Vidi il telo sollevarsi sotto i miei occhi ed in un attimo crollò per terra, mentre l'uccello si induriva, ergendosi e puntandomi. Arturo non disse niente, mi fece solo un segno con la testa, ed io mi ritrovai in ginocchio, con il cazzo ficcato in gola. Come aveva fatto con Rita, mi teneva la testa tra le sue manone e mi chiavava in bocca, e quando arrivava in fondo si fermava per qualche attimo, impedendomi anche di respirare. Ha un cazzo talmente grosso e lungo che in bocca non riuscivo ad accoglierne neanche la metà. Continuò con quel ritmo per due-tre minuti, poi mi sollevò da terra, mi distese sul letto e, spostando di lato il lembo delle mutande, senza neanche toglierle,  mi penetrò di botto. Lanciai un urlo, che era un misto tra sorpresa, dolore e piacere. Lo sentivo fino in gola, era qualcosa di incredibile. E quando cominciò a pomparmi gli orgasmi arrivarono a raffica, non so proprio dire quante volte, forse cinque-sei volte. Scopammo per una decina di minuti, poi mi esplose dentro con un fiume di sperma, e passato l'orgasmo pretese che glielo ripulissi per bene con la lingua, e che gli risucchiassi quello che era rimasto dentro."
Io: "Ce l'ha più grosso di quello di Mario?"
"Più grosso forse no...siamo lì, ma è notevolmente più lungo. Una volta l'ho misurato con un righello che aveva in ufficio: 29 cm di cazzo, una bestia. D'altronde tutto in lui è esagerato."
"Questo è vero. Dopo ci fu un altro round?"
"Quel pomeriggio no, era tardi e doveva finire di prepararsi per il discorso che vi fa sempre prima di cena. Mi diede appuntamento per il lunedì mattina, nel suo ufficio."
"Non mi volevi sputtanare, però non ti sei fatta scrupoli a venire in azienda."
"Non ti ho sputtanato. Perché in questi mesi hai sentito qualche voce su di me e Arturo?"
"No, effettivamente no."
"Vedi? In quel palazzone siete in sette aziende, ed è facile passare inosservati. Poi Arturo si è inventato qualcosa che solo lui poteva pensare: attiguo al suo ufficio si è fatto fare una specie di camera da letto, da dove si può accedere dall'esterno. C'è una porta che da' nel parcheggio laterale, quello che nessuno usa, è da lì che mi fa passare tutte le volte."
Mentre Elena parlava mi venne in mente una cosa che non mi spiegavo, ma che poteva ricondursi alla loro relazione.
"Elena, negli ultimi mesi Arturo mi ha fatto chiamare spesso nel suo ufficio, chiedendomi banalità o per dirmi di fare qualcosa che di solito è di competenza del caposquadra. Tu ne sai qualcosa?"
"Si, scusami, è una mia richiesta. Ho bisogno di vederti, sentirti, prima. Arturo è a conoscenza di questa mia specie di fobia, e mi asseconda."
"Vi vedete spesso?"
"Abbiamo cominciato vedendoci due volte alla settimana, adesso una, ma qualche volta capita due. Dipende."
"Dipende da cosa? Dai suoi impegni con le altre?"
"No, no. Su quello non ho problemi, sono la sua preferita e lui mi vorrebbe tutti i giorni. Sono io che non voglio correre rischi eccessivi, sempre per cautela verso di te ed il nostro matrimonio. Dipende dalle mie voglie."
"Un'ultima cosa: perché lui i fine settimana non può?"
"Per sua moglie, la sua famiglia. Lo sai che gran parte delle azioni della società sono di proprietà della famiglia della moglie, anche se lui ha un bel pacchetto. E lei è a conoscenza delle sue scappatelle e le accetta, ma hanno fatto il patto che durante i week-end deve essere solo suo, e lui su questo è ligio, con qualche eccezione."
"Qualche eccezione? Cioè?"
"Lui è malato di sesso, ce l'ha sempre duro. Quindi può capitare che dopo il sabato in cui si è ingroppato la moglie per ore, lei la domenica non ne vuole più sapere, e gli da il permesso di trasgredire."
