Quel sabato mattina Franco sperimentò il piacere di svegliarsi accanto al corpo nudo di sua moglie Michela. Accarezzò i capelli corvini della donna, discese lungo la schiena, indugiò sulle rotondità delle natiche, giocò con il buchino rugoso fonte di tante delizie. Raggiunse la folta peluria che proteggeva le labbra della fica e sentì che si stava inumidendo.
Il contatto con il sesso della moglie aveva reso il cazzo di Franco grosso e duro e l’uomo iniziò una manovra per aprirgli la strada tra le labbra umide. Michela aprì gli occhi, sorrise al marito e, messasi sulla schiena, allargò le cosce per favorire la penetrazione.
Un rauco gemito accompagnò la penetrazione della verga nella cavità calda e umida di Michela. .Franco cominciò il suo andirivieni nella fica della moglie con un movimento dolce e lento. Cercava con la lingua nel contempo con la lingua il contatto coi capezzoli ormai duri e ritti della donna.
Quando stava per raggiungere l’orgasmo e senti che anche Michela stava per raggiungere il culmine del piacere si sfilò da lei, che piuttosto interdetta, lo lasciò fare. Andarono insieme in cucina e Michela mise il caffè sul fuoco. Terminata questa operazione, Franco penetrò il suo bel corpo nudo. Dopo alcuni cauti colpi con l’uccello la abbandonò di nuovo.
La moglie dimostrò di aver compreso il senso del gioco, gratificando Franco di un bel sorriso. Di tanto in tanto era la donna a carezzare brevemente il sesso del marito. Quando il piacere stava per travolgerli, ognuno avvisava l’altro perché si fermasse. Grazie alla loro ottima intesa sessuale riuscirono a protrarre il gioco fino a sera, infliggendosi con le dita, con le labbra e con la lingua una serie quasi continua di deliziosi tormenti.
Quando scese la notte, Michela suggerì:
“Scendiamo in strada e proseguiamo davanti a quelli che passano.”
Così fecero a presero a camminare lungo il viale, e, ogni volta che giungevano ad un lampione, Michela vi si appoggiava, e sollevato il vestito, si faceva penetrare.
I fari delle automobili di passaggio li llluminavano ulteriormnte e gli occupanti spesso si fermavano per godere dello spettacolo.
Da una delle automobili scesero quattro tipi dall’aria poco raccomandabile, e uno disse:
“Faccela scopà pure a noi”.
Franco guardò Michela con una certa preoccupazione, ma la donna sorridendo sussurrò al marito:
“Si, ti prego”.
Franco la lasciò e lei si diresse verso i quattro, togliendosi il vestito:
I nuovi venuti la fecero stendere sul cofano della loro automobile.
Il primo snudò un cazzo grosso e tozzo in piena erezione e lo inserì, senza alcuna cautela, nella fica della donna. Un altro le mise il cazzo più lungo e solo parzialmente eretto all’altezza della bocca e Michela s’ingegnò a succhiarlo, mentre con uno con ciascuna mano masturbava gli altri due.
tra loro si dicevano:
“Senti come gode questa troia”.
Onde di piacere scossero il corpo di Michela mentre riceveva lo sperma del primo a. Poi fu il turno del secondo e alla fine tutti depositarono la loro sborra nella fica di Michela.
Quando furono venuti tutti e quattro, quello che aveva parlato per primo, disse a Michela di stendersi a terra, e prese a pisciarle addosso, imitato dagli altri tre.
Svuotate le loro vesciche, i quattro risalirono in macchina e si allontanarono.
Franco si avvicinò a Michela per aiutarla a rialzarsi.
La donna, completamente dimentica di essere nuda, disse al marito:
“Adesso devi venire anche tu”.
Si sedette su un muretto, fece porre il marito davanti a lei, e con un movimento deciso Infilò il suo dito medio nel buco del culo di Franco e prese a massaggiare il tenero rigonfiamento della prostata. Dopo pochi istanti i getti di sborra dell’uomo raggiunsero il viso di Michela.
Lei raccolse lo sperma demarito e lo leccò con le dita.
Franco avvicinò il suo volto a quello di Michela per baciarla, ma lei lo fermò e disse:
“Prima, devi sapere che sono dieci giorni che non prendo la pillola”.
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