Quando conobbi Dario, ne fui subito colpita; ma, più di tutto, mi affascinava l’assonanza dei nostri nomi: trovavo che Doriana e Dario fosse un’accoppiata bella anche onomasticamente e che pertanto non poteva esserci che grande sintonia tra noi due, al punto che, appena provò, in macchina, a ‘farmi la festa’ lo lasciai fare senza nessuna esitazione e senza pentimenti: quando si accorse che mi aveva sverginato, fu lui a farsi tutta una serie di problemi e a considerare estremamente grave e ‘da incoscienti’ esserci lasciati andare così oltre: a me della breve fitta quando mi aveva infilato la mazza nella vagina non era rimasto neppure il sentore, sopraffatto come era stata dal piacere immenso che la mia ‘patatina’ aveva provato quando il bastone di carne aveva forzato il canale vaginale ed era andato a sbattere contro la testa dell’utero.
Fui io a doverlo rassicurare che non ci sarebbero state conseguenze indesiderate e che era solo il momento per aprirci ad esperienze più ricche ed interessanti; decidemmo che potevamo andare a convivere senza nessun problema di formalizzazione del rapporto, forti solo della nostra gioventù e dell’amore che ci legava; poiché lui aveva uno stabilimento abbastanza avviato di lavorazione di laminati plastici, ci organizzammo immediatamente per andare a vivere nel suo appartamento in centro, facendo aggio sulle sue entrate che erano abbastanza interessanti per consentirci una vita serena, anzi piuttosto agiata; prima di trasferirci definitivamente, Dario più volte cercò di convincermi a cercarmi un lavoro per non dover dipendere economicamente totalmente da lui; ma l’idea di mettermi a lavorare, di avere orari fissi e lunghe ore impegnate senza potermi dedicare a me stessa, mi ripugnava e gli dissi apertamente che a me interessava solo che lui mi amasse e mi coccolasse.
Anche i miei genitori cercarono più volte di farmi presente che la dipendenza economica dal maschio limitava totalmente la mia libertà e mi esponeva al rischio che, se qualcosa fosse andato storto, essendo lui largamente dominante economicamente, avrei potuto trovarmi in pessime acque, non essendo prevista nessuna garanzia in caso di rottura; naturalmente, mi rifiutavo di prendere in considerazione anche la più lontana ipotesi che lui potesse lasciarmi in mezzo ad una strada: Dario doveva fare ed avrebbe fatto sempre e soltanto quello che io gli chiedevo perché era sempre stato così e niente poteva cambiare le nostre abitudini: mio padre, in particolare, appariva molto turbato da questi discorsi ed io finivo per stroncarli dicendo semplicemente che turbavano la mia calma e la mia serenità.
Per un anno circa, le cose andarono secondo i miei desideri e potei fare la ‘bambola di porcellana’ viziata e coccolata dal suo ‘amorino’ che si faceva in quattro per non farmi mancare nulla: al minimo disagio, ritardo, disguido, fraintendimento o incomprensione, piantavo una bizza che si placava solo quando ottenevo quel che pretendevo, qualunque cosa fosse; mi era impossibile entrare nella logica che Dario dovesse occuparsi del lavoro e non sopportavo l’idea che almeno due volte alla settimana, la sera, dopo cena, piuttosto che uscire con me per andare al bar, al pub o in discoteca, dovesse passare ore a discutere con individui grigi e pallosi di temi che non capivo da dove piovessero, produzione, contratti, commesse ed altre cose del genere che non esistevano in nessuno dei miei vocabolari.
Che la tempesta fosse nel’aria risultava abbastanza facile da leggere, ma il mio compagno, preso dalla realtà del suo lavoro, non si accorse del broncio che gli piantavo progressivamente e nemmeno si diede conto che per quasi due settimane, accampando scuse molto improbabili, mi rifiutai di fare sesso con lui; addirittura, me ne andai a dormire nella camera degli ospiti per non disturbare le sue elucubrazioni sui processi lavorativi in atto; arrivare a decidere di uscire da sola per andare al bar, dopo la cena, fu una conseguenza quasi automatica; l’unica cosa che mi disse Dario, fu.
