Mi presento, sono Fabrizio.
Mentre mi appresto a scrivere questa storia, ho quasi quarant'anni e sono arrivato alla conclusione di metterla nero su bianco dopo molte perplessità e molti anni a pensarci su.
In primo luogo perché, a vederla da fuori, tratta di un argomento piuttosto scabroso. Ed ho sempre pensato che a scriverla, con tutte le sue sfaccettature ed i particolari, avrebbe in parte giustificato il comportamento di molte persone, criminali a tutti gli effetti, che vedrebbero in queste righe una comoda attenuante.
Beh, non c'è.
Si tratta di pedofilia e la pedofilia è un reato. Coinvolgere dei bambini in pratiche sessuali è assolutamente uno schifo e una cosa che mi da il voltastomaco al solo pensarci. È sbagliato e basta, perché da bambini non abbiamo le capacità di scindere le coste sbagliate o pericolose anche se piacevoli, non siamo in grado di valutare i rischi o immaginare le conseguenze. Non esiste giustificazione per questo, non esistono attenuanti
Ma non sono qui per tenere un trattato di legge o di morale.

Sono uno scrittore ed il mio compito è quello del narratore, spetterà ad altri dare un giudizio sulla morale o meno.
In più, anche se sembrerà poco credibile o un cliché ormai usato a sproposito in questo tipo di narrativa. La storia che vi scrivo è successa davvero, ed è successa a me. Sono fatti realmente accaduti nella mia infanzia e che ho atteso molti anni prima di buttarli giù su questi tasti del computer.
E che mi crediate o meno, che la prendiate come una porcata o della bassa narrativa erotica, che vi ecciti o vi schifi, la cosa non ha alcuna importanza per me, adesso.
Io vi racconterò questa storia, filtrata dai molti anni che sono trascorsi, e cercherò di raccontarla non per come è adesso, di come la vedo ora, ma di come la vedevo a quel tempo, voglio sforzarmi di vedere il tutto con i miei occhi di allora, con le impressioni e la capacità di giudizio che avevo a quel tempo e con ciò che mi sembrava accadesse e che magari, a ripensarci bene col senno di poi, non poteva essere accaduto così, o forse si. Non lo so. Certi particolari ora mi sfuggono ed altri sono diventati sfocati, ma mi sforzerò di raccontarla esattamente come me la ricordo. In tutta la sua crudezza e cercando di usare le parole che usavo. So già che sarà un'impresa dura, specie per certi ricordi che ancora adesso mi feriscono un po', e per tutte quelle situazioni di cui ho perso memoria.
Anche il tempo in cui è successo, per certi episodi non lo ricordo.
È stata una cosa che è durata parecchio, ma non saprei quantificarla adesso, per cui anche il tempo della storia sarà vago, esattamente come è nella mia testa.

Forse per vergogna o forse perché ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di “sbagliato” in me, ho portato questi segreti sino ad adesso, senza mai raccontarli se non a pochissime persone fidate ed alla mia psicologa.
Quest'ultima, molti anni fa mi suggerì di farlo, di buttare fuori quei ricordi, di evitare che si sedimentassero nel mio inconscio.
Così, eccoci qua.

Mi trovo vagamente a disagio ad iniziare ed anche un po' intimorito.
Ma ormai è fatta.

Non so quando iniziò tutto, non so quando le mie pulsioni sessuali iniziarono a venire a galla, ma ero davvero molto piccolo. Ho vaghi ricordi di giochi molto spinti con mia cugina che ha la stessa mia età, di quando ero all'ultimo anno di asilo. Ricordo che mi toccavo, e mi masturbavo (in modi particolarmente complessi, tra l'altro) fin da allora. Ricordo che mi piacevano le cose “sporche” come leccarle i piedi o infilarmi oggetti nel sedere.
Mi vien da ridere, ma ero proprio un depravato...
Tant'è che immagino l'imbarazzo dei miei quando mi trovavano sul divano, disteso a strusciarmi. Mi dicevano di smetterla ed io rispondevo di aspettare un attimo che dovevo finire.
Ricordo quel tipo di godimento. No, non erano orgasmi veri e propri era come... come masturbarsi e sul più bello arrivava una scossa piacevole e tutto finiva.
Chiaramente, potevo farne una decina al giorno, perché, non venendo mai, non arrivava mai quella sensazione di sfinimento o il rincoglionimento che invece sarebbe venuto non appena la pubertà portò con se l'eiaculazione.

La mia situazione di arrapato era pressoché continua anche se non interferiva con la mia vita. Semplicemente, quando ne avevo voglia, mi toccavo. Indifferentemente dal momento o dal luogo.
Pian piano, però, capii che non potevo toccarmi davanti agli altri e che non si potevano fare i giochi sporchi con la cugina (che chiaramente continuarono di nascosto comportandone l'aumento di desiderio della “pratica proibita”.)

Poi, arrivò la pubertà, portando con se ondate ormonali, che nel mio caso traboccarono in pippe ad oltranza e conseguente rincoglionimento perenne.
Nel corso degli anni, la mia confusione sul lato sessuale divenne pressoché totale. Mi innamoravo con facilità di ogni bambina che incontravo e qualcuna “giocò” anche con me ai miei giochi porcelli, ma erano sempre incontri spot e mai con bambini della mia zona.
Inoltre, in maniera sempre occasionale, avevo trovato che anche a “giocare” con i maschi mi piaceva molto. Così finii per non capire bene le cose. Amavo le vagine e le piccole tettine, ma in egual misura mi attiravano i piselli. Mi piaceva quando facevamo gli spadaccini, mi piaceva sentire un altro pisello sul mio e su tutte, mi piaceva mettermeli in bocca. La trovavo una cosa oltremodo spinta, ma vedevo che anche a chi lo facevo, piaceva assai.
Non ho mai prestato particolare attenzione, ad essere sincero, a capire cosa mi piacesse. Se fossi o meno gay o altro. No. Quando trovavo da giocare e il mio compagno o compagna di giochi si spingeva oltre, io semplicemente “ci stavo”.

