Era la mattina di un giorno di maggio e mentre gli impiegati di un’azienda di informatica lavoravano come ogni giorno una ragazza sui 26 anni si aggirava avanti e indietro lungo gli openspace che componevano l’azienda appuntandosi qualcosa a penna sopra un foglio di carta.
Si trattava di una ragazza alta circa 1metro e 75, capelli biondi che arrivavano fino all’altezza delle spalle.
Indossava un paio di jeans, una magliettina a fiori e delle scarpe da ginnastica.
Nessuno l’ aveva mai vista prima d’ora, nemmeno l’amministratore delegato dell’azienda, che l’aveva notata uscendo dal suo ufficio per prendere un caffè al distributore.
L’amministratore delegato si chiamava Christian ed era un uomo di 35 anni, abbronzato e con un fisico ben curato grazie alle tante ore passate in palestra.
Lasciò che la ragazza andasse avanti e indietro per un po’ prima di avvicinarla per chiederle spiegazioni.
Si avvicinò soltanto quando la ragazza si fermò davanti a una porta che si apriva soltanto a fronte del passaggio di un badge che lei non aveva.
“Signorina, quella è la sala server, per entrare serve questo” – le disse indicandole il badge che aveva al collo; “le avranno sicuramente dato un badge identificativo all’ingresso, come a tutti gli ospiti” – proseguì.
“Veramente…” – disse la ragazza – “veramente quando sono salita la porta era aperta ed in reception non ho visto nessuno, così ho pensato di entrare e iniziare a fare i controlli per cui sono stata mandata”.
“Male signorina…avrebbe dovuto sedersi ed attendere che arrivasse qualcuno a identificarla…lo sa che è un reato entrare qui senza autorizzazione?” – disse Christian.
“Me ne rendo conto, mi scusi…” – disse la ragazza con aria avvilita – “è solo che ho aspettato qualche minuto e non vedendo nessuno ho deciso di entrare” – cercò di giustificarsi.
“Non importa…piacere, io sono Christian, l’amministratore delegato di questa azienda…mi dica, chi è lei?” – disse Christian tendendole la mano; “anzi mi segua, la accompagno in reception così la facciamo registrare…per una volta che viene in visita una bella ragazza sarebbe un peccato farsi sfuggire il suo nome” – disse ancora con un sorriso sulle labbra.
La ragazza imbarazzata si limitò a ricambiare il sorriso e seguì Christian fino alla reception attraversando un openspace dove lavoravano circa 20 operatori, quasi tutti maschi, la maggior parte dei quali aveva lo sguardo rivolto verso di lei come fosse un pezzo di carne in mezzo ad un branco di cani. La ragazza proseguì sentendosi i loro sguardi addosso.
Attraversarono un breve corridoio ed arrivarono alla reception dove dietro il bancone li attendeva una bella donna anch’essa sui 35 anni, abbronzata e con un seno abbondante.
“Buongiorno Manuela…potrebbe essere così gentile da prendere i dati di questa signorina? È qui per un controllo, o qualcosa del genere” – disse Christian.
“Ma certo…si accomodi pure, sarò da lei tra qualche minuto” – disse Manuela alla ragazza.
La ragazza prese posto su una sedia di fronte al bancone mentre Christian si congedò da lei; “A dopo allora. Se ha bisogno di me mi trova nell’ufficio in fondo al corridoio, seconda porta a sinistra” – le disse rivolgendole un intrigante sorriso.
“A dopo” – rispose a bassa voce la ragazza come se quel sorriso l’avesse in qualche modo stregata.
La ragazza nell’attesa iniziò a fantasticare su quell’amministratore di azienda così affascinante, muscoloso e abbronzato; fantasticò talmente tanto che la donna alla reception dovette farle cenno due volte prima che si accorgesse che la stava chiamando.
“Mi scusi” – disse la ragazza con un sorriso sul volto mentre si alzava dalla sedia per avvicinarsi al bancone.