“Attenta a non tirare troppo la corda; se la fai spezzare, ti trovi in mezzo a una strada; visto che non hai voluto cercare di renderti autonoma con un lavoro, finiresti male. Sei avvisata!”
Per tutta risposta, sollevai il medio della mano destra e me ne andai al bar, dove mi sprofondai letteralmente nei goliardici bagordi dei miei giovani amici più o meno occasionali; uno, in particolare, mi colpì, un ragazzo di una trentina di anni, biondo, occhi chiari, bello come un arcangelo, che mi corteggiò con molta eleganza, chiedendomi chi fosse l’incosciente che mi lasciava andare in giro per locali a quell’ora; scherzai molto sulla stupidità di Dario che non si curava di me e si predisponeva in tal modo a prendersi una sporta di corna: la battuta mi suonò molto infelice e rabbrividii all’idea di tradire Dario; ma quando Stefano mi propose un giro in macchina, non so perché, non riuscii a rifiutare, benché tutti gli amici del gruppo insistessero perché non tirassi troppo la corda.
Ormai non ero padrona di me e galleggiavo sognando in una nuvola rosa, sostenuta dalle adulazioni di Stefano che mi colmò di complimenti mentre si dirigeva in periferia e si andava a fermare nel parcheggio di un centro commerciale a quell’ora vuoto; quando mi abbracciò e mi baciò, dimenticai Dario e tutta la mia vita e mi lasciai andare al piacere della sua lingua che mi perlustrava tutta la bocca; mi piaceva un sacco, il ragazzo, e me lo gustavo con tutti i sensi, con le labbra, con le mani e con il sesso; percorsi tutto il suo corpo soffermandomi sul carapace, frutto di lunghe sedute in palestra, che seguii fibra per fibra, mentre sentivo la sua mano infilarsi sotto la gonna, percorrere le calze fino allo slip ed infilarsi infine nella vulva con un dito che mi artigliò sapientemente il clitoride e mi provocò un orgasmo feroce; urlai tutto il mio piacere e squirtai con forza; misi la mani sulla patta, aprii la cerniera ed entrai nello slip: non aveva un gran cazzo, certamente inferiore a quello di Dario; ma era lì e l’avevo tra le mani; lo manipolai a lungo sentendolo crescere notevolmente e godendo al contatto con la pelle serica che portavo su e giù scappellando.
Quando mi mise una mano dietro la testa, capii che voleva una fellatio e mi chinai docilmente e prendere in bocca il cazzo che ingoiai immediatamente fino ai peli del pube: era piccolo, in confronto a quello del mio compagno; e con lui ero abituata a lunghe e laboriose fellazioni che molto spesso mi provocavano addirittura conati di vomito, specialmente quando pompava e me lo spingeva duramente fin dentro l’esofago; non avevo più modo, ormai, di uscire da una voragine nella quale mi ero fiondata da sola: capivo che stavo mettendo a rischio la mia stessa vita; ma ormai avevo fatto il passo, anche se sbagliato, e la mia natura capricciosa e testarda mi impose di continuare; presi quindi a succhiare con foga e in pochi colpi lo sentii eiacularmi in bocca: non riuscii neanche godere, tanto era stato rapido; e sentii l’amaro della delusione per una copula insignificante e demolitrice di tutte le certezze.
Lo invitai a riportarmi alla mia auto; ma lui obiettò scusandosi per essere venuto troppo presto, ‘per eccesso di desiderio’ mi disse, e notai anche che il suo arnese si era già rimesso in resta; glielo manipolai un poco e sentii che si rinvigoriva; avvertii che il sedile si rovesciava indietro e mi trovai distesa supina con lui che si affannava a piegarsi tra le mie cosce e a sfilarmi lo slip; lo aiutai e fui nuda dalla cintola in giù; si chinò sull’inguine e cominciò a leccarmi la vulva con grande impegno: dopo pochi colpi, urlavo e squirtavo di nuovo con grande lussuria; mi montò sopra e si accostò intenzionato a penetrarmi; trovai il tempo di chiedergli.
“Ce l’hai un preservativo?”
“No, e tu?”
“Neanche per idea; allora non puoi entrarmi in vagina, non sono protetta … “
“ … E dietro?”
“Dietro!?!?!? Non l’ho mai fatto e non so se voglio farlo mai!”