In terza elementare, mi trasferii, a seguito di alcuni problemi familiari, a casa dei nonni, in uno sperduto paesino in campagna nel nordest. Fu un grosso trauma per un ragazzino che veniva dalla città, ma si sa, i bambini hanno una forte dote di ambientamento.
D'un tratto, mi trovai in un posto nuovo, con una situazione difficile sulle spalle, circondato da un ambiente sociale assai diverso e con dei coetanei, molto... diciamo “ruspanti”.
Il primo periodo fu il più duro. L'integrazione, gli studi ed il fatto che non conoscendo nessuno, ero sempre solo.
La chiave di volta, fu seguire un corso di inglese dopo scuola. Riuscii finalmente ad interagire con i miei coetanei del posto e conobbi la mia vicina di casa. Valentina. Che anche se eravamo in classe assieme e abitavamo a neanche dieci metri di distanza, non mi aveva mai parlato.

Il primo incontro di tipo sessuale, lo ebbi con lei e suo fratello, infatti. Non ricordo quanti anni avevo, ma era l'estate tra la quinta elementare e la prima media. Loro erano i miei vicini di casa e giocavamo sempre assieme. Suo fratello aveva un anno in meno di noi e si chiamava Luigi.
Tutto accadde perché Vale aveva trafugato delle sigarette al suo patrigno e noi ci eravamo nascosti in un boschetto a fumarle.
Ricordo che nessuno aspirava, ma la cosa ci eccitava tutti tantissimo.
Forse perché ci credevamo grandi o per l'eccitazione di fare qualcosa di proibito, fatto sta che iniziammo a toccarci.
Per me era il paradiso. Potevo avere contemporaneamente sia un maschio che una femmina con cui giocare. Non è che si facesse granché,eh! Ci si toccava e si provava ad inserire il pisello dentro alla patata super pelosa di Vale, ovviamente senza risultati. Ricordo poi che, visto che non entrava, lei mi aveva proposto di infilaglielo nel sedere.
Ovviamente nemmeno lì entrava, ma era molto più piacevole perché trovava più carne su cui strusciare.
Vale non era proprio bellissima. Era piuttosto grossa e non particolarmente bella di viso. Ma aveva due tette grosse che sembravano due vulcani. Stavano dritte con le punte in fuori, contornate da un aureola scura ed io amavo a dismisura succhiargliele e mordicchiarle.
A lei piaceva molto, specie quelle volte in cui non c'era suo fratello. Ricordo che mi diceva di spingerle il pisello più forte, che sarebbe entrato, che le avevano raccontato che quando entrava faceva male ma poi era una goduria, ma niente, alla fine non entrò mai.
Un pomeriggio passammo due ore a provarci distesi in un campo. Io spingevo e lei me lo teneva fermo in posizione. Poi facevo su e giù, ma alla fine, ne guadagnai solo un forte mal di schiena ed un po' di nausea da sigarette.
Ricordo che mangiavamo le Rossana per toglierci la puzza dalla bocca.

Fu in quell'estate che scoprimmo il boschetto dei porcelli.
Ogni giorno, durante l'estate, andavamo in giro per i campi a camminare e a tessere le nostre avventure di gioco e di scoperta. Stavamo fuori casa per ore, pomeriggi interi, ed essendo circondati dai campi facevamo chilometri su chilometri ogni giorno tra boschetti e praterie coltivate a trifoglio o a mais.
Durante un'esplorazione di una zona che non avevamo mai battuto con i nostri giochi, ci infilammo in un bosco molto fitto (si trattava comunque di qualche albero, al massimo cento metri).
Il posto era abbastanza lontano da casa nostra, a pensarci adesso, saranno stati due chilometri ed eravamo ai confini del paese. Poche case di contadini, campi. poi una fabbrica abbandonata ed infine la statale.
Una volta intrufolati tra gli alberi, scoprimmo che dentro non era poi così selvaggio. C'erano depositati attrezzi agricoli, cataste di legna, una Fiat Ritmo ormai arrugginita e a pezzi ed un paio di sedie di plastica annerite e piene di terra. C'erano anche dei sentierini di terra battuta tra gli alberi, che portavano ad un campo, oltre a questo, delle baracche in lamiere arrugginite, delle gabbie vuote, degli orti e la casa di una nostra compagna di scuola che aveva la stessa età di Luigi, ma frequentava un'altra classe.
Ricordo che fantasticammo a lungo su come avremmo potuto coinvolgerla nei nostri giochi, magari con la scusa delle sigarette. Andammo avanti per ore ad architettare strategie per portarla dal semplice giocare a toccarci, chiaramente fumando, eccitandoci e finendo per toccarci, nascosti dagli alberi.