"E ti chiama."
"No, io ho bisogno di te, ed i week-end tu non ci sei in azienda."
"Già, certo."
Arrivarono i dolci, lei si zittì, ed io mi persi nei miei pensieri: il mio capo squadra entro due-tre mesi sarebbe andato in pensione, ed io desideravo prendere il suo posto.
Si, avrei avuto più responsabilità, ma anche un bell'aumento di stipendio. D'altronde ero quello più qualificato, e poi toccava ad Arturo l'ultima parola. Perché non approfittarne?
"A cosa stai pensando?"
"No, scusa, mi ero un po' perso."
"Ho visto."
"Arturo ti accontenta sempre?"
"Dipende. A cosa stavi pensando?"
"No, no. Vabbè, te lo dico: Enzo, il mio capo squadra sta per andare in pensione, ed io voglio, vorrei, prendere il suo posto."
"Mi stai chiedendo di intercedere presso Arturo?"
"Si, se vuoi."
"Che stronzo che sei. Ti vuoi approfittare della situazione."
"Non dovrei? Lui si scopa mia moglie, almeno che ne abbia un qualche vantaggio."
"Mi ripeto: sei uno stronzo. E poi non è lui che scopa me, ma sono io che scopo lui."
"C'è differenza?"
"Si. Molta. Comunque ci proverò Giulio, non gli ho mai chiesto alcun favore, ma ci proverò, anche se, conoscendo il mio pollo, vorrà qualcosa in cambio."
"Ma ti ha già."
"Si, ma non mi ha tutta. Capisci?"
"Cioè vuole il culo? Vuole farti il culo?"
"Da sempre."
"Ma mi hai detto che ha un cazzo enorme."
"Appunto. Ma lui dice che sua moglie, Rita, Chiara e tutte le altre sue amiche lo prendono tranquillamente."
"Ti spaccherà in due."
"Non farmici pensare. D'altronde su questo punto vedo che diventa sempre più insofferente, presto o tardi mi toccherà accontentarlo, perché non voglio perderlo."
"Quindi vuoi darglielo?"
"Si, ma prima mi devo preparare."
"In che modo? No, aspetta, forse ho capito. Vuoi preparare gradualmente il tuo buchetto, allargandolo man mano?
Se vuoi ti procuro qualche attrezzo adatto, ho visto qualcosa su internet."
"Senti il maiale, che bazzica i siti porno!"
"No, non pensare male, una volta mi ci sono imbattuto casualmente."
"Si, ciao. Comunque quella roba lì, fredda e inanimata, non mi piace per niente."
"E allora? Cosa vuoi fare?"
"C'è un'unica soluzione, e vorrei la tua approvazione."
"Fammi capire, non ci sto arrivando."
"L'unico modo è usarlo quanto più possibile."
"Suppongo che intendi usarlo non solo con me."
"Si, tenendomi per ultimo Mario, che ha il calibro giusto. Ma prima ci deve passare qualcun altro, intermedio. Ho già una mia scaletta."
"Elena, sei una cosa, una cosa..." 
"Dai cornutello mio, non fare storie. Lo faccio per te!"
"Per me?"
"Non vuoi diventare caposquadra?"
"Si, ma non se il prezzo è quello di diventare lo zimbello di tutti."
"Ma che zimbello e zimbello. Perché tu credi che io voglia acquisire il titolo di zoccola, puttana, bocchinara? Finora sono stata riservata, e continuerò ad esserlo, e tutti quelli che mi vogliono si devono adeguare. Arturo compreso."
"Questo te lo riconosco. Ma cosa vuoi fare esattamente?"
"Il modo migliore e meno rischioso sarebbe quello di 'riceverli' tutti a casa nostra."
"Vuoi farti scopare dai tuoi amanti sul mio letto?"
"Se questo ti infastidisce possiamo arredare con un bel lettone la cameretta che abbiamo vuota. Potrebbe essere un'idea."
"Ed io, naturalmente, dovrei assistere a tutte le tue performances?"
"Naturalmente. Altrimenti non mi diverto, lo sai."
"Ma così mi tocca star chiuso nello sgabuzzino per ore."
