Il vociare e i tubi di scappamento furono la sveglia del mattino dopo. Mi ricordai dell’impegno preso con Buffalo Bill e, da dentro la tenda, chiamai Walter per ricordarlo anche a lui. Mi rispose con voce assonnata. Mezz’ora dopo uscivamo dal campeggio insieme a Buffalo Bill e altri nove motociclisti, di cui quattro con la moglie o la fidanzata al seguito. Procedemmo in carovana fino a Ravenna, qui rapida e obbligatoria visita alla città e ai suoi monumenti. Mangiammo in un ristorante nei pressi di Sant’Apollinare in Classe. Nel bel mezzo del pranzo Buffalo Bill, lanciò la sua proposta: “Perché non andiamo a prenderci un po’ di sole sulla spiaggia nudista di Lido di Dante? E’ qui, a meno di dieci chilometri”. Due coppie immediatamente declinarono scandalizzate l’invito. Una morettina sui quaranta di Cremona, assai graziosa, con la frangetta e il viso molto furbetto, chiese delucidazioni, e Buffalo Bill non si fece pregare. “Lido di Dante è una spiaggia, credo sia l’unica in Italia, dove è accettato il nudismo integrale. E’ un luogo piuttosto isolato, non puoi passarci né capitarci per caso, la strada finisce lì. C’è di tutto: famiglie con bambini, coppie anziane, omosessuali che poi s’infrattano nella pineta, guardoni che passeggiano sulla battigia e buttano l’occhio tra le gambe delle donne come se niente fosse e poi vanno a farsi una sega tra le dune. Insomma è una spiaggia libera nel vero senso della parola, dove ognuno fa quello che vuole”. Si aprì una ricca discussione sul nudismo, la sua liceità, l’opportunità che lo praticassero solo i belli, se fosse antigienico, se fosse anticattolico, e così via. Io e Walter aderimmo alla proposta: la cosa ci incuriosiva. Altrettanto curiosa si dimostrò la morettina cremonese; anzi di più, perché riuscì a convincere anche il marito un po’ restio. Un’altra coppia, due milanesi sui trentacinque, lei una bionda molto scialba, lui già calvo e grassoccio, esitò a lungo, poi dopo lunga confabulazione si fece coraggio e si aggregò a noi. Perciò al termine del pranzo il gruppo si divise: io, Walter, Buffalo Bill e le due coppie andammo a Lido di Dante, i rimanenti proseguirono il tour culturale di Ravenna. Raggiungemmo il posto percorrendo una stretta stradina campestre che costeggiava un fosso. Parcheggiammo le moto in un minuscolo villaggio composto da seconde case, due ristoranti, tre bar, un emporio di articoli per mare e un paio di grossi campeggi. La spiaggia, bordata da una vasta pineta, era esattamente come Buffalo Bill l’aveva descritta: un brulicare di corpi nudi di ogni età, sesso, dimensione e stato di manutenzione. Camminammo lungo la riva allontanandoci dal centro del villaggio. Senza darlo a vedere lanciavo occhiate furtive alla varia umanità che animava il luogo, cercando di cogliere il fotogramma dell’immagine che mi si svelava tra le cosce aperte delle numerose donne stese a prendere il sole. Dopo quattrocento o cinquecento metri Buffalo Bill ci consigliò di fermarci. “Più avanti” disse “troviamo solo uomini in cerca di altri uomini.” Mi sembrò di capire da qualche sguardo e qualche gesto che la morettina avrebbe proseguito volentieri per scoprire cosa succedeva laggiù. Ci fermammo e ci denudammo completamente. Buffalo Bill non mostrava alcun disagio, si vedeva che era un abituale frequentatore del luogo; ma, anche le due donne, nonostante si trovassero per la prima volta in una simile situazione, si mostrarono molto più tranquille e disinibite di noi uomini. Il milanese ed io facemmo i disinvolti e ci calammo le mutande con eccessiva ed esibita quanto falsa non-chalance. Walter e il cremonese non riuscirono a tanto, se le sfilarono goffamente da seduti. Mi guardai intorno: a pochi metri sulla nostra destra una biondissima famiglia straniera, probabilmente olandese, composta da una coppia intorno ai quaranta, lui alto e atletico, lei altrettanto alta, ma burrosa e cellulitica, tre bambini, due femmine e un maschio tra i dieci e i cinque anni; ovviamente biondissimi. Un po’ più lontani due coniugi sulla sessantina, sicuramente italiani, molto giovanili e ben tenuti. Sulla nostra sinistra una coppia di trentenni, belli, sportivi ed energetici; più avanti una famigliola italiana, padre, madre, figlia preadolescente obesa. E tutto intorno, a perdita d’occhio, culi, tette, fiche, uccelli ondeggianti di ogni dimensione. Alle nostre spalle alte dune cingevano la spiaggia e la separavano della pineta. Dietro di esse si affacciavano, quatti come cecchini, uomini per lo più maturi o addirittura anziani, che da soli o in gruppi di due o tre si stavano toccando nell’indifferenza generale. Buffalo Bill rimase in piedi sulla battigia a conversare con la morettina, con la risacca che s’infrangeva sulle loro caviglie, mentre Walter, il marito ed io, seduti a pochi metri ci guardavamo intorno con aria impacciata. Un po’ più là la coppia milanese si era distesa a confabulare tra loro a bassa voce, ignorando tutto il resto del mondo. Mi sdraiai anch’io per prendere il sole e n’ebbi subito un effetto benefico. Sentivo il calore del sole e l’alito del vento che accarezzavano il mio membro, sfioravano i testicoli e mi trasmettevano un senso di beatitudine leggera.