Parecchio tempo dopo, mentre cercavamo di uscire e tornare sulla strada, evitando il fosso ed i rovi, ci accorgemmo di alcuni sacchi neri di immondizia e di qualche scatolone da cui spuntavano alcuni giornali a colori. Come delle api sul miele, andammo a vedere di cosa si trattava e con immensa sorpresa trovammo, io credo centinaia, di giornaletti porno.
Era veramente una biblioteca del pornazzo. C'era veramente tutto lo scibile della pornografia, dalle riviste con gli annunci ed i numeri di telefono, fino ai fumetti.
Leggemmo avidamente, scoprendo in un solo giorno una infinità di cose che non avremmo mai pensato possibili da fare.
Inoltre, c'erano cose davvero curiose. Ricordo un fumetto in cui un uomo geloso metteva dei lucchetti ai capezzoli ed alla vagina della moglie ed una rivista in cui incredibilmente un ragazzino che avrà avuto la nostra età, faceva sesso con una super porcona.
Rimanemmo sconvolti, ridendo a crepapelle per certe cose talmente sconce da non averle neanche mai immaginate.
Per giorni tornammo ad “acculturarci” nel boschetto dei porcelli, come lo avevamo chiamato.

Poi, i miei amichetti, quell'estate, dovettero partire per le vacanze. Sarebbero andati al mare per due settimane. Ed io rimasi solo nella noiosa afa della campagna.
I pomeriggi erano lunghissimi e senza gli amici, il panorama era desolante, tra campi di erba ingiallita e mais secco.
Mi sentivo un po' sperduto senza i miei compagni di avventure ma continuai ad andare comunque al boschetto a sfogliare giornaletti su giornaletti, ovviamente, ammazzandomi di pippe per ingannare il tempo.
La cosa che più mi incuriosiva di quelle immagini, erano quei cazzi con la cappella fuori.
Non avevo mai visto amici che avessero piselli così. Tutti erano come il mio, coperto.
Ma quella cosa violacea che usciva dalla pelle, mi faceva veramente eccitare. Mi pareva proprio la cosa più “sconcia” tra tutte.
Oltre chiaramente ad ammirare lo sperma. Tutti noi sapevamo di cosa si trattava, ma a nessuno di noi era ancora uscito. Anche se mentivamo sull'esatto contrario.
Ero attratto da queste donne che si facevano penetrare il sedere e bevevano sperma.
E mi immaginavo di essere al loro posto. Dalle facce che facevano, doveva essere proprio una goduria, come diceva la Vale.
Era proprio l'apoteosi di quello che ritenevo eccitante.
Ma ero anche pieno di curiosità.
Come faceva a passare dentro al sedere una cosa così grossa? A me già faceva male quando mi infilavo troppi pennarelli dentro.
E questo sperma, che sapore poteva avere? Era buono? E come poteva essere buono se usciva dal buco della pipì?

Poi, un pomeriggio, mentre ero seduto su un tronco a masturbarmi con un giornaletto in mano, sentii qualcuno che si avvicinava.
Feci fuga nascondendomi dietro a dei cespugli e rimanendo lì con il cuore che sembrava scoppiarmi in petto.
Pensavo alla figura di merda che avrei fatto se mi avesse beccato lì con il pisello in mano.
Poi, un uomo entrò nel boschetto. Era il padre di Paola, la ragazzina un anno più piccola di me che era a scuola mia. La sua casa era proprio lì di fronte e con ogni probabilità, anche il boschetto era suo.
Io mi bloccai completamente, quasi senza respirare.
Non potevo scappare ormai, avrei fatto un casino tremendo e anche arrivando in strada, mi avrebbe sicuramente visto.
Così rimasi li, acquattato tra i rovi, mentre tenevo d'occhio la situazione.
Marco, il papà di Paola, arrivò fino ai sacchi di giornaletti e sbuffò. Disse qualcosa sul casino che c'era.
Ad un tratto, pensai che volesse dar fuoco a quel tesoro, ma invece si era solo acceso una sigaretta.
Rimase li a rimettere a posto i giornaletti dentro ai sacchi e poi, fece una cosa sconvolgente.
Si abbassò i pantaloni e tirò fuori il pisello.
Era un pisello grande, completamente diverso dal mio ed era duro. Ma sopratutto, quando lo menava e lo abbassava,aveva la cappella che gli usciva.
Rimasi a fissarlo incredulo, mentre iniziava a segarsi, spingendo il bacino in avanti ed indietro, finché, con un gemito di piacere, non spruzzò un getto biancastro a pochi passi da dov'ero nascosto.
Lo sperma! Pensai ammirato e guardai attentamente come usciva. Non era liquido e non usciva come fosse pipì, usciva a schizzi densi che cadevano sulle foglie con dei piccoli tonfi.
Vuoi la paura, vuoi la situazione. Mi ritrovai il pisello con una erezione tremenda.
Fortunatamente, di li a poco se ne andò ed io potei svignarmela.

Per tutta la serata, pensai a quel cazzo scappellato e a quello spruzzo bianco. Pensai a come avrei potuto giocarci assieme, al gusto e alla consistenza di quella pelle violacea in bocca e allo sperma.
Chissà com'era.... la consistenza. Sembrava grumoso e viscido, ma mi attirava tantissimo.
Sembrava lo skifidor, una specie di gelatina che vendevano assieme alle tartarughe ninja.
Quella sostanza era bellissima e schifosa al tempo stesso, sembrava muco viola, ma nel suo essere schifosa era anche bello tenerla in mano e schiacciarla.
Pensai che fosse più o meno della stessa consistenza dello sperma.
Proprio per quello, decisi che il giorno dopo sarei tornato al boschetto ed avrei cercato per terra per trovare lo schizzo, così l'avrei visto e avrei capito cos'era.

