pregiudiziale ad una diagnosi seria e che la castità forzata fosse un elemento imprescindibile; mi venne da sorridere, all’idea che da stasera e finché potevo trattenermi (solo pochi giorni, purtroppo) sarei stata la dominatrice della casa che Cristiano aveva sognato per noi anni addietro e che sarei stata sua moglie a tutti gli effetti, ora che eravamo divorziati; Isa mi lesse il pensiero e sorrise con me.
“Scusa, non puoi meravigliarti, dopo che stiamo dando vita alla più sgangherata famiglia allargata del mondo; io e te che amiamo insieme il tuo ex marito che copula con tutte e due mentre nostro figlio sta a guardarci.”
L’accenno a Vittorio mi spinse a fiondarmi in bagno per una doccia veloce e, quando uscii con l’accappatoio, la prima cosa che feci fu andare a prendermi il bambino e tenerlo in braccio; per il mio affetto nei suoi confronti, anche tenerlo tra le braccia era un modo di sentirlo quasi mio, di essere una mamma putativa e di volere bene, attraverso di lui, a suo padre, che era comunque il mio ex marito oltre al fatto che era indiscutibilmente il grande amore che avevo riscoperto solo nelle macerie della nostra vita insieme; ed a sua madre, che ora era la mia amante dalla quale non mi avrebbe diviso una condanna a morte.
Cristiano mi trovò così, che sfaccendavo in cucina con un accappatoio di Isabella addosso e con un asciugamano in testa, a mo’ di turbante; mi sorprese arrivando inavvertito e mi abbracciò da dietro, piantandomi immediatamente la mazza tra le natiche e le mani sulle tette; mi girai e incontrai la sua bocca: mi baciò con passione e ricambiai il suo amore con tutta l’anima.
“Bada che non sono Isabella; lei è in camera.”
“Lo so; infatti aspettavo te; e non sai con quale ansia!”
Dovetti ricacciare indietro una stupida lacrima, all’idea che quella scena e quei discorsi avremmo voluto e dovuto farli in un’altra situazione; anche Cris prese coscienza del paradosso e cercò di consolarmi.
“Dai, Franci, non ci pensare; le cose avvengono quando è il loro momento; anch’io avrei desiderato proprio questa scena qualche anno fa: io che tornavo dal lavoro e ti sorprendevo a spignattare, ti abbracciavo e ti salutavo con un bacio; ti dispiace se l’abbiamo fatto adesso?”
“No, ne sono felice; e sono ancora più felice perché Isa mi ha detto che per questi giorni sarò la tua dolce mogliettina al di là dei certificati di tribunale: è così?”
“Se vuoi, è così; ed io sono convinto che devo prendere questo come un evento naturale che mi compensa di tanti errori e incomprensioni. Vuoi essere mia moglie per questi giorni?
“Voglio essere tua moglie per questi giorni; ma se vuoi anche per il futuro, quando si potrà, se tu e la tua prossima moglie siete d’accordo. A proposito, quando pensi di sposarla?”
“Non so; ha ancora molte esitazioni e sta aspettando queste analisi; forse anche da quelle dipende se e quando lo faremo.”
In quel momento entrò in cucina Isabella con Vittorio, che aveva appena cambiato, e si gettò tra le braccia di Cristiano; io presi il bambino per lasciarli liberi nelle loro effusioni, ma Isa si frenò e si tirò indietro; alla fine scoprii, che erano le emozioni, soprattutto sessuali, che voleva evitare e la rimproverai perché con me non si era contenuta; ma, alla fine, girammo tutto in ridere e Isa promise di non farsi trascinare; preparammo tre bistecche con insalata e ci sedemmo fuori, nel giardino, di fronte al mare, a gustarci la sera di primavera; Isabella non era allegra come qualche ora fa, quando mi sommergeva d’amore e di lussuria: era chiaro che qualcosa la turbava; glielo chiesi e mi disse semplicemente che la faceva star male l’idea di lasciare me e Cristiano a fare l’amore senza neanche potersi permettere di toccarsi e masturbarsi; le avevano proibito le emozioni forti, soprattutto quelle sessuali, perché la radice dei suoi malesseri poteva essere dappertutto, anche se l’opinione più convincente era quella che attribuiva i problemi al cervello e che avrebbe potuto trovare provocatorie le emozioni sessuali in primo luogo; nel giro di una settimana, sperava di avere risposte e intanto prese un sonnifero per addormentarsi prima che noi due dessimo il via al nostro desiderio creandole disagio; crollò addormentata nel giro di pochi minuti e la adagiai sul letto singolo che aveva nella camera per Vittorio, sistemandola al meglio e baciandola in fronte prima di tornare da Cristiano che aveva preso una bottiglia di cognac ed aveva versato in due bicchieri.