“Che ve ne pare?” domandai ai miei due compagni, che adesso si erano sdraiati anch’essi, Walter alla mia destra, il marito dalla morettina alla mia sinistra.
“Troppo nudo, tutto troppo esibito, non mi fa alcun effetto” rispose Walter dopo un attimo di riflessione.
“A me invece fa anche troppo effetto. Bisogna che pensi alle tasse, sennò rischio l’erezione” disse il cremonese accompagnando l’affermazione con un risolino tra il compiaciuto e l’imbarazzato.
La nostra conversazione terminò lì. Restammo sdraiati a goderci il piacevole calore del sole sulle parti più segrete dei nostri corpi. Ogni qualvolta ci capitava di girarci sul dorso o sulla pancia, o di metterci seduti per accendere una sigaretta ci guardavamo attorno, un po’ per stupore, un po’ per voyeurismo. Intanto Buffalo Bill e la morettina continuavano a conversare fitto fitto, come se si trovassero tranquillamente seduti nel salotto di casa e non in piedi, nudi, sotto gli sguardi di centinaia di persone. Lei di quando in quando rideva, in quel modo meraviglioso di ridere che talvolta hanno le donne. La cosa andò avanti così per una mezz’ora forse di più; poi la morettina si staccò da Buffalo Bill per avvicinarsi al marito.
“Ho voglia di camminare un po’ lungo la spiaggia. Ci accompagni?”
Il marito esitò, lei lo strattonò per farlo alzare:
“Su pigrone!” e trascinandolo per la mano lo costrinse a seguirla. Buffalo Bill si avvicinò a noi e sussurrò: “seguiteci a distanza senza farvi accorgere. Vedrete che spettacolino”. Dopo di che raggiunse i due e si mise a camminare a fianco della morettina. Walter ed io ci guardammo, forse non capimmo subito il senso delle parole del bolognese. Poi sorridendo maliziosamente ci scambiammo un cenno d’assenso. Li osservammo allontanarsi fino a quando non furono delle figurine lontane, poi ci alzammo per seguirli a distanza. Raccomandammo alla coppia dei milanesi di tenere d’occhio i caschi e gli indumenti mentre andavamo a fare una passeggiata lungo la spiaggia. Nudi com’eravamo, seguimmo a distanza i nostri compagni d’avventura, naturalmente nudi anche loro, come tutta l’umanità di quello strano luogo. La direzione era quella opposta al centro del piccolo villaggio e man mano che si procedeva la spiaggia si faceva sempre meno affollata, con sempre meno famiglie, sempre più le coppie erano composte da due maschi in atteggiamento sempre più intimo tra loro. La pineta si spingeva più vicina alla spiaggia fino a lambirla, le dune erano scomparse. Camminavamo in silenzio guardando quegli strani frequentatori che ogni tanto ci lanciavano occhiate significativamente invitanti; ma senza mai perdere di vista Buffalo Bill e la coppia di cremonesi. Avremo percorso all’incirca un migliaio di metri quando notammo che i tre abbandonavano la linea della battigia e si dirigevano sulla destra, verso la pineta. Allungammo un po’ il passo per non perderli, ma non troppo per non correre il rischio di arrivargli troppo vicini e quindi farsi scorgere. Entrarono nella pineta, per prima la morettina, seguita dal marito. Mi accorsi distintamente che Buffalo Bill prima di entrare dietro a loro si era voltato, forse per vedere se avevamo accettato il suo consiglio. Accelerammo il passo in direzione del punto dove si erano addentrati nella pineta, ma avevano almeno un paio di minuti di vantaggio, quando vi arrivammo trovammo solo un sentiero deserto in una radura sotto alti pini spelacchiati. Seguimmo il sentiero coperto da un tappeto di aghi di pino guardandoci intorno con grande cautela. Dopo alcune decine di metri la pineta si faceva più fitta e ricca di macchia, offriva sicuri ripari da occhi indiscreti, anche se cominciavo a sospettare che in quel posto nessun occhio avrebbe mai potuto essere considerato indiscreto. Walter mi precedeva, potevo vedere il suo culo magro e maschile, privo per me di ogni attrattiva erotica e mi veniva da domandarmi se veramente avevo goduto dentro di lui oppure era stato solo un sogno. Ma sapevo molto bene che non era stato un sogno, che avevo davvero riempito quel buco col mio sperma e che la cosa mi aveva procurato un grande godimento.