“Bene, allora…chi è lei?” – disse Manuela.
“Mi chiamo Irene, sono stata mandata qui per un controllo delle infrastrutture e sulla qualità della vita lavorativa dei dipendenti della vostra azienda” – disse la ragazza.
“Di che azienda fa parte?” – chiese Manuela. Irene le riferì il nome dell’azienda per cui lavorava.
“Aveva appuntamento con qualcuno?” – disse Manuela.
“No, con nessuno…sono stata mandata qui per eseguire questo controllo, non mi è stato indicato nessun riferimento” – disse Irene.
“Va bene…le chiedo cortesemente di lasciare qui un documento di identità e di mettersi al collo questo badge per gli ospiti” – disse Manuela.
Irene lasciò la carta d’identità alla reception e si mise al collo il tesserino.
“Vada pure a fare i controlli che deve effettuare” – disse la donna alla reception.
“Grazie” – disse Irene. Riprese in mano il blocco di carta e la penna e si diresse nuovamente tra gli openspace.
Visitò l’azienda in lungo e in largo e annotò sul foglio numerose cose. Visitò la sala server, l’area break, le sale riunioni, i bagni.
Dopo circa 45 minuti tornò alla reception per recuperare la carta d’identità, lasciare il badge e andarsene.
“Il sig. Christian vorrebbe discutere un attimo con lei in merito a quello che ha riscontrato” – disse Manuela.
“Va bene, ma non ho molto tempo…” – rispose Irene.
“Non si preoccupi, il sig. Christian non è uno di molte parole, se la caverà in fretta…la aspetta nel suo ufficio, si accomodi pure” – disse Manuela.
Irene si avviò verso l’ufficio dell’amministratore delegato, oltrepassò il corridoio e si fermò davanti alla seconda porta a sinistra. Stava per bussare quando decise di darsi una veloce sistemata ai capelli spostandosi un ciuffo dietro le orecchie. Bussò.
“Avanti” – disse la voce di Christian.
Irene entrò nella stanza, Christian era seduto dietro ad una scrivania e la invitò a chiudersi la porta alle spalle.
“Allora, è stata una gita gradita?” – le disse accennando un sorriso.
“Sì, abbastanza” – rispose Irene.
“Prego, si sieda” – disse Christian.
“Va bene, ma non ho molto tempo” – rispose Irene sedendo sulla sedia di fronte a lui.
“Bene, mi dica quello che ha riscontrato” – disse lui.
“Beh…ci sono alcune cose che non sarebbero a norma e che possono portare l’azienda ad incorrere in una sanzione che va dai mille euro a salire…per esempio il sistema di ricircolo dell’aria non sembra funzionare a dovere, tanto che in alcune aree si respira aria rarefatta e questo alla lunga può essere dannoso per la salute dei dipendenti” – disse Irene.
“Il ricircolo dell’aria, certo” – disse Christian, che sembrava però decisamente più interessato ai dolci lineamenti del viso di Irene piuttosto che alle sue parole.
La ragazza riprese la parola mentre Christian non staccava nemmeno per un secondo lo sguardo dagli occhi di lei.
“Alcuni dipendenti non sono provvisti del materiale strettamente necessario per operare la loro professione; ad esempio molti risultano essere sprovvisti delle cuffiette, che facendo anche servizio di centralino telefonico sono necessarie” – proseguì Irene.
Christian non disse nulla e continuò a fissarla.
Irene restò zitta per qualche secondo in preda all’imbarazzo prima di terminare la sua analisi.
“E infine…” – prima di proseguire si passò nervosamente una mano tra i capelli – “infine ho notato che i bagni non sono propriamente puliti come dovrebbero essere…diciamo che a livello igienico lasciano un po’ a desiderare” – disse terminando il discorso.
“E lei a livello igienico come è messa? Se la è lavata la passerina stamattina?” – disse Christian a bassa voce.
“Come scusi?” – rispose Irene certa di non aver intuito bene le parole di Christian.