“Cris, non ricordi cosa mi provoca il cognac?”
“Eccitazione sessuale, se non ricordo male! E tu di cosa credi che io abbia voglia adesso?”
“Sei un porco! Cerchi di farmi eccitare per fare sesso più intensamente?”
“Vieni amore; scatenati e lascia le ubbie a casa!”
Mi scatenai sul serio: non avevo bisogno di spogliarmi perché ero rimasta in accappatoio da quando ero arrivata; spogliai invece lui, con una frenesia che a malapena mi riconoscevo per l’amore che gli avevo sempre portato; lo spinsi supino al centro del letto e mi inginocchiai accanto a lui prendendo in mano il bastone che si ergeva dal suo ventre in tutta la sua possanza; cominciai a leccare dall’ano e risalii attraverso i testicoli sino all’asta; solo quando lo ebbi percorso tutto, appoggiai le labbra sulla punta e accennai a prendermi dentro la cappella; con un colpo di reni infilò metà dell’asta in bocca e mi sentii aprire le mascelle in maniera innaturale; giocai con la lingua a indirizzarlo verso la guancia e leccai mentre mi penetrava fino in gola, quasi soffocandomi per la dimensione straordinaria che il manganello andava assumendo forse per una particolare eccitazione; Cristiano mi sbalzò quasi brutalmente dalla fellazione che stavo praticando, mi stese sul letto e mi penetrò in vagina con una forza che non avevo mai registrato; lo guardai incuriosita e gli lessi uno sguardo dolce come non lo ricordavo.
“Hai fatto sesso in questi giorni?”
“No, da quando siete andati via, non ho avuto più voglia di vedere maschi.”
“E Mariano? E Andrea?”
“Non ci ho più pensato; credi che debba continuare a frequentarli?”
“Franci, io posso parlare per noi; non me la sento di dare consigli o suggerimenti; io so che con Isabella non ci fermiamo mai; lei oggi ha fatto l’amore con te e adesso tu lo fai con me; ma se le capita di incontrare qualcuno che le piace, mi avverte e non si trattiene; se è lecito a me copulare con te, anche lei ha diritto ai suoi amplessi privati; per questo, credevo che avessi addirittura fatto qualche nuova esperienza con l’avvocato e la moglie.”
“Nuove esperienze!?!?”
“Si, Mariano e Andrea sono frequentatori abituali e grandi protagonisti nei privè della vostra zona; lì si prendono le più grandi e belle soddisfazioni del mondo: roba da ingelosire Epicuro; credevo ti avessero proposto qualcosa.”
“Non mi hanno detto niente; posso sempre informarmi; per ora l’unica cosa che voglio è la tua mazza dappertutto; vedo che sei particolarmente in tiro e non voglio perdermi questa occasione per sentirti profondamente in me. Domani parleremo; ora copula!”
Non se lo fece ripetere e rimasi sveglia per quasi tutta la notte, con la sua verga piantata in corpo, nella vagina, per lo più, ma spesso usciva per incunearsi profondamente nel retto e tenermi stretta come imprigionata al suo sesso: non riuscivo più a capire fin dove arrivassero la libidine e la lussuria e da dove invece cominciasse una sorta di perversione che mirava a tenermi incatenata a lui col sesso, proprio come io avevo sempre rifiutato che fosse; qualche volta si ‘riposava’ facendomelo succhiare a lungo; e continuammo così finché, verso l’alba, caddi in un languore vicino al sonno e cominciai ad avvertire persino la presenza del suo corpo contro il mio come qualcosa che avvenisse fuori e lontano da me, eppure registravo tutte le reazioni del mio sesso alle sue provocazioni; più volte nel sonno lo pregai di smettere e di lasciarmi dormire; ogni volta mi invitò a dormire lasciandolo fare perché godeva molto a possedermi e credo che si riferisse al possesso mentale più che a quello fisico: il suo fallo, infatti, ormai non lo sentivo più e non riuscivo a capire se lo tenessi stretto nel retto, chiuso nell’utero, appoggiato fra le natiche o dietro al corpo, sul lenzuolo; sentii che si staccava e si alzava qualche momento prima che una sveglia gracchiasse per chiamarlo al lavoro; avvertii anche, nel mio strano dormiveglia, che Isabella si alzava e spignattava in cucina, forse per preparare la colazione; fu solo allora che caddi in un sonno profondo da cui mi svegliai solo verso le undici, derisa scherzosamente da Isa che celebrava il tour de force con cui, diceva, avevo distrutto il suo gigante; mandai al diavolo svogliatamente lei e il mio ex marito; ma poi dovetti convenire che era stata la prima notte in cui Cristiano si era comportato da grande innamorato, ma che purtroppo era arrivato fuori tempo massimo per salvare il matrimonio.
