Saltai fuori dal mio nascondiglio, lei era seduta a gambe aperte sul divano, stremata.
"Mi hai preso per il culo. Qui non c'è scritto niente."
"Giulio, per favore dammi tregua. Il nome c'è scritto."
"E dove? Guarda!" Facendole vedere il biglietto vuoto su entrambi i lati.
"C'è scritto ti dico. A tavola ti spiegherò come leggerlo. Adesso vieni qui."
Continuando a guardare il foglio, senza capire, mi sedetti sul divano.
"Ricordi la scommessa che abbiamo fatto prima?"
"Scommessa??? Quale scommessa? Ecco si, adesso ricordo."
"Fallo adesso."
"Cosa? Sei impazzita? No! Non lo farò mai."
"Si che lo farai." Mentre mi spingeva in giù la testa.
"Elena sei piena di sperma. Nooo..."
"Appunto." Contro la mia volontà mi ritrovai in un attimo con la faccia imbrattata di sborra, che usciva copiosamente dalla fica, mentre lei mi esortava: "Dai lecca, cornuto."
Era la prima volta che mi dava del cornuto e francamente non mi diede particolarmente fastidio. Così, volente o nolente, tirai fuori la lingua e cominciai a raccogliere lo sperma che colava giù. La cosa durò parecchio, e lei tra una leccata e l'altra ebbe altri due orgasmi. 
Poi, improvvisamente, forse per premiarmi, si mise a pecora: "Inculami." 
Un ordine categorico, e d'altronde avevo l'uccello che mi stava scoppiando, e l'impalai di brutto in un solo colpo, facendola urlare prima di dolore, e poi di piacere. E che sborrata alla fine.

"Amore, sei fantastico."
"Elena, ho paura che presto non avrò più l'esclusiva del tuo culetto."
"Mi sa anche a me. Mario è tosto."
"Hai intenzione di rivederlo?"
"Si. Hai visto quanto è grosso? Un toro da monta. E ti dirò che, quando me l'ha fatto sentire dietro, stavo per crollare. Lo so che quando mi prende la libidine non riesco a controllarmi."
"Il mio nome?"
"Fammi fare una doccia, e pensa un posto dove andare a mangiare, a tavola parleremo del tuo nome."

