Fra gli impegni parolai e la pratica quotidiana, nel caso di bambine capricciose come me, ci passa per lo meno un oceano; una settimana dopo che l’episodio di Stefano è stato archiviato come piccolo indicente di percorso, ho già perso tutto l’entusiasmo a rifarmi una verginità cercandomi un lavoro: vista anche la difficoltà a trovare occupazione, comincio a diradare gli appuntamenti per la presentazione di curriculum, dialoghi di presentazione, insomma tutta la trafila inevitabile per cercare di entrare nella specificità di un’offerta di lavoro; considerato che stancarmi delle cose è la più normale delle mie attitudini, dopo una settimana sono indotta a passare le mattinate al bar, senza preoccuparmi di trovare occasioni per discutere con addetti al personale delle varie aziende del territorio: vivere a sbafo, alle spalle di Dario che continuo ad accusare di preoccuparsi del lavoro più che di me è diventato quasi connaturato alla mia esistenza e non è strano ormai che, di tanto in tanto, decido di fare un giro in macchina con qualcuno dei ragazzi del bar e fermarci in un parcheggio riparato a fare sesso: nella mia logica assurda è la conseguenza naturale della distrazione del mio compagno, alla quale rispondo con corna di pura qualità; quello che non ho capito, perché sono ottusa (e la telefonata al prefetto avrebbe dovuto chiarirmelo ampiamente) è che Dario ha un potere sotterraneo molto incisivo, che gli deriva forse dall’essere legato a qualche potente organizzazione semiclandestina (forse mafia o qualcosa del genere) che gli dà un potere enorme e gli consente di essere informato su tutto: il trattamento riservato dai buttafuori a Stefano non mi ha insegnato niente, soprattutto che Dario ha spie dappertutto e che è informato passo passo dei miei movimenti.
Difatti, ha ripreso a ritirarsi in camera da letto e a spedirmi nella stanza degli ospiti, rifiutandosi di toccarmi anche solo per caso; non me ne sono curata ed ho trovato anche più sano non dover copulare con lui dopo essermi scatenata in una macchina spesso per un intero pomeriggio; uno dei ragazzi riesce ad impossessarsi delle chiavi di un magazzino mezzo abbandonato che sta nella zona industriale e ne approfittiamo per straordinarie sedute di sesso in cui spesso mi prendono contemporaneamente in molti; per un paio di mesi ancora la situazione ristagna in questa palude, finché lui non telefona ai miei, in viva voce, per avvertirli che sta per cacciarmi di casa, stavolta senza remissione, e che se non vogliono che finisca randagia sotto i ponti o su un marciapiede a battere devono venire a prendermi e a portarmi via; sento i singhiozzi di mia madre e la rabbia di mio padre che si scatena in imprecazioni; intervengo a suggerire che aspettino almeno quella settimana, poi sarò io stessa a prendere il treno per andare definitivamente a casa dei miei, visto che con lui ormai ci sto malissimo.
A Dario, che mi chiede perché rinviare, faccio presente che quel sabato la sua amica Elvira ha organizzato una meravigliosa festa in maschera e non intendo perderla; lui sa che le feste di Elvira culminano sempre in un’orgia e capisce anche che il mio obiettivo è passare un’ultima serata di sesso sfrenato e poi andarmene per sempre; con un’aria da oracolo premonitore, Dario mi ricorda l’episodio di Stefano e aggiunge con fare misterioso.
“Attenta alla vendetta: è sempre terribile; nel mio ambiente non si fanno prigionieri.”
Ancora una volta sollevo il medio della mano destra, a sorpresa, me lo afferra, lo piega fin quasi a spezzarlo.
“Questo sai bene dove te lo devi ficcare, troia! Ride bene chi ride ultimo; sarò spietato, sappilo!”
Non è la frase, a farmi paura, ma il tono con cui la pronuncia e i sottintesi a cui forse non ho badato; scappo via e mi rifugio al bar dove trovo la solita Sandra; le chiedo lumi, anche perché lei aveva detto qualcosa a Stefano che già mi aveva incuriosita.
“Perché dicesti a Stefano che correva sul filo del rasoio?”