Christian si alzò in piedi e riprese a parlare; “Signorina, lei sa quanto mi costa mantenere questa azienda? Crede che sia semplice gestire più di 400 dipendenti?”.
“Non metto in dubbio che sia difficile” – disse Irene un po’ intimorita.
“E allora pensa che i cessi sporchi siano un problema così grave?” – disse Christian.
“Io ho fatto soltanto il mio lavoro, non se la deve prendere con me” – disse Irene.
“Non me la prendo con lei signorina” – disse tornando a sedersi; “ma è con lei che adesso devo trattare…”.
“Non capisco…cosa intende dire?” – rispose Irene.
“Non penserà certo che io intenda pagare la sua multa del cazzo…ho già i miei problemi, me ne fotto delle sue verifiche sullo stato dei cessi”.
“Le ripeto che io faccio soltanto il mio lavoro, se ha da lamentarsi di qualcosa le lascio i riferimenti di chi potrà aiutarla” – disse Irene.
“Non sono uno a cui piace la troppa burocrazia…il problema lo risolviamo io e lei adesso. Avanti, mi dica cosa vuole per fare finta che la sua passeggiata di questa mattina non sia mai avvenuta” – esclamò stizzito l’amministratore delegato.
“La prego di smetterla” – disse Irene alzandosi dalla sedia; “potrei anche pensare di denunciarla per quello che mi stà chiedendo, lei è consapevole di questo vero?” – proseguì a dire.
“Sono consapevole del visino da troia che si ritrova” – rispose istintivamente Christian pieno di rabbia.
“Come si permette??” – disse Irene alzando il tono di voce.
Christian si alzò in piedi a sua volta e si avvicinò a lei.
“Lei ha proprio un viso angelico e uno sguardo così innocente…chissà quanti uomini si sono approfittati di lei, non è così?” – le disse a bassa voce mentre con una mano le scostava un ciuffo di capelli dietro le orecchie.
“Non sono affari che la riguardano…e non mi tocchi” – rispose lei piena di timore.
Nonostante tutto quell’uomo continuava ad affascinarla, tanto più lui assumeva un atteggiamento da cattivo tanto più lei ne restava ammaliata. E poi non aveva assolutamente torto, erano stati molti gli uomini che l’avevano sedotta, usata e abbandonata nel giro di poco tempo, in alcuni casi giorni, prendendosi gioco di lei e della sua ingenuità.
Quell’uomo, pur nel suo atteggiamento sgradevole, stava dicendo la verità.
“Sì che lo sono” – disse Christian avvicinando sempre di più il volto a lei; “Sa, l’ho osservata molto mentre parlava ma non sono molte le cose che mi sono rimaste impresse”.
Irene rimase zitta, Christian proseguì a parlare.
“Quello che volevo, fin da subito, era zittirla con un bacio e spero proprio che prima di andare lei voglia concedermi questo onore”.
“Lei dev’essere impazzito, io…” – disse Irene senza riuscire a terminare la frase.
Christian avvicinò la sua bocca a quella di Irene e le diede un bacio appassionato che durò per diversi secondi dopodiché ci fu un attimo di silenzio assoluto fino a che Christian non riprese la parola; “vede signorina…lei mi piace molto, davvero tanto…ho una proposta da farle, se ha voglia di ascoltarla”.
Irene era ancora scioccata dal bacio ricevuto e non rispose.
“Si risieda, la prego” – disse Christian. Entrambi tornarono a sedersi.
“La mia proposta è la seguente: lei si dimentica della sua sanzione del cazzo e io metà di quei soldi li do a lei in cambio di…” – Christian smise di parlare e la guardò negli occhi.
“In cambio di?” – disse Irene.
“Sesso con lei” – terminò Christian.
“Mi ha forse preso per una prostituta?” – disse Irene alzandosi nuovamente dalla sedia; “mi dica, le sembro forse una puttana?” – proseguì.
“Beh” – si limitò a dire Christian guardandola dalla testa ai piedi.