Il giorno dopo, eccitato come un coniglio, partii in bici verso il boschetto.
Entrai di nascosto dalla solita parte, l'opposta rispetto alla casa e mi misi a cercare.
Non avevo considerato che la terra assorbe i liquidi e che trovare uno schizzo di sperma in un bosco era praticamente impossibile.
Ero veramente spiaciuto. Mi ero fatto tutta una serie di filmini mentali in cui prendevo quel liquido e lo toccavo, e poi... chiaramente... lo assaggiavo.
Avrei capito il gusto di un vero pisello. Il gusto del cazzo di un adulto.
Ero fuori di me.
Ma niente.
Quello spruzzo era andato perduto.
Chissà quando mai mi sarebbe capitata un'altra occasione del genere. Quante possibilità c'erano che un grande venisse a farsi una pippa nel boschetto, proprio mentre ero li.
Nel frattempo, il papà di Paola era sul campo sopra il trattore che faceva avanti e indietro. Io lo tenevo d'occhio ed infatti, ad un certo punto, il suo trattore arrivò sino ai margini del boschetto e si fermò.
Io mi ero di nuovo fiondato nel mio nascondiglio e speravo che anche stavolta si sarebbe fatto una bella pippa.
Stavolta sarei stato attento ed avrei visto il punto esatto in cui cadeva il suo sperma.
L'uomo, entrò sbuffando. Era a petto nudo e tutto sudato. Al tempo avrà avuto circa trentacinque anni, ma aveva già una bella pancia.
Guardò per terra e brontolò ad alta voce.
-Ancora?- poi seguirono un paio di bestemmie. -Ma sta gente vien a curiosare, ma non si fa mica guardare...-
In quello, si abbassò i pantaloni e rividi quel pisello. Proprio li davanti. Iniziò a muoverlo un po', sbattendolo a destra e a sinistra e dopo poco diventò duro e grosso e tornò a segarsi come il giorno prima, muovendo avanti ed indietro il bacino.
Sapendo che ero ben nascosto, mi misi la mano dentro al pantaloncino corto ed iniziai a segarmi guardandolo.
Quando si tese tutto e mugugnò, i miei occhi si fissarono sulla sua punta, attento ad ogni segnale di spruzzo e su dove sarebbe caduto.
Invece, all'ultimo, estrasse di tasca un fazzoletto in carta e lo posizionò davanti alla cappella. Dopo esserselo pulito per bene, lanciò il fazzoletto nel bosco. A pochi centimetri da dov'ero nascosto. E se ne andò.
Quando sentii il trattore ripartire, allungai la mano che mi tremava ed aprii il fazzoletto.
Aveva un odore pungente e sentii subito la carta bagnata e calda e questo mi stupì. Non avevo considerato l'idea che fosse calda.
Annusai a fondo e capii che era la cosa più sporca che avevo mai fatto in vita mia. Ero in estasi.
Lo toccai con le dita e sentii la viscosità ed il calore. Non era come lo skifidor, era più morbido e... liquido. Le mani ed il fazzoletto erano bagnate e quella sostanza si appiccicava alle dita creando fili bianchi.
Poi non resistetti più.
Rovesciai quella crema calda sulla mano destra ed iniziai a spalmarla sul mio pisello masturbandomi.
Verso la fine, quando sentii che ero al culmine, con quell'odore che mi stava dando alla testa, non riuscii a trattenermi e mi misi le dita in bocca.
Leccai tutto, anche il fazzoletto, mentre con un colpo, sentii uscire qualcosa dal mio cazzo.
Avevo sborrato anch'io.
La mia prima eiaculazione fu così, con la bocca piena di sborra di un grande.
Non so se gridai per il piacere, ma vidi che l'uomo era in piedi sul trattore che guardava verso il boschetto.
Me la stavo facendo sotto e scappai fuori.
Marco tornò dentro al boschetto ed io feci finta di arrivare in quel momento in bici e mentre lui si era sporto oltre, verso la strada, lo salutai con fare disinvolto.
-Buongiorno.-
Lui mi fissò per un po' e poi mi sorrise divertito
-Ciao Fabrizio. Come mai da solo?-
-Eh, la Vale e Lu sono andati in vacanza.-
-Orco... - disse lui. -Eh, beati loro. Anche Paola è al mare con la mamma... tutti in ferie e noi qua! Disse con aria dispiaciuta. -Vuoi venire dentro a mangiare un gelato?-
In quel momento sbiancai.
I nonni mi avevano sempre detto di stare attento, che c'era gente che si approfittava dei bambini, di non accettare cose dagli estranei.
E se mi avesse visto? Pensai
E se adesso volesse farmi del male come mi aveva accennato a casa mia?
-No grazie, sto tornando a casa.- rifiutai gentilmente.
-Come vuoi.- fece lui. -Se passi di qua, fermati pure...- disse. Ma il suo sguardo tradiva qualcosa, lo sapevo, ne ero convinto. Mi aveva visto...
Penso che diventai come un peperone dalla vergogna. Mi aveva visto fare quelle porcate.
-Va bene, grazie.- dissi. E feci per andarmene.
-Aspetta.- mi fermò scendendo sulla strada. Venne sino da me e sentii uno strattone su sedere.
-Guarda che ti sei incastrato dei rovi sul sedere.- disse tirandomi via un lungo rovo che mi si era impigliato dietro.
-Ahi!- urlai. Più per lo spavento che per il dolore.
-Oh scusa!- mi disse. E con quello mi accarezzò il sedere.
Ero come tutto irrigidito dalla situazione ed anche molto spaventato.
Intanto lui non smetteva e continuava a massaggiare.
-Scusa bello.- mi disse -Va meglio?- e sottolineò le parole con delle palpatine
-Si. si.- dissi. -Fatto niente.-
-Bene, allora.- disse lui con altre due palpate a mano piena. -Vai.- e mi accompagnò la partenza in bici premendo forte il suo dito in mezzo al culo. E rise.
Risi anch'io e partii verso casa.
Prima della curva mi girai a guardare. Ero completamente sudato dalla paura. E con la coda dell'occhio lo vidi in fondo alla strada. Sembrava che si fosse abbassato i pantaloni e io mi diedi alla fuga.
Prima di arrivare a casa, mi nascosi in un campo di pannocchie per riprendermi dalla paura.
Una volta calmato, ripensai al fazzoletto. Mi portai le mani al naso e sentii di nuovo quell'odore inebriante. Così mi masturbai di nuovo.
E pensai al suo cazzo e al suo gel bianco, alla consistenza e al gusto.
Era acre e salato, ma anche con note dolci.
Poi, pensai a quell'uomo, a quando mi aveva toccato il culo. Forse voleva infilarmi un dito dentro come nei giornaletti.
Io sapevo che era piacevole. E allora mi leccai quel dito ancora appiccicoso e me lo infilai dentro più che potevo.
Sarebbe stato bellissimo farselo fare.
Ma Marco era un adulto e forse avevo capito male. Forse era stata solo la mia fantasia a farmi vedere certe cose. Avevo letto troppi giornaletti ed ora vedevo cose sconce ovunque.