"Perché non ci mettiamo dentro qualcosa che ti faccia passare il tempo? Non so, magari un computer, così potrai visitare i tuoi siti porno."
"Si, a me dai i filmini mentre tu ti cucchi dei maschi veri."
"Ad ognuno il suo, dai, le corna non hanno mai ammazzato nessuno."
"Ma fanno venir mal di testa. E se invece noi facciamo, si, certo. Perché no?"
"Mi illumini?"
"Un sistema di telecamere a circuito chiuso. Una che punta il divano, un paio nella cametta, altre nei punti più strategici. Così ti potrò osservare. Cosa ne pensi?"
"Cazzo, siiiiii, magari. Con anche un sistema che registri, così dopo possiamo guardare insieme le immagini. Bravo, fantastica idea, meriti un premio, dopo a casa."
"Hai ancora voglia? Non ti è bastato Mario?"
"Che c'entra? Con te è diverso. Piuttosto hai idea di dove trovare le telecamere? Ci vuole un tecnico per fare il lavoro?"
"No, lo posso fare io. Non dovrebbe essere una cosa complicata."
"Domani entro sera voglio le telecamere già montate."
"Ci vorrà qualche giorno in più, ma entro fine settimana sarà tutto pronto, cameretta compresa."
"Uffa. Ti devo chiedere un altro piacere: quando partiremo col progetto ho bisogno di due-tre settimane di deroga all'accordo che abbiamo fatto ieri mattina."
"Perché? Non ti bastano i weekend?"
"No, ma ti prometto che dopo che avrò accontentato Arturo, rispetterò il nostro accordo per sempre."
"Vabbè dai. Non capisco perché ti dico sempre di si."
"Perché sono il tuo amore, e tu sei il mio."
"Corna a parte."
"Nessuno è perfetto."









Sei

Saltai fuori dal mio nascondiglio, lei era seduta a gambe aperte sul divano, stremata.
"Mi hai preso per il culo. Qui non c'è scritto niente."
"Giulio, per favore dammi tregua. Il nome c'è scritto."
"E dove? Guarda!" Facendole vedere il biglietto vuoto su entrambi i lati.
"C'è scritto ti dico. A tavola ti spiegherò come leggerlo. Adesso vieni qui."
Continuando a guardare il foglio, senza capire, mi sedetti sul divano.
"Ricordi la scommessa che abbiamo fatto prima?"
"Scommessa??? Quale scommessa? Ecco si, adesso ricordo."
"Fallo adesso."
"Cosa? Sei impazzita? No! Non lo farò mai."
"Si che lo farai." Mentre mi spingeva in giù la testa.
"Elena sei piena di sperma. Nooo..."
"Appunto." Contro la mia volontà mi ritrovai in un attimo con la faccia imbrattata di sborra, che usciva copiosamente dalla fica, mentre lei mi esortava: "Dai lecca, cornuto."
Era la prima volta che mi dava del cornuto e francamente non mi diede particolarmente fastidio. Così, volente o nolente, tirai fuori la lingua e cominciai a raccogliere lo sperma che colava giù. La cosa durò parecchio, e lei tra una leccata e l'altra ebbe altri due orgasmi. 
Poi, improvvisamente, forse per premiarmi, si mise a pecora: "Inculami." 
Un ordine categorico, e d'altronde avevo l'uccello che mi stava scoppiando, e l'impalai di brutto in un solo colpo, facendola urlare prima di dolore, e poi di piacere. E che sborrata alla fine.

"Amore, sei fantastico."
"Elena, ho paura che presto non avrò più l'esclusiva del tuo culetto."
"Mi sa anche a me. Mario è tosto."
"Hai intenzione di rivederlo?"
"Si. Hai visto quanto è grosso? Un toro da monta. E ti dirò che, quando me l'ha fatto sentire dietro, stavo per crollare. Lo so che quando mi prende la libidine non riesco a controllarmi."
"Il mio nome?"
"Fammi fare una doccia, e pensa un posto dove andare a mangiare, a tavola parleremo del tuo nome."