“Lei è la persona più viscida che abbia mai conosciuto” – disse ancora Irene.
La ragazza stava per andarsene quando una frase di Christian la fece fermare di colpo.
“Signorina, lei può fare quello che vuole ma si ricordi, stamattina una perfetta sconosciuta si è infiltrata nella mia azienda e questo non è legale, quindi passibile a sua volta di multa”.
“Mi stà forse ricattando?” – disse Irene.
“Nessun ricatto, stò solo cercando di metterla in guardia ricordandole come sono andate le cose” – disse Christian alzandosi in piedi.
Aprì un cassetto della scrivania e dopo aver rovistato un po’ ne tirò fuori una banconota da 500 euro che avvicinò alla ragazza.
“Allora? Li vuole o no?” – disse.
“Il mio corpo non è in vendita, tantomeno la mia dignità” – rispose decisa Irene.
Benché Irene fosse a dir poco disgustata dal comportamento di Christian qualcosa in lei continuava a farla sentire irrimediabilmente attratta da lui, dal suo atteggiamento verso di lei, dal suo fare da dominatore. Ma nonostante questo era decisa a non cedere; non era una troia, o almeno questo pensava.
Più Christian insisteva più lei si lasciava andare a gesti nervosi, sistemandosi continuamente i capelli e mordendosi il labbro.
“Tutto ha un prezzo, così come tutte le donne sono particolarmente attratte dai soldi” – proseguì Christian; “si tratta solo di capire quale è la sua tariffa…crede forse che le sue gambe valgano più di 500 euro? Crede che la sua bocca, la sua vagina o il suo culetto valgano tutti questi soldi? Io credo proprio di no, ed è per questo che le consiglio vivamente di accettare la mia offerta. Vedrà che ci divertiremo tutti e due, la farò sentire come se fosse la puledra più importante dell’intero maneggio.
“Lei è pazzo” – disse Irene con rassegnazione. Si sentiva offesa nell’orgoglio per tutto quello che stava succedendo, ma essere paragonata a una cavalla le fece provare un brivido di eccitazione.
Tutti gli uomini con cui era stata l’avevano trattata come una regina fino a che, una volta raggiunti i loro meri scopi, l’avevano abbandonata. Christian la stava trattando male fin da subito e per quanto squallido fosse il gesto di offrirle del denaro in cambio di una prestazione sessuale era un gesto chiaro e onesto, sotto un certo punto di vista.
Irene era sempre più titubante e Christian se ne stava rendendo conto.
“Sa…penso che se solo mi impegnassi un po’ di più potrei averla anche gratis” – disse Christian sfiorandole le labbra con l’indice della mano destra. Irene rimase zitta.
“Posso darle del tu, vero?”- le chiese Christian; anche questa volta non ottenne alcuna risposta, così decise di fare a modo suo.
“Te lo si legge su questo volto da finta santarellina quello che sei veramente…pensi di avere un carattere forte ma scommetto che a letto sei la tipica troietta che si lascia fare di tutto e per quanto riguarda me, io ottengo sempre quello che voglio”.
Irene era ormai in balia delle parole di Christian.
“Non possiamo fare proprio niente…ci sentiranno” – disse.
“Non ti preoccupare, non ci sentirà nessuno e nessuno verrà a disturbarci, a meno che ovviamente tu non urli troppo…Manuela sa che quando sono in ufficio con una ragazza nessuno deve venire a disturbare. Lo sa, l’ha provato sulla sua pelle. Anche se con lei è stato molto più facile che con te, dopo cinque minuti era lei che quasi mi implorava di metterglielo in bocca. Siete tutte uguali voi donne, chi per soldi chi per amore del cazzo, siete tutte puttane allo stesso modo” – concluse Christian.
“Io non sono una puttana” – ribadì Irene.
“Non sei una puttana, certo” – disse Christian appoggiandole una mano sulla testa facendola inginocchiare di fronte a lui e portandosi l’altra alla cintura.