Continuai a passare guardingo per il boschetto nei giorni dopo, sempre più eccitato.
Avevo anche pensato di andare a casa sua per il gelato, ma ero troppo terrorizzato.
Non pensavo ad altro, finché, dopo tre giorni, provai a tornare a vedere due giornaletti.
Fui particolarmente prudente.
In verità, speravo che tornasse. Sotto sotto avrei voluto che arrivasse e tornasse a palpeggiarmi il culo, magari dentro i pantaloni, magari con un dito dentro...
I giornaletti non mi prendevano più di tanto perché continuavo a guardare il suo campo.
Volevo e non volevo.
La fantasia mi piaceva, l'idea di farmi toccare, magari di sentire in bocca un pisello di un adulto, si. Ma contemporaneamente avevo paura, non di lui, ma di farmi scoprire o... chi lo sa...
Ad un certo punto, Marco uscì di casa e si mise chino sull'orto.
Io lo guardavo e pensavo ad un modo di attirare la sua attenzione.
Volevo che sapesse che se le sue erano state intenzioni, io ero disponibile.
Ma era sempre un adulto.
Io però volevo sapere se anche a lui piacevano quelle cose sporche, e cercai di ricordare cosa era successo qualche giorno prima.
Non ero sicuro, era lontano, ma ero convinto di averlo visto tirare fuori il pisello mentre me ne andavo. Mentre sapeva che lo guardavo.
Così, super eccitato trovai l'escamotage perfetto.
Potevo andare sul limite del bosco e fare finta di fare la pipì con i pantaloni giù. Se gli piaceva il mio culo, avrebbe fatto qualcosa, ed io avrei avuto la scusa della pipì in caso contrario.

Così mi misi tra gli alberi e mi abbassai i pantaloni.
Non accadde nulla.
Marco continuava il suo lavoro nell'orto.
Allora mi avvicinai di più al campo, finché il mio sedere non spuntò dagli alberi.
Ancora nulla.
Sicuramente mi avrebbe visto da li, ma lui non guardava.
Allora mi misi di profilo, così avrei visto se avesse alzato la testa.
Non so per quanto tempo rimasi con il culo fuori ad aspettare, ma ad un certo punto. Marco si alzò e guardò verso di me.
A quel punto, mi girai lentamente. Avevo il pisello duro e mi avrebbe visto che non pisciavo.
Rimasi così guardando con la coda dell'occhio.
Marco era in piedi e con la mano sulla fronte, guardava verso di me.
Ma non faceva altro.
Passarono due buoni minuti così.
Se gli avesse dato fastidio mi avrebbe già urlato dietro.
E invece rimaneva li. Dritto e fermo a guardarmi. Lasciandomi ancora più disorientato.
Il fatto di essere nudo con un uomo che mi guardava, mi aveva ridotto in uno stato di estasi ed eccitazione mai provata prima. Quella sensazione di proibito e vietato.
Così, senza esitare oltre, mi misi a palpeggiarmi da solo il sedere. Come aveva fatto lui.
E fu allora che lo vidi guardarsi intorno e poi tirare fuori il pisello ed iniziare a muoverlo su e giù.
Allora era vero.
Avevo visto giusto.
Dovetti rigirarmi un paio di volte per essere sicuro di quello che vedevo.
Mi sentii un vero sporcaccione e così sporsi il sedere in fuori e mi piegai. Mostrandogli tutto quello che si poteva vedere ed infine, con una veloce succhiata, infilai l'indice dentro al buco.
Non resistette e con un cenno della mano mi disse di avvicinarmi.
Non sapevo cosa fare ma feci di no con la testa.
Allora mi fece il gesto di aspettare e si incamminò verso di me.
Fu un po' troppo.
Non ressi e scappai via di corsa fino a casa.

Alla sera mi maledissi per quella codardia e per tutte le porcherie che avrei potuto fare.
Pensavo a quei momenti, mentre ero seduto sul water di casa, pensavo a quando ero stato nudo mentre un adulto si segava guardandomi infilare un dito nel culo.
Il giorno dopo sarei tornato, me lo ripromettevo. E non sarei scappato. Sarei rimasto e avrei fatto tutte le cose più sporche.