“Cretina, non l’hai visto? Dario dava del tu al prefetto, lo minacciava apertamente, Stefano è stato picchiato, deriso, umiliato, è dovuto scappare perché rischiava la vita. Sei così stupida che vivi per un anno con un uomo e non ti rendi conto che è a capo di un’organizzazione criminale potentissima e pericolosissima, che detta legge a tutta la città; tu a quell’uomo hai fatto le corna e non sai che in quell’ambiente un’offesa come le corna si paga con la vita?”
“No, Dario non può essere un criminale! Sei tu che esageri!”
“Dario è un uomo di affari, un grande uomo di affari; ma tu sei così imbecille che non sai neanche startene zitta al tuo posto quando fa affari; gli hai messo il bastone fra le ruote, lo hai umiliato e offeso: a Stefano è andata bene perché ha lo zio potente che si è piegato al potere di Dario e l’ha fatto scappare, forse in Sudamerica; in cambio, il tuo uomo ha avuto autorizzazioni e vantaggi che lo hanno ulteriormente arricchito; i ragazzini che ti stai scopando sono dei poveri imbecilli; i buttafuori, i baristi, i proprietari del bar sono tutti uomini di Dario, spie prezzolate che ci contano anche i peli della vulva e li vanno a riportare al loro capo; tu hai messo a rischio di morte i ragazzini con cui fai sesso; e neanche te ne accorgi.”
“Lo hai provato, poi, il sesso del mio uomo?”
“Dario non è più il tuo uomo da almeno un paio di mesi; da allora, puntualmente, ci faccio sesso due volte la settimana, il mio fidanzato lo sa e, poiché gli è debitore, accetta volentieri che io ci vada a letto, poiché a me piace; come fa l’amore lui non trovi nessun altro.”
“Conosci altre che vano a letto con lui?”
“Ma sei proprio un’ingenua imbecille e sprovveduta; svegliati, Alice, il Paese delle Meraviglie non esiste: tutte le ragazze della città si spoglierebbero in piazza e si farebbero montare davanti a tutti per essere con quello che tu chiami il tuo uomo e che è solo un vecchio innamorato di te come eri prima di diventare imbecille irrecuperabile.”
“Dio mio, e ora cosa succederà?”
“Chi lo può sapere? L’unica previsione che sento di fare è che ve la farà pagare cara; preparati a pagare un prezzo che neppure immagini: se si è incavolato assai, vi fa ammazzare tutti e sette, tu e i sei cretini che si sono attaccati alla tua vulva; se lo trovi buono, potrebbe limitarsi a massacrarvi, a farvi tanto male che le cicatrici ve le troverete per il resto della vita; so di gente in carrozzella per avere scopato con la donna del capo, di altri evirati e insomma meglio non fare l’elenco: si preparano giorni brutti, per te e per loro.”
Mi sembra di non avere scampo; l’unica possibilità che mi resta, per raffreddare la rabbia di Dario, è quella di lasciarlo immediatamente, di scappare dai miei genitori, come lui ha chiesto, e sperare che la mia partenza possa mitigare il suo istinto di vendetta e consenta di risparmiare la vita dei sei ragazzi; decido che la cosa migliore è parlarne a lui.
“Dario, ho deciso di partire, vado a casa dei miei e scompaio dalla tua vita … per sempre.”
“Bene … ottima decisione … quando parti?”
“Anche adesso stesso, se per te sta bene … ma tu che farai della vendetta che hai minacciato?”
“Io non ho minacciato nessuna vendetta … e poi a chi avrei dovuto minacciarla?”
“Beh, l’episodio di Stefano non lo ha dimenticato nessuno … “
“Stefano!?!? Di chi stai parlando?”
“Di quello col quale feci sesso qualche mese fa … “
“Senti, non so di che cosa vai vaneggiando … hai fatto sesso … con Stefano …. con Franco … sai quanto me ne frega … basta che te ne vai …”
“Puoi promettermi che non farai pagare a nessuna una colpa che è solo mia?”
“Primo, non so di che diavolo parli; secondo non so di che colpa stiamo discutendo; terzo, anche se fosse, in nome di che cosa dovrei farti una promessa? Quale impegno c’è tra me e te?”
“Non ce ne sono più, ma c’erano … “
“E chi li ha disattesi?”
“Io … “
“Quindi ... vattene e non ti curare di quel che lasci dietro di te; d’altronde, lo hai fato, soprattutto con me … non hai nessuna idea di quel che ti lasci dietro, di dolore, di lacrime, di sofferenze, di delusioni!”