Irene capì che quello era l’ultimo momento per tirarsi indietro, alzarsi ed andarsene; dopo sarebbe stato troppo tardi.
Decise invece di restare in ginocchio immobile mentre Christian slacciò lentamente la cintura e il bottone dei pantaloni.
Infilò la mano dentro i boxer e ne tirò fuori il cazzo. Era il membro più grande con cui Irene avesse mai avuto a che fare. Quando Irene se lo trovò davanti al naso non ebbe più dubbi, non vedeva l’ora di trovarselo in bocca.
Christian lo prese in mano e cominciò a segarsi a pochi centimetri dal viso di Irene.
Il suo cazzo diventava sempre più duro stretto nel suo pugno.
“Dimostrami adesso che non sei una troia” – disse guardandola negli occhi.
Christian le passò il cazzo sotto al naso, Irene sospirò profondamente. L’odore della pelle del suo membro la fece eccitare come non mai.
Christian glielo strofinò sulle labbra fino a che Irene non decise di aprire la bocca, quindi glielo spinse dentro e Irene cominciò a lavorare di lingua; poche cose erano più eccitanti del viso angelico di Irene alle prese con un cazzo di quelle dimensioni.
Christian le mise una mano sulla testa e la spinse verso di lui riuscendo a farcelo stare per intero dentro la sua bocca per qualche secondo, fino a che Irene sentendosi soffocare non spostò indietro la testa facendoselo uscire.
Christian si abbassò e le diede un bacio, quindi prese il cazzo e glielo rimise in bocca; se lo fece succhiare per diversi minuti, quindi lo tirò fuori, lo prese in mano e invitò Irene a leccargli le palle.
Irene senza esitare cominciò a passare la lingua avanti e indietro sui suoi coglioni mentre lui maneggiava il suo uccello facendolo diventare sempre più duro.
“Se solo potessi vederti…non sei una troia…” – la schernì Christian.
Irene continuò imperterrita a leccargli i coglioni; la sua vagina già da qualche minuto aveva iniziato a diventare umida e le sue mutandine erano già bagnate.
Christian glielo mise per l’ennesima volta in bocca e lasciò che Irene lo spompinasse a dovere.
“Alzati” – le disse quando si ritenne soddisfatto. Irene si alzò in piedi.
Christian si avvicinò a lei e le diede un altro bacio sulla bocca. Mentre la baciava le slacciò il bottone dei jeans, quindi inginocchiandosi davanti a lei glieli fece scendere scoprendole completamente le gambe e lasciandola con un paio di mutandine rosa in vista.
“Guarda quanto sei bella” – disse Christian guardandola dall’alto verso il basso rimanendo inginocchiato; “sembri una Dea” – proseguì, quindi avvicinò il naso alle sue mutandine e inspirò profondamente.
“Ho tutto il naso bagnato!” – disse quando riportò indietro la testa; “è colpa tua…perché sei così bagnata?”.
Irene non rispose, così Christian proseguì a parlare; “te lo dico io perché…perché sembri una Dea ma non sei altro che una lurida puttana”.
Detto questo le abbassò dolcemente le mutandine trovandosi di fronte una bella figa depilata e profumata; “brava, mi piacciono le ragazze che tengono curato il giardino” – ironizzò Christian.
Irene ormai era in bambola completa, in balia degli eventi come una nave in mezzo alla tempesta stava zitta senza dire nulla. Christian appoggiò le sue labbra su quelle della vagina di Irene e iniziò a leccarla delicatamente.
Irene portò istintivamente una mano sulla testa di Christian.
“Ti piace fartela leccare eh?” – le disse lui. Irene si limitava ad ansimare senza rispondere ad alcuna domanda.
Christian continuò a leccargliela senza sosta per almeno 5 minuti.
“Girati” – le disse poi; Irene si voltò di spalle mostrando a Christian la bellezza del suo lato posteriore.
Aveva un culetto sodo e perfetto.