Invece, per due giorni, tornai a farmi guardare facendo una specie di patetico show che consisteva per lo più in mostrarmi nudo ed infilarmi il dito nel sedere.
Sempre più disinvolto, mostrandogli anche il pisello e spogliandomi prima nel bosco per farmi vedere completamente nudo.
Ma ogni volta che si avvicinava, scappavo a tutta velocità. Per poi, una volta a casa. Maledirmi e fantasticare su quell'uomo ed il suo pisello e su tutte le possibili cose che avrebbe potuto farmi.

La settimana dopo, una domenica. Tornai al boschetto, sempre raccomandandomi di non scappare.
Entrai nel bosco e guardai la situazione.
Non c'era nessuno.
Nemmeno nell'orto o nel campo.
Scrutai tra gli alberi, ma niente.
Ad ogni modo, come di consueto, mi sfilai i pantaloncini con le mutande assieme e li appesi con la canottiera su un ramo tagliato e poi, eccitatissimo del mio corpo nudo, mi avviai al limitare del bosco.
Non c'era nessuno. Ma era domenica, magari era fuori.
Rimasi un po' con il pisello in mano guardando fuori finché, d'un tratto, Marco uscì da delle baracche alla destra del campo. Era circa a metà della distanza che avevamo di solito.
Appena lo vidi sorrisi e mi girai a mostrargli il culetto.
Aprivo le chiappe finché non sentivo il buchetto farmi male.
Lui si avvicinò.
Ed io non mi mossi.
Volevo stare li. Stavolta dovevo rimanere fermo.
Sentivo i suoi passi nell'erba ed anche i bastoncini che si spezzavano.
Era a pochi passi.
Ormai, pensai, non potevo più scappare.
Avevo il cuore in gola e le gambe che mi tremavano.
Iniziai a masturbarmi per impedirmi di andare via e a quel punto sentii la sua mano sul mio sedere.
Era fatta.
Non potevo più tirarmi indietro.
La mia mente era invasa da immagini di porcate indicibili, in un vortice di eccitazione.
-Ciao Fabri...- mi disse con una voce bassa. -Ma che bel culetto che hai...- poi iniziando a muovere la sua mano sulle chiappe mi chiese.
-Posso accarezzare?-
Io non avevo più saliva in bocca e non riuscivo a deglutire, così mi limitai a far si con la testa.
-Che bello!- mi diceva. -Sembra una pesca matura...- e le sue mani continuavano a girare sulle mie chiappe, in cerchio. Per poi fermarsi e stingerle.
Io ero immobile.
-Ti piace?- mi chiedeva ed io continuavo a far si con la testa.
Ero in estasi, altroché.
-Ti piace metterti il dito dentro?- Mi chiese.
Io annuii ancora.
-Dai, Fabri.- mugugnò. -Fammi vedere... posso guardare?-
Io mi limitavo ad annuire.
Poi mi misi l'indice in bocca e lo infilai dentro senza tante storie.
Non resistette.
Si chinò dietro di me, accucciato a pochi centimetri dal mio sedere e mentre con una mano mi teneva aperte le chiappe, con l'altra iniziò a menarselo.
Io speravo che ad un certo punto avrebbe spruzzato addosso a me. Me lo immaginavo sulle gambe.
Chissà quanto caldo era appena uscito.
Avevo le gambe che stavano per cedermi dall'emozione.
Intanto sentivo il suo respiro caldo ed affannato addosso al mio culo. Era una sensazione nuova ed eccitante.
Avrei voluto provare a toccarglielo a quel punto, ma ero paralizzato dalla paura ed il suo pisello era fuori dalla portata della mia mano.
Lui continuava a mugolare e a dire cose come: -Wow!.- -Che bello!- -Che bel culetto che hai- -che bravo che sei ad infilarlo tutto.-
E più parlava più lo infilavo a fondo.
Anch'io mi lasciai andare ad un miagolio mentre sentivo le sue mani che mi palpavano ed il mio dito dentro.
-Stai per venire?- mi chiese.
Ed io candidamente chiesi -Dove?-
-No.- Mi rispose. -Devi sborrare?-
-No.- dissi. Me lo stavo solo punzecchiando e vista la situazione, all'inizio, era pure sceso. Solo ora aveva iniziato a tornare dritto.
-Posso fare io?- Mi chiese mettendomi la mano sul pisello.
Annuii di nuovo, stavolta con un “mm-mmh!” affermativo.
Iniziò a muoverlo su e giù.
Era strano.
Era la prima volta che qualcuno mi toccava e sentire le mani di un altro, di un adulto, che mi masturbavano, era molto strana come sensazione.
A quel punto sentii la sua faccia più vicina. Era ancora dietro di me con un ginocchio a terra.
Interruppe il suo massaggio personale e mentre con una mano mi menava il pisello, con l'altra mi apriva le chiappe per vedere il mio dito dentro.
Allora iniziai a scavare più a fondo alzando il dito e aprendo il buchetto.
Sentivo pungere quando tiravo il dito troppo verso l'alto.
Marco mi diede un bacio su una chiappa, poi sull'altra e poi altri sul solco per poi tornare alle chiappe. Sentivo la sua barba ispida grattare contro il mio braccio e la mia mano.
La sua bocca calda e bagnata era la cosa più eccitante della mia vita.
-Toglilo un attimo-, mi disse prendendomi il polso destro che stava sferzando il buchetto.
Me lo tenne fermo, impedendomi di toglierlo e poi, lentamente lo fece uscire. Era quasi uscito tutto, quando invece cambiò direzione della spinta e sentii premere di nuovo indietro e lasciai che lui facesse il movimento. Sentivo il dito entrare e uscire ed era come se non fosse più mio il dito. Entrava ed usciva lentamente.
Poi lo tolse del tutto lasciandomi libera la mano e senza più chiedere, allargò la chiappa e iniziò a baciare il mio buco del sedere.
Sentivo la barba pungere e poi.
Qualcosa di caldo e bagnato iniziò a farsi largo nel buco.
Stava spingendo la lingua dentro e sembrava molto grossa.
Era una sensazione stupenda.
Mi sentivo uno sporcaccione come quelli dei giornaletti.
Mi stava facendo le stesse cose ed era bellissimo.
Poi il suo su e giù con la mano, mi portò all'orgasmo e colai fuori la mia sborra, che al contrario della sua che avevo visto, era invece liquida e sembrava pipì bianca.
Allora smise il suo lavoro con la lingua e si concentrò a guardare le sue mani sporche del mio liquido.
Tutto d'un tratto la mia eccitazione terminò.
Mi tirai indietro e dissi che dovevo tornare a casa.
-Va bene.- mi disse allontanandosi e tirandosi in piedi. -Ma prima mi prometti che torni anche domani e poi gli dai un bacino.- disse indicando il suo cazzo.
Più per curiosità che per voglia ubbidii e sentii che non era pelle, quella era proprio carne, lucida e calda.

