Ormai io e Marta eravamo quanto più vicini all’essere amanti, visto che avevano fatto sesso già tre volte nei modi più disparati.
Il nostro ultimo incontro si era concluso in modo del tutto bizzarro ed eccitante con Marta che, dopo essersi fatta scopare a dovere in ogni angolo della sua nuova casa e con il viso coperto di sperma, si umiliò di sua spontanea volontà davanti a me mettendosi una tavoletta del cesso al collo e lasciando che le orinassi in bocca.
L’immagine di Marta conciata in quel modo mi rimase talmente impressa che ogni qual volta mi tornava in mente anche solo per un istante sentivo il mio membro indurirsi nelle mutande; inutile dire che le dedicai ogni singola sega che mi feci nei giorni seguenti mentre attendevo impaziente il giorno in cui avrei potuto fotterla di nuovo.
Mi recai quindi da lei con la convinzione che anche questa volta non sarebbe accaduto nulla di banale.
L’ultima volta che l’avevo vista, seduti sul divano dopo aver fatto sesso attendendo il rientro del suo fidanzato, mi aveva detto che le sarebbe piaciuto essere trattata come una cagna.
Sapevo che non poter aver dimenticato quella richiesta e che si sarebbe calata nella parte come un’attrice professionista.
Quello che non avrei mai immaginato, però, era che non avrebbe spiccicato parola umana durante tutto il corso della serata trasformandosi in una cagna con una prova degna di un premio Oscar.
Davide quella sera era impegnato fino a tarda ora per la festa di compleanno di un vecchio amico di scuola; sarebbe uscito a cena e poi sarebbe andato in discoteca con il suo gruppo di amici, pertanto aveva già avvisato Marta che avrebbe fatto molto tardi.
Lei si finse gelosa e infastidita ma gli concedette il permesso e subito dopo si premurò di mandarmi un messaggio su whatsapp per organizzare la sua serata speciale.
Arrivai a casa di Marta intorno alle 20.30; citofonai ma non rispose nessuno.
Suonai ancora, attesi quasi un minuto ma ancora nessuna risposta; non poteva essersi dimenticata del nostro appuntamento, l’avevamo fissato soltanto il giorno prima.
Mi guardai intorno per vedere se per caso stesse facendomi una sorpresa ma non vidi nessuno.
Alzai lo sguardo e vidi che la luce nell’appartamento di Marta era regolarmente accesa.
Suonai un’ultima volta, quindi mi accorsi con la coda dell’occhio che il portone era accostato.
Entrai e salii al secondo piano; feci per suonare il campanello ma anche in questo caso notai che la porta di casa era già aperta.
Diedi una leggera spinta alla porta e mi affacciai con il viso dentro l’appartamento.
“Permesso…c’è nessuno?”, dissi timorosamente credendo che magari Davide potesse essere per qualche motivo ancora in casa.
Alle mie parole seguì un tonfo; spostai lo sguardo e capii di cosa si trattava.
Marta, completamente nuda, stava attendendo il mio arrivo sul divano.
Quando entrai scese dal divano e si diresse a quattro zampe verso di me tirando fuori la lingua.
“Ma ciao!”, dissi battendole una mano sulla testa mentre richiudevo la porta alle mie spalle.
“Wuf!”, rispose lei, evidentemente contenta di vedermi.
Mi fece le feste aggrappandosi e strusciandosi contro le mie gambe.
“Seduta!”, le dissi quando ritenni di essere stato festeggiato a sufficienza.
Marta ubbidì subito inginocchiandosi di fronte a me e dimostrandosi una cagnolina disciplinata fin dai primi istanti.
“Ti ho portato un regalino…lo vuoi?”, le dissi.
Marta si scompose buttandosi di nuovo felice contro la mia gamba.
“Ho detto seduta!”, dissi ancora alzando il tono di voce.
Marta tornò a sedersi sulle ginocchia guardandomi felice negli occhi.
“Ecco qui”, dissi sfilandomi dalla tasca posteriore la ciabatta che avevo portato via a Marta la prima volta che avevamo fatto sesso; come avrei potuto non portarla con me proprio quella sera?
Gli occhi di Marta brillarono di felicità.
Avvicinai la ciabattina al suo viso e la utilizzai per schiaffeggiarle debolmente le guance.
Gliela agitai quindi davanti al viso per qualche secondo e poi la lanciai dritto davanti a me; Marta corse a quattro zampe, la recuperò con la bocca e la riportò al suo padrone.