Christian cominciò a palparlo e a gustare con la mente il momento in cui l’avrebbe penetrato.
“Se fossi la mia donna con un culo così non ti farei uscire di casa, chiuderei tutto, butterei via la chiave e resterei dentro con te…” – disse lui continuando a tenerle le mani sul culo; “dovresti essere parte di qualche esposizione universale, dovrebbero esporti a pecorina in qualche stand dove a tutti dovrebbe essere concesso di beneficiare ed abusare di un capolavoro del genere a loro piacimento” – disse ancora Christian. “Avanti, togliti le scarpe” – disse togliendole per un attimo le mani dal culo.
Irene si abbassò, si slacciò le scarpe e se le tolse; Christian la sollevò di peso e la mise a sedere sopra la scrivania, quindi le sfilò dai piedi le calze e poi i jeans, gettando tutto a terra. Restavano soltanto le mutandine già abbassate al di sotto delle ginocchia, Christian gliele sfilò soltanto da una gamba lasciando che penzolassero dalla caviglia dell’altra.
“Apri le gambe, non essere timida” – le disse. Irene appoggiò i gomiti sulla scrivania e spalancò le gambe senza esitazione; Christian si tolse a sua volta scarpe, jeans e boxer di dosso e avvicinò il volto dando ancora qualche rapida leccata alla vagina di Irene; si sputò sulle dita della mano destra e la passò sulle labbra della vagina preparandola all’imminente penetrazione. La prese per le gambe e la avvicinò di più a lui, quindi prese in mano il cazzo, mirò il buco e glielo spinse dentro.
Irene riuscì a fatica a trattenere un urlo, Christian iniziò lentamente a muovere il cazzo dentro di lei.
Irene teneva gli occhi chiusi mentre Christian aumentava il ritmo della spinta facendola ansimare sempre di più. Le mutandine scivolarono via dalla caviglia di Irene cadendo a terra.
Dopo una quindicina di minuti Christian decise che era arrivato il momento di cambiare posizione; glielo tolse dalla figa e si sedette a sua volta sulla scrivania invitando Irene a sedersi sopra di lui. Irene salì in piedi sulla scrivania e si piegò sulle ginocchia, Christian prese il cazzo in mano e la aiutò ad abbassarsi in modo che il suo pene le penetrasse di nuovo la vagina.
Christian lasciò che Irene muovesse il suo corpo in modo da godere quanto più possibile finché Irene non si trovò quasi a saltare sul cazzo di Christian che dopo diversi minuti spostò il corpo di Irene di lato continuando a fotterla con prepotenza.
Passarono altri minuti prima che Christian smise di spingere per riprendere fiato. Si alzo in piedi. “La togliamo questa magliettina?” – le disse.
Irene si rimise seduta, alzò le braccia e si fece sfilare la maglietta di dosso; Christian la gettò a terra vicino ai jeans.
Le slacciò quindi il reggiseno. Irene non aveva un seno abbondante ma aveva una forma perfetta ed era il tipico seno a coppa di champagne.
Christian diede qualche leccata alle tette, le chiese quindi di girarsi e la fece piegare a 90 gradi sulla scrivania con le braccia distese in avanti.
“Voglio giocare un po’ con il tuo culettino…ti va?” – esclamò.
“Stai attento, per favore” – disse Irene.
“Attento a cosa?” – domandò lui.
“A non farmi troppo male…” – disse ancora Irene.
“Non vorrai dirmi che non te lo hanno mai messo nel culo” – disse Christian.
Irene non rispose. A giudicare da quanto era stretto il suo buco, non fu difficile per Christian immaginare che quella fosse la prima volta che Irene provava il sesso anale, ma lui non era certo il tipo da farsi timori reverenziali.
“Dovresti dirmelo sai…te lo fotterei in ogni caso ma sarebbe un onore per me sapere di essere il primo a sverginare questo bel culetto” – disse schiaffeggiandole la natica destra.
Irene rimase zitta ancora una volta.