“Va bene, mi fermo fino a sabato, partecipo alla festa in maschera e me ne vado … ”
“Per favore, smettila, fai quel cavolo che ti pare, vai, resta, festeggia, non festeggiare. Io non ho bisogno di te, non ti voglio, non ti amo, non ti stimo, non ti rispetto più. Se te ne vai presto risparmi molte sofferenze a tanti; se tardi e fai ancora stupidaggini, semini solo guai.”
“Va bene, mi prendo quest’ultima soddisfazione e sparisco … “
La festa è prevista per venerdì sera, sarà in maschera nella enorme villa di Elvira e sarà un trionfo di sesso, di trasgressione, di divertimento puro; ho avvisato i miei ragazzi che saranno tutti della partita e ho deciso che copulerò con tutti e sei, separatamente e in gruppi più o meno numerosi: prima di abbandonare il campo, un’ultima esplosione di fuochi d’artificio è quello che ci vuole.
Su richiesta di Elvira, mi muovo assai per tempo, verso le 18 sono in villa con il mio costume da dama del settecento adattato in modo da sfilarsi in un attimo; sotto, sono ovviamente nuda; appena arrivata, Elvira mi spedisce nel ‘salone rosso’ quello delle grandi copule, con un grande letto al centro e sedie intorno; quando entro, lo trovo già occupato da un cavaliere in abito settecentesco che mi fa un delizioso invito; mi accosto e, senza profferir verbo, mi spinge sul letto denudandomi in un attimo; subito dopo è nudo anche lui e rivela una mazza di tutto rispetto, pari solo a quella di Dario che, dopo le diverse esperienze, valuto come certamente la più grossa che io abbia assaggiato.
Mi ci precipito con la bocca e prendo a leccarlo dalla base al vertice; mi prende la testa e mi obbliga a succhiare i testicoli grossi come albicocche: mi ci sazio all’infinito, leccandoli accuratamente e sento che la sollecitazione si trasmette al’asta che s’inalbera enorme sopra il mio naso; un empito di libidine mi spinge a prendere in bocca la cappella grossa come un fungo; lui mi spinge dalla nuca e mi costringe a farla penetrare fino al fondo, provocandomi conati di vomito che solo quando succhio il sesso di Dario provo frequentemente; si ferma al punto giusto e mi lascia a succhiarla, mentre mi afferra le tette e stringe i capezzoli come in una morsa: anche in questo gesto ritrovo una passione del mio compagno che ama stritolarmi i capezzoli mentre mi copula in bocca.
Per non rischiare di soffocare, lo stacco dalla bocca e prendo a leccare tuta l’asta delicatamente, dalla radice alla punta; capisce che chiedo requie e mi stende supina sul letto, piomba fra le mie cosce e sento la lingua che si muove a spazzola sulla mia vulva, carezza lussuriosamente le grandi labbra e insegue quelle piccole: quando prende fra le labbra il clitoride, spinge un dito in vulva e preme su un punto preciso che solo Dario conosce benissimo, quello del mio punto G; urlo come un capretto scannato e squirto come una fontana in piazza; insiste metodico e continuo, quasi feroce, a succhiarmi e a titillami facendomi esplodere cinque, sei volte; comincio a perdere energie e a sentirmi sdilinquire; gli chiedo per favore di fermarsi un attimo; monta sul letto, mi viene sopra e mi pianta il manganello sulla vulva, strusciandolo con energia; continuo a godere, ad esplodere e ad implorarlo di fermarsi, ma non se ne da per inteso.
Poi mi penetra violentemente; per la prima volta in vita mia sento il volume del sesso riempirmi il canale vaginale: non ho copulato poco e con membri anche notevoli; ma quest’amante mi riempie tutta e mi fa godere al di là di ogni limite; le mie urla ormai sono un grido continuo che risuona nella villa dappertutto; intanto qualcuno è entrato nel salone, i ragazzi che aspetto, e si sono andati a sedere sulle sedie lungo il muro; mentre lo sconosciuto mi sbatte in tutti i modi facendomi vedere lo splendore del paradiso e le fiamme dell’inferno, quando usa la mazza per violentarmi in tutti i punti rimasti finora indenni; li guardo rassegnata e gli faccio capire che devono aspettare che abbia finito con lo sconosciuto che, in tutto il tempo, non ha detto una parola.