“Vedrai, ti piacerà!”
Mi aveva già sistemata ginocchioni sul sedile, si era piantato alle mie spalle e mi leccava accuratamente il forellino; mi sentii molto troia e infedele: per mesi l’avevo negato a Dario, ed ora un ragazzo visto una sera al bar mi stava per sverginare dietro; sapevo di farla grossa, di essere sporca, di andare contro ogni legge terrena e divina; sapevo che dovevo ribellarmi; ma invece decisi di ribellarmi a Dario che mi trascurava, secondo me, e che preferiva il lavoro all’amore con me; lo lasciai fare e a malapena sentii il pisello che mi violava lo sfintere: ero così eccitata e vogliosa che anche una violazione considerata da tutte difficile mi risultò quasi naturale; lo sentii eiaculare dentro con la massima disinvoltura senza provare nessun piacere; usai dei fazzolettini per pulirmi, rimisi lo slip e gli imposi di riportarmi al bar dove avevo lasciato l’auto.
Rientrai a casa sgusciando lungo le pareti come un ladro, cercando di non farmi sentire da Dario che a quell’ora doveva essere rientrato; andai in bagno per lavarmi e lo sentii alle mie spalle all’improvviso, mentre mi lavavo lo sperma dal retto.
“Ti sei fatta persino possedere analmente!?!?! … Complimenti; sei stata straordinaria. Potrei sapere chi è stato?”
“Non ti devo dire proprio niente! Non mi hai coccolato abbastanza e mi sono andata a cercare altre coccole. Peggio per te!”
“Adesso, chi ti ha dato le coccole ti deve garantire vitto e alloggio; tu domani te ne vai da questa casa e non voglio più vedere la tua fogna nei miei paraggi!”
Se ne va e sento che chiude la porta della camera a chiave; telefono a mia madre, le racconto per sommi capi, glissando solo sul particolare dello sverginamento anale; mi dice chiaro e tondo che, senza uno straccio di documento, non posso pretendere che venga riconosciuta nemmeno la convivenza, dal momento che risulto domiciliata presso di loro e quindi la mia presenza nella casa di Dario è solo di passaggio e abusiva; se non trovo immediatamente una fonte di reddito, devo andare a casa loro e riorganizzarmi una vita; non me la sento di aspettare senza fare niente fino a domani e decido di bussare alla camera di Dario; devo insistere a lungo, perché finge di non sentire anche quando lo invoco ad alta voce e minaccio di svegliare tutto il condominio se non mi lascia parlare: si decide infine ed apre la porta.
“Di quale fallo pensi di potermi parlare? Di quello che ti sei preso stasera nel retto o quelli che ti sei presa da quando mi tradisci volgarmente?”
“Non ti permetto di offendermi. E’ vero: stasera ti ho tradito, ma è stata la prima ed unica volta; e l’ho fatto perché mi trascuri, da un mese ormai cerco di fartelo capire … “
“Ah … cerchi di farmelo capire, rifiutandoti di fare l’amore? Cerchi di farmelo capire rifiutandoti di renderti conto che bisogna lavorare per guadagnare e per vivere, che puoi fare la parassita e vivere da mantenuta a mie spese solo perché io mi faccio il sedere a lavorare mentre tu ti fai rompere il retto da sfaticati come te? Così me lo facevi capire? Beh, vai al diavolo, anzi torna e dare via il sedere, visto che con me ti sei sempre rifiutata e con un altro ci se andata poco fa!!!! TE NE DEVI ANDARE!!!!!! Lo capisci l’italiano? Non ti voglio più!”
“Credevo che mi amassi … “
“Certo!!!! Ho amato alla follia una ragazza forse un po’ capricciosa, ma capace di controllare i suoi bassi istinti e di ricambiare il mio amore; non posso amare una troia che la dà via solo perché i suoi capricci non sono stati accontentati immediatamente come lei pretendeva; quella è una malafemmina che voglio fuori dalla mia vita … immediatamente!!!!! Ti è chiaro?”
“Ho sbagliato! Ho sbagliato H O S B A G L I A T O !!!!!!! Come vuoi che lo dica, come posso confessarlo? Come posso farmi perdonare? Mi vuoi perdonare? Ce la fai a perdonarmi questa volta?”