Dopo un oretta e mezza, in un ristorantino fuori città, in attesa dei dolci, Elena si decise a parlarmi di quest'uomo, che frequentava da tempo.
"È successo in uno dei pomeriggi di svago organizzati dalla tua azienda."
La prima cosa che pensai fu: 'cazzo, è un mio collega?'
La società per cui lavoro, ogni due mesi circa, organizza degli incontri per socializzare tra di noi in ambienti diversi dal luogo di lavoro, in cui sono invitati anche i coniugi dei dipendenti. 
"Quello dello scorso aprile. Ti ricordi dove eravamo?"
"Si, certo. In quell'agriturismo in montagna, un posto magnifico."
"Bene. Adesso leggi il nome che c'è sul foglietto che ti ho dato."
Lo ripresi in mano, perplesso, rigirai il foglietto al contrario, poi sottosopra, ma non c'era scritto niente.
"È un inchiostro particolare: metti il foglietto in direzione della luce."
Feci come mi aveva detto, ed era vero, si notava che c'era scritto qualcosa, ma non capivo. Rigirai il foglietto al contrario, poi sopra-sotto, finalmente riuscii a metterlo nella direzione giusta, ed a leggere. Rimasi a bocca aperta: Arturo, il suo amante era Arturo, il mio capo, il presidente dell'azienda. 
Il più grande puttaniere esistente sul pianeta Terra, un uomo di 54 anni, brizzolato, alto due metri, con delle spalle da culturista, che si trombava regolarmente le mogli dei tre dirigenti suoi sottoposti, due impiegate, la moglie del capo ufficio, e più o meno tutte quelle carine che gli giravano intorno, per motivi di lavoro o altro. Pensate che, le aziende fornitrici, ci mandavano delle venditrici gnocche e troie, e lui prima di fare l'ordine puntualmente se le portava a letto. 
E adesso avevo scoperto che si scopava anche mia moglie.
'Lui lavora solo di pomeriggio', questo si diceva in azienda. Perché la mattina era sempre impegnato con qualche donna. E pare che, nel caso, non disdegnasse neanche i maschietti.
Come avevo fatto a non pensarci? Perché non l'avevo collegato immediatamente ad Elena? Avrebbe dovuto essere il primo! E mi sarei risparmiato Mario.
"Elena lo sai che questo non ha solo te, vero?"
"Si, lo so, e non mi interessa. Non voglio fedeltà, ma buone prestazioni." 
Con lei più approfondivo, e più la scoprivo troia. Sempre di più.
"Ma com'è stato? Mi sembrava che ti stesse anche antipatico."
"Infatti mi stava sul cazzo, invece adesso mi da il cazzo. Come vedi il cazzo c'entra sempre." Voleva essere una battuta, ma non mi venne da ridere.
"Quel pomeriggio, subito dopo pranzo, mentre tu facevi bisboccia con i tuoi colleghi, io ero in giardino a chiacchierare con Melissa e Chiara. Poco più in là c'era Arturo, che stava parlando con Rita, la moglie del tuo collega Gianni. Dopo qualche minuto i due si avviarono verso il bosco e Chiara fece una battuta: 'Eccolo là il porco. Ne ha trovata un'altra.' Non dissi niente, e mi sedetti su una poltroncina, al sole. Poco dopo le altre due rientrarono per andare in bagno, e rimasi da sola. Ripensai alle parole di Chiara e mi venne la voglia di andare a curiosare, perché mi sembrava incredibile che Rita avesse una tresca con il capo di suo marito. Mi inoltrai nel bosco, stando attenta a tutti i rumori, e nel contempo a non farne io. Non dovetti camminare molto, non più di un minuto, e me li ritrovai improvvisamente davanti, a pochi metri da me: lui era in piedi con le spalle contro un albero, e lei in ginocchio gli stava facendo un pompino. Arturo si accorse subito della mia presenza, ma non fece una piega, sorrise soltanto. Rita invece non poteva vedermi perché mi dava le spalle, e poi era impegnata con quel palo di carne grosso e lungo, che le arrivava in gola. Lui le teneva la testa con le due mani facendole fare avanti ed indietro, e quando arrivava in fondo lasciava qualche attimo l'uccello dentro, per quanto riusciva, poi fuori, poi dentro. Rimasi ferma un paio di minuti, imbambolata ad osservarli. Arturo guardava me, poi giù verso Rita, poi verso di me. Tornai indietro quando capii che stava per venire, ma fatti una decina di passi mi rigirai un attimo verso di loro, Rita aveva già tutta la faccia piena di sperma e dalla bocca colava una specie di cascata che arrivava fino a terra, e continuava a segarlo con la cappella in direzione della bocca, che teneva spalancata per accogliere gli ultimi schizzi. 
Lo spettacolo mi sconvolse all'inverosimile, tant'è che mi chiusi in bagno e mi masturbai, immaginandomi al posto di Rita.
Con Arturo mi incrociai dopo un paio d'ore, in realtà quel pomeriggio avevo fatto di tutto per evitarlo, ma me lo trovai davanti all'improvviso vicino alla porta d'ingresso mentre lui stava uscendo, e mi bloccò: "Elena ti è piaciuto lo spettacolo?"
Non sapevo che conoscesse il mio nome, risposi: "Insomma...mi aspettavo qualcosa di più, specialmente da te." 
Mai stuzzicare un uomo in quel campo, puoi ottenere solo due risultati: o lo butti giù, o lo trasformi in una specie di toro che ti carica finché non ti prende e ti incorna. Indovina cosa ottenni con Arturo?"
"Immagino."
"Lui se ne uscì in modo diplomatico: "Infatti, volevo giusto chiederti qualche suggerimento per migliorarmi. Ti aspetto in camera mia tra un'oretta, è al secondo piano, la porta di fronte all'ascensore. Così mi dai qualche dritta."
"Non ci penso neanche. Sei il capo di mio marito. Un proverbio siciliano dice: 'Non cagare dove mangi e non mangiare dove caghi.' Quindi non verrò, ma tu puoi chiamare Rita, lei non si fa di questi problemi."
"Potrei chiamare Rita, oppure la tua amica Chiara, ...ma io voglio te."
Quindi anche Chiara faceva parte del suo harem. Effettivamente avevo percepito un pizzico di gelosia, prima, in giardino.
"Mi dispiace Arturo. Come si dice: Non c'è trippa per i gatti. Quindi, ciao." E mi allontanai.
Si arrese? Macché! Cominciò a martellarmi di sms sul cellulare, e non so proprio come facesse ad avere il mio numero."
"Lo so io: in azienda abbiamo un registro, dove sono annotati tutti i recapiti dei dipendenti, indirizzo, telefono, nomi dei componenti famigliari. Gli è bastato collegarsi col tablet alla rete aziendale."
"Ecco. Avevo paura che l'avesse chiesto a qualcuno."
"Ma tu eri già stata con altri, vero?"
"Si, quello si. C'era stato Marco, al centro commerciale, il vicino dei miei e il tedesco."
"Allora perché non accettasti subito di vedere Arturo?"
"Mi sembra ovvio! Per te. Non volevo sputtanarti sul lavoro."
"Ahhaaaa. Grazie. E cosa ti fece cambiare idea?"
"Una foto del suo arnese, e anche un'altra cosa: il calcolo che, ma non lo sapevo ancora, non ne ero certa, se ci si poteva incontrare con lui in azienda, per me sarebbe stato come fare bingo. Tu c'eri, eri lì."
"E se questo non fosse stato possibile?"
"Me ne sarei fatta una ragione. Comunque rimanevano sempre i 'pomeriggi di svago'."
"Si, effettivamente. Continua il racconto."
"Ad un certo punto smisi di rispondere ai messaggi, avevo bisogno di riflettere. Alla fine presi la decisione. Così, circa all'ora stabilita, salii al secondo piano e titubante bussai alla porta della sua camera. Non mi aprii subito, ma dentro sentivo dei rumori, bussai nuovamente. Passò ancora qualche attimo, poi finalmente la porta si spalancò e me lo ritrovai davanti, nudo, bagnato, con addosso solo un telo avvolto intorno alla vita. Era appena uscito dalla doccia. 
"Elena, finalmente ti sei decisa." 


Continua...
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