Quando mi fa poggiare carponi sul letto, col sedere alzato verso il suo ventre, ho la certezza che sta per violentarmi l’ano con una mazza spropositata; cerco di dirgli di no, ma mi tacita chiudendomi la bocca con la mano, mentre la cappella affonda già nell’ano che mi viene violentato con una forza indicibile: il mio urlo di dolore, anche soffocato dalla mano, giunge distintamente a tutti: i ragazzi accennano a muoversi ma un buttafuori comparso dal nulla li blocca: lo sconosciuto mi violenta l’ano come non sarebbe neppure immaginabile: la sua proboscide entra ed esce dal canale rettale con una frequenza e con una forza inaudite: godo, contro ogni previsione, e squirto, violentemente e rumorosamente come scoreggiassi; lui non si ferma e imperterrito continua a martellarmi il retto finché il manganello entra ed esce in assoluta libertà; improvvisamente, si stacca; mi passa davanti e mi pianta in bocca il bastone, neppure tanto pulito, e mi obbliga a succhiarlo; come all’inizio del nostro incontro, me lo sbatte in gola provocandomi frequenti ed intensi conati di vomito; alla fine, mi esplode in bocca una lunghissima eiaculazione.
Penso, credo e spero che abbia concluso la sua performance e mi appresto ad affrontare i ragazzi che certamente saranno veramente dolci, dopo la violenza che lo straniero misterioso mi ha imposto; sto per chiamare il primo, quando la porta si apre per lasciare entrare Elvira, che ferma con un gesto tutto e chiede.
“Che devo fare, Dario?”
“Dario?!?!?! Tu sei Dariooooo?????”
“Neanche il mio sesso riesci più a distinguere quando ti massacro a letto; sei una grande troia!!!!!!”
“Oh, mio dio, adesso che succederà?”
“Elvira, questi imbecilli affidali a Nicola e digli di pensarci lui …
“Nooooooo!!!!!!! Nooooooo!!!!! Per pietà, no no no!!!! Prenditela con me, solo io sono colpevole; loro sono dei poveri ragazzi che hanno incontrato una ninfomane da copularci; io devo pagare; loro non c’entrano con la tua vendetta …. “
“Intanto, decidi cosa vuoi fare; tu stasera a casa mia non ci vieni; se non trovi immediatamente una soluzione, finisci sotto i ponti … “
“Dario, ormai è chiaro che questa è una piccola troia ninfomane a caccia di sesso; tu sai che il Calabrese è sempre in cerca di vulva; se l’affidi a lui, lo fai felice per tante ragioni, perché è una gran bella donna, perché le piace tanto copulare, perché è stata la tua donna: credo che sarebbe arcifelice di prenderla come amante fissa e sistemarla.”
“Hai ragione … Doriana, che ne dici di diventare l’amante fissa di un imprenditore ricco che ti potrebbe sistemare al meglio?”
“Scusa, ma tu non sei un imprenditore ricco?”
“Si, ma, intanto, io sono alquanto diverso … in secondo luogo ti ho già sopportato troppo a lungo … infine, non ti vorrei neanche se fossi l’ultima donna rimasta sulla terra … devi andartene … ora!”“
“Dario è un signore, il Calabrese è una bestia; Dario ti ha sempre rispettato, il Calabrese non rispetta niente e nessuno; insomma, per lui tu saresti una bambola di stracci da farci sesso come e quando gli va; pensa che ha una moglie e una carretta di figli, un paio di amanti fisse e gira in cerca di vulva continuamente.”
“E se andassi a stare dai miei?”
“Non lo devo decidere io; loro ti hanno già detto di si; Elvira ti regala qualcosa per vestirti, Nicola ti accompagna alla stazione, tu te ne vai ed io sono libero. Se ti va, si fa ora stesso.”
“Se non fossi Doriana ma una qualsiasi amica, cosa mi suggeriresti?”