Poco più tardi, a casa, mi masturbai di nuovo pensando alle cose incredibili che erano successe.
Domani sarei tornato li a farmi leccare di nuovo e con la scusa del bacio, glielo avrei succhiato davvero.

Il giorno dopo, poco dopo pranzo, corsi già con il pisello dritto verso il boschetto. Tremavo dalla voglia.
Giunto dentro, come al solito, mi tolsi i vestiti e li appesi, poi andai verso il campo.
-Ciao Fabri.- disse una voce alla mia destra.
Io presi uno spavento e lui si mise a ridere.
Non mi aspettavo che fosse già li, tra i porno.
Si alzò e per prima cosa si tolse i pantaloni e le mutande e poi tornò a sedersi su una sedia in plastica.
-Vieni.- mi invitò a sedermi sulle sue gambe.
Poi, si sistemò e mi appoggio sopra al suo cazzo.
Lo sentivo grande e caldo e duro. Ogni tanto aveva una specie di scossa.
-Che bello che sei Fabri...- mi diceva mentre faceva strusciare il cazzo sul mio sedere tenendomi abbracciato con le mani che mi toccavano dappertutto.
-Ti è piaciuto ieri, vero? Si, eh?!- Mi disse prendendomi il pisello in mano.
Io annuii sorridendo imbarazzato.
-E cosa ti è piaciuto?-
Io alzai le spalle.
-Ti piace quando ti guardo?-
-Si- risposi in un groviglio di imbarazzo.
-Che porcellino... e ti è piaciuto quando ti ho leccato il buchetto?-
Annuii.
-Ah si?!- Disse con fare curioso. -E vorresti che io te leccassi di nuovo? Eh? Fin dentro?-
Annuii di nuovo.
-Va bene, dai- disse tirandomi su.
-Ma prima gli dai un altro bacino?- chiese.
Feci si con la testa e mi abbassai a dargli un veloce bacio proprio sul taglietto della punta e mi tirai su in attesa della sua lingua.
-Ma non era un bacino quello... era un ciao.- mi disse.
Non capivo.
-Dai, dagliene un altro bello.-
Io sorrisi e stavolta per baciare la punta, aprii un po' le labbra per coprire più superficie.
-Quasi...- mi fece lui.
Io alzai le spalle per dire che avevo dato un bel bacio.
-Guarda...- mi disse lui mostrandomi un giornaletto in una pagina in cui una donna faceva un bocchino.
-Sai come si fa?- chiese
-Un po'...- risposi, anche se sapevo bene cosa intendeva.
-Dai, provi? Poi ti lecco il buchino-
Così mi sistemai, accucciato in mezzo alle sue gambe ed iniziai a dare dei piccoli baci fugaci, aprendo sempre di più le labbra.
La sua cappella era bellissima.
Era lucida e liscia, ma anche calda e profumata di sapone.
Allora presi il suo pisello con una mano per portarmelo più vicino ed iniziai a leccargliela e più si bagnava più era bello passargli le labbra sopra.
Quindi provai a metterlo in bocca, ma per farlo passare dovevo spalancarla.
A quel punto lo sentii gemere di piacere.
Mi piaceva sentirlo così, voleva dire che ero bravo.
Mi prese la testa ed iniziò a fare su e giù. Sentivo la bocca che mi faceva male, ma volevo continuare. Mi piaceva sentirmi nudo con un pisello in bocca.
Lui spingeva sempre più in fondo, fino a che non toccò la gola.
Mi venne un conato e lui mi lasciò libera la testa.
-Scusami.- disse. -Ti piace fare i bocchini? Vero?.- Io annuii e tornai al suo cazzo. Ogni volta che provavo a toccarmi lui mi spostava le mani.
-Ti faccio sborrare io dopo, vedrai.-
Ma io volevo di più, volevo godere.
Allora iniziai a spingermelo sempre più in gola, dove avevo capito che gli piaceva, sforzandomi di farlo andare sempre più dentro. Lui godeva sempre più forte, e anch'io ero in estasi, anche se molto indaffarato.
Continuai un bel po' godendo dei suoni che faceva la mia bocca e la mia gola.
Poi mi fermò di scatto e mi allontanò.
-Ti ho fatto male?- chiesi preoccupato.
-No... -disse lui con una smorfia. -Ma mi stai facendo sborrare.-
-Va bene...- dissi io con una alzata di spalle.
-Ah si?...- chiese lui meravigliato. -Vuoi che ti sborri in bocca?-
-Se vuoi.- dissi io.
-Va bene...-
Così aprì un asciugamano da mare che aveva usato come cuscino e lo stese a terra, poi mi girò e si distese sul asciugamano a pancia in su. -Allora vieni qua con il tuo buchetto.- mi disse mostrandomi la lingua. -Così mentre mi fai il bocchino io ti lecco il buchetto, va bene?-