“NO NO NO NO NO Non posso, non voglio e non devo perdonarti; finché fai la parassita alle mie spalle e mi tradisci come un giuda, non posso non voglio e non devo perdonarti. Perdonati tu, se ci riesci: trovati un lavoro, vattene da questa casa e dimostra che sei in grado di vivere con le tue forze, senza farti mantenere da papà o da un imbecille innamorato di te!!!!”
“Riesci a sopportarmi almeno finché non trovo una soluzione lavorativa? Se non ce la faccio in due settimane, me ne vado dai miei e ti libero da ogni peso. Puoi?”
“Va bene; finché non trovo una donna che meriti di venire a stare con me in questa casa, puoi anche restare:in fondo, non mi pesi più di tanto.”
“Ti offendi se ti chiedo di farmi fare l’amore?”
“Perché finora cosa hai fatto?”
“Ho cercato di fare del sesso, ma è stato un totale fallimento; se ti va, mi puoi penetrare analmente e scoprirai che quel poco che ho fatto non merita neppure l’appellativo di sesso e meno che mai di amore.”
“Che vuoi dire?”
“Che ho fato un poco di sesso con un ipodotato, che si, è penetrato nel canale rettale, ma lo ha solo solleticato: il tuo sesso è tutta un’altra cosa e non fatto che rimpiangerlo, se ti può consolare.”
“Non mi consola; non so se mi va di fare sesso con te; vieni a letto e, se ci riesci, mi lascio concupire … “
Per il momento mi basta, perché conosco Dario e so che mi ama, in fondo, anche se è livido di rabbia per la mia stupidata; entro nel letto, mi accoccolo sotto le lenzuola e mi stringo a lui con tutta la schiena, facendo aderire il mio sedere meraviglioso completamente al suo inguine, sento che il sesso gli si gonfia e diventa enorme, proprio come lo ricordavo con nostalgia mentre davo il retto a Stefano; passo una mano tra le cosce, afferro il suo randello e lo piloto verso la vagina: se ne sta immobile, quasi fosse completamente estraneo a quanto avviane tra le nostre cosce; ma il sesso vibra e trema come fosse scosso da pura elettricità, ed io so quanta goduria prova in quel momento, quanto amore gli riempie il cuore, il cervello, il ventre, il sesso che penetra quasi violento nel canale vaginale e sembra violarlo per l’ennesima volta.
“Ti voglio nel retto; violentami; te lo chiedo per favore; voglio che tu verifichi che sono ancora la tua vergine compagna e che anche questa verginità è tua; anche la vagina mi era stata stimolata da altri, prima che tu te ne appropriassi per sempre: con l’ano è la stessa cosa: un imbecille ci ha giocato, tu ti prendi la verginità, per sempre! Prendimi e non ti curare delle mie urla, se non reggerò il dolore; sfondami per piacere, fammi godere con il retto!”
Si stacca da me, mi fa ruotare e mi stende supina, sposta due cuscini e li colloca sotto le mie reni, viene tra le mie ginocchia e il suo randello che mi appare enorme si erge minaccioso verso il mio ventre: capisco che mi vuole possedere faccia a faccia e gli cingo la vita con le gambe, me le sposta verso il collo e sono abbarbicata a lui con i perineo esposto all’altezza del suo sesso.
“Ricordo ancora i tuoi occhi quando ti sverginai: c’era scritto tutto l’amore che provavamo per l’altro, tutto il timore del dolore, tutta la gioia di offrirti; voglio vedere se stasera leggerò le stesse cose mentre ti sfondo il ventre.”
“Ti amo, Dario; qualunque cosa sia successa, qualunque errore io abbia commesso, ti amo e ti ho sempre amato … e ti voglio, ti voglio dentro, anche dolorosamente: non può essere indolore una penetrazione con quella mazza meravigliosa che è mia; e voglio sentirti dentro tutto; se te lo chiedo, fermati ma non uscire e riempimi fino alla fine, voglio possederlo tutto il tuo sesso, nel mio intestino, nel mio cuore, nel mio amore.”