“Mi piacciono le donne che parlano poco” – disse Christian aprendo un cassetto della scrivania; “e modestamente avevo proprio ragione a dire che sei una di quelle che si lascia fare di tutto…sei fortunata oggi ad aver trovato sulla tua strada un gentiluomo che ti concede il lusso di una lubrificata prima di scoparti il culo” – proseguì a dire Christian estraendo dal cassetto un tubetto di gel lubrificante.
Christian le passò una cospicua dose di gel su tutto il buco e lo massaggiò per diversi minuti. Quando la ritenne pronta alla penetrazione prese in mano il cazzo, mirò il buco e glielo infilò dentro.
Questa volta Irene non riuscì a trattenere un urlo di dolore. Christian iniziò a spingere molto lentamente per fare in modo che l’ano di Irene si abituasse al corpo estraneo, poi iniziò a spingere a ritmo sempre più sostenuto. Si interruppe solo per raccogliere da terra le mutandine di Irene, le arrotolò e gliele infilò nella bocca in modo da attutire per quanto possibile i suoi gridolini. Riprese a fotterle il culo sempre più forte dandole anche dei sonori schiaffi sul sedere mentre Irene sempre più rossa in viso e sudata stringeva tra i denti le sue mutandine cercando di non farsele cadere di bocca.
Quando ritenne di averla scopata a sufficienza Christian la fece inginocchiare davanti a lui e, sempre facendole tenere le sue mutandine in bocca, decise di venirle copiosamente sul viso. Il primo schizzo la colpì sulla guancia sinistra, gli altri sul naso e sotto gli occhi, tanto che Irene faceva fatica a tenerli aperti.
“Sei bellissima” – disse Christian mentre, togliendole le mutandine di bocca e gettandole a terra, si concesse l’onore di farsi fare un ultimo pompino che ripulì il suo cazzo da ogni ultimo residuo di sperma che aveva in corpo.
Le sollevò quindi una ciocca di capelli e ci strofinò sopra il cazzo cercando di asciugarlo il più possibile.
Irene invece era tutt’altro che pulita, colava sperma da ogni lato del viso.
Christian riprese in mano le mutandine di Irene e gliele porse; “pulisciti…non voglio che i miei dipendenti ti vedano in questo stato, anche se per me sarebbe un grosso onore far vedere a tutti come ti ho conciata”.
Irene prese in mano le sue mutandine e se le passò sul volto cercando di ripulirsi il più possibile dallo sperma ma non era certo facile farlo soltanto con un paio di mutandine di per loro già bagnate.
“Lascia che ti aiuti” – disse Christian che, vedendola in difficoltà, raccolse da terra la sua magliettina a fiori e gliela passò su tutto il volto.
“Ecco, così sei perfetta…un raggio di sole, come quando sei arrivata” – disse Christian prendendola in giro.
Adesso prendi i tuoi soldi, rivestiti e aspettami qui, ho ancora una sorpresa per te”, disse Christian gettando la banconota da 500 euro per terra di fianco ai vestiti della ragazza e uscendo per un momento dalla stanza dopo essersi infilato i pantaloni e le scarpe.
Irene si alzò in piedi, raccolse da terra i soldi e fece per indossare i jeans quando fu rimproverata da Christian appena rientrato nella stanza.
“Cosa stai facendo? Tua mamma non ti ha insegnato che non si esce senza mutandine?” – disse; “tu non sei una puttana…ricordi?” – proseguì ridendo.
Irene riprese in mano le mutandine zuppe degli umori della sua vagina, della sua saliva e dello sperma di Christian e se le rimise addosso, quindi si mise i jeans. Infilò le calze e le scarpe, raccolse da terra il reggiseno, se lo riallacciò e si rimise addosso la sua magliettina con i fiorellini e le macchie di sperma.
“Seguimi” – disse Christian che accompagnò Irene fuori dalla porta dove ad aspettarla c’era un carrello per le pulizie con tanto di pattumiera, scope, secchio e stracci.