Il sentiero si addentrava nella pineta facendosi sempre più stretto; qua e là si aprivano delle aperture nella macchia che accedevano a piccole radure laterali. Walter si affacciava per controllare se vi si fossero infrattati i nostri compagni. Le prime due le trovò deserte, alla terza si bloccò e si fece da parte per lasciare anche a me lo spazio per affacciarmi a guardare. Quello che apparve ai miei occhi fu un giovane bruno in piedi, fisico statuario scolpito dal culturismo, appoggiato languidamente a un pino. Inginocchiato di fronte a lui un uomo molto anziano, che sicuramente aveva passato da tempo la settantina, succhiava avidamente il suo membro, anch’esso di dimensioni decisamente statuarie, e intanto si masturbava il suo, gagliardamente eretto. Ci videro, il ragazzo rimase imperturbabile, il vecchio interruppe un attimo l’azione e ci rivolse uno sguardo complice, poi continuò, lieto di avere un pubblico. Restammo inchiodati a quell’immagine inaspettata. La sorpresa inibiva e bloccava in me qualsiasi reazione, mentre in Walter notai qualche lieve cenno di eccitazione che si manifestava con qualche fugace toccata nella zona genitale e conseguente lieve ingrossamento. Per qualche minuto ci soffermammo su quello spettacolo indubbiamente affascinante, poi proseguimmo la ricerca del nostro trio, che evidentemente si era addentrato un bel po’ nella pineta; a meno che non fossimo stati noi ad avere sbagliato sentiero. Arrivati in corrispondenza di un’altra apertura avvertimmo dei rumori che non lasciavano alcun dubbio sulla loro origine. Ci affacciammo quasi contemporaneamente a guardare: circondato dalle siepi di rovi c’era uno spazio piuttosto ampio; a terra erano stati gettati dei grandi asciugamani da spiaggia, sui quali stava supino un giovane essere, dotato di grandi seni marmorizzati e di un’asta in piena erezione. Veniva penetrato da un uomo maturo e distinto al quale appoggiava le gambe sulle spalle, mentre a lato della sua testa, semisdraiato, un altro uomo sulla cinquantina, grasso e con una grande pancia prominente gli dava da succhiare un membro ridicolmente minuscolo. L’uomo che lo penetrava nel frattempo si prodigava a masturbare il membro della transessuale. Questa volta la visione provocò anche a me un formicolio nella zona delle gonadi e un afflusso di sangue al sesso, che pulsò. Walter era più eccitato di me, era quasi in erezione, e mentre si toccava cominciò a sfiorare anche il mio pene, che reagì, naturalmente. I tre non si accorsero, o non vollero accorgersi della nostra presenza e continuavano a darsi piacere con molta calma e lentezza, come se volessero far durare l’incontro il più a lungo possibile. Non potevamo ancora restare lì, così: avremmo dovuto unirci a loro oppure andarcene. Ormai piuttosto eccitati e con qualche esitazione da parte di Walter, continuammo la ricerca dei nostri compagni. Non dovemmo cercare a lungo, erano a pochi metri, a lato del sentiero, senza che si fossero nascosti dietro alcun cespuglio. Erano tutti e tre in piedi: la morettina piegata in avanti stava prendendo in bocca il membro di Buffalo Bill mentre da dietro il marito la stava scopando. A non più di tre metri da loro due ragazzi di circa venti anni stavano osservando la scena e si masturbavano reciprocamente con grande vigore. Walter ed io non ci avvicinammo ulteriormente per non essere visti dalla donna e da suo marito. Restammo a guardare da dietro un cespuglio mentre ci toccavamo a vicenda sempre più infoiati. Venne per primo uno dei ragazzi, l’altro subito dopo. Buffalo Bill con un grugnito prolungato comunicò a tutti gli astanti di avere riempito la bocca della bella signora cremonese, e si allontanò da lei per sedersi esausto vicino ai due ragazzi che continuavano a guardare incantati e ad accarezzarsi teneramente i loro cazzetti ormai mosci. E intanto anche per Walter arrivò il momento di rovesciare il suo liquido sulla mia mano. Il marito adesso aveva fatto inginocchiare sua moglie davanti