Mi sta ungendo l’ano con un lubrificante che da sempre teneva nel cassetto, sperando che cedessi, sento le sue dita spaziare nel canale rettale e prepararlo da padrone, sento i tessuti reagire con una partecipazione goduriosa sciogliendosi letteralmente ed aprendosi alla penetrazione; poi la punta del suo fallo si appoggia all’ano e le pieghe si distendono a fare spazio al grande intruso, la cappella è dentro, contro lo sfintere che si richiude restio; un colpo violento, la cappella passa ed io lancio un urlo da animale squartato, no da vittima sacrificale sull’altare di Priapo: perché veramente è degno di Priapo il randello che mi sfonda l’ano e si spinge per pochi centimetri nell’intestino.
“Amore, fermati; per favore, sosta un momento, fammi riprendere; aspetta … aspetta … ecco … adesso … adesso spingi e non badare se urlo ancora: adesso ce la faccio. Ti amo, Dario, ti amo con tutto il corpo, con tutta l’anima. Ti amo. Ti amo!”
Ho le caviglie intrecciate dietro la sua testa e i glutei schiacciati contro il suo ventre, con il bastone di carne piantato fino in fondo nel retto; mi tiene per le natiche e non si muove ma sento che l’asta si gonfia d’amore e raggiunge dimensioni mai provate nemmeno nei momenti di massima eccitazione.
“Vorrei che mi baciassi. Ci riesci?”
Si abbassa col bacino e contemporaneamente solleva il mio busto quel tanto che porta le labbra ad unirsi; sto piangendo.
“Ti amo, Dario, ti amo da morire. Perdonami, se ti riesce; questo è l’amore; ad altri non darò mai niente di questo amore infinito, questo perdermi dentro di te, questo sentirmi tua, definitivamente tua. … Adesso, possiedimi, eiacula dentro di me e fammi godere come non ho mai fatto!”
Davvero mi sento portata in paradiso mentre mi sfonda le viscere con la forza della sua passione che si trasmette a me e mi esalta fino a squirtare violentemente, come non ricordo da tempo immemorabile; non riesco a smettere di sussurrargli il mio amore, di piangere come una fontana per la stupidaggine di una sera, per la paura di perderlo, per il terrore di restare sola e senza sostegni; lui mi copula a lungo, con amore, appassionatamente, spingendo con quanta meno fretta può: sento nettamente che freme dalla voglia di inondarmi le viscere e concludere meravigliosamente quel possesso che lo esalta; ma si trattiene anche, per protrarre il piacere al’infinto; quando riesco a succhiarlo con movimenti dei muscoli intestinali, sento che si esalta al massimo possibile ed infine mi esplode nella pancia la più lunga e intensa eiaculazione che io possa ricordare; rispondo alla pari, esplodendo con tutto il corpo ed emettendo liquidi, umori e non so che altro da tutto il corpo mentre intorno i fuochi di artificio sembrano esplodere per tutti e due; ci rilassiamo un poco stesi supini sul letto, vicini e toccandoci solo per una mano che sembra trasmettere amore dall’uno all’altro.
“Amore, è stato meraviglioso; non ti ho mai amato tanto come in questo momento e sento di essere stata amata quanto non si può di più. Grazie.”
“E’ vero che la tua verginità anale l’ho presa io: il tuo ano non era stato minimamente intaccato; ma mi hai fatto molto male lo stesso … ”
“Non intendo dire che è passato tutto. Intanto, da domani mi cercherò un lavoro vero e utile; spero che mi aiuterai anche tu, con il potere che hai; poi ti amerò come ti amavo prima, come ti amo adesso al di là della follia di una sera; ma intendo conquistarmela, la tua fiducia; e spero di farcela perché non ti voglio perdere e farò di tutto per restare sempre con te.”
Dormiamo abbracciati, per la prima volta dopo più di un mese; e mi sento quasi felice, rasserenata con me stessa.