Ripresi la ciabatta e la lancia nuovamente in là.
Ripetei un altro paio di volte il lancio restando a guardare Marta riportarmi la ciabatta dopo averla raccolta rigorosamente con la bocca.
“Brava!”, le dissi battendole con il palmo della mano sulla testa dopo che me la ebbe riportata per un’ultima volta.
“Sei proprio una cagnolina ubbidiente”, le dissi ancora; “le vuoi le coccole?”, aggiunsi.
“Wuf! Wuf! Arf!”, rispose tutta giocosa quella cagna di Marta facendomi capire che le voleva eccome.
Sollevai quindi di peso Marta e prendendola in braccio la portai verso il divano su cui la feci accomodare supina.
Cominciai ad accarezzarla passandole delicatamente una mano lungo tutto il corpo e mi soffermai a grattarle la pancia; Marta tirò fuori la lingua e cominciò ad ansimare.
Abbassai quindi la mano e la portai poco più sopra della sua vagina.
“Allarga le zampe”, le chiesi.
Marta spalancò le gambe rimanendo con la figa all’aria.
“Così…brava…”, le dissi portando la mano sulla sua vagina come al solito perfettamente depilata.
Cominciai prima accarezzandogliela dolcemente, poi all’improvviso la penetrai con il dito medio.
Marta cominciò ad ansimare mentre glielo spingevo dentro sempre più forte.
Aggiunsi poi dentro di lei l’anulare ed aumentai la spinta facendola ansimare sempre di più; infine proseguii infilandole dentro anche l’indice penetrandola a fondo con tre dita.
Marta continuò ad emettere gemiti di godimento che rimanevano comunque più simili a quelli di una bestia piuttosto che di una umana.
Feci quindi uscire le dita e le avvicinai alle sue labbra; Marta tirò fuori la lingua e cominciò a leccarle affannosamente fino a che non gliele misi direttamente in bocca.
Sentivo la lingua di Marta continuare a leccare senza sosta.
Tirai quindi fuori la mano dalla sua bocca e mi slacciai i pantaloni.
“Seduta!”, le ordinai battendo il piede sul pavimento davanti al divano.
Marta scese dal divano mantenendo la sua andatura canina e si inginocchiò di fronte a me.
Mentre mi slacciavo la cintura avvicinò il viso al cavallo dei miei pantaloni e cominciò a dare qualche leccata; “seduta ho detto”, ripetei prontamente.
Marta si ricompose solo per un attimo in quanto non appena mi abbassai i pantaloni si gettò a capofitto con la testa verso i mie boxer e si concedette qualche altra fugace leccata.
“Ho detto seduta, stupida cagna!”, dissi nuovamente sfilando la cintura dai pantaloni.
“La vedi questa?”, dissi facendola penzolare davanti a lei; Marta fece lo sguardo da cane bastonato tipico dei cani consapevoli di aver fatto un torto al proprio padrone. “Non costringermi ad usarla”, dissi ancora.
Marta abbassò lo sguardo verso terra mentre io procedevo a spogliarmi.
Mi tolsi tutto restando con solo i boxer addosso davanti a lei che teneva ancora lo sguardo basso.
“Cucciola”, le dissi quindi rincuorandola accarezzandole i capelli.
Rinvigorita dalle mie parole Marta tornò sorridente ad alzare lo sguardo indirizzandolo ai miei genitali.
Alzò la testa e ricominciò a darmi delle leccate sui boxer; “seduta, dai”, le dissi ancora.
Marta tornò al suo posto; “dammi una zampa”, le chiesi.
Marta tese la mano sinistra verso di me; “brava!”, le dissi io dandole un dolce bacio sulla mano, unico gesto signorile che le concedetti quella sera.
“Adesso l’altra”, le chiesi quindi; Marta abbassò la mano sinistra ed allungò verso di me il braccio destro.
Presi la sua mano e la strofinai dentro la mia; “che zampine fredde che hai cucciolotta”, le dissi teneramente.
Accompagnai quindi la sua mano dentro i miei boxer e lasciai che Marta prendesse in mano il mio membro già eretto e duro da diversi minuti.
Mi guardò con uno sguardo di immensa gratitudine mentre cominciava lentamente a muovere la mano avanti e indietro.
“Wuf! wuf!”, abbaiò felice aumentando il ritmo con cui muoveva la sua mano fichè dovetti interromperla respingendole bruscamente il braccio; ero infatti talmente eccitato dalla troia che avevo inginocchiata di fronte che se non fossi stato attento sarei venuto nelle mie stesse mutande dopo pochi istanti.