Dopo un oretta e mezza, in un ristorantino fuori città, in attesa dei dolci, Elena si decise a parlarmi di quest'uomo, che frequentava da tempo.
"È successo in uno dei pomeriggi di svago organizzati dalla tua azienda."
La prima cosa che pensai fu: 'cazzo, è un mio collega?'
La società per cui lavoro, ogni due mesi circa, organizza degli incontri per socializzare tra di noi in ambienti diversi dal luogo di lavoro, in cui sono invitati anche i coniugi dei dipendenti. 
"Quello dello scorso aprile. Ti ricordi dove eravamo?"
"Si, certo. In quell'agriturismo in montagna, un posto magnifico."
"Bene. Adesso leggi il nome che c'è sul foglietto che ti ho dato."
Lo ripresi in mano, perplesso, rigirai il foglietto al contrario, poi sottosopra, ma non c'era scritto niente.
"È un inchiostro particolare: metti il foglietto in direzione della luce."
Feci come mi aveva detto, ed era vero, si notava che c'era scritto qualcosa, ma non capivo. Rigirai il foglietto al contrario, poi sopra-sotto, finalmente riuscii a metterlo nella direzione giusta, ed a leggere. Rimasi a bocca aperta: Arturo, il suo amante era Arturo, il mio capo, il presidente dell'azienda. 
Il più grande puttaniere esistente sul pianeta Terra, un uomo di 54 anni, brizzolato, alto due metri, con delle spalle da culturista, che si trombava regolarmente le mogli dei tre dirigenti suoi sottoposti, due impiegate, la moglie del capo ufficio, e più o meno tutte quelle carine che gli giravano intorno, per motivi di lavoro o altro. Pensate che, le aziende fornitrici, ci mandavano delle venditrici gnocche e troie, e lui prima di fare l'ordine puntualmente se le portava a letto. 
E adesso avevo scoperto che si scopava anche mia moglie.
'Lui lavora solo di pomeriggio', questo si diceva in azienda. Perché la mattina era sempre impegnato con qualche donna. E pare che, nel caso, non disdegnasse neanche i maschietti.
Come avevo fatto a non pensarci? Perché non l'avevo collegato immediatamente ad Elena? Avrebbe dovuto essere il primo! E mi sarei risparmiato Mario.
"Elena lo sai che questo non ha solo te, vero?"
"Si, lo so, e non mi interessa. Non voglio fedeltà, ma buone prestazioni." 
Con lei più approfondivo, e più la scoprivo troia. Sempre di più.
"Ma com'è stato? Mi sembrava che ti stesse anche antipatico."
"Infatti mi stava sul cazzo, invece adesso mi da il cazzo. Come vedi il cazzo c'entra sempre." Voleva essere una battuta, ma non mi venne da ridere.
"Quel pomeriggio, subito dopo pranzo, mentre tu facevi bisboccia con i tuoi colleghi, io ero in giardino a chiacchierare con Melissa e Chiara. Poco più in là c'era Arturo, che stava parlando con Rita, la moglie del tuo collega Gianni. Dopo qualche minuto i due si avviarono verso il bosco e Chiara fece una battuta: 'Eccolo là il porco. Ne ha trovata un'altra.' Non dissi niente, e mi sedetti su una poltroncina, al sole. Poco dopo le altre due rientrarono per andare in bagno, e rimasi da sola. Ripensai alle parole di Chiara e mi venne la voglia di andare a curiosare, perché mi sembrava incredibile che Rita avesse una tresca con il capo di suo marito. Mi inoltrai nel bosco, stando attenta a tutti i rumori, e nel contempo a non farne io. Non dovetti camminare molto, non più di un minuto, e me li ritrovai improvvisamente davanti, a pochi metri da me: lui era in piedi con le spalle contro un albero, e lei in ginocchio gli stava facendo un pompino. Arturo si accorse subito della mia presenza, ma non fece una piega, sorrise soltanto. Rita invece non poteva vedermi perché mi dava le spalle, e poi era impegnata con quel palo di carne grosso e lungo, che le arrivava in gola. Lui le teneva la testa con le due mani facendole fare avanti ed indietro, e quando arrivava in fondo lasciava qualche attimo l'uccello dentro, per quanto riusciva, poi fuori, poi dentro. Rimasi ferma un paio di minuti, imbambolata ad osservarli. Arturo guardava me, poi giù verso Rita, poi verso di me. Tornai indietro quando capii che stava per venire, ma fatti una decina di passi mi rigirai un attimo verso di loro, Rita aveva già tutta la faccia piena di sperma e dalla bocca colava una specie di cascata che arrivava fino a terra, e continuava a segarlo con la cappella in direzione della bocca, che teneva spalancata per accogliere gli ultimi schizzi. 