Ma le nuvole si presentano il giorno dopo; passo la mattinata a girare per uffici in cerca di quel lavoro che ormai è diventato la boa centrale della mia vita: non c’è molto da sguazzare, considerata anche la temperie del momento di piena crisi, che riduce di molto le possibilità di occupazione; inoltre, non riesco ad adattarmi al’idea di un lavoro qualsiasi e la ricerca di quello che mi può piacere di più non è certo facile; verso l’ora di pranzo vado al solito bar dove ho dato appuntamento a Dario; sin da quando arrivo, mi rendo conto che i commenti contro di me si sprecano, soprattutto da parte di quelli che ammirano molto Dario e vedono la mia scelta di ieri assai azzardata e stupida; d’altra parte, non posso certo mettermi a spiegare che abbiamo fatto l’amore alla grande e che sto cercando di ricucire lo strappo; il peggio si presenta quando è Stefano ad affacciarsi nel bar ed a venire difilato al tavolo dove sto seduta in attesa.
“Vedo che stai seduta male; forse qualcosa è successo ieri sera … “
Ironizza: lo freddo immediatamente.
“Se fosse per te, non avrei proprio niente da ricordare; ma il mio uomo poi mi ha veramente violentato e con tutto il cuore mi sono fatta sverginare da una mazza vera e da amare.”
“Ah, hai scopato col cornuto? Adesso aspetti lui?”
E’ Sandra, la mia amica da sempre, che lo apostrofa dal tavolo vicino.
“Stefano, bada a come parli; sei sulla lama di un rasoio … “
“Io me ne fotto dei rasoi; non sai con chi hai a che fare … “
Si avvicina il barista con un buttafuori comparso dal nulla.
“Doriana, questo signore ti dà fastidio?”
“Sto aspettando Dario, sa che ho fatto una stupidaggine e non credo che prenderebbe bene questa vicinanza … “
Proprio in quel momento entra nel bar Dario che viene difilato da me, mi bacia e chiede.
“E’ lui l’ipodotato?”
Faccio segno di si con la testa; Stefano tenta di alzarsi con veemenza, il buttafuori lo schiaccia sulla sedia.
“Calma, fratello; o qualcuno si farà male e sappiamo chi … “
“Chiedigli un po’ chi è.”
Suggerisce Sandra a Dario; Stefano sente e interloquisce.
“Sono il nipote del prefetto, per vostra informazione.”
Dario lo guarda sorridendo sornione, prende il telefono e digita un numero: il vivavoce ci mette tutti in condizione di ascoltare.
“Signorina, sono Dario Rossi, mi passi il prefetto.”
Si sente qualche rumore di interni poi la voce del prefetto.
“Dario che c’è di tanto urgente?”
“C’è un imbecille che dice di essere tuo nipote; siamo al bar di Tony, in piazza; mandi una macchina a metterlo in salvo o te lo spedisco io a modo mio?”
“Dio, no, no, cosa dici, che ha fatto??”
“Si è scopato la mia compagna e mi ha chiamato cornuto in pubblico.”
“Oh, dio, Stefano, mi senti? Allontanati immediatamente, ti faccio venire a prendere da una macchina. Dario, ti prego, non fare niente di irreversibile; vieni nel pomeriggio e ne parliamo; penso io a questo citrullo … “
“Per ora sto fermo; se non ho soddisfazione, mi regolo a modo mio.”
Il ragazzo palestrato tenta di lanciarsi contro Dario; viene intercettato dal buttafuori e con un solo colpo si trova schiacciato a terra; il buttafuori sta per colpirlo con un pugno, ma viene fermato dal mio amore che gli ordina di calargli pantaloni e mutande; viene in luce in piena piazza il pisellino minimale di Stefano; Dario non si risparmia l’ironia.
“E tu hai fatto follie per questo pistolino.”
Sandra ne approfitta.
“Perché tu cosa hai, un cannone?”
“Se vieni in bagno ti faccio vedere, toccare, assaporare e assaggiare in profondità.”
“Così vengo anch’io e te lo taglio … “
“Beh, se io ho visto quello che ha sollazzato te, tu sei invitata a vedere come la tua amica sollazza me.”
“Dario, per favore; cerchiamo di buttarci dietro le spalle questa vicenda.”
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Aggiunto: 4 anni fa
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Tradimenti
«ci riprovo a scrivere»
«accidenti .... ti ho perso per 20 secondi?
non so se ti ricordi di me .... penso di no
io sono Beatrice e se tu sei quello che su EroticiRacconti ha più di 180 vorrei parlarti
non ti mangio, giuro .... mi scrivi per favore su ioeleienoi@libero.it?
mi piace come scrivi e vorrei parlarti»