“Ormai è chiaro che il sesso è una componente essenziale della tua personalità; a casa dei tuoi non ci resisti una settimana, perché hai già bisogno di sesso e ti ho appena sventrata davanti e dietro sopra e sotto; quindi andare dai tuoi è molto pericoloso: se si stancano loro, sei morta. Il Calabrese ti sventrerà perché ha la mazza di un asino e non la usa con la testa ma coi testicoli; però i tuoi tessuti sono molto elastici, lo so bene; e tra un anno, quando non avrà più voglia di te e ti caccerà, ti resterà il posto di lavoro che mi accerterò che ti sia assegnato coi crismi della legalità: lui stasera ti dovrà ospitare in uno dei tanti monolocali che ha in giro in città; se ti fai furba e te lo fai intestare come regalo, quando sarà passata la ‘tempesta calabrese’ ti potresti trovare con una casa tua e un lavoro soddisfacente …”
“In sostanza, mi suggerisci di prostituirmi … “
“Se avessi fatto questo, invece di riempirmi di corna, forse avremmo fatto altri discorsi; o credi che aver copulato solo per offendermi sia più dignitoso che farlo per sistemarti?”
“Elvira, mi dai qualcosa per vestirmi senza questo costume?”
“Non partecipi più alla festa?”
“No, grazie, la festa me l’hai fatta tu, davanti e dietro, sopra e sotto … Adesso affrontiamo quest’altra avventura … “
Scendiamo nella sala delle feste e nessuno si rende conto che non indosso costume: il leggins di Elvira mi fascia così sensualmente le gambe e i fianchi che diventano una vera calamita per tutti; la camicia a scacchi annodata in vita e lasciata quasi sbottonata apre una vista sul mio seno abbondante che nessuno può sottrarsi alla tentazione di dare almeno uno sguardo dentro; ci siamo appena seduti che un tipo tracagnotto, scuro di pelle e nero di capelli si avvicina e guarda Dario con aria di sfida.
“Salve, padrino; finalmente ho l’onore di vedere dal vivo la fata che ha stregato il grande Dario; sei bellissima, forse la più bella del mondo.”
“Doriana, questo signore lo chiamiamo il Calabrese per le sue origini; è un mio caro amico e grande avversario; lei è la mia ex compagna.”
“Ex compagna!?!? Vuoi dire che avete rotto la vostra relazione?”
“Perché? Ti interessa prendere il mio posto?”
“Io sono molto amato dalla donne che conosco ma so anche aspettare che si dichiarino disponibili prima di parlare di ‘posto’ come stai facendo tu.”
“Beh, lei non ha un lavoro e non ha un reddito suo; anche per questo, deve trovarsi qualcuno che la sostenga anche professionalmente, oltre ad innamorarsene.”
“E dov’è il problema? Dory (posso chiamarti Dory?), ti va di venire a lavorare nella mia fabbrica come supervisore alle vendite?”
“Intendi solo in fabbrica o anche … “
“ANCHE, naturalmente; se sei d’accordo, ho in centro un monolocale arredato molto elegante, che sicuramente si adatterà alle tue esigenze ed alla tua classe; ci possiamo andare anche subito, se vuoi.”
“Aspetta, Calabrese, io non mollo la mia ex se non vedo il contratto di lavoro …”
“Capo, come sei diffidente … Avvocato, ce l’hai un modulo di assunzione? … Bene, prenditi i dati e portamelo a firmare. Certo che sei un bel diffidente, però …”
“Guarda che fino a poco fa era la mia donna; voglio che le sia tutto garantito, anche il monolocale.”
“Calma, eh! Calma! Per il monolocale, voglio prima sperimentare la compatibilità; poi saranno affari miei, come trattare la ‘mia’ donna.”
“OK, mi fido. Doriana, buona fortuna; mi dispiace che sia finita; spero che con lui ti vada meglio … “
Non lo degno neppure di una risposta; anzi, per provocarlo e, forse, offenderlo, mi attacco al mio nuovo amore e gli pianto la vulva sul ventre mentre con le labbra succhio tutta la sua bocca nella mia e spingo la lingua a perlustrargli fino alla gola; sento che si rizza dal suo corpo una bestia che non prevedevo e che per un momento mi fa tremare: ad occhio e croce, è anche più grossa di quella di Dario e mi eccita anche solo a pensarla dentro di me; Peppe (qualcuno mi ha segnalato che il suo nome anagrafico è Peppe) mi abbranca per le natiche e mi tira tutto su di sé facendomi partecipare con tutto il corpo ad un lussurioso strusciamento che mi provoca un orgasmo vero; lui mi sussurra al’orecchio.
“Sei una bomba, Dory; ce ne andiamo di sopra o vuoi visitare la tua nuova casa?”
“Portami a casa e fammi fare tanto amore. Ho voglia di sentirti dentro, dappertutto, anche se mi dovessi fare molto male, con questa tua meravigliosa bestia!”
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