“Ti piacerebbe prenderlo in bocca?”, le chiesi quindi.
La domanda non poteva che essere retorica in quanto non vi era alcun dubbio che volesse prenderlo in bocca ed anche se ne avesse avuto uno glielo avrei fatto passare in pochi istanti.
“Arf!”, rispose Marta tutta sorridente ansimando e tirando nuovamente fuori la lingua.
Abbassai i boxer e li lasciai cadere a terra liberando il mio pene eretto davanti a lei.
Appena lo vide Marta si alzò il più possibile sulle gambe e cercò di toccarlo con la lingua.
Mi abbassai leggermente con le ginocchia in modo da facilitarle il compito; Marta cominciò a leccarmi il membro e continuò per svariati minuti, come se attendesse il mio ordine per prenderlo completamente in bocca.
L’ordine non tardò ad arrivare.
Prima però lasciai che Marta mi leccasse le palle dopo essersi messa in bocca per intero il mio scroto, quindi mi voltai e le permisi di strofinare ed infilare la sua vogliosa lingua nel mio ano.
Dopo essermi fatto leccare per bene il buco del culo mi voltai e le concedetti il permesso di prendere il mio cazzo in bocca; cominciò a succhiarlo mentre io ne accompagnavo il movimento mettendole le mani sulla testa e cercando di spingerglielo sempre più in profondità.
La guardai soddisfatto mentre dei filamenti di sperma cominciavano a legare il mio membro alle sue labbra.
Dopo alcuni minuti glielo tirai fuori di bocca e facendola gattonare la accompagnai verso la camera da letto tenendola per una ciocca di capelli; la sollevai poi di peso e la feci sdraiare a pancia in su sul letto.
Marta tirò fuori la lingua, ci passò sopra più volte le dita della mano destra e una volta spalancate le gambe cominciò ad accarezzarsi la figa con la sua mano bagnata; salii a mia volta sul letto, le scostai la mano dalla vagina e gliela riportai all’altezza della bocca.
Marta si leccò nuovamente le dita e si infilò la mano in bocca; presi in mano il membro, glielo appoggiai sulla fregna e lo spinsi dentro.
Marta tenendo la mano in bocca riuscì ad attutire un urlo che avrebbe potuto tradire la sua vera natura.
Cominciai a fotterla sempre più forte, il rumore delle mie palle che sbattevano contro il suo culo si impossessò della stanza.
“Caì! caì! caì”, gemeva Marta dopo essersi tolta la mano dalla bocca.
“Girati”, le dissi uscendo dalla sua vagina.
Marta si voltò e dopo essersi posizionata a pecorina inarcò la schiena tirando in fuori il suo meraviglioso culetto e agitandolo di fronte a me quasi a volermi provocare.
Mi misi dietro di lei, presi nuovamente il membro in mano e lo appoggiai sul suo buco del culo accarezzandolo con la cappella.
Le strofinai il membro in mezzo alle natiche per qualche secondo; guardai Marta ansimante con la solita lingua fuori da cagna provetta e glielo spinsi con decisione nel culo.
Quello che uscì in quel momento dalla bocca di Marta più che un urlo fu un ululato.
“Auu!”, guaì.
Cominciai a spingerglielo nel culo sempre più forte; smisi soltanto un momento di incularla per andare in salotto e recuperare la sua ciabattina.
Tornato in stanza mi riposizionai dietro di lei e ripresi a fotterle alternativamente il culo e la vagina, assestandole ogni tanto una ciabattata più rumorosa che violenta che le fece arrossare le natiche quel tanto che bastava ad aumentare l’eccitazione di entrambi.
I gemiti di Marta divennero così rumorosi che dovetti cercare di zittirla infilandole in bocca la ciabatta dalla parte del tallone; le chiesi quindi di tenerla stretta tra i denti mentre continuavo a spingerglielo dentro per evitare che i vicini dovessero vedersi costretti a chiamare la protezione animali.
Quando ritenni di avere fottuto la cagna a sufficienza le tolsi la ciabattina di bocca e la usai per schiaffeggiarle un’ultima volta le natiche, la feci sdraiare nuovamente a pancia in su, le chiesi di tirare fuori la lingua e di masturbarsi fino a che non avrebbe raggiunto l’orgasmo; avvicinai quindi il membro al suo viso e le strofinai avanti e indietro la cappella sulla lingua mentre lei continuava imperterrita a toccarsi. Glielo sbattei più volte sulle guance fino a quando Marta, raggiunto l’apice dell’eccitamento, cacciò un ultimo urlo e venne bagnando il lenzuolo sotto le sue cosce.