“Visto che hai così tanto a cuore la nostra azienda, ho pensato che forse potresti darci una mano” – disse Christian ad Irene; “trascina questo carrello fino al bagno e aspettami là”.
Irene, spettinata e rossa in viso spinse il carrello lungo il corridoio passando di fronte alla reception sotto lo sguardo stupefatto di Manuela e superò l’openspace tenendo sempre la testa bassa senza degnare nessuno di uno sguardo, anzi avrebbe voluto essere invisibile per evitare che gli altri la vedessero in quelle condizioni.
Girò l’angolo, aprì la porta ed entrò in bagno. Pochi minuti dopo Christian la raggiunse, prese dal carrello il cono che indicava pulizie in corso e lo piazzò fuori dalla porta in modo che nessuno entrasse a disturbare.
“Sai già quello che devi fare, sguattera” – le disse porgendole il manico di uno scopettone.
Irene mantenendo gli occhi a terra infilò la scopa nel secchio dell’acqua e iniziò a pulire per terra sotto lo sguardo severo e attendo di Christian. In una quindicina di minuti il pavimento venne pulito.
“Posso andare adesso?” – disse Irene con occhi angelici a Christian.
“Quasi” – disse lui; “i cessi non si puliscono da soli” – proseguì indicando le tazze del water.
“Mi rifiuto di pulirle anche i cessi, sono stata umiliata abbastanza per oggi” – disse Irene.
“Ricordati che ti ho dato 500 euro, per quella cifra dovrei farti pulire anche il cesso di casa mia, con la lingua però…” – rispose Christian alterato.
Prese quindi uno straccio dal carrello e lo gettò verso una delle due tazze del cesso.
“Muoviti, prima hai finito, prima te ne vai” – le disse.
Irene si inginocchiò davanti al gabinetto, prese in mano lo straccio e iniziò a pulire; quando Christian lo ritenne pulito a dovere Irene si spostò verso il secondo gabinetto e lo pulì nello stesso modo. Christian le prese un braccio e diede un’ultima ripulita alla tavoletta del cesso utilizzando la manica della maglietta di Irene.
“Meglio una passata in più che una in meno…adesso sì che è pulito” – esclamò Christian.
“Direi che il tuo lavoro qui può essere considerato finito, anche se per 500 euro devi ringraziare il cielo se non ti metto a pecorina su questo stesso cesso per fotterti ancora quel bel culetto che ti ritrovi. E vedi di non fare scherzi idioti…se solo la mia azienda dovesse ricevere anche solo 5 euro di multa per causa tua ti vengo a cercare e te lo sfondo talmente forte che non riuscirai più a sederti…siamo intesi?”.
Irene fece cenno di sì con la testa.
“Adesso te ne puoi anche andare…ah, ancora una cosa” – disse Christian prima di uscire dal bagno – “qualora fossi interessata, potrei pensare di assumerti come donna delle pulizie in futuro…puoi considerare l’incontro di oggi come un colloquio conoscitivo…ti dico già che la paga è bassa, ma i soldi non sono tutto nella vita…o sbaglio?”
“Ci penserò sicuramente” – disse Irene alzandosi da terra.
“Bene, allora ti aspetto…vienimi a trovare cucciola”. Christian le mandò un bacio con la mano, uscì dal bagno e tornò verso il suo ufficio fermandosi a fare due chiacchiere alla reception con Manuela probabilmente vantandosi delle sue doti di sciupafemmine.
Irene si guardò allo specchio, era spettinata all’inverosimile. Cercò di sistemarsi come meglio poteva ed uscì dal bagno sperando di non incontrare nessuno, quindi uscì dall’azienda tramite un’uscita di emergenza.
Prese il cellulare e contattò il suo capo dicendo che aveva finito il controllo ma che non si sentiva molto bene e che sarebbe rientrata in ufficio il giorno successivo con la relazione che aveva fatto.
Chiuse la chiamata, salì in macchina e si diresse sfinita verso casa.


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