a lui e glielo aveva messo in bocca, muovendosi nello stesso modo e con lo stesso ritmo di quando la penetrava nella vagina, e nell’eccitazione del piacere la apostrofava con insulti: “brutta troia, pompinara, porca...”, come potevamo udire distintamente. Lei nel frattempo si era fatta scivolare una mano tra le cosce e dal movimento del braccio era facile intuire quello che stava facendo. Walter s’inginocchiò di fronte a me, i suoi toccamenti si trasformarono in un vero appassionato pompino. Gli venni in bocca quasi in contemporanea al marito, che nel momento del piacere gridò ad alta voce: “schifosa, brutta troia, porca schifosa, prendi, prendi…” E lei prese con grande gusto, e dopo avere preso quello che c’era da prendere si coricò sul dorso, a cosce aperte e si masturbò con furore fino a procurarsi una serie di orgasmi a fica spalancata, di fronte a sei maschi più o meno placati nel loro desiderio. Da dove stavo potevo vedere distintamente lo spacco rosa di carne umida circondato da una selva di peli neri. Mi pulii la mano bagnata di sperma a delle foglie, Walter si pulì la bocca col dorso della mano, poi c’incamminammo rapidamente verso la spiaggia per arrivare con un congruo vantaggio sul trio dei trasgressivi. Giunti alla spiaggia ci tuffammo in mare per lavare la pelle dal sudore, dalla polvere e dallo sperma, poi quasi di corsa raggiungemmo la coppia dei milanesi, che trovammo piuttosto impaziente, addirittura inquieta.
“Alla buon’ora” disse lui, forse preoccupato di essere stato lasciato da solo con la sua bella in mezzo a tutte quelle persone nude. “Dove eravate finiti?” Non volli fare caso al suo tono piuttosto risentito. “Abbiamo fatto una camminata, poi abbiamo fatto il bagno” risposi candidamente. “Gli altri tre dove sono? Noi dobbiamo tornare al campeggio e fare i bagagli, perché stasera dobbiamo rientrare a Milano. Domani lavoriamo.” “Non so dove siano” risposi. “Li abbiamo cercati anche noi, ma devono essersi allontanati molto, perché non li abbiamo visti” “Se dovete proprio partire andate pure. Li aspettiamo noi e teniamo d’occhio la loro roba” concluse Walter. Non se lo fecero ripetere, si rivestirono e ci salutarono tiepidamente. Non era certo nata un’amicizia. Le giornate di giugno sono lunghe; il sole era ancora alto. Ci sdraiammo su quella magica spiaggia a goderci la carezza dell’aria e del sole sui genitali, resi più sensibili dal recente orgasmo. Ero molto curioso di guardare in faccia i tre quando sarebbero tornati; di vedere quale atteggiamento ciascuno di loro avrebbe tenuto. Dovemmo aspettare un bel po’ prima di vederli tornare; in compenso le loro facce erano piuttosto trasparenti. Buffalo Bill aveva l’espressione un po’ sogghignante del vecchio pirata che ancora una volta era riuscito ad ottenere quello che voleva; senza farsene accorgere dagli altri due ci indirizzò una strizzatina d’occhio. La morettina teneva un atteggiamento molto misurato, ma negli occhi aveva una luce che la diceva lunga su quanto se la fosse goduta quel pomeriggio. Il marito aveva un’aria cupa che lasciava intendere che lui in quella situazione c’era stato trascinato e ora faticava a prendere atto della nuova realtà circa la sua adorata mogliettina. Prima la donna, poi i due uomini si stesero pigramente accanto a noi, a cogliere i preziosi raggi del sole nel tardo pomeriggio di quella calda domenica di inizio estate. La languida pigrizia che ci pervadeva era interrotta solo da qualche stralcio di conversazione banale e frammentaria, durante la quale qualche utile informazione saltò fuori. Prima informazione: al campeggio era organizzata una grande grigliata come cena di saluto ai partecipanti al motoraduno. Seconda informazione: dopo la cena Buffalo Bill sarebbe rientrato di corsa a Bologna, in quanto si proclamava anche lui un lavoratore (mi domandai se facesse il mandriano). Terza informazione: la coppia di cremonesi non sarebbe partita quella sera perché, come Walter e me, si erano lasciati liberi