Feci si con la testa, non vedevo l'ora.
Mi sistemai sopra di lui con le ginocchia a terra girato al contrario di come era messo lui e scesi fino a dove le sue mani mi accompagnavano. Fino a sentire il suo respiro sul sedere.
-Però...- mi disse con uno sguardo di monito. -Non devi sporcarmi...-
-E come faccio?-
-La tieni tutta in bocca. Ok?-
Dissi di si con la voce spezzata dall'emozione e mi distesi abbassando il bacino.
-Senza farla uscire! Mi raccomando!-
Io feci si con la testa.
Mi prese le chiappe e me le aprì per poi tuffarci subito la lingua dentro.
Mi scivolò un urletto e tornai a prendere in bocca il suo cazzo.
Era voglioso come me.
Sentivo la sua lingua che entrava fino in fondo e le sue mani che mi aprivano le chiappe fino a farmi male.
Io però non ci arrivavo bene, riuscivo a far entrare solo la cappella ed ogni volta che cercavo di allungarmi per prenderlo a fondo lui mi ritirava indietro.
Non disse nulla, non un avvertimento o un verso. Sentii il suo cazzo pulsare e uno spruzzo arrivarmi in gola.
Deglutii e nel frattempo sentivo un liquido caldo riempirmi la bocca, sempre di più. Ogni schizzo era un getto.
Non riuscivo più a tenerla.
Lui spostò la testa di lato per vedermi.
-WOW...- esclamò. Poi rise e disse.
-E adesso? Cosa si fa?.-
Feci per alzarmi ma lui mi ritirò giù abbracciandomi per la vita ed affondò di nuovo la lingua dentro.
-Vuoi sputarla?.- chiese tra le mie natiche
Feci di si.
-Che peccato- fece lui dispiaciuto. -Speravo volessi mandarla giù.-
Mugugnai qualcosa per dire che non riuscivo più a tenerla.
-Dai. Solo un sorso e poi la sputi. Ok?-
Io non ero sicuro, ma lui iniziò a masturbarmi ed io persi la volontà.
Inghiottii una seconda volta, volevo berne solo un goccio, ma era molto densa e alla fine scivolò tutta giù in due sorsi.
Non faceva schifo, ma bruciava un po' la gola, così tossii.
-Tutta?- Chiese stupito. -È andata di traverso?-
Io dissi di si tossendo.
Fortunatamente, Marco aveva con se una bottiglia d'acqua e dopo un paio di sorsi passò il bruciore.
-Sei bravissimo Fabri...- e mi ritirò sopra per continuare a leccarmi il buco.
-Ti è piaciuta?- mi chiese tornando con le mani al mio pisello e iniziando a muoverlo su e giù.
Io feci un gesto come a dire che non era stato niente di che.
-Ma non ti ha fatto schifo...-
Accennai ad un no.
-Dai allora.- mi disse. -Lo pulisci bene allora? Che ce ne sarà ancora.-
Il suo cazzo si era un po' afflosciato, ed era tutto coperto di sperma bianchiccia e piccole bollicine.
Non attese una risposta. Mi tirò su e mi mise a terra disteso a pancia in su e poi mi mise davanti alla bocca il cazzo.
Lo abboccai al volo mentre mi colava addosso e lui mi masturbò furiosamente.
Per la prima volta, qualcuno mi prese in bocca il pisello.
Ricordo come se fosse oggi il piacere di quel primo bocchino. Il caldo attorno al pisello e la lingua che si muoveva intorno. Tutto morbido e bagnato.
Stavo per venire e lui si tolse lasciandomi colare addosso.
Come il giorno prima, dopo l'eiaculazione tutta la magia finì e mi vidi tutto pieno di sborra, sia mia che sua.
Era proprio tanta e ne avevo anche spalmata sul naso oltre ad averne il gusto in bocca.
Mi pulii con delle foglie e feci per vestirmi.
-Vai già via?- mi chiese accendendosi una sigaretta.
Io abbozzai una scusa poco credibile per potermela svignare.
-Guarda che lo so che adesso non hai più voglia, ma se aspetti un po' poi ti torna...-
Ma adesso non avevo più voglia di stare li, tutto sporco. Ero stanco di tutte quelle porcate e volevo solo tornare a casa.
-Va bene, dai, Fabri.- disse -Sei stato stupendo, non avevo mai sborrato così tanto.-
-Vieni anche domani?-
Gli risposi che non lo sapevo ed infatti per un paio di giorni non andai.
Ripensavo a cosa avevo fatto e mi sentivo troppo sporco.
Però, infine, la voglia tornò a stuzzicarmi.
Mi ero ripromesso però che non avrei più bevuto lo sperma.
...
[continua]
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