Presi quindi in mano il membro e le sborrai copiosamente sul viso e nella bocca ancora aperta.
Rimasi per un istante soddisfatto a guardare il modo in cui l’avevo ridotta.
Mi alzai dal letto chiedendomi se almeno adesso, al momento di congedarci, Marta sarebbe tornata “umana” ma così non fu.
Mentre provvedevo a rivestirmi Marta mi raggiunse gattonando in salotto.
Sotto la luce del lampadario mi sembrò ancora più bella; sorridente, sudata ed ansimante per la scopata, la lingua fuori e la sborra che le colava dal volto lungo tutto il corpo.
Nonostante tutto questo aveva ancora un’ultima sorpresa da regalarmi.
Avevo infatti appena terminato di rivestirmi infilandomi l’ultima scarpa quando Marta, mostratasi ubbidiente per quasi tutta la serata, si avvicinò al sottoscritto, alzò la coscia destra e cominciò a orinare sulla mia gamba come fosse un albero su cui marcare il territorio.
Non credevo ai miei occhi; come poteva essere così cagna?
“Stupida bastarda!”, le dissi con tono alterato scostando la gamba, appoggiandole il piede su una natica e spingendola via.
Marta fece lo sguardo da cane bastonato e abbassò la testa.
Sfilai quindi la cintura dai pantaloni e avvicinatomi a lei la usai per schiaffeggiarla sul culo.
Niente di violento, non c’era violenza nel nostro rapporto, giusto quel tanto che bastava per sentire lo schiocco della cinghia senza che le lasciasse evidenti segni sulla pelle.
“Guarda cosa hai combinato!”, le dissi
indicando una chiazza di pipì a terra ed alcuni schizzi finiti sopra i miei jeans e la mia scarpa.
Mi abbassai davanti a lei, la presi delicatamente per i capelli e le spinsi la testa verso terra.
Senza che le chiesi nulla Marta tirò fuori la lingua e cominciò a ripulire il tutto leccando via la propria orina prima dalla mia scarpa e poi dal pavimento.
Le spinsi poi ancora un poco in giù la testa, le presi una abbondante ciocca di capelli e la utilizzai prima per asciugare la mia scarpa e successivamente la strofinai sul pavimento ripulendolo da quel misto di pipì e saliva che lei stessa aveva generato.
Le alzai quindi nuovamente il capo e ammirai per un’ultima volta la bellezza del suo viso ancora coperto di sperma mentre il trucco nero le colava abbondantemente da sotto gli occhi.
“La pipì è un po’ salata, ti avrà fatto venire ancora più sete”, dissi quindi alzandomi in piedi e allacciandole la cintura intorno al collo.
“Vieni”, dissi portandola al guinzaglio verso la cucina.
Aprii un paio di sportelli finché trovai quello che cercavo, ovvero una classica scodella per i cereali.
La riempii d’acqua e l’appoggiai per terra; Marta zampettò felice verso la ciotola e cominciò a bere con rapidi colpi di lingua.
Mi inginocchia per osservare meglio la scena; mentre Marta continuava imperterrita a bere le spinsi la testa direttamente nella ciotola.
Marta rialzò il capo e si scrollò come una cagna bagnata, quindi tornò a fissarmi felice con la lingua di fuori.
Ripresi Marta per il collare e la condussi verso la porta, mi misi il cappotto, tolsi la cintura dal collo di Marta e me la rimisi ai calzoni.
Presi infine la ciabattina e la utilizzai per dare un ultimo sonoro schiaffo alle natiche di Marta; “questo è per avermi pisciato addosso, piccola stronza”, la rimproverai.
Infilai quindi la ciabattina in bocca a Marta che la tenne come un premio stretta tra i denti; “per tutto il resto te la sei proprio meritata, la tua ciabattina!”, dissi battendole dolcemente con il palmo della mano sulla testa, quindi uscii di casa.
“Fai la brava”, dissi chiudendomi la porta alle spalle.
Sicuramente Marta mentre scendevo le scale si era già rialzata e stava cercando di darsi una sistemata prima dell’arrivo del suo fidanzato, ma mi piacque immaginarla zampettare stremata ma felice verso il divano e sopra di esso addormentarsi con un sorriso sulle dolci labbra da cagna.
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