dal lavoro il lunedì mattina per evitare il prevedibile traffico di rientro della domenica sera dalla riviera romagnola. Al campeggio c’era atmosfera di smobilitazione, molti già se n’erano andati. Era rimasto chi poteva trattenersi fino all’indomani e chi abitava a meno di tre ore di distanza. Alle otto era stata imbandita una grande tavolata con costolette di maiale, salsicce, rosticciana e altra carne arrostita. Ce n’era una quantità tale che avrebbe potuto soddisfare anche l’appetito degli assenti; le bottiglie di vino in numero proporzionato alle pietanze. Per una strana coincidenza noi cinque partecipanti alla trasgressiva spedizione a Lido di Dante finimmo col trovarci seduti accanto. Io ero tra Walter e la morettina, che aveva accanto il marito, mentre Buffalo Bill sedeva accanto a Walter. Buffalo Bill era decisamente su di giri, snocciolava barzellette a raffica, degnamente coadiuvato da un altro paio di allegroni. La serata prese subito una bella piega, molte risate, allegria, battute, scherzi. L’unico che sembrava estraneo al generale buonumore era il marito della morettina, che se ne stava in silenzio a mangiucchiare e, soprattutto a tracannare senza tregua un bicchiere dietro l’altro. Fu verso la fine del pranzo, quando tutti noi stavamo crogiolandoci in una ruttante sazietà, mentre le risate si erano fatte più lente e strascicate, che la morettina si protese verso di me e con un filo si voce mi sussurrò all’orecchio:
“Ti ho visto, col tuo amico.”
Capisco, ma faccio finta di non capire,
“Quale amico? Sono venuto qua da solo. Cosa hai visto?”
Rise come se le avessi raccontato una barzelletta, gli occhi le brillavano.
“Ma dai, hai capito. Oggi, in pineta a Lido di Dante, tu e il ragazzo seduto vicino a te”.
Toccò a me adesso ridere di gusto. Mi avvicinai al suo orecchio e le bisbigliai:
“Hai avuto anche il tempo di vedere noi, oggi? Sai fare molte cose insieme, complimenti. Anch’io ti ho visto molto bene, oggi. E’ stato uno spettacolo incantevole. E anche molto coinvolgente.”
La nostra adesso fu una risata complice. Si protese di nuovo verso di me per mormorarmi:
“Peccato che invece io abbia visto solo le vostre teste e abbia dovuto lavorare d’immaginazione per quello che stava succedendo dietro la siepe. Mi sarebbe piaciuto molto assistere.”
La conversazione si faceva sempre più interessante, e soprattutto eccitante.
“Ah sì? A cosa ti piacerebbe assistere?” Si fece ancora più vicina al mio orecchio e mi sussurrò con una voce che era una promessa:
“Mi piacerebbe vedere due maschi che scopano, che si spompinano, che si inculano. L’ho sempre desiderato, non è mai successo. Al solo pensarci sono già tutta bagnata.”
“Ma tu vorresti fare solo la spettatrice, oppure reciteresti anche tu la tua parte?”
Il sorriso che seguì alla mia domanda fu talmente languido da rivelare quanto doveva essere bagnata là sotto.
“Se lo spettacolo è coinvolgente è difficile rimanere solo spettatori. Ti pare?”
Il modo come lo disse era già qualcosa di più di una semplice promessa. Una vampa di calore mi accese il petto e scese giù, verso l’inguine. Guardai il marito, aveva bevuto oltre ogni limite, il suo sguardo era l’essenza stessa del vuoto. La morettina seguì il mio sguardo e si voltò anche lei a guardarlo.
“Tra poco devo accompagnarlo in tenda e metterlo a letto. Sta già dormendo anche se non se n’è accorto. Non ha mai retto l’alcool”.
“E’ rimasto turbato da quello che è successo oggi?”
“E’ rimasto turbato dal fatto che si sia eccitato a vedermi con un altro. Ma si riprenderà e il nostro ménage non avrà che da guadagnarci”.
“Però non ti ha assecondato fino in fondo…”
“No. L’altro sarebbe stato anche disponibile, ma lui non ha voluto saperne. Ma quando si sarà abituato all’idea di infrangere un tabù, sono sicura che gli piacerà”.
Nel frattempo la tavolata si era spopolata: qualcuno era già partito per tornare a casa, tra questi Buffalo Bill; qualcun altro era andato a dormire perché al mattino sarebbe partito presto.