Lo spettacolo mi sconvolse all'inverosimile, tant'è che mi chiusi in bagno e mi masturbai, immaginandomi al posto di Rita.
Con Arturo mi incrociai dopo un paio d'ore, in realtà quel pomeriggio avevo fatto di tutto per evitarlo, ma me lo trovai davanti all'improvviso vicino alla porta d'ingresso mentre lui stava uscendo, e mi bloccò: "Elena ti è piaciuto lo spettacolo?"
Non sapevo che conoscesse il mio nome, risposi: "Insomma...mi aspettavo qualcosa di più, specialmente da te." 
Mai stuzzicare un uomo in quel campo, puoi ottenere solo due risultati: o lo butti giù, o lo trasformi in una specie di toro che ti carica finché non ti prende e ti incorna. Indovina cosa ottenni con Arturo?"
"Immagino."
"Lui se ne uscì in modo diplomatico: "Infatti, volevo giusto chiederti qualche suggerimento per migliorarmi. Ti aspetto in camera mia tra un'oretta, è al secondo piano, la porta di fronte all'ascensore. Così mi dai qualche dritta."
"Non ci penso neanche. Sei il capo di mio marito. Un proverbio siciliano dice: 'Non cagare dove mangi e non mangiare dove caghi.' Quindi non verrò, ma tu puoi chiamare Rita, lei non si fa di questi problemi."
"Potrei chiamare Rita, oppure la tua amica Chiara, ...ma io voglio te."
Quindi anche Chiara faceva parte del suo harem. Effettivamente avevo percepito un pizzico di gelosia, prima, in giardino.
"Mi dispiace Arturo. Come si dice: Non c'è trippa per i gatti. Quindi, ciao." E mi allontanai.
Si arrese? Macché! Cominciò a martellarmi di sms sul cellulare, e non so proprio come facesse ad avere il mio numero."
"Lo so io: in azienda abbiamo un registro, dove sono annotati tutti i recapiti dei dipendenti, indirizzo, telefono, nomi dei componenti famigliari. Gli è bastato collegarsi col tablet alla rete aziendale."
"Ecco. Avevo paura che l'avesse chiesto a qualcuno."
"Ma tu eri già stata con altri, vero?"
"Si, quello si. C'era stato Marco, al centro commerciale, il vicino dei miei e il tedesco."
"Allora perché non accettasti subito di vedere Arturo?"
"Mi sembra ovvio! Per te. Non volevo sputtanarti sul lavoro."
"Ahhaaaa. Grazie. E cosa ti fece cambiare idea?"
"Una foto del suo arnese, e anche un'altra cosa: il calcolo che, ma non lo sapevo ancora, non ne ero certa, se ci si poteva incontrare con lui in azienda, per me sarebbe stato come fare bingo. Tu c'eri, eri lì."
"E se questo non fosse stato possibile?"
"Me ne sarei fatta una ragione. Comunque rimanevano sempre i 'pomeriggi di svago'."
"Si, effettivamente. Continua il racconto."
"Ad un certo punto smisi di rispondere ai messaggi, avevo bisogno di riflettere. Alla fine presi la decisione. Così, circa all'ora stabilita, salii al secondo piano e titubante bussai alla porta della sua camera. Non mi aprii subito, ma dentro sentivo dei rumori, bussai nuovamente. Passò ancora qualche attimo, poi finalmente la porta si spalancò e me lo ritrovai davanti, nudo, bagnato, con addosso solo un telo avvolto intorno alla vita. Era appena uscito dalla doccia. 
"Elena, finalmente ti sei decisa." 


Continua..
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