La tre giorni di vacanza fu per me veramente una tre giorni di sesso ad ogni costo, in ogni momento, in tutti i modi, dovunque e in qualunque situazione: Cristiano si era preso il week end di libertà e lo passò praticamente dentro di me: ero anche un poco spaventata che Isa potesse risentirsi del sequestro che operavo, praticamente, del suo uomo, tenendolo stretto in tutti i modi, facendomi penetrare come e quanto non avevo mai concesso a nessuno, attaccandomi a lui come alla boa di salvezza; la domanda cosa avrei fatto se lei fosse di colpo scomparsa mi venne da Isa come una mazzata: mi sbracai a rassicurarla che certi discorsi non andavano neppure pensati, perché nessuno avrebbe mai attentato al suo posto al fianco di Cristiano, specialmente dopo che si fossero sposati; mi chiese con forza, comunque, di prometterle che, se il mio ex marito fosse rimasto solo, io mi sarei fatta in quattro per essergli vicina e per prendermi cura del ‘nostro’ bambino; per un attimo mi sfiorò il dubbio che le analisi mediche nascondessero qualcosa di più grosso di quanto mi diceva; ma fu solo un attimo e mi sforzai di farla sorridere assicurandole che sarei stata sempre un sostegno per lei, per Cris e per Vittorio; mi abbracciò con amore.
Da quella volta, per quasi un anno ci scambiammo ospitalità per fare in modo che almeno due volte al mese, da loro a Genova o a casa mia, potessimo vivere almeno un week end tutti e quattro insieme; dopo il tourbillon della prima volta, Cristiano dosò bene le forze e quando stavamo insieme si faceva scrupolo di distribuire il suo amore e le sue prestazioni sessuali tra me e Isabella con un certo equilibrio, senza scatenare gelosie o altro; molte volte, in quelle occasioni, mi chiesero se avevo contattato Mariano e Andrea per sperimentare novità; risposi fuori dai denti che io ero innamorata di loro due e che le esperienze nuove le avrei fatte solo se e quando fossimo stati tutti e tre insieme: con loro avrei dato anche l’anima al diavolo, perché li amavo con tutta me stessa; con altri, non me la sentivo; il sesso di Cristiano (anche preso solo due volte al mese) mi soddisfaceva più di qualunque copula che potessi immaginare con chiunque; Isabella mi abbracciò con un’enfasi che non capivo; ma la sentii particolarmente amica, vicina e innamorata come nessuno era mai stato.
La grossa novità, nel corso di quell’anno, fu rappresentata dal processo di assorbimento, da parte dell’Azienda di Cristiano, della piccola fabbrica vicino alla mia città e del contemporaneo acquisto, a nome mio e del mio ex, dell’appartamento contiguo al mio che rendemmo subito comunicante, con una semplice apertura in una parete non portante; qualche volta, nel corso degli in contri che realizzammo da me, abitammo il nuovo appartamento semplicemente dotandolo di reti e materassi per amarci fino allo sfinimento: in quel modo, la dimensione del rapporto mutava leggermente e diventavamo una ‘famiglia allargata’ tra ex moglie, ex marito, figlio e ‘fidanzata o amante’, non si sapeva bene cosa fosse Isabella, che rifiutò per tutto il tempo l’ipotesi del matrimonio che pure Cris insisteva a proporre e che io caldeggiavo spesso.
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