“Porta a nanna tuo marito, ci vediamo alla mia tenda tra mezz’ora. Intanto ne parlo a Walter. Se lui non fosse d’accordo dovrai accontentarti di me…”.
“Cerca di convincerlo. O tutti e due, o nessuno.”
Detto questo si alzò, salutò con ampi gesti i superstiti della tavolata, raccolse quel che restava del marito e si avviarono faticosamente in direzione della loro tenda, che fortunatamente non era lontana. A Walter non era sfuggito che qualche trama doveva essere alla base del fitto parlottare tra me e la mia vicina di posto. Dopo che lei se ne fu andata con il marito mi guardava con aria interrogativa, ma troppo educato e discreto per fare domande. Non mi sembrava il caso lì a tavola di mettermi a informarlo degli ultimi sviluppi, che peraltro mi divertivano e mi intrigavano. Mi limitai a comunicargli la mia intenzione di andarmene e di raggiungermi alla tenda di lì a cinque minuti. Mi alzai, salutai la bella compagnia, qualcuno più entusiasta mi gridò dietro un “ci vediamo l’anno prossimo”. Mi sedetti appoggiato al solito tronco del platano in attesa di Walter, che non tardò oltre i cinque minuti convenuti. Si sedette accanto a me e mi offrì una sigaretta. La presi e me la feci accendere. Walter appoggiò una mano all’interno della mia coscia. Era un chiaro invito per quello che voleva non appena fosse finita la sigaretta. Lo misi al corrente di tutto il contenuto della mia conversazione con la morettina e della sua intenzione di mettersi tra noi come spettatrice e molto probabilmente come attiva partecipante. Ritirò la mano dalla mia coscia, tirò due boccate nervose alla sigaretta e la buttò via restando in silenzio.
“Qualcosa non va?” domandai.
“Non so… non me lo aspettavo. Io non desidero un’altra donna che non sia Irene. Non saprei come raccontarglielo. Una cosa è prendersi una distrazione sessuale con un uomo; altra cosa è scopare un’altra donna. Irene non capirebbe.”
“Ma tu non scoperai. Lei ci guarderà mentre noi due facciamo dei giochi sessuali tra uomini. Se poi vorrà essere scopata potrò sempre farlo io”.
Nella semioscurità guardavo il suo viso di ragazzo timido dietro i suoi occhiali da professorino. Era perplesso e combattuto.
“E poi puoi anche non raccontarlo a Irene. Qualche innocente segreto giova a una coppia. In fondo tu sai di non tradirla.”
Restava in silenzio, avevo l’impressione che il mio ragionamento aprisse una piccola fessura nella sua incertezza.
“Ma quello che conta è” insistetti “stabilire se tu lo desideri davvero, questo incontro. Se ti intriga questa nuova esperienza. Se lo desideri Irene capirà di sicuro, se glielo racconterai; perché ti ama e siete una sola anima. Siete molto fortunati.”
Usavo le parole che lui aveva adoperato per descrivermi la profondità del suo rapporto con Irene. Ancora una volta Walter riuscì a sorprendermi. Dopo qualche lungo attimo di silenzio sbottò in una risata, mi affibbiò una cameratesca pacca sulla coscia e disse:
“Ma sì! Hai ragione! A chi faccio del male? Cosa tolgo a Irene? Che differenza fa se stasera a noi si aggiunge una gattina in calore? Mi piace l’idea di esibirci di fronte a una donna che ci guarda e si eccita a guardarci. Guarda, solo a pensarci, guarda cosa mi è successo.”
Mentre diceva così si abbassò la cerniera e si tirò fuori il piccolo membro in piena erezione.
“State cominciando senza di me?”
La voce della morettina cremonese ci arrivò da dietro. Stava venendo verso di noi e aveva visto il gesto di Walter, anche se forse non aveva compreso le sue parole, pronunciate a bassa voce. Walter si ricompose rapidamente; anche se non potevo vederlo ero sicuro che fosse diventato rosso come un sammarzano. La donna venne a sedersi di fronte a noi, con le gambe incrociate all’indiana. Indossava solo una lunga camicia da uomo e anche al buio si intravedeva che là sotto non c’era biancheria di sorta.
“Tuo marito sta dormendo?” le domandai, forse inopportunamente; ma un po’ temevo di vederlo arrivare a guastarci la festa, che si preannunciava scoppiettante
“Dorme come un bambino, adesso. Ma ho dovuto coccolarlo un po’, prima.”
“E in che modo l’hai coccolato?” chiesi, pensando di avere già indovinato la risposta.
“Gli ho preso in mano il suo cazzo e l’ho masturbato mentre gli raccontavo che non appena lui si fosse addormentato sarei andata ad assistere allo spettacolo di due maschi che si scopavano. Anche lui avrebbe voluto essere con noi, ma l’ho convinto che non era in grado di fare nulla. Gli ho promesso che domani mattina gli racconterò tutto nei minimi dettagli. L’ho fatto godere, poi si è addormentato di colpo. Chissà che sogni starà facendo adesso”.
Rise brevemente, una risata di gola, roca e profonda. Poi rivolta a Walter:
“Perché non continui a fare quello che stavi facendo quando sono arrivata?”
Walter ebbe un attimo, solo un attimo di esitazione, ma la sua eccitazione era cresciuta ed era più forte di qualsiasi remora. Si aprì nuovamente i pantaloni e fece uscire il membro eretto, poi prese ad accarezzarlo delicatamente. La donna si protese in avanti per osservare meglio nella penombra, fece scivolare una mano dentro la camicia per accarezzarsi i seni. La temperatura tra noi si faceva incandescente, usai il mio ultimo sprazzo di ragione per entrare nella tenda di Walter, prendere il suo materassino e trasferirlo nel mio igloo, più spazioso e disponibile ad accogliere le evoluzioni erotiche di tre persone. Mi denudai e aspettai l’arrivo dei miei complici, osservando attraverso l’apertura i due che stavano guardandosi, toccando ciascuno le proprie parti sensibili. Fu lei a rompere l’equilibrio. Si alzò in piedi e si tolse la camicia sfidando sfrontatamente eventuali sguardi indiscreti, poi entrò per venire a sedersi vicino a me. La penombra dentro la tenda era abbastanza luminosa da non nascondere alcun dettaglio dei nostri corpi; ma rendeva tutto misteriosamente intrigante. Il suo sesso emanava forte il profumo della sua eccitazione; la visione del suo pube nero e il suo sguardo fissato sul mio pene furono sufficienti a provocarmi un’immediata erezione. Cominciai a toccarmi con leggerezza, sapevo che era quello che lei desiderava. Walter finalmente entrò, anche lui già completamente nudo, e si distese perpendicolarmente a noi, con il volto all’altezza del mio bacino, poi protese le labbra per prendermi in bocca il membro. Non fui io, ma lei a emettere un gemito, come se fosse stata la sua carne a essere lambita da quella lingua calda. Allungai un braccio verso di lei per cercarle il clitoride in mezzo a un lago di caldi e profumati umori, ma prima di essere arrivato alla mia destinazione mi prese la mano e la portò ad afferrare il piccolo e roccioso membro eretto di Walter. Gli spazi angusti della tenda facevano di ogni nostro movimento un’occasione di contatto e strofinio di corpi. Walter succhiava il mio cazzo e io masturbavo il suo; mi protesi verso la fica, tentando di arrivare a leccarla. Riuscii solo ad assaporare la fragranza delle sue labbra calde e scivolose; poi lei si ritrasse sottraendosi. Voleva essere solo spettatrice. E allora se voleva essere spettatrice, le avremmo fatto vedere. Mi dedicai al mio compagno, lo toccai con più intensità, leccai i suoi testicoli, poi li presi in mano e li accarezzai mentre la mia bocca riceveva interamente il suo piccolo durissimo membro che non arrivava nemmeno a sfiorare la mia gola. Più che vedere intuivo dalle oscillazioni del materassino quello che lei stava facendo: si stava masturbando con grande vigore. Infatti dopo pochi istanti la sentimmo gemere una, due volte. Poi una voce roca che implorava: “Voglio essere scopata, voglio un cazzo, voglio un cazzo dentro di me”. Lasciai il membro di Walter e mi girai verso di lei: come nel pomeriggio in pineta stava a cosce aperte, gambe alzate e piegate. Anche nella penombra potevo vedere distintamente la fica spalancata e grondante, i peli neri bagnati e appiccicati alle grandi labbra. Continuava a implorare un cazzo che entrasse dentro di lei, lasciai perdere Walter e la penetrai in un solo movimento. Mi sentii sprofondare in un oceano di piacere caldo, umido e vischioso. La penetrazione fu accolta da un grido soffocato e da un nuovo orgasmo che per poco non provocò anche il mio. Riuscii a trattenermi e a distogliere il pensiero quel tanto che era necessario, prima di prendere a muovermi dentro di lei. Walter vicino a noi continuava a masturbarsi lentamente, mentre con l’altra mano mi accarezzava le natiche e ogni tanto scivolava nel solco e si soffermava sull’ano spingendo delicatamente. Devo ammettere che questo amplificava di molto il mio piacere. Sotto i miei colpi ben presto fu scossa da un altro orgasmo. Come in delirio sollevò la testa scuotendola, appoggiò le mani sulle mie natiche e le allargò ansimando a Walter: “Inculalo, buttaglielo dentro, mettiglielo tutto nel culo quel bel cazzetto…” Non mi importava nulla di prenderlo nel culo, di essere sverginato, ero disposto a tutto. Sentii Walter che si muoveva, sentii la sua saliva cadermi tra le natiche, le sue dita che mi penetravano e mi lubrificavano. Poi sentii la sua cappella appoggiarsi e spingere. Il membro era piccolo, io ero aperto e abbandonato al piacere, cominciò a entrare. Era una strana sensazione, mi sentivo violato e posseduto mentre violavo e possedevo, adesso mi muovevo lentamente dentro la donna per assecondare anche la mia penetrazione. Sentii il pube di Walter contro le mie natiche, i nostri testicoli che si sfioravano. Spingeva ritmicamente e lo stesso ritmo lo imponeva a me che affondavo contemporaneamente in mio cazzo dentro la fica della donna. Quanto durò? Difficile dirlo, una brevissima eternità; durò fino a quando la donna ebbe un altro orgasmo, più violento degli altri, che risucchiò il mio membro fino a rendere impossibile ogni tentativo di resistere al godimento, che mi sommerse. Le contrazioni del piacere si ripercossero su tutto il mio corpo, lo sfintere si chiuse ritmicamente sul sesso di Walter, che sentii sussultare mentre il suo sperma entrava dentro di me. Furono orgasmi quasi simultanei, forti, squassanti. Ci accasciammo l’uno sull’altro. Sentivo il mio membro che si ritirava scivolando via da quel lago caldo e lubrico, sentivo quello di Walter farsi sempre più piccolo e morbido, stretto nell’anello che gli aveva appena dato piacere.
Sudati e ansimanti restammo sdraiati uno vicino all’altro. Mi appisolai per qualche minuto, credo, anche se in realtà avrebbe potuto trattarsi di ore. Quando mi svegliai la donna non c’era più e la cerniera della tenda era aperta. Walter stava dormendo silenziosamente sul suo materassino all’altro lato dell’igloo. Fu solo un attimo di coscienza, caddi nuovamente in un sonno profondo. Mi svegliai un’altra volta quando da fuori veniva un po’ di chiarore; l’alba si stava avvicinando. Walter e il suo materassino erano spariti. Ero di nuovo solo; io da solo, io, uno dei tanti partecipanti al motoraduno, arrivato fin qui per spezzare la monotonia di una quotidianità che mi stava uccidendo. Mi addormentai, per svegliarmi quando il sole era già alto.
Mi sentivo bene, il ricordo della notte prima era forte, ma non mi lasciava nessun turbamento. Era il ricordo di una bella avventura, un’esperienza che ero contento di avere vissuto.
Uscii proprio mentre passava la moto dei coniugi cremonesi che se ne stavano andando. La morettina sulla sella posteriore, chiusa nel suo casco e nella sua tuta, fece in tempo a scorgermi e a rivolgermi un saluto con la mano, che ricambiai grato e sorridente. La tenda di Walter era chiusa e silenziosa, probabilmente stava ancora dormendo. Cominciai a smontare la tenda, la routine quotidiana mi stava aspettando nella mia città. Sono un campeggiatore esperto, l’operazione di smontaggio e carico della moto non mi prese più di una mezz’ora. Mi spiaceva partire senza salutare Walter, cercai di fare rumore per svegliarlo, ma senza risultato. Lo chiamai e dalla tenda uscì una specie di gorgoglio.
“Sto partendo, Walter. Volevo salutarti e farti gli auguri e le felicitazioni per le tue nozze. Dato che le hai già parlato di me porta i miei auguri anche alla tua Irene.”
La cerniera sibilò; la faccia di Walter si affacciò. Venne verso di me, mi strinse la mano e mi abbracciò.
“Fai buon viaggio. Chissà, forse c’incontreremo ancora. Magari ad un altro motoraduno, o a questo l’anno prossimo”.
“Magari verrai con tua moglie”.
“Chissà magari verrò con mia moglie e te la farò conoscere”.
Misi in moto e partii per tornare al mio piccolo inferno quotidiano.
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Aggiunto